Il mero verificarsi di infiltrazioni non è di per sè sufficiente a legittimare il rifiuto del pagamento dei canoni
Il mero verificarsi di infiltrazioni non è di per sè sufficiente a legittimare il rifiuto di pagamento dei canoni a meno che dette infiltrazioni non siano così gravi da rendere invivibile / inagibile l’immobile incidendo, per l’effetto, sulla funzione economico-sociale del contratto di locazione finendo, di tal guisa, per influire sull’equilibrio sinallagmatico dello stesso.
In definitiva dovrà essere effettuata una attenta valutazione caso per caso che tenga in considerazione da un lato l’entità delle infiltrazioni e dall’altro le sue effettive ripercussioni sulla abitabilità dell’immobile.
LA VICENDA
Tizio intimava alla conduttrice lo sfratto essendosi resa morosa in ordine al pagamento dei canoni e oneri condominiali. Concludeva per la convalida dello sfratto ed emissione di decreto ingiuntivo e in caso di opposizione per l’ordinanza di rilascio; nel merito, per la declaratoria di risoluzione del contratto di locazione ex art. 10 del contratto di locazione e per grave inadempimento contrattuale dei conduttori. Si costituiva in giudizio Caia, che svolgeva opposizione alla convalida, eccependo (tra le altre) di aver sospeso il pagamento dei canoni di locazione a motivo di fenomeni infiltrativi per cui dispiegava domanda riconvenzionale di condanna dei locatori all’esecuzione dei lavori necessari all’eliminazione delle criticità e di risarcimento dei danni oltre che di restituzione del deposito cauzionale.
IL PASSO SALIENTE DELLA SENTENZA
[…] per la giurisprudenza di legittimità che “… per stabilire in concreto, dunque, se l’eccezione di inadempimento sia stata sollevata in buona fede oppure no (…) il giudice di merito deve verificare “se la condotta della parte inadempiente, avuto riguardo all’incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, abbia influito sull’equilibrio sinallagmatico dello stesso, in rapporto all’interesse perseguito dalla parte, e perciò abbia legittimato, casualmente e proporzionalmente, la sospensione dell’adempimento dell’altra parte …”. In definitiva, è legittima la sospensione dell’obbligazione della parte se l’inadempimento della controparte incide sulla funzione economico-sociale del contratto e ciò abbia influito sull’equilibrio sinallagmatico dello stesso (v. Cass. sez. III ordinanza n. 2154 del 29 gennaio 2021; Cass., sez. III, ordinanza 22 giugno 2020, n. 12103). Inoltre, la conduttrice non ha fornito prova di avere, prima dell’odierno giudizio, avvisato i locatori di essere sua intenzione di sospendere la propria prestazione, in attesa di ricevere e per sollecitare quella delle controparti (v. Cass. n°22353.2010; Cass. n°10506.1994: “per la legittima proposizione dell’eccezione di inadempimento è necessario che il rifiuto di adempimento – oltre a trovare concreta giustificazione nei legami di corrispettività e interdipendenza tra prestazioni ineseguite e prestazioni rifiutate – non sia contrario a buona fede, cioè non sia determinato da motivi non corrispondenti alle finalità per le quali esso è concesso dalla legge, come quando l’eccezione è invocata non per stimolare la controparte all’adempimento ma per mascherare la propria inadempienza; al fine del relativo accertamento assume rilevante importanza la circostanza che la giustificazione del rifiuto sia resa nota alla controparte solo in occasione del giudizio e non in occasione dell’attività posta in essere allo scopo di conseguire l’esecuzione spontanea del contratto”)[…]
Ne deriva che…
il conduttore di un immobile non può astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, quand’anche tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Inoltre, secondo il principio “inadimplenti non est adimplendum”, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede“. In tema di inadempimento contrattuale vale la regola che leccezion di inadempimento di cui all’articolo 1460 cod. civ., si fonda su due presupposti: I) l‘esistenza dell’inadempimento anche dell’altra parte e II) la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, bensì in relazione alla situazione oggettiva.
