LA VICENDA
Il conducente di un camion, proveniente da un’area privata, iniziava una manovra di immissione nel flusso principale della circolazione, senza tuttavia avvedersi del sopraggiungere di un motociclista intento a superare un veicolo che aveva in quel mentre rallentato proprio per consentire all’autocarro di effettuare la predetta manovra: inevitabile a quel punto lo scontro tra il camion e la moto. I Giudici di primo e secondo grado avevano escluso la responsabilità del camionista in quanto questi non avrebbe potuto vedere la moto perchè coperta proprio dall’autovettura che stava superando.
Secondo i Giudici di legittimità tuttavia…
considerato che l’art. 2054 c.c. impone al giudice di valutare la condotta di entrambi i conducenti, sarebbe oscuro il motivo in base al quale la Corte d’Appello avrebbe ritenuto di escludere la presunzione di pari responsabilità. Ed invero, nel caso di scontro tra veicoli, l’accertamento in concreto di responsabilità di uno dei conducenti non comporta il superamento della presunzione di colpa concorrente sancito dall’art. 2054 c.c., essendo a tal fine necessario accertare in pari tempo che l’altro conducente si sia pienamente uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle di comune prudenza ed abbia fatto tutto il possibile per evitare l’incidente. In questa prospettiva, secondo gli Ermellini proprio il fatto che l’auto avesse impedito al camionista di avere una visione completamente libera della carreggiata, avrebbe dovuto imporgli di non inziare la manovra di immissione in quanto pericolosa. Ciò non implica un giudizio di fatto ma un vizio di sussunzione (ricorribile quindi in Cassazione) da parte del giudice di merito che ha omesso di considerare negligente la condotta di guida del camionista. Ed invero, ricorre l’errore di sussunzione allorquando, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero sia stata male applicata (Cass. 15 dicembre 2014, n. 26307; Cass. 24 ottobre 2007 n. 22348).
ECCO IL PASSO SALIENTE
[…] il giudice di secondo grado non ha tenuto conto della circostanza, risultante dalla c.t.u., che il conducente dell’autocarro avrebbe effettuato l’ispezione della strada – senza vedere il motoveicolo condotto dal L., coperto in quel momento dall’autovettura che stava superando – solo giungendo in prossimità dell’incrocio e quindi prima di impegnarlo. Ma la precedenza è dovuta anche nei confronti del veicolo sorpassante e se chi si immette sulla strada non è in grado di vedere se è in atto un sorpasso deve astenersi dall’immissione (Cass. 3248/1975). Pertanto non è stato accertato se, ispezionando costantemente la strada anche durante tutta la manovra di immissione – come vorrebbe una condotta improntata alla massima prudenza ai sensi dell’art. 145 C.d.S., comma 1 – il D. avrebbe potuto percepire il sopraggiungere del motoveicolo ed effettuare una manovra che permettesse di evitare l’impatto. Quindi in mancanza della prova liberatoria, erroneamente la Corte d’appello ha escluso il concorso di colpa del conducente dell’autocarro […].
Sul tema cfr. l’Avv. M. Minardi nel video “Sinistro stradale e ricorso per cassazione“
IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE
In tema di circolazione stradale, il conducente che, uscendo da area privata, si immette nel flusso della circolazione è obbligato a dare la precedenza ai veicoli transitanti, in marcia normale o di sorpasso, sulla strada favorita e, pertanto, è tenuto ad ispezionare costantemente la strada durante tutta la manovra di immissione (e non soltanto in prossimità dell’incrocio), astenendosi dal compierla qualora non sia in grado di vedere se sia in atto un sorpasso tra veicoli.
