La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo: l’attore deve dimostrare il nesso di causa mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, a nulla rilevando la sua diligenza
IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE
La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode. (In applicazione del principio, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva riconosciuto la responsabilità del gestore di una diga, per i danni subiti dagli attori in conseguenza dell’esondazione di un fiume, in quanto, accertato il nesso causale tra il rilascio delle acque fluite a valle della diga e i predetti danni, aveva ritenuto che il particolare evento meteorologico, concausa dei danni, avrebbe potuto integrare il caso fortuito soltanto laddove il custode avesse dimostrato l’adempimento delle prescrizioni contenute nel documento di protezione civile della diga).
(Per un approfondimento sul tema: nota a sentenza del Dott. Vito D’Alessio )
Cassazione civile, Sez. Unite, Ordinanza del 30/06/2022, n. 20943
LA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente f.f. –
Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sezione –
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sezione –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24319/2020 proposto da:
EDISON S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TRASTEVERE 209, presso lo studio dell’avvocato GENEROSO BLOISE, rappresentata e difesa dall’avvocato TROISE MANGONI WLADIMIRO;
– ricorrente –
contro
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 22, presso lo studio dell’avvocato MARCO LORENZANI, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMILIANO GHIGNONE;
CONSORZIO 1 TOSCANA NORD, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo STUDIO LEGALE LESSONA, rappresentato e difeso dall’avvocato VITTORIO CHIERRONI;
– controricorrenti –
B.A., B.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE B. BUOZZI 77, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO TORNABUONI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFREDO BASSIONI;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
R.N.C., R.N.F., R.N.M.L., D.L.M.V., elettivamente domiciliati in ROMA, LARGO MESSICO 7, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO TEDESCHINI, rappresentati e difesi dagli avvocati ROMEO VINCIGUERRA e DANIELE GRANARA;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
EDISON S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TRASTEVERE 209, presso lo studio dell’avvocato GENEROSO BLOISE, rappresentata e difesa dall’avvocato TROISE MANGONI WLADIMIRO;
CONSORZIO 1 TOSCANA NORD, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo STUDIO LEGALE LESSONA, rappresentato e difeso dall’avvocato VITTORIO CHIERRONI;
– controricorrenti all’incidentale –
AXA ASSICURAZIONI S.P.A., UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., GENERALI ITALIA S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 61/2020 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 04/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/03/2022 dal Consigliere ROBERTO GIOVANNI CONTI.
Svolgimento del processo
R.N.F., R.N.C., R.N.M.L. e D.L.M.V., sostenendo di aver subito danni alla loro proprietà per effetto dell’esondazione del fiume (OMISSIS), avvenuta il (OMISSIS), che aveva interessato i territori della (OMISSIS) e della Provincia de (OMISSIS), avevano adito il Trap presso la Corte di appello di Torino, chiedendo la condanna al risarcimento del danno nei confronti della società Edison spa che aveva manovrato la diga della (OMISSIS), e dell’Unione dei comuni montani della (OMISSIS) (poi divenuta Consorzio 1 Toscana Nord), quale ente tenuto alla manutenzione dell’alveo del fiume anzidetto.
Disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Provincia di (OMISSIS), del Comune di (OMISSIS), della regione Toscana, dell’Autorità di Bacino del fiume (OMISSIS), del Ministero delle infrastrutture e trasporti, di B.C. e B.A., nonchè delle società Generali spa, Unipol spa e Axa spa, il TRAP adito rigettava la domanda, ritenendo l’eccezionalità dell’evento.
Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, con la sentenza n. 61, pubblicata il 4 giugno 2020, in accoglimento dell’appello proposto da R.N.F., R.N.C., R.N.M.L. e D.L.M.V. ed in parziale riforma della sentenza impugnata condannava in solido la Edison spa, B.A. e B.C. al pagamento della somma di Euro 126.340,34, maggiorata di rivalutazione e interessi, oltre al pagamento delle spese del giudizio, compensando le spese di lite fra il Consorzio e gli appellanti, nonchè fra questi ultimi e le assicurazioni chiamate in causa. Il TSAP, per quel che qui rileva, riteneva che: a) la domanda introduttiva del giudizio formulata dagli appellanti era riconducibile all’art. 2051 c.c., fondandosi sulla dedotta violazione degli obblighi di manutenzione, cura e gestione gravanti sia sul Consorzio 1 Toscana, con riguardo al fiume (OMISSIS), sia su Edison, quale gestore della diga di (OMISSIS), che su B.A. e Claudio, con riguardo al rilevato di loro proprietà; b) l’azione di responsabilità del custode prescindeva dal profilo del comportamento del custode, essendo estranea alla struttura della fattispecie normativa di cui all’art. 2051 c.c., avendo il criterio di imputazione di tale responsabilità carattere obiettivo e richiedendo unicamente la dimostrazione, da arte dell’attore, del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, salva la prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore escludente il nesso eziologico tra cosa e danno eventualmente ascrivibile anche alla vittima; c) la disciplina di cui all’art. 2051 c.c. si applica anche in tema di danni da custodia di beni demaniali, pur dovendosi precisare che la responsabilità del concessionario di tali beni viene meno con la prova del fortuito “…consistente non già nella dimostrazione dell’interruzione