LA SENTENZA
Tribunale di Roma, Sentenza del 22/06/2022, n. 10151
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Roma
– Sezione Sesta Civile –
Il Tribunale di Roma in persona del giudice Dott.ssa Manuela Caiffa, all’udienza del 22.06.2022, all’esito della discussione orale delle parti, ha emesso dando lettura del dispositivo e della contestuale motivazione, la seguente
SENTENZA
(ex art. 429 c.p.c.)
nella causa civile di primo grado iscritta al n°2455 del Registro Generale Affari Contenziosi dell’anno 2022, avente ad oggetto “intimazione di sfratto per morosità – uso abitativo”, pendente
tra
G.M., cod. fisc. (…) e M.C., cod. fisc. (…), rappresentati e difesi dall’Avv. Marco Cianfarini ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, sito in Roma, Viale XXI Aprile n. 21
attori
E
D.F.C.. fisc. (…)), elettivamente domiciliata in Roma alla Via dei Gracchi n. 189, presso lo Studio dell’Avv. Giuseppe Nardella che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del presente atto
convenuta
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. I fatti controversi.
Con atto di citazione notificato in data 16.01.2021 le parti attrici in epigrafe intimavano, alla convenuta, lo sfratto dall’immobile in R. Via U. G. n. 44, piano primo, interno 2 ed esponevano al Tribunale:
erano proprietari del detto immobile concesso in locazione alla Sig.ra D.F. con contratto sottoscritto in data 19.02.2018 regolarmente registrato avente decorrenza dall’01.03.2018 al 28.02.22;
che il canone di locazione annuo era pari ad Euro 6.600,00 da corrispondersi entro il giorno 10 di ciascun mese e di importo mensile pari ad Euro 550,00;
che le spese condominiali di ordinaria amministrazione erano a carico del conduttore sulla base dei preventivi e dei consuntivi;
che veniva pattuito il versamento di un deposito cauzionale pari ad Euro 1.100,00;
che la conduttrice si era resa morosa dell’importo complessivo di Euro 10.902,74 di cui: Euro 8.800,00 per canoni non corrisposti (giugno 2018 – ottobre e dicembre 2019 – gennaio, marzo, agosto, settembre e ottobre 2020, da febbraio 2021 a settembre 2021) ed Euro 2.102,74 per oneri condominiali pregressi.
Concludevano per la convalida dello sfratto ed emissione di decreto ingiuntivo e in caso di opposizione per l’ordinanza di rilascio; nel merito, per la declaratoria di risoluzione del contratto di locazione ex art. 10 del contratto di locazione e per grave inadempimento contrattuale dei conduttori, con vittoria di spese.
Si costituiva in giudizio la sig.ra D.F., che svolgeva opposizione alla convalida, eccependo: di aver versato regolarmente i canoni di giugno 2018, ottobre 2019, dicembre 2019, per l’anno 2020, la complessiva somma di Euro 4.400,00 pari ad otto mensilità a titolo di canoni di locazione e per l’anno 2021 il solo mese di gennaio; l’improcedibilità della richiesta di pagamento degli oneri condominiali perché effettuata in violazione dell’art. 9 L. n. 392 del 1978, oltre che la prescrizione dei detti oneri; di aver sospeso il pagamento dei canoni di locazione a motivo di fenomeni infiltrativi per cui dispiegava domanda riconvenzionale di condanna dei locatori all’esecuzione dei lavori necessari all’eliminazione delle criticità e di risarcimento dei danni pari a Euro 5.6000,00, oltre che di restituzione del deposito cauzionale.
Pronunciata ordinanza di rilascio, veniva disposto il mutamento del rito.
All’esito del deposito delle memorie integrative, i termini della controversia rimanevano presso che invariati.
Veniva esperita la mediazione, come da verbale in atti.
Assunti gli interrogatori formali degli attori, la causa veniva decisa con deposito della sentenza dando lettura delle motivazioni e il dispositivo.
2. Il merito della lite.
La domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento della conduttrice, va accolta, per quanto qui appresso.
