È irrilevante la circostanza che l’area di circolazione non risulti ordinariamente adibita a transito veicolare, mentre è rilevante che l’utilizzazione del veicolo sia conforme alla sua funzione abituale: primariamente va tutelato il soggetto danneggiato
LA VICENDA
Una donna mentre camminava in una via cittadina, veniva affiancata dalla vettura condotta da un uomo il quale, dopo averla inseguita con l’auto, insultandola e minacciandola, raggiunta la stessa in un campo arato, l’arrotava per due volte, finendola con calci al volto mentre era intrappolata sotto l’auto.
La Corte di Appello, a conferma della statuizione di primo grado, riteneva che la Compagnia di Assicurazioni dovesse ritenersi “esonerata da ogni obbligo assicurativo”, esito cui perveniva sul rilievo che l’investimento era avvenuto “in area non adibita a pubblico transito, pertanto estranea alla circolazione stradale cui fa espresso riferimento l’articolo 2054 cod. civ”, giacché “per valutare se un luogo possa essere o meno considerato deputato alla circolazione veicolare”, ciò “che costituisce presupposto dell’operatività dell’obbligo assicurativo, occorre verificare se lo stesso sia soggetto al traffico di mezzi finalizzato alla fruizione di un’oggettiva destinazione dell’area, caratteristiche che indubbiamente non è dato riscontrare nella zona ove è avvenuto l’investimento di cui trattasi non essendo la stessa aperta all’uso pubblico ed ordinariamente adibita a transito veicolare”.
La Corte Suprema sarà, tuttavia, di diverso avviso ed enuncerà il seguente principio.
IL PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO DALLA CORTE
In tema di assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore, la garanzia assicurativa copre, nei soli confronti del danneggiato e non pure del responsabile, anche il danno dolosamente provocato da quest’ultimo, risultando irrilevante pure la circostanza che l’area di circolazione non risulti ordinariamente adibita a transito veicolare, purché l’utilizzazione del veicolo sia conforme alla sua funzione abituale, ciò che accade allorché il danno sia determinato dal movimento del veicolo, sia pure in modo improprio rispetto alla sua natura di mezzo di trasporto.
LA SENTENZA
Cassazione civile, Sez. III, sentenza del 17/04/2024, n. 10394
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
Dott. GUIZZI GIAIME Stefano – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 26612-2021 proposto da:
A.A., B.B., in proprio e nella qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale su C.C., domiciliati presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentati e difesi dall’Avvocato Andrea BIANCHI;
– ricorrente –
contro
VITTORIA ASSICURAZIONI Spa, in persona del legale rappresentante “prò tempore”, domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Maurizio HAZAN e Stefano TAURINI;
– controricorrente –
nonché contro
D.D.;
– intimato –
Avverso la sentenza n. 279/2021 della Corte d’appello di Ancona, depositata il 09/03/2021;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14/11/2023 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI;
udito l’Avvocato Andrea BIANCHI per i ricorrenti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Giovanni Battista NARDECCHIA, che si riporta alla requisitoria scritta chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. B.B. e C.C. (la seconda già E.E.), nonché A.A., ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 279/21, del 9 marzo 2021, della Corte d’appello di Ancona, che – nell’accoglierne solo parzialmente il gravame esperito avverso la sentenza n. 77/17, del 10 marzo 2017, del Tribunale di Urbino – ha confermato, per quanto qui ancora di interesse, il rigetto della domanda risarcitoria dagli stessi proposta nei confronti della società Vittoria Assicurazioni Spa
2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti che B.B. (sia in proprio che quale, allora, esercente la responsabilità genitoriale sulla figlia C.C., all’epoca minorenne), nonché, con la medesima, il figlio A.A., ebbero a radicare un giudizio risarcitorio innanzi al Tribunale urbinate per chiedere a D.D. e alla società Vittoria Assicurazioni il ristoro di tutti i danni subiti in conseguenza dell’investimento di cui B.B. fu vittima il 23 ottobre 2007. Ella, infatti, mentre camminava in una via cittadina del Comune di P, veniva affiancata dalla vettura condotta dal D.D., che – dopo averla inseguita con l’auto, insultandola e minacciandola – raggiunta la stessa in un campo arato, l’arrotava per due volte, infine colpendola con calci al volto mentre era intrappolata sotto l’auto.