del nesso di causalità determinato da elementi esterni o dal fatto estraneo alla sfera di custodia…bensì anche dalla dimostrazione – in applicazione del principio di c.d. vicinanza della prova – di aver espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa, in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, di vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative e già del principio generale del neminem laedere, di modo che il sinistro appaia verificatosi per fatto non ascrivibile a sua colpa”; e ciò, proseguiva il TSAP, anche considerando che le dighe sono impianti che interagiscono con il territorio in modo rilevantissimo, sia dal punto di vista idraulico che ambientale e che i gestori sono tenuti ad un serie di adempimenti volti a garantire la sicurezza delle stesse, essendo inerenti al concetto di custodia di tali beni anche gli interventi tesi a neutralizzare gli elementi pericolosi non arginabili attraverso un’attività preventiva idonea ad evitare danni attinenti alla cosa in custodia; d) il danno lamentato dagli attori non era derivato dal mero evento meteorologico, essendo dovuto, come affermato dal CTU, al rilascio delle acque fluite a valle dalla diga della (OMISSIS), nonchè dall’impedimento dell’espansione del (OMISSIS) in sponda sinistra; e) il TRAP aveva erroneamente escluso che i bollettini regionali intervenuti nella giornata del 24 ottobre 2011 avessero rilievo per il gestore della diga con riguardo ai suoi specifici obblighi di custodia, da tali bollettini scaturendo invero, a carico del gestore, l’obbligo di attuare le prescrizioni contenute nel documento di protezione civile della diga, per cui soltanto il rispetto di tali obblighi avrebbe consentito di ritenere l’evento meteorologico quale caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra cosa in custodia e danno; f) dai bollettini regionali del 24 ottobre, secondo il TSAP, sarebbe stata possibile una valutazione ex ante di probabile criticità della quota di invaso, con conseguente onere del gestore di procedere secondo quanto previsto dal documento di protezione civile in ordine alle ipotesi di evento di piena significativo ed alle prescrizioni proprie della fase di preallerta vigilanza ordinaria e allerta vigilanza rinforzata -avviso tempestivo del Prefetto e dell’Ufficio periferico del servizio nazionale dighe competenti, comunicazioni successive ai Prefetti della prevista onda di piena, predisposizione piano di emergenza- capaci di salvaguardare la sicurezza dei territori interessati; h) lo stesso CTU aveva acclarato che già prima del black out temporaneo del 25 ottobre i dati relativi alla diga indicavano il prossimo superamento della quota massima di invaso e che ciò malgrado il gestore non aveva proceduto ad avvisare il Prefetto e l’Ufficio periferico del servizio nazionale dighe circa la possibile imminente apertura delle paratoie di superficie; i) andava dunque affermata la responsabilità della società Edison quale gestore della diga nella causazione dei danni, non essendo stata provata la speciale ed unica esimente del caso fortuito secondo i principi già espressi; I) anche il rilevato realizzato dei fratelli B. integrava una concausa nella produzione dei danni agli immobili degli appellanti, in base a quanto ritenuto dall’accertamento tecnico preventivo e dal CTU, in quanto aveva impedito l’espansione del fiume (OMISSIS) in sponda sinistra, risultando non decisivi gli elementi probatori offerti in primo grado dai predetti, nemmeno adeguatamente riproposti in sede di appello; m) non poteva per contro profilarsi una corresponsabilità del Consorzio 1 Toscana Nord poichè, anche in presenza di una capillare manutenzione ordinaria dell’alveo, non si sarebbe potuta escludere, in caso di piene significative, la fluitazione di tronchi provenienti da piante anche a distanza dell’alveo o comunque da zone esterne alla fascia di pertinenza fluviale; n) i danni subiti dai proprietari, in base alle valutazioni del CTU, andavano quantificati in Euro 126.340,34 oltre rivalutazione ed interessi.
La Edison spa ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 200 R.D. n. 1775/1933, affidato a due motivi.
B.C. e B.A. si sono costituiti con controricorso e ricorso incidentale, affidato a due motivi.
R.N.F., R.N.C., R.N.M.L. e D.L.M.V. hanno depositato controricorso con ricorso incidentale, affidato ad un motivo.
Il Consorzio 1 Toscana Nord si è costituito con controricorso.
Lo stesso Consorzio 1 Toscana Nord e la Edison spa hanno proposto separati controricorsi al ricorso incidentale proposto da R.N.F., R.N.C., R.N.M.L. e D.L.M.V..
La causa è stata posta in decisione all’udienza camerale dell’8.3.2022.
Motivi della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso principale la EDISON spa prospetta la violazione dell’art. 2051 c.c., e l’omessa motivazione delle risultanze istruttorie nonchè dei fatti storici esaminati ed accertati dal C.T.U. Il TSAP, aderendo all’interpretazione della responsabilità da cose in custodia che richiede la prova del rispetto degli obblighi di diligenza in capo al custode, non avrebbe seguito l’indirizzo prevalente espresso da questa Corte, che qualifica la responsabilità del custode in termini di responsabilità oggettiva, elisa soltanto in caso di dimostrazione del caso fortuito, essendo estraneo alla natura dell’imputazione di cui all’art. 2051 c.c., il profilo del comportamento del responsabile. Secondo la ricorrente, peraltro, anche a volere condividere l’orientamento minoritario fatto proprio dal TSAP, il giudice di appello avrebbe tralasciato di considerare gli ulteriori accertamenti svolti dallo stesso CTU, idonei ad escludere ogni rilievo con riferimento all’omessa comunicazione al Prefetto ed all’Ufficio nazionale delle dighe rispetto alla causazione dei lamentati danni, in tal modo non considerando che tali comunicazioni non avrebbero potuto evitare il danno.