Si è già detto (v. ordinanza resa, ex art. 665 c.p.c., all’esito dell’udienza di convalida) che la conduttrice, rimasta nel godimento dell’immobile locato ad onta delle criticità, di cui in tesi affetto, non aveva facoltà di sospendere la propria prestazione, com’è pacifico che abbia fatto, essendo tale inadempimento non proporzionale a quello contestato alla parte locatrice.
Dunque, a fronte di tale conclamato inadempimento, le mancanze imputate alle parti locatrici non possono considerarsi, neppure in astratto, tali da avere pregiudicato, in misura preponderante, l’equilibrio tra prestazione e controprestazione in cui consiste il sinallagma del contratto di locazione.
Infatti, la convenuta non ha dimostrato di essere stata privata dell’uso della cosa locata, per via delle criticità di cui questa sarebbe stata affetta: in particolare, la sig.ra D. non ha né dedotto di avere offerto alla parte locatrice la restituzione dell’immobile, in epoca antecedente, concomitante o posteriore alla sospensione dei pagamenti, né sino all’introduzione della lite e si è, anzi, opposta all’ordine di rilascio.
In proposito, va detto che “in tema di inadempimento contrattuale vale la regola che l”exceptio non rite adimpleti contractus”, di cui all’articolo 1460 cod. civ., si fonda su due presupposti: l’esistenza dell’inadempimento anche dell’altra parte e la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, bensì in relazione alla situazione oggettiva. In applicazione di tale principio, qualora un conduttore abbia continuato a godere dell’immobile locato, pur in presenza di vizi, non è legittima la sospensione da parte sua del pagamento del canone, perché tale comportamento non sarebbe proporzionale all’inadempimento del locatore” (v. Cass. n°8425.2006; Cass. n°2855.2005; Cass. n°3341.2001); che, l’autocompensazione che la parte convenuta ha inteso operare di propria iniziativa, tale da condurre alla sospensione del pagamento di diverse mensilità del canone locativo, costituisce un’ipotesi di ragion fattasi notoriamente scrutinata illegittima (cioè contraria a buona fede) dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n°4444.1985; Cass. Sezioni Unite n°5384.1984; Cass. n°2580.1985: “il mancato pagamento del canone di locazione convenzionalmente fissato non è giustificato se non quando sia stato giudizialmente accertato, in via definitiva, che le somme pretese non sono dovute o sono dovute nel minore ammontare corrisposto, creandosi altrimenti la violazione del sinallagma contrattuale ed uno squilibrio tra le prestazioni delle parti sulla basi di un inammissibile comportamento di ragion fattasi, con la conseguenza che se tale comportamento assume il carattere della gravità in relazione alla volontà espressa dalle parti, alla natura e alle finalità del rap-porto, soprattutto in relazione all’interesse dell’altro contraente, si giustifica la risoluzione del rapporto”).
Ancora, “il conduttore di un immobile non può astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, quand’anche tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Inoltre, secondo il principio “inadimplenti non est adimplendum”, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede” (v. Cass. n. 18987 del 27 settembre 2016; Cass. n°13887.2011; Cass. n°261.2008; Cass. n°13133.2006; Cass. n°14739.2005; Cass. n°24799.2008; Cass. n°7772.2004); “in tema di inadempimento contrattuale vale la regola che l”exceptio non rite adimpleti contractus”, di cui all’articolo 1460 cod. civ., si fonda su due presupposti: l’esistenza dell’inadempimento anche dell’altra parte e la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, bensì in relazione alla situazione oggettiva. In applicazione di tale principio, qualora un conduttore abbia continuato a godere dell’immobile locato, pur in presenza di vizi, non è legittima la sospensione da parte sua del pagamento del canone, perché tale comportamento non sarebbe proporzionale all’inadempimento del locatore” (v. Cass. n°8425.2006; Cass. n°2855.2005; Cass. n°3341.2001).