La pretesa risarcitoria degli attori – avanzata pure nei confronti della società Vittoria Assicurazioni, in quanto assicuratrice per la “RCA” del veicolo investitore – veniva, tuttavia, accolta soltanto nei confronti del D.D., con statuizione confermata, sul punto, in appello. Difatti, il gravame esperito dai già attori veniva accolto unicamente quanto a profili attinenti al mancato riconoscimento, in favore dei figli della B.B., del danno da lesione del rapporto parentale, nonché alla rideterminazione del “quantum debeatur” in favore della stessa vittima primaria dell’illecito.
Il giudice di seconde cure, per il resto, confermava che Vittoria Assicurazioni doveva ritenersi “esonerata da ogni obbligo assicurativo”, esito cui perveniva sul rilievo che l’investimento era avvenuto “in area non adibita a pubblico transito, pertanto estranea alla circolazione stradale cui fa espresso riferimento l’articolo 2054 cod. civ”, giacché “per valutare se un luogo possa essere o meno considerato deputato alla circolazione veicolare”, ciò “che costituisce presupposto dell’operatività dell’obbligo assicurativo, occorre verificare se lo stesso sia soggetto al traffico di mezzi finalizzato alla fruizione di un’oggettiva destinazione dell’area, caratteristiche che indubbiamente non è dato riscontrare nella zona ove è avvenuto l’investimento di cui trattasi non essendo la stessa aperta all’uso pubblico ed ordinariamente adibita a transito veicolare”.
3. Avverso la sentenza della Corte dorica hanno proposto ricorso per cassazione le F.F. e il A.A., sulla base – come già detto – di due motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2054 cod. civ., nonché degli artt. 122 e 144 cod. assicurazioni, in quanto interpretati senza tener conto, anche in un’ottica costituzionalmente orientata, dell’interpretazione delle disposizioni della direttiva europea 2009/103/CE in materia di assicurazione della responsabilità civile, così come chiarite dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 30 luglio 2021, n. 21983.
Si censura la sentenza impugnata là dove ha escluso che il luogo dell’avvenuto investimento – un campo arato – potesse ritenersi “soggetto al traffico di mezzi”, trattandosi di area non “aperta all’uso pubblico ed ordinariamente adibita a transito veicolare”, ritenendo, altresì, che la nozione di circolazione dei veicoli, delineata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (in particolare, nella sentenza 4 settembre 2014, in C-162/13, avente ad oggetto un rinvio pregiudiziale relativo alla direttiva 72/166/CEE), secondo cui la circolazione si identifica in “qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso”, resti “limitata all’ambito dell’assicurazione” e non incida “sulla disciplina nazionale relativa alle regole della responsabilità civile”.
Orbene, assume il ricorrente che una siffatta ermeneusi dell’art. 2054 cod. civ. e degli artt. 122 e 144 cod. assicurazioni “risulta del tutto errata ed effettuata in violazione della interpretazione della normativa interna citata, così come chiarita nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 30 luglio 2021, n. 21983”, interpretazione compiuta “sulla base della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea in merito alla Direttiva Europea 2009/103/CE in materia di assicurazione della responsabilità civile per la circolazione di veicoli, anche in un’ottica costituzionalmente orientata”.
Nel ribadire come nella citata sentenza della Corte di Lussemburgo – ma anche in altre successive – sia stato affermato che la “nozione di “circolazione dei veicoli”, ai sensi dell’art. 3, primo comma, della direttiva 2009/103, non dipende dalle caratteristiche del terreno sul quale l’autoveicolo è utilizzato”, i ricorrenti evidenziano come tale interpretazione sia stata recepita dalle Sezioni Unite di questa Corte. Esse, infatti, hanno sancito che, attesa “l’irrilevanza della natura pubblica o privata dell’area di circolazione” – nonché “del tipo di uso” che del mezzo sia stato fatto – “è allora l’utilizzazione del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale ad assumere fondamentale rilievo costituendo, in luogo di quello del “numero indeterminato di persone”, il criterio di equiparazione alle strade di uso pubblico di ogni altra area o spazio ove sia avvenuto il sinistro” (così Cass. Sez. Un., sent. 30 luglio 2021, n. 21983).