1.1. Secondo la ricorrente, inoltre, il TSAP avrebbe errato nel ritenere che il gestore fosse tenuto ad adempiere gli obblighi di comunicazione alle autorità pubbliche già in base ai bollettini diramati il 24 ottobre 2011. Non era stato, infatti, preso in considerazione quanto affermato dal CTU a proposito dell’insorgenza dell’obbligo informativo solo in prossimità del blackout verificatosi alle ore 16.15 del (OMISSIS), mancando in precedenza l’esistenza di evenienze pluviometriche capaci di indurre a prevedere il picco catastrofico di piena verificatosi alle ore 17.00, caratterizzato da una portata con un tempo di ritorno millenario.
2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2051 c.c., artt. 40 e 41 c.p., nonchè l’omessa valutazione delle risultanze istruttorie e dei fatti storici acclarati dal C.T.U. Il TSAP avrebbe travisato il senso delle conclusioni del CTU, laddove era stato affermato che la causa unica del danneggiamento era imputabile all’evento di piena del 25.10.2011. Tale passaggio argomentativo sarebbe stato tralasciato dal giudice di appello, al pari di quello successivo, nel quale era stato chiarito che la portata dell’acqua giunta a valle dalla diga durante la fase di apertura degli scarichi di superficie, quando si erano avuti i valori massimi di portata affluente alla diga, era stata sostanzialmente nulla. In definitiva, l’esito dell’istruttoria svolta in primo grado deporrebbe, secondo la ricorrente, nel senso di dover ritenere insussistente il nesso eziologico tra danno e cosa in custodia, con conseguente erroneità della pronunzia impugnata.
3. B.C. e B.A., nel ricorso incidentale proposto e notificato in data 5 ottobre 2020 hanno dedotto, con il primo motivo, la violazione dell’art. 2051 c.c.. Il TSAP avrebbe affermato la corresponsabilità dei predetti nella causazione dell’evento senza spiegarne le ragioni, visto che l’evento dannoso era derivato da un fatto meteorico di natura eccezionale e dalla negligente condotta del gestore della diga, rilevando, peraltro, che il terrapieno al quale si era riferito il TSAP era stato arretrato in esecuzione di una sentenza del Tribunale di Massa nell’ambito di un giudizio per danno temuto. Nè essi proprietari avrebbero potuto fare alcunchè nel lasso di tempo intercorso fra le previsioni emergenti dai bollettini e l’evento alluvionale.
4. Con il secondo motivo di ricorso incidentale i fratelli B. hanno dedotto la violazione dell’art. 2697 c.c., e art. 115 c.p.c., sostenendo che il TSAP avrebbe affermato la responsabilità dei suddetti per l’evento dannoso, trascurando di verificare gli elementi probatori acquisiti al processo ed omettendo di considerare che nessun fatto materiale era stato provato in ordine al nesso causale.
5. R.N.F., R.N.C., R.N.M.L. e D.L.M.V., con il loro controricorso, hanno dedotto l’inammissibilità del ricorso e l’infondatezza dei singoli motivi di ricorso proposti dalla società Edison, sostenendo che il ricorso sarebbe inammissibile in quanto: a) contenente la mescolanza di mezzi d’impugnazione eterogenei; b) privo del carattere dell’autosufficienza; c) tendente alla riedizione del giudizio di fatto operato dal TSAP; d) la sentenza impugnata sarebbe pienamente conforme alla giurisprudenza di questa Corte (art. 360 bis c.p.c., n. 1).
5.1. I controricorrenti hanno poi dedotto l’infondatezza del primo motivo del ricorso principale, non avendo la Edison fornito la prova liberatoria a sè favorevole. Inoltre, secondo i controricorrenti il TSAP avrebbe espressamente riconosciuto che l’adempimento degli obblighi previsti dal documento di protezione civile avrebbe evitato i danni prodottisi, inoltre sostenendo l’inammissibilità del secondo motivo del ricorso principale, attenendo questo alla censura di un fatto.
5.2. I predetti R.N.F., R.N.C., R.N.M.L. e D.L.M.V. hanno poi dedotto la tardività del ricorso incidentale proposto dai fratelli B., dovendosi applicare il termine di quarantacinque giorni dalla notifica della sentenza a cura della cancelleria ed avendo, per contro, essi controricorrenti ricevuto la notifica del ricorso incidentale soltanto il 5 ottobre 2020. Hanno poi dedotto l’inammissibilità del ricorso incidentale per violazione del principio di autosufficienza, lo stesso contenendo, inammissibilmente, una censura relativa alle valutazioni in fatto operate dal giudice di appello senza prospettare alcuna violazione di legge, nemmeno potendosi ritenere correttamente contestata la violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto la doglianza censurava un apprezzamento sull’esito della prova, insindacabile in sede di legittimità al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Detti controricorrenti hanno ulteriormente prospettato l’inammissibilità del secondo motivo del ricorso principale per mescolanza di censure eterogenee di natura sostanziale e processuale, inoltre insistendo per l’infondatezza di entrambi i motivi.