LA SENTENZA
Cassazione civile, sez. III, sentenza del 06/02/2020, n. 2864
Circolazione stradale – Condotta di veicoli – Immissioni nel flusso della circolazione – Immissione da area privata – Precedenza di diritto – Spettanza al veicolo in sorpasso nel flusso della circolazione – Sussistenza – Conseguenze
(Omissis)
FATTI DI CAUSA
Nel (OMISSIS), L.E., assicurato per la r.c.a. con la Società Reale Mutua Assicurazioni, mentre era intento a sorpassare un’autovettura a bordo della sua motocicletta, andò a collidere con l’autocarro condotto da I.D., assicurato per la r.c.a. con la Cattolica Assicurazioni Soc. Coop. a r.l., il quale usciva da un’area privata e si stava immettendo sulla strada statale dove si trovava il L.. Caduto dalla motocicletta a causa del violentissimo impatto, dopo pochi istanti il L. venne investito da un altro motoveicolo proveniente da dietro, condotto da S.G., assicurato per la r.c.a. con la Linear Assicurazioni S.p.a..
In seguito al duplice impatto, il L., all’epoca trentacinquenne, riportò danni gravissimi e lesioni permanenti.
Nel 2004, il S. convenne in giudizio il L. dinanzi al Giudice di pace di Montebelluna, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito del suddetto sinistro.
Si costituì il convenuto, contestando le pretese avversarie e formulando domanda riconvenzionale al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione del medesimo sinistro.
Con sentenza n. 220/2004, il Giudice di pace dichiarò la propria incompetenza per valore.
Riassunta la causa dinanzi al Tribunale di Treviso – Sezione distaccata di Montebelluna, intervenne nel giudizio anche M.E., moglie del L., al fine di ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali dalla medesima patiti in conseguenza del sinistro occorso al marito.
Con sentenza n. 165/2012, il Tribunale rigettò le domande del L. e della M., ritenendo infondata la responsabilità del D. e del S..
2. La decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Venezia, con la sentenza n. 589/2017, depositata il 15 marzo 2017.
La Corte d’appello ha confermato il rigetto della domanda formulata nei confronti del D., evidenziando che: il L. aveva effettuato una manovra di sorpasso in presenza di doppia linea continua di mezzaria, in violazione dell’art. 40 C.d.S., comma 8, nonchè in prossimità di un’intersezione segnalata, in violazione dell’art. 148 C.d.S., comma 12; non sussisteva alcun concorso di colpa dal parte del D., in quanto, dagli accertamenti cinematici, era emerso che quest’ultimo, nell’immettersi sulla strada statale, non aveva potuto vedere sopraggiungere la moto del L., coperta dall’autovettura che stava superando.
La Corte territoriale ha invece riconosciuto la responsabilità concorrente al 40% del S. nella causazione del secondo impatto, avendo egli effettuato una manovra di sorpasso dell’autovettura in presenza di segnalata intersezione e di doppia linea continua, omettendo di tenere la necessaria distanza di sicurezza ed andando così ad aggravare le lesioni del L..
La Corte ha quindi liquidato il danno non patrimoniale (per rrr, ITP e invalidità permanente) secondo i valori delle tabelle di Milano, applicando una personalizzazione nella misura del 20%.
Quanto al danno patrimoniale, ha ritenuto dovuto il rimborso delle spese mediche, documentate e ritenute congrue dalla CTU. Non ha invece riconosciuto il risarcimento per i danni al motoveicolo, ritenendo non provato il valore commerciale dello stesso al momento del sinistro, nè le spese inerenti il declassamento della patente di guida, l’acquisto dell’autovettura con comandi modificati, l’acquisto delle gomme termiche e le spese dell’agenzia infortunistica, in quanto non adeguatamente dimostrate.
La Corte veneziana ha poi dedotto dall’importo liquidato la somma di Euro 35.000 (poi rettificati in Euro 85.000 con successiva ordinanza di correzione della Corte d’Appello), già ricevuto dal L. dalla Linear S.p.a. a titolo di provvisionale.
La Corte d’appello ha infine accolto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale per lesione del rapporto parentale richiesto dalla M..
3. Avverso tale sentenza propongono ricorso in Cassazione, sulla base di otto motivi, illustrati da memoria, L.E. e M.E..
3.1. Resistono con controricorso la Linear S.p.a., la quale formula ricorso incidentale, e la Cattolica Assicurazioni Soc. Coop. a r.l., che resiste anche al ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 40 C.d.S., comma 8, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
La norma richiamata, in realtà, – si sostiene – non stabilirebbe alcun divieto di sorpasso, ma solo il divieto di oltrepassare le strisce longitudinali continue.