In ogni caso, rilevano i ricorrenti, “a prescindere dalla conclusione dell’evento su un campo arato”, decisiva è la circostanza che “la condotta illecita del D.D. sia iniziata su strada pubblica”, e ciò alla stregua di quanto affermato già in passato da questa Corte.
Difatti, essa ha ritenuto che “al fine di riconoscere o meno l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore non devesi far riferimento al luogo in cui si è verificato l’incidente ed il danno, bensì alla natura giuridica del luogo in cui avviene la circolazione del veicolo produttiva del danno”, ciò che si verifica “allorché un veicolo che circoli su strada, invada per un qualsiasi motivo, sia esso volontario o meno (quale uno sbandamento a causa di eccessiva velocità od altro; una manovra di retromarcia, ecc.), un’area privata, ed ivi cagioni il danno” (è citata Cass. Sez. 3, sent. 15 aprile 1996, n. 3538).
3.2. Il secondo motivo denuncia – sempre ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2054 cod. civ., nonché degli artt. 122 e 144 cod. assicurazioni e dell’art. 1917 cod. civ., “in merito all’assenza di azione diretta del danneggiato per uso asseritamente non conforme del veicolo dovuto a volontarietà del fatto dannoso dell’assicurato e alla conseguente asserita estraneità dal concetto di circolazione stradale, tale da escludere l’evento dall’alveo della normativa in materia di R.C.A”, giacché la Corte territoriale non avrebbe “tenuto conto dell’interpretazione sul punto fornita dalla costante giurisprudenza di legittimità”.
Si censura la sentenza impugnata là dove ha argomentato l’inammissibilità dell’azione diretta degli odierni ricorrenti nei confronti di Vittoria Assicurazioni per essere stato l’investimento “determinato da precisa volontà del conducente nell’ambito di un disegno criminoso a cui è estraneo qualsiasi collegamento con la circolazione stradale che possa legittimare la riconducibilità dell’evento nell’alveo della normativa in materia di r.c.a.”.
Osservano, al riguardo, i ricorrenti come la giurisprudenza di questa Corte – in conformità con le indicazioni ricavabili da un arresto delle Sezioni Unite dell’anno 2015, secondo cui la copertura assicurativa (a favore del solo danneggiato) deve applicarsi indipendentemente dal modo in cui il veicolo venga utilizzato – abbia ammesso l’esercizio dell’azione diretta verso l’assicuratore della “RCA” anche in caso di uso del veicolo, come nella specie, quale strumento per commettere un reato (sono citate Cass. Sez. 3, ord. 3 agosto 2017, n. 19368; Cass. Sez. 3, sent. 20 agosto 2018, n. 20786, nonché Cass. Sez. 1 Pen., sent. dep. 18 novembre 2009, n. 44165, Rv. 245669-01).
Né indicazioni contrarie potrebbero trarsi dalla già citata pronuncia del 2021 delle Sezioni Unite, la quale esclude per il solo assicurato/responsabile, ma non già per il danneggiato, che possa ritenersi coperta da assicurazione per la “RCA”, “l’ipotesi dell’utilizzazione del veicolo in contesti particolari ed avulsi dal concetto di circolazione”, alla quale riconduce il caso in cui esso sia “utilizzato come arma per investire e uccidere persone”.
4. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la società Vittoria Assicurazioni, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
6. I ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memoria.
7. Consta anche la presentazione di conclusioni scritte da parte del Procuratore Generale presso questa Corte, nel senso dell’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
8. Il ricorso va accolto, per le ragioni di seguito illustrate.
9. Nell’esaminarlo, occorre muovere dalla premessa che i due motivi in cui si articola sono suscettibili di scrutinio unitario, investendo la duplice “ratio” su cui si fonda la sentenza impugnata. Constatazione, questa, che impone di superare l’eccezione di inammissibilità, sollevata da Vittoria Assicurazioni, secondo cui i ricorrenti non avrebbero colto l’effettivo “decisum” della Corte marchigiana, non consistito – a dire della controricorrente – nell’avere il giudice d’appello “negato l’operatività della polizza RCA perché il veicolo circolava in area privata”, bensì nell’aver affermato che in “nessun aspetto” la vicenda sottoposta al suo esame potesse “essere correlata alla circolazione automobilistica”.