6. R.N.F., R.N.C., R.N.M.L. e D.L.M.V. hanno poi proposto ricorso incidentale tardivo – essendo a loro dire insorto l’interesse dal ricorso principale avversario – affidato ad un motivo, censurando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.. Il TSAP avrebbe errato nel ritenere la genericità del rinvio alla consulenza tecnica di parte operato dai ricorrenti incidentali per la quantificazione dei danni, visto che in tale consulenza di parte erano state analiticamente contestate le quantificazioni dei danni operate per singola voce dal C.T.U..
7.Esaminando con priorità il ricorso principale della società Edison, sono anzitutto infondati i rilievi espressi dai controricorrenti Ruschi e D.L. in ordine all’inammissibilità dei due motivi di ricorso, ove si consideri che le censure dedotte nel primo motivo, ancorchè inserite graficamente all’interno di un unico motivo, espongono in maniera chiara e sufficientemente precisa i due vizi prospettati dalla ricorrente ed i parametri normativi di riferimento – cfr., Cass. S.U., n. 9100/2015, l’uno correlato al ritenuto error iuris nel quale sarebbe incorso il TSAP per aver ritenuto la responsabilità della stessa sussumendola nell’ambito dell’art. 2051 c.c., e l’altro connesso all’omessa considerazione di parte degli elementi valutati dalla ctu, e dunque sussumibile nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5. Censure peraltro puntualmente indicate anche nella rubrica del primo motivo.
7.1. Parimenti infondata risulta la dedotta inammissibilità del primo motivo in relazione al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, pienamente ammissibile quanto alle sentenze rese dal TSAP, in sede di controllo innanzi alle Sezioni Unite, come già chiarito da Cass., S.U., n. 28547/2008 e Cass., S.U., n. 19881/2014.
7.2. Analogamente destituita di fondamento risulta la dedotta inammissibilità dei motivi per difetto di autosufficienza, contenendo gli stessi la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda.
7.3. Più delicata risulta la dedotta inammissibilità sotto il profilo della incensurabilità di accertamenti di fatto compiuti dal TSAP. 7.4. Ed invero, quanto alla prima censura esposta nel primo motivo di ricorso principale, la stessa più che sollecitare una diversa ponderazione dei fatti esaminati dal TSAP, prospetta l’errore in diritto dello stesso giudice per aver ritenuto sussistente la responsabilità di Edison sulla base di una interpretazione dei presupposti di cui all’art. 2051 c.c., a dire della ricorrente, errati.
7.5. La ricorrente principale, infatti, intende sollecitare una verifica in punto di non correttezza della ricostruzione in diritto operata dal TSAP per aver riconosciuto la responsabilità di EDISON pur in presenza della dimostrata eccezionalità dell’evento meteorico, valorizzando, a suo dire, erroneamente l’inosservanza di obblighi di diligenza del custode che non sarebbe pertinenti rispetto alle ipotesi della responsabilità da cose in custodia.
7.6. Parimenti infondato risulta il profilo di inammissibilità del ricorso principale in relazione all’art. 360 bis c.p.c., n. 1.
7.7. Ed invero, la prospettazione dalla quale prende le mosse la ricorrente principale muove dalla circostanza che il TSAP avrebbe fatto proprio un indirizzo giurisprudenziale minoritario espresso da questa Corte e nel dedurre ciò ha indicato l’indirizzo a suo dire prevalente in tema di art. 2051 c.c., con riferimento alla dimostrazione di ciò che è necessario dimostrare al custode per andare esente da responsabilità. Tanto esclude in radice di poter ipotizzare l’ipotesi di inammissibilità fondata sulla violazione dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, che, al contrario, contempla il caso in cui il ricorso proposto si porrebbe in contrasto con un indirizzo consolidato della Cassazione che, anzi, è proprio la ricorrente a richiamare per sostenere l’errore nel quale sarebbe incorso il TSAP. 8. Ciò detto, passando all’esame del merito del primo motivo di ricorso principale, lo stesso è fondato nei termini di seguito precisati.
8.1. Ed invero, il TSAP, per giungere al riconoscimento della responsabilità del concessionario della diga, dopo aver riconosciuto il nesso di causalità fra il danno subito dalla proprietà dei signori R. e D.L. e le acque provenienti dalla sovrastante diga, gestita da detta società, ha agganciato la responsabilità del concessionario della diga alla mancata dimostrazione del rispetto degli obblighi incombenti sullo stesso, in relazione alla ritenuta verificazione di uno stato di allerta-vigilanza rinforzata, evincibile sulla base dei bollettini del 24 ottobre 2011 che, secondo tale giudice, avrebbero dovuto determinare in capo al gestore l’attivazione degli obblighi di custodia come delineati nell’allegato 15 annesso alla CTU. Secondo il TSAP, infatti, solo la prova dell’assolvimento degli obblighi ivi previsti – comunicazione alle prefetture della prevista onda di piena – e non adempiuti nè il 24 ottobre nè il giorno successivo, già prima del blackout delle ore 16,36 che aveva temporaneamente impedito le comunicazioni, avrebbero integrato il caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale.