La Corte avrebbe poi omesso di considerare che il L. non aveva oltrepassato la doppia linea continua di mezzeria, come risultava provato dalle dichiarazioni rese dalla teste D.B..
4.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello abbia omesso di considerare che lo sbocco dell’area privata nella strada statale non era segnalata.
Dalla c.t.u. ricostruttiva della dinamica del sinistro emergerebbe che sulla strada statale in questione, nel senso di marcia percorso dal L. non era presente alcuna segnaletica verticale indicante la presenza di un’intersezione da destra. Inoltre, all’epoca del sinistro, erano assenti anche cartelli relativi al divieto di sorpasso e alla limitazione della velocità.
Non sarebbe stata quindi addebitabile alcuna colpa al L., il quale non era a conoscenza della presenza dell’intersezione.
La sentenza avrebbe motivato sul punto solo in apparenza, facendo riferimento alla presenza nell’area di un segnale verticale indicante intersezione a sinistra. Tale circostanza sarebbe irrilevante nella fattispecie, posto che l’impatto era avvenuto con un veicolo proveniente dall’intersezione di destra. Anzi, l’indicazione della sola presenza di un’intersezione da sinistra avrebbe portato il L. ad escludere la presenza di altre intersezioni.
4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 145 C.d.S., comma 1 e art. 154 C.d.S., nonchè degli artt. 2043 e 2054 c.c..
Le norme del Codice della strada invocate prescriverebbero l’obbligo di agire con la massima prudenza, ispezionando la strada al momento dell’immissione, e di dare la precedenza ai mezzi circolanti sulla strada favorita, rimanendo fermi il tempo necessario a consentire a questi di passare.
Dalla c.t.u. ricostruttiva della dinamica dell’incidente, emergerebbe che l’allineamento tra la moto del L. e il veicolo sorpassato si sarebbe verificato solo quando l’autocarro si trovava in fase di avvicinamento, e non al momento dell’effettiva immissione dello stesso sulla strada favorita dal diritto di precedenza.
Sussisterebbe quindi la responsabilità del conducente dell’autocarro che aveva effettuato l’ispezione quando ancora si trovava in avvicinamento e non si era fermato dando la precedenza ai veicoli che provenivano dalla strada principale.
Il principio di presunzione della corresponsabilità ex art. 2054 c.c., comma 2, avrebbe imposto che il conducente, per poter andare esente da responsabilità, dimostrasse di essersi pienamente uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle di comune prudenza.
4.3.1. Il controricorrente Linear S.p.a. impugna a sua volta il medesimo capo della sentenza, per violazione delle norme già indicate e per omesso esame di un fatto decisivo rilevante per il giudizio.
4.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza, l’omessa pronuncia o motivazione, la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.c., comma 1, in relazione alla graduazione della colpa del S..
Sarebbe oscuro il motivo in base al quale la Corte aveva ritenuto di escludere la presunzione di pari responsabilità di cui all’art. 2054 c.c., comma 2.
4.5. Con il quinto motivo, i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza, l’omessa pronuncia o motivazione, la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.c., comma 1, in relazione alla mancata pronuncia della Corte veneziana sul danno da perdita totale della capacità lavorativa specifica, che sarebbe stata accertato dalla c.t.u. medica.
4.6. Con il sesto motivo, i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza, l’omessa pronuncia o motivazione, la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.c., comma 1, in relazione all’omessa pronuncia della Corte sulle spese di trasferta per le terapie riabilitative, di radiazione e di bollo, adeguatamente provate in giudizio sia documentalmente che per testimoni.
4.7. Con il settimo motivo, i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza, l’omessa pronuncia o motivazione, la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.c., comma 1, in relazione al mancato riconoscimento di valore del motociclo, delle spese di declassamento della patente di guida, per l’acquisto di autovettura con comandi modificato, dei costi relativi alle gomme termiche nonchè delle spese di infortunistica.
Il L. avrebbe prodotto in giudizio documentazione attestanti tali voci di danno patrimoniale e avrebbe formulato anche appositi capitoli di prova, non ammessi dal Tribunale.