Anche abbandonando tale tesi più rigida, va detto che ciò che assume rilevanza nell’istituto dello sospensione dell’adempimento previsto dall’articolo 1460 c.c., sono “… il principio di correttezza e buona fede oggettiva ex artt. 1175 e 1375 c.c., al quale del resto fa esplicito rimando l’art. 1460, comma 2 là dove correla alla considerazione delle circostanze del caso concreto la valutazione dellalegittimità della sospensione secondo “buona fede”: correlazione che (…) non altrimenti può concretizzarsi se non nella “commisurazione del rilievo sinallagmatico delle obbligazione coinvolte, ossia nella “proporzionalità” dei rispettivi adempimenti …”.
In tal senso, allora, è pacifico per la giurisprudenza di legittimità che “… per stabilire in concreto, dunque, se l’eccezione di inadempimento sia stata sollevata in buona fede oppure no (…) il giudice di merito deve verificare “se la condotta della parte inadempiente, avuto riguardo all’incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, abbia influito sull’equilibrio sinallagmatico dello stesso, in rapporto all’interesse perseguito dalla parte, e perciò abbia legittimato, casualmente e proporzionalmente, la sospensione dell’adempimento dell’altra parte …”.
In definitiva, è legittima la sospensione dell’obbligazione della parte se l’inadempimento della controparte incide sulla funzione economico-sociale del contratto e ciò abbia influito sull’equilibrio sinallagmatico dello stesso (v. Cass. sez. III ordinanza n. 2154 del 29 gennaio 2021; Cass., sez. III, ordinanza 22 giugno 2020, n. 12103).
Inoltre, la conduttrice non ha fornito prova di avere, prima dell’odierno giudizio, avvisato i locatori di essere sua intenzione di sospendere la propria prestazione, in attesa di ricevere e per sollecitare quella delle controparti (v. Cass. n°22353.2010; Cass. n°10506.1994: “per la legittima proposizione dell’eccezione di inadempimento è necessario che il rifiuto di adempimento – oltre a trovare concreta giustificazione nei legami di corrispettività e interdipendenza tra prestazioni ineseguite e prestazioni rifiutate – non sia contrario a buona fede, cioè non sia determinato da motivi non corrispondenti alle finalità per le quali esso è concesso dalla legge, come quando l’eccezione è invocata non per stimolare la controparte all’adempimento ma per mascherare la propria inadempienza; al fine del relativo accertamento assume rilevante importanza la circostanza che la giustificazione delrifiuto sia resa nota alla controparte solo in occasione del giudizio e non in occasione dell’attività posta in essere allo scopo di conseguire l’esecuzione spontanea del contratto”): la missiva del 19.02.2021, in atti, infatti, è successiva alla notificazione dell’atto di intimazione.
In ogni caso, parte convenuta non ha dato dimostrazione dei vizi lamentati (non essendo idonee le fotografie in atti) né che, a causa degli stessi, non abbia potuto godere, seppur parzialmente, della res locata.
Ancora, la morosità contestata è precedente all’asserito allontanamento della conduttrice dall’immobile locato.
Riguardo gli oneri condominiali, va ribadito che nel caso di proposizione della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento prima che si verifichi l’esigibilità della prestazione (in difetto, nel caso, di richiesta di pagamento), se la prestazione diviene esigibile nel corso del giudizio e il convenuto non adempia, non può sottrarsi ad una pronuncia di risoluzione, essendo l’inadempimento una condizione dell’azione che può maturare in corso di causa e fino al momento della sentenza.
Nel caso in esame, in ogni modo, gli attori allegavano i preventivi ed i rendiconti condominiali, oltre ai relativi riparti.
Il termine di prescrizione quinquennale, poi, va applicato anche riguardo agli oneri accessori dal momento che la L. n. 133 del 6 agosto 2008 (di conversione del D.L. n. 112 del 2008) ha abrogato la L. n. 843 del 1973 che all’art. 6 prevedeva la prescrizione biennale del credito per oneri accessori.