8.2. Ora, a sostegno di tale conclusione il TSAP, in punto di responsabilità del custode in relazione al riversamento sul fondo degli attori delle acque provenienti dalla diga in custodia di Edison, ha evocato alcuni precedenti di questa Corte che, nella prospettiva della ricorrente, avrebbero configurato la responsabilità da cose in custodia in termini distonici rispetto all’orientamento prevalente nella giurisprudenza di questa Corte e favorevole alla ricostruzione in termini di responsabilità oggettiva del custode.
8.3. Occorre evidenziare che il cuore della decisione impugnata, nella parte in cui riconosce la responsabilità del concessionario della diga rispetto all’esondazione del fiume (OMISSIS) e ai danni cagionati alla proprietà dei R.N. e D.L., sta nel riconoscimento della circostanza che il danno per cui è causa non era conseguito al mero evento meteorologico -considerato di natura eccezionale dal TRAP, v.pag.14 2 cpv. sent. impugnata-, ma anche dal rilascio dell’acqua dalla diga (per quel che riguarda la responsabilità di Edison) -pag.21, p.10, sent. impugnata-, tanto che per giungere a questa conclusione, il TSAP ha riconosciuto l’inosservanza da parte di Edison degli obblighi di custodia nascenti dai bollettini metereologici del 24 e del (OMISSIS), ritenendo che solo la dimostrazione dell’osservanza di tali obblighi avrebbe giustificato l’esonero della responsabilità di Edison -cfr. pag.25, p.16 sent. impugnata, ove si afferma testualmente che “va affermata la responsabilità ex art. 2051 c.c., dell’Edison spa quale gestore della diga, nella causazione dei danni in questione, non risultando dal custode provata la speciale ed unica esimente del caso fortuito secondo i principi di cui al punto 9.”-.
8.4. Si è visto come il TSAP sia giunto a tale esito interpretativo, richiamando alcuni precedenti di questa Corte, fra i quali quello di maggior rilievo risulta senz’altro essere Cass. n. 2308/2007.
8.5. Con tale arresto la terza sezione di questa Corte ebbe ad enunciare, tra gli altri, il seguente principio di diritto:
“La disciplina di cui all’art. 2051 c.c., si applica anche in tema di danni sofferti dagli utenti per la cattiva ed omessa manutenzione delle autostrade da parte dei concessionari, in ragione del particolare rapporto con la cosa che ad essi deriva dai poteri effettivi di disponibilità e controllo sulle medesime, salvo che dalla responsabilità presunta a loro carico i concessionari si liberino fornendo la prova del fortuito, consistente non già nella dimostrazione dell’interruzione del nesso di causalità determinato da elementi esterni o dal fatto estraneo alla sfera di custodia (ivi compreso il fatto del danneggiato o del terzo), bensì anche dalla dimostrazione – in applicazione del principio di c.d. vicinanza alla prova – di aver espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa, in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, di vigilanza e manutenzione su di essi gravanti in base a specifiche disposizioni normative e già del principio generale del “neminem laedere”, di modo che il sinistro appaia verificatosi per fatto non ascrivibile a sua colpa.” 8.6. Tale precedente, richiamando Cass. n. 3651 del 20 febbraio 2006, ha sostenuto che, in materia di danni sofferti dagli utenti per la cattiva od omessa manutenzione delle strade (allora discutendosi di autostrade), pur essendo applicabile la disciplina di cui all’art. 2051 c.c., il titolo di responsabilità ascrivibile all’ente titolare della strada o al relativo concessionario era da ricostruirsi in termini di responsabilità presunta con conseguente applicabilità del criterio di inversione dell’onere della prova. Ragion per cui incombe sul custode l’onere di liberarsi da tale responsabilità mediante l’assolvimento della prova liberatoria del fortuito, ovvero fornendo il riscontro che il danno si fosse verificato in modo imprevedibile e, comunque, non superabile con l’adeguata diligenza consona alle concrete circostanze del caso concreto.
8.7. Secondo Cass. n. 3651/2006 “…l’art. 2051 c.c., determina infatti un’ipotesi (non già di responsabilità oggettiva bensì) caratterizzata da un criterio di inversione dell’onere della prova, ponendo (al comma 2) a carico del custode la possibilità di liberarsi dalla responsabilità presunta a suo carico mediante la prova liberatoria del fortuito (c.d. responsabilità aggravata), dando cioè, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno peraltro riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza (i quali impongono di adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto) nonchè in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, la dimostrazione che il danno si è verificato in modo non prevedibile nè superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. Il custode è cioè tenuto a provare la propria mancanza di colpa nella verificazione del sinistro – e non già la mancanza del nesso causale, il criterio di causalità essendo altro e diverso dal giudizio di diligenza (avere preso tutte le misure idonee) -, che si risolve sostanzialmente sul piano del raffronto tra lo sforzo diligente nel caso concreto dovuto e la condotta – caratterizzata da assenza di colpa – mantenuta. E’ allora sul piano del fortuito, quale esimente di responsabilità, che possono assumere rilievo (anche) i caratteri dell'”estensione” e dell'”uso diretto della cosa” da parte della collettività che, estranei alla “struttura” della fattispecie e pertanto non configurabili come presupposti di applicazione della disciplina ex art. 2051 c.c., possono valere ad escludere la presunzione di responsabilità ivi prevista ove il custode dimostri che l’evento dannoso presenta i caratteri dell’imprevedibilità e della inevitabilità non superabili con l’adeguata diligenza, come pure l’evitabilità del danno solamente con l’impiego di mezzi straordinari (e non già di entità meramente considerevole).” 8.8. Orbene, giova ricordare che detto indirizzo si poneva in contrasto con altro orientamento della medesima sezione terza di questa Corte, alla stregua del quale, ferma restando la configurabilità per i danni cagionati dai beni demaniali in effettiva custodia della P.A. (o dei suoi concessionari) della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., a quest’ultima viene riconosciuto un carattere non presunto ma oggettivo, di guisa che, ai fini della sua sussistenza, è sufficiente riscontrare l’esistenza del nesso causale tra il bene in custodia e la conseguenza dannosa, senza che assuma alcuna rilevanza la condotta del custode e l’osservanza o meno di uno specifico obbligo di vigilanza da parte sua, rimanendo la stessa esclusa solo nell’eventualità della verificazione del caso fortuito, ricollegabile, tuttavia, al profilo causale dell’evento in rapporto all’incidenza sul medesimo di un elemento esterno contraddistinto dagli elementi dell’oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità – Cass. n. 15383 del 6 luglio 2006 -.