Per contro, non può dubitarsi del fatto che la pronuncia in esame correli, innanzitutto, alla natura di “campo arato”, e dunque di luogo non “soggetto al traffico di mezzi” (trattandosi di area non “aperta all’uso pubblico”), la circostanza che la stessa non potesse ritenersi “ordinariamente adibita a transito veicolare”. Essa ha, poi, dato ulteriore rilievo – al fine, soprattutto, di contrastare i precedenti citati dagli allora appellanti, circa l’ammissibilità dell’azione diretta del danneggiato verso l’assicuratore del responsabile, anche quando del veicolo venga fatto un uso criminoso – alla circostanza che la circolazione in tale area non avvenne per uno “sconfinamento “involontario e fortuito” dalla sede stradale ad un luogo immediatamente adiacente” (come, appunto, nei casi decisi da quelle pronunce), ma in ragione di una “precisa volontà del conducente nell’ambito di un disegno criminale cui è estraneo qualsiasi collegamento con la circolazione stradale”.
Entrambe tali “rationes” sono censurate, rispettivamente, con il primo e il secondo motivo di ricorso, i quali – diversamente da quanto sostiene la controricorrente – rispondono al requisito della specificità, inteso, da tempo, da questa Corte come idoneità del motivo a “individuare le ragioni per le quali si chiede l’annullamento della sentenza” (Cass. Sez. 3, sent. 14 aprile 1970, n. 1018, Rv. 346545-01), ciò che avviene quando “il motivo individui con chiarezza il vizio prospettato nel rispetto della tassativa griglia normativa” di cui al codice di rito civile, conclusione, peraltro, cui può pervenirsi all’esito di una verifica da compiere “in forza di una complessiva lettura dell’insieme censuratorio” che permetta “di enucleare e perimetrare le critiche alla stregua dei parametri di cui all’art. 360 cod. proc. civ.” (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., ord. 8 novembre 2021, n. 32415, Rv. 662880-01).
Nella specie, proprio la necessaria “complessiva lettura dell’insieme censuratorio”, valorizzando in particolare la rubrica dei due motivi, permette di individuare senza incertezze – pur a dispetto di una riproduzione alquanto ampia della parte motiva della sentenza impugnata – i denunciati profili di illegittimità della stessa e, dunque, le “ragioni per le quali si chiede l’annullamento”.
Né, d’altra parte, coglie nel segno l’ulteriore eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente, secondo cui i due motivi solleciterebbero una non consentita, in sede di legittimità, rivalutazione del fatto.
Al riguardo, infatti, deve osservarsi che i ricorrenti non contestano l’accertamento di fatto operato dai giudici di merito (e cioè, che l’investimento di B.B. avvenne in un campo arato, nonché in ragione di una condotta volontaria del D.D.), bensì censurano il rifiuto degli stessi di ricondurre tale fatto nella nozione di “circolazione”, rilevante ai fini e agli effetti di cui all’art. 2054 cod. civ. e agli artt. 122 e 144 cod. assicurazioni.
Essi denunciano, dunque, un vizio di sussunzione, il quale “postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso” (Cass. Sez. 3, ord. 13 marzo 2018, n. 6035, Rv. 648414-01), come appunto avvenuto nel caso di specie, giacché il “discrimine tra l’ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa e l’ipotesi della erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa” (così, in motivazione, Cass. Sez., Un., sent. 26 febbraio 2021, n. 5442).