Sarebbe quindi incomprensibile la sentenza impugnata laddove afferma che le suddette voci di danno non sarebbero adeguatamente dimostrate a fronte delle precisi contestazioni di controparte, peraltro neppure richiamate.
In base al criterio dell’id quod plenunque accidit, la Corte d’appello avrebbe dovuto indicare quali circostanze concrete ostavano a ritenere provata la necessità dei suddetti esborsi.
4.8. Con l’ottavo motivo, i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza, l’omessa pronuncia o motivazione, la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.c., comma 1, la violazione o falsa applicazione degli artt. 101 e 287 c.p.c., nonchè il contrasto irriducibile con precedente ordinanza.
Cattolica Assicurazioni, per ottenere la restituzione dell’importo di 50.000 versato al L. ante causam, avrebbe dovuto formulare apposita domanda di restituzione dell’indebito, mai proposta.
Il L. non sarebbe stato messo in condizione di prendere posizione sul punto, essendo peraltro ampiamente prescritto il termine decennale per l’azione di restituzione.
Peraltro, la Corte si era già pronunciata sul punto con una precedente ordinanza contraria. In ogni caso, non si trattava di un caso di errore materiale suscettibile di rettifica.
5. Occorre prioritariamente esaminare il terzo motivo del ricorso principale che denuncia un vizio di sussunzione. Il motivo è fondato.
In tema di ricorso per cassazione, il cosiddetto vizio di sussunzione, censurabile dal giudice di legittimità, può consistere o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione.
Nel caso di scontro tra veicoli, l’accertamento in concreto di responsabilità di uno dei conducenti non comporta il superamento della presunzione di colpa concorrente sancito dall’art. 2054 c.c., essendo a tal fine necessario accertare in pari tempo che l’altro conducente si sia pienamente uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle di comune prudenza ed abbia fatto tutto il possibile per evitare l’incidente (v. per tutte Cass. 16.5.2008 n. 12444). Incorre, pertanto, in vizio di sussunzione il giudice di merito che omette di considerare negligente la condotta di guida del conducente che sia stata accertata non conforme alle regole di condotta denunciate.
Nel caso di specie la Corte d’appello di Venezia ha omesso un simile accertamento.
In particolare, il giudice di secondo grado non ha tenuto conto della circostanza, risultante dalla c.t.u., che il conducente dell’autocarro avrebbe effettuato l’ispezione della strada – senza vedere il motoveicolo condotto dal L., coperto in quel momento dall’autovettura che stava superando – solo giungendo in prossimità dell’incrocio e quindi prima di impegnarlo. Ma la precedenza è dovuta anche nei confronti del veicolo sorpassante e se chi si immette sulla strada non è in grado di vedere se è in atto bui sorpasso deve astenersi dall’immissione (Cass. 3248/1975).
Pertanto non è stato accertato se, ispezionando costantemente la strada anche durante tutta la manovra di immissione – come vorrebbe una condotta improntata alla massima prudenza ai sensi dell’art. 145 C.d.S., comma 1 – il D. avrebbe potuto percepire il sopraggiungere del motoveicolo ed effettuare una manovra che permettesse di evitare l’impatto. Quindi in mancanza della prova liberatoria, erroneamente la Corte d’appello ha escluso il concorso di colpa del conducente dell’autocarro.
Quanto osservato non si concreta in un mero giudizio di fatto, ma esprime la rivalutazione di un vizio di sussunzione delle norme sull’accertamento del nesso causale tra la condotta omissiva dell’autista del camion e l’evento di danno lamentato. Il giudice di rincio dovrà esprimere un giudizio in un procedimento ad emendare il relativo vizio di sussunzione.
5.1. L’accoglimento del terzo motivo del ricorso principale conduce all’assorbimento degli altri motivi e del ricorso incidentale.
6. In conclusione, la Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale come in motivazione, assorbiti gli altri motivi, assorbito il ricorso incidentale, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese processuali, ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.
PQM
P.Q.M.la Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale come in motivazione, assorbiti gli altri motivi, assorbito il ricorso incidentale, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese processuali, ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020