8.9. Analogamente Cass. n. 20359 del 21 ottobre 2005 riteneva che “La responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia, disciplinata dall’art. 2051 c.c., si fonda non su un comportamento od un’attività del custode, ma su una relazione intercorrente tra questi e la cosa dannosa; questa responsabilità, tuttavia, incorre in un limite, che risiede nell’intervento di un fattore, il caso fortuito, che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma ai modi con i quali si è verificato il danno. In altri termini, il convenuto, per liberarsi dell’obbligo risarcitorio, deve provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e che, potendo consistere anche nel fatto di un terzo o dello stesso danneggiato, deve presentare i caratteri del fortuito e, quindi, dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità del fatto medesimo”. In senso conforme si era ribadito che “…non rileva in sè la violazione dell’obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell’evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno. Ne consegue che il vizio di costruzione della cosa in custodia, anche se ascrivibile al terzo costruttore, non esclude la responsabilità del custode nei confronti del terzo danneggiato, non costituendo caso fortuito, che interrompe il nesso eziologico, salva l’eventuale corresponsabilità del costruttore nei confronti del danneggiato e salva l’eventuale azione di rivalsa del danneggiante” – Cass. n. 20317/2005 e Cass. n. 25243/2006 -.
8.9. Ora, la diversità di indirizzi sulla conformazione della responsabilità del custode è peraltro proseguita anche nella giurisprudenza successiva determinando, alla fine, la presa di posizione della terza sezione civile che, con due sentenze rese in data 1 febbraio 2018, nn. 2480 e 2481, ha affermato i seguenti principi:
a) “l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicchè incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”;
b) “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”;
c) “il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere”;
d) “il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’art. 1227 c.c., comma 1; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost. Pertanto, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benchè astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale”.
8.10. Con specifico riferimento al tema che qui viene in rilievo e cioè quello della rilevanza, all’interno della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., degli obblighi di diligenza incombenti in capo al custode e del loro rilievo ai fini dell’esonero della responsabilità, il precedente appena ricordato ha ritenuto di chiarire che “…prospettato e provato dal danneggiato il nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, la colpa o l’assenza di colpa del custode resta del tutto irrilevante ai fini della sua responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c.”.
8.11. Principi, quelli appena qui riassunti, che si sono stabilizzati nella giurisprudenza della terza sezione, per effetto di Cass. n. 2477/2018 coeva alle appena ricordate sentenze nn. 2480 e la n. 2481 -, come è agevole constatare attraverso le indagini ricostruttive, rilevanti ai fini che qui interessano, svolte da Cass. n. 27724/2018 e, più recentemente, da Cass. n. 4588/2022 – in particolare a p.6 e relativi richiami.
9. Fatte le superiori premesse in diritto, reputano queste Sezioni Unite che la sentenza impugnata non si sia uniformata ai superiori principi espressi in funzione nomofilattica dalla terza sezione civile di questa Corte.
9.1. In particolare, il TSAP, dopo aver riconosciuto l’incidenza causale sull’evento dannoso della condotta ascrivibile al gestore della diga dalla quale si sono accertate provenire le acque che determinarono l’ingrossamento dell’alveo del fiume, non si è uniformato alla giurisprudenza da ultimo richiamata onde verificare la sussistenza del caso fortuito come esimente idonea ad interrompere il nesso di causalità; verifica che avrebbe dovuto essere compiuta su un piano puramente oggettivo, per accertare se il nesso causale fosse stato eliso da fattori esterni imprevedibili e/o inevitabili e che, invece, ha erroneamente valorizzato profili di natura soggettiva (segnatamente, l’inosservanza del gestore rispetto ad alcuni obblighi di comunicazione alle autorità competenti che, secondo il TSAP, avrebbero potuto integrare, ove il concessionario avesse dimostrato di averli assolti, “l’unica esimente del caso fortuito”), in tal modo inserendo nel paradigma della responsabilità ex art. 2051 c.c. valutazioni sulla condotta del custode che sono ad esso estranee.
9.2. La seconda parte del primo motivo ed il secondo motivo di ricorso principale restano assorbiti nell’accoglimento della censura nei termini appena esposti.