Per quel che concerne la valutazione della gravità dell’inadempimento, per quel che concerne le locazioni ad uso abitativo, va rilevato che trova applicazione l’art. 5 della L. n. 392 del 1978 che determina ex lege quale motivi di risoluzione il mancato pagamento del canone di locazione decorsi venti giorni dalla sua scadenza o il mancato pagamento degli oneri accessori, quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone.
In materia di locazione ad uso abitativo, dunque, nel caso in cui il conduttore abbia omesso di pagare una o più mensilità del canone locativo (ovvero oneri accessori per un importo superiore a due mensilità di canone), la valutazione della gravità e dell’importanza dell’inadempimento ex art. 1455 c.c., non è rimessa all’apprezzamento discrezionale del Giudice, ma è predeterminata legalmente ex art. 5 e 55 della L. del 27 luglio 1978, n. 392 (v. Cass. del 21.6.2017 n. 15348).
La L. del 27 luglio 1978, n. 392 contiene due articoli (5 e 55) che incidono sull’applicabilità dell’art. 1455 c.c.; in realtà gli artt. 5 e 55, più che determinare l’inapplicabilità dell’art. 1455 c.c., offrono un criterio (predisposto dal legislatore) relativo alla valutazione della gravità dell’inadempimento.
Difatti, in base all’art. 5 il mancato pagamento di una o rate del canone determina l’inadempimento del conduttore.
Circa l’obbligazione del solvere praetium locationis, la valutazione della gravità e della importanza dell’inadempimento del conduttore in relazione all’interesse del locatore insoddisfatto è ancorata dal legislatore ad un parametro (quantitativo e temporale) predefinito, che esclude ogni discrezionale considerazione ad opera del Giudice, tenuto unicamente a verificare il presupposto dell’inadempimento.
In conseguenza, sulla base di quanto sin qui motivato, sussistendo nel caso in esame, alla litispendenza, la morosità per canoni ed oneri superiore ai criteri predeterminati dalla L. n. 392 del 1978, considerato che la conduttrice era tenuta ai sensi dell’art. 5) del contratto di locazione a corrispondere il canone mensile anticipatamente e, comunque, non oltre il giorno 10 di ogni mese, appare indiscutibile la sussistenza e l’assoluta importanza dell’inadempimento.
Si deve tenere, poi, in considerazione anche il mancato versamento dei canoni di locazione successivi all’intimazione di sfratto, talché “… la circostanza che l’inadempimento del conduttore, non grave al momento della domanda di risoluzione proposta dal locatore, si aggravi in corsodi causa, è rilevante ai fini dell’accoglimento della stessa” (v. Cass. civ. Sez. III, 20/04/2015, n. 8002 e Cass. civ. Sez. III, 26/10/2012, n. 18500).
In conclusione, va accolta la domanda di risoluzione per inadempimento proposta dalle parti attrici e confermata l’ordinanza provvisoria di rilascio del 10.01.2022.
Segue, poi, la condanna della convenuta al pagamento in favore degli attori dei canoni locativi intimati (pari a Euro 6.600,00 per 4 mensilità del 2020 e otto mensilità del 2021) e di quelli scaduti da ottobre 2021 fino al giugno 2022 (Euro 550,00 x 9 mesi) per totali Euro 11.550,00, oltre successivi fino al rilascio ed interessi legali dalle scadenze al saldo.
In proposito, a nulla rileva che la conduttrice possa aver abbandonato la res locata lasciandola in uso al convivente; in ogni caso, la restituzione della cosa locata si attua con la riconsegna alla quale non può essere equiparato l’abbandono, che non ha quindi efficacia liberatoria.
Inoltre, nessun accordo di esclusione dal pagamento di 4 mensilità di canoni del 2020 veniva provato né tantomeno confessato dai locatori in sede di interrogatorio formale (v. verbale di udienza del 02.05.2022).