10. Passando all’esame del ricorso incidentale proposto dai signori R. e D.L., affidato ad un motivo ed ammissibile rispetto alle modalità di proposizione dei motivi, involgendo capi della sentenza del TSAP che si riflettono anche su soggetti diversi dalla ricorrente principale, esso deve anzitutto ritenersi tempestivo.
10.1. Ed invero, giova ricordare che il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche è disciplinato dalle norme del vigente codice di rito che regolamentano l’ordinario ricorso per Cassazione, atteso che il rinvio operato dal R.D. n. 1775 del 1933, art. 202, alla disciplina del codice processuale del 1865 non deve intendersi come recettizio, ma come rinvio formale, ossia non alle specifiche norme richiamate, bensì al contenuto di esse come mutato nel tempo. Ne consegue che la parte cui sia stata notificata l’impugnazione, ove intenda, a sua volta, proporre controricorso o ricorso incidentale, deve farlo nei termini stabiliti dagli artt. 370 e 371 c.p.c. – cfr. Cass. S.U. n. 26127/2016 -.
10.2. Orbene, nel caso di specie, il ricorso incidentale proposto dai Ruschi e dalla D.L. dopo la notifica, in data 17.9.2020, del ricorso principale di Edison spa, è stato notificato con atti inviati a mezzo del servizio postale in data 27 ottobre 2020 e, dunque, entro il termine di quaranta giorni fissato dalla disciplina codicistica.
10.3. Passando all’esame del merito del motivo, lo stesso prospetta la violazione dell’art. 2697 c.c., e contesta la statuizione del TSAP laddove avrebbe considerato generico il rinvio alla consulenza tecnica di parte dei ricorrenti incidentali per la quantificazione dei danni.
10.4. I ricorrenti rilevano di aver esposto in appello le ragioni in ordine all’erroneità delle valutazioni espresse dal CTU attraverso il rinvio, contenuto nell’atto di appello, all’a.t.p. ed alla consulenza tecnica di parte integralmente ritrascritte nell’atto di appello e riportate nel ricorso incidentale ai fini dell’autosufficienza della censura. Secondo i ricorrenti, in definitiva, il TSAP avrebbe violato l’art. 2697 c.c., in quanto non avrebbe considerato la piena prova in ordine al quantum richiesto a titolo di risarcimento del danno, già esistente, dovendosi pertanto escludere la genericità della censura in punto di quantum risarcitorio. Rilevano ancora i ricorrenti incidentali che ove l’atto di appello abbia denunciato l’erronea valutazione degli elementi probatori acquisiti in primo grado o delle conclusioni del ctu, la specificità dei motivi di appello risulterebbe meno rigorosa, essendo sufficiente il rinvio alla c.t. di parte contenente i rilievi critici all’elaborato della c.t.u..
11. Il motivo è inammissibile.
11.1. La censura, per un verso, attinge alle valutazioni meritali operate dal TSAP quanto al pregiudizio concretamente patito dai danneggianti, aggredibile unicamente sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – cfr. Cass. n. 10688 del 24/04/2008, con riferimento al sistema precedente alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5., Cass. n. 23637/2016; Cass. n. 15147/2018; Cass. n. 11917/2021 -.
11.2. Peraltro, questa Corte è ferma nel ritenere che quando le doglianze, apparentemente esposte contro la c.t.u., si risolvano in realtà nella mera censura circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore e di un significato difformi dalle loro aspettative (v. Cass. 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’assetto probatorio diversa da quella operata nel caso dai giudici di merito (cfr. Cass., 13/4/2006, n. 8932), le stesse risultano inammissibili in sede di legittimità, spettando unicamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento – cfr. Cass. n. 5798/2019 -. Orbene, i ricorrenti incidentali prospettano la violazione di legge sotto il profilo dell’esistenza delle prove a sostegno della quantificazione del risarcimento del danno dagli stessi ritenuta congrua, a fronte della valutazione, ritenuta incongrua, operata dal TSAP, senza tuttavia rilevare alcun vizio di motivazione della sentenza per aver omesso di considerare gli elementi esposti nella consulenza tecnica di parte e per aver considerato generici detti rilievi, invece profilando un error iuris in ordine alla quantificazione del danno da parte del TSAP. Censura che non può, per converso, essere esaminata.
12. Il ricorso incidentale dei Signori R. e della D.L. va quindi dichiarato inammissibile.
13. B.A. e B.C. hanno proposto, a loro volta, ricorso incidentale, affidato a due motivi.
13.1. Con il primo motivo essi lamentano la violazione dell’art. 2051 c.c.. Il TSAP, riconoscendo la responsabilità dei ricorrenti incidentali accanto a quella del concessionario della diga (Edison) avrebbe tralasciato di considerare che il manufatto riscontrato in sede di ATP e di CTU era stato realizzato in base alla sentenza n. 166/2000 del Tribunale di Massa, nell’ambito di un procedimento nel quale il CTU S. aveva indicato l’arretramento del terrapieno di metri quattro, sostenendo che ciò avrebbe consentito il ripristino delle condizioni, in modo da risultare ininfluente rispetto al deflusso del torrente (OMISSIS).