Va dichiarato, invece, il difetto di legittimazione attiva degli attori in ordine alla domanda di pagamento della somma per oneri condominiali: il condominio, infatti, resta estraneo al contratto di locazione stipulato tra il singolo condomino ed il conduttore, di talché – fermo restando che l’inadempimento dell’onere di pagare le spese condominiali, laddove assunto dal conduttore per legge (art. 9 L. n. 392 del 1978) e/o per contratto, integra a determinate condizioni (art. 5 L. n. 392 del 1978) un fatto d’inadempimento idoneo a far luogo alla pronunzia di risoluzione del contratto – il credito che il condomino/locatore può vantare in giudizio nei confronti del proprio inquilino si può atteggiare esclusivamente a diritto di rimborso delle spese anticipate per conto del conduttore (v. Cass. civ. sez.III, 13 novembre 2019 n.29329; Trib. Roma, sez.VI, sent. n. 3724 del 06.03.2019, sent. n.18160 dell’11.09.19 e sent. 5730 del 06.05.2021).
In altri termini, il locatore che non abbia anticipato gli oneri condominiali non può agire in giudizio, in nome proprio, per far valere un diritto altrui (art. 81 c.p.c.), e cioè per esigere, in vece del condominio, il pagamento di un credito maturato da quest’ultimo, nei riguardi di esso condomino.
Ciò posto, non avendo le parti attrici né dedotto, né documentato, di avere “anticipato” le spese per oneri condominiali difetta la legittimazione a richiederne il diretto pagamento al conduttore.
La pronuncia risolutiva per inadempimento esclude la condanna di facere domandata dalla convenuta nei confronti degli attori.
Va rigetta pure, la pretesa risarcitoria per la complessiva somma di Euro 6.600,00, dal momento che, all’esito degli interrogatori formali degli attori, è emerso che prima del presente giudizio non avessero conoscenza dei vizi lamentati dalla conduttrice (v. interrogatori formali assunti all’udienza del 02.05.2022).
Peraltro, parte convenuta non ha dimostrato la ridotta utilizzazione dell’immobile, né i danni al mobilio.
Il deposito cauzionale, inoltre, non assolve più la funzione di garanzia prevista dalla legge, con conseguente obbligo restitutorio in capo al locatore, salvo l’ipotesi in cui abbia proposto domanda giudiziale volta a trattenere tale somma dopo la locazione a copertura di specifici danni subiti, solo con la riconsegna dell’immobile (v. Cass. 15 ottobre 2002, n. 14655, e 21 aprile 2010, n. 9442, nonché Cass. civ., sez. VI, ordinanza 25.02.2015, n. 3882).
Riguardo, infine, alla richiesta di parte attrice di condanna della convenuta al maggior danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., va detto che la condanna per responsabilità aggravata per colpa grave o dolo presuppone la prova dell’altrui malafede o colpa grave nell’agire o resistere in giudizio, oltre che la prova del danno subìto a causa della pretesa condotta temeraria della controparte. Pertanto, è necessario dimostrare l’esistenza sia dell’elemento soggettivo consistente nella consapevolezza o nell’ignoranza colpevole dell’infondatezza della propria tesi, sia di quello oggettivo, ovvero il pregiudizio subìto a causa della condotta temeraria della parte soccombente, non provati nel caso in esame.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate ex D.M. n. 55 del 2014.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla parte attrice nei confronti della sig.ra F.D., così provvede:
accoglie la domanda e dichiara il contratto di locazione stipulato in data 19.02.2018 relativo all’immobile sito in R. via U. G. nr. 94, risolto per inadempimento della conduttrice;
conferma l’ordinanza di rilascio del 10.01.2022;
condanna la convenuta al pagamento dei canoni di locazione maturati fino al giugno 2022 e pari a Euro 11.550,00, oltre quelli maturandi fino al rilascio ed interessi legali dalle scadenze al saldo;
dichiara la carenza di legittimazione attiva degli attori per la domanda di condanna al pagamento degli oneri condominiali;
rigetta le domande riconvenzionali della convenuta;
condanna la convenuta al rimborso in favore di parte attrice delle spese di lite che liquida (compresi compensi di mediazione) in Euro 3,114,33, di cui Euro 214,33 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfettario.
Conclusione
Così deciso in Roma il 22 giugno 2022.
Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2022.