Il TSAP, secondo i ricorrenti incidentali, non avrebbe nemmeno considerato che, anche a voler ritenere la prevedibilità dell’evento, come riconosciuto dal TSAP, nessun addebito sarebbe stato possibile attribuire ad essi ricorrenti. Ove anche gli stessi fossero stati a conoscenza delle previsioni e dei bollettini meteo, non avrebbero potuto adottare alcuna condotta alternativa. Inoltre, il TSAP avrebbe dovuto escludere il nesso causale in base alla natura eccezionale dell’evento meteorico.
13.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., e art. 115 c.p.c.. Il TSAP avrebbe errato nel ritenere sussistente il nesso causale fra l’evento dannoso e la condotta ascrivibile ai ricorrenti incidentali per l’esistenza del terrapieno, dopo aver riconosciuto l’esistenza, quali cause dei danni, dell’evento eccezionale e dell’inosservanza da parte del gestore degli obblighi previsti dal documento della protezione civile, peraltro tralasciando di ammettere la richiesta di acquisizione dei filmati dei carabinieri e della prova testimoniale.
13.3. In definitiva, secondo i ricorrenti incidentali, il ragionamento che aveva condotto all’affermazione di responsabilità, sulla base del ritenuto nesso causale, sarebbe “privo di riferimenti a fatti materiali”, fondando il giudizio di responsabilità non su prove, ma su mere ipotesi. I due motivi che, stante la loro stretta connessione, meritano un esame congiunto, non colgono nel segno, risultando il primo infondato ed il secondo inammissibile.
13.4. Ed invero, mette conto rilevare che, secondo il TSAP, la questione relativa ai mezzi di prova proposti in primo grado -visione filmati e prove testimoniali- oltre a non essere stata riproposta in appello con volontà esplicita, non riguardava prove rilevanti nè circostanziate.
13.5. Per altro verso, il TSAP ritenne che il CTU aveva “affermato che il rilevato artificiale era una possibile concausa, in quanto avrebbe impedito l’espansione del (OMISSIS) in sponda sinistra” aggiungendo che “il rilevato B. aveva un impatto altimetrico sui terreni circostanti e che vi era stato un arretramento (2004) del rilevato, effettuato a seguito di sentenza del Tribunale di Massa Carrara” per poi concludere che malgrado la responsabilità di Edison “…non può non concludersi che la collocazione del rilevato in questione, in ragione delle considerazioni di carattere tecnico svolte dal CTU, abbia avuto un pari concorso causale nella produzione dei danni agli immobili degli appellanti: ciò che fonda la corresponsabilità di coloro che di quel rilevato avevano appunto la custodia”.
13.6. Orbene, le censure che muovono i B. alla sentenza impugnata attengono al ritenuto nesso causale che il TSAP ha desunto dagli accertamenti di natura tecnica compiuti in sede di accertamento tecnico preventivo e di consulenza tecnica d’ufficio, ritenendo che la presenza del rilevato in custodia ai suddetti all’interno del fiume (OMISSIS) avesse contributo all’esondazione, impedendo l’espansione del fiume in sponda sinistra.
13.7. Pertanto, nel pervenire a tale conclusione il TSAP non ha commesso alcuna violazione di legge rispetto all’applicazione dell’art. 2051 c.c., escludendo l’esistenza di un caso fortuito idoneo ad elidere la responsabilità dei proprietari sulla base dei principi già sopra esposti e correttamente applicati quanto alla posizione dei suddetti.
13.8. Nè sarebbe possibile rilevare il vizio prospettato in relazione alla sentenza del tribunale di Massa, relativa ad un contenzioso fra i B. ed altri soggetti, promosso nei confronti dei suddetti, non potendo le valutazioni espresse in quel procedimento ridondare in favore dei ricorrenti incidentali rispetto alla responsabilità nascente dal bene in loro custodia e dalla ritenuta efficienza causale rispetto alla verificazione del pregiudizio patito dai proprietari dei fondi. Nè tantomeno di rilievo è la circostanza dell’assenza di colpa, se appunto si accede alla tesi per cui l’art. 2051 c.c. integra una ipotesi di responsabilità oggettiva che prescinde dal coefficiente psicologico in capo al danneggiante.
13.9. Risulta poi con evidenza inammissibile la seconda censura che finisce con l’attingere all’accertamento di fatto compiuto dal TSAP con riguardo all’incidenza causale del rilevato sulla esondazione del corso d’acqua.
13.10. Il ricorso incidentale proposto da B.A. e B.C. va quindi dichiarato inammissibile.
14. Sulla base delle superiori considerazioni, accolto per quanto di ragione il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale proposto dai Signori R. e D.L. e quello dei signori B., la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al TSAP in diversa composizione che pure provvederà sulle spese del giudizio relativo al ricorso principale, dovendosi compensare le spese relative ai ricorsi incidentali in relazione all’esito del giudizio definito in questa sede.
15.Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali B.C. e B.A. e da R.N.C., R.N.F., R.N.M.L., D.L.M.V., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per i ricorsi incidentali, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
Accoglie per quanto di ragione il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo motivo.
Dichiara inammissibili i ricorsi incidentali proposti da B.C. e B.A. e da R.N.C., R.N.F., R.N.M.L., D.L.M.V..
Cassa la sentenza impugnata e rinvia al TSAP in diversa composizione che pure provvederà sulle spese del giudizio relativo al ricorso principale.
Compensa le spese fra i ricorrenti incidentali e le parti controricorrenti. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei i ricorrenti incidentali Ruschi D.L. e B., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 8 marzo 2022.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2022