D’altra parte, il vizio di sussunzione è ipotizzabile non solo “quando il giudice di merito” – dopo avere individuato e ricostruito, “sulla base delle allegazioni e delle prove offerte dalle parti e comunque all’esito dello svolgimento dell’istruzione cui ha proceduto, la “quaestio facti”, cioè i termini ed il modo di essere della c.d. fattispecie concreta dedotta in giudizio” – procede “a ricondurre quest’ultima ad una fattispecie giuridica astratta piuttosto che ad un’altra cui sarebbe in realtà riconducibile”, ma anche quando, come si denuncia avvenuto nel caso che occupa, egli “si rifiuta di ricondurla ad una certa fattispecie giuridica astratta cui sarebbe stata riconducibile” (così, nitidamente, Cass. Sez. 3, ord. 29 agosto 2019, n. 21772, Rv. 655084-01). Difatti, in tale caso, “la valutazione così effettuata dal giudice di merito e la relativa motivazione, non inerendo più all’attività di ricostruzione della “quaestio facti” e, dunque, all’apprezzamento dei fatti storici in funzione di essa, bensì all’attività di qualificazione “in iure” della “quaestio” per come ricostruita, risulta espressione di un vero e proprio giudizio normativo”, sicché “il relativo ragionamento, connotandosi come ragionamento giuridico (espressione del momento terminale del broccardo “da mihi factum dabo tibi ius”) è controllabile e deve essere controllato dalla Corte di Cassazione nell’ambito del paradigma del n. 3) dell’art. 360 cod. proc. civ.” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. n. 21772 del 2019, cit.; in senso analogo, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 13 gennaio 2021, n. 457, non massimata sul punto).
10. Ciò premesso, i due motivi – oltre che ammissibili, per le ragioni appena illustrate – sono entrambi fondati.
10.1. Quanto al primo di essi, deve rilevarsi che – dopo l’intervento delle Sezioni Unite del 2021 – non è più sostenibile, come invece affermato dalla sentenza impugnata, che l’investimento di cui fu vittima B.B. non rilevi, ai fini dell’esercizio dell’azione diretta contro l’assicuratore, perché avvenuto in un campo arato, trattandosi di area non “aperta all’uso pubblico”, ciò che impedirebbe di ritenerla “ordinariamente adibita a transito veicolare”. Il Supremo Collegio, infatti, ha sancito “l’irrilevanza della natura pubblica o privata dell’area di circolazione”, nonché “del tipo di uso” che del mezzo si faccia, sicché è “l’utilizzazione del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale ad assumere fondamentale rilievo costituendo, in luogo di quello del “numero indeterminato di persone”, il criterio di equiparazione alle strade di uso pubblico di ogni altra area o spazio ove sia avvenuto il sinistro” (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 30 luglio 2021, n. 21983, Rv. 661872-01).
L’ammissibilità della pretesa risarcitoria azionata dal danneggiato verso l’assicuratore del responsabile risulta, dunque, subordinata alla sola condizione che l’uso del veicolo – qualunque esso sia – “rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo”, sicché, in tale prospettiva, viene in rilievo la questione oggetto del secondo motivo, ovvero se l’uso intenzionale dello stesso, per arrecare danno, possa dirsi riconducibile a tale paradigma.
10.2. Orbene, questa Corte, richiamandosi alla già citata sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea 4 settembre 2014, in C-162/2013 (secondo cui, ai sensi della normativa europea, “rientra nella nozione di circolazione dei veicoli qualunque uso che sia conforme alla funzione abituale dello stesso”), ha osservato, con riferimento all’impiego di un veicolo sostanziatosi nell’investimento reiterato della “malcapitata vittima, nell’intento deliberato di ferirla o di ucciderla”, che di “circolazione comunque si trattava”, e ciò perché “l’incidente risulta comunque determinato dal movimento di un’automobile, sia pure in modo improprio rispetto alla sua natura di mezzo di trasporto” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 3 agosto 2017, n. 19368, Rv. 645383-01).
Su tali basi, dunque, si è affermato che, “in nome dell’esigenza di tutela primaria del soggetto danneggiato – esigenza che è a fondamento dell’intero sistema della responsabilità civile autoveicoli, tanto che il Fondo di garanzia per le vittime della strada è tenuto a coprire anche il danno causato da veicolo non assicurato – il contratto di assicurazione viene, in un certo senso, a scindersi”; esso “opera in favore del terzo danneggiato che ha diritto di ottenere dall’assicuratore del responsabile il risarcimento del danno”, mentre “non opera in favore dell’assicurato danneggiante, contro il quale l’assicuratore avrà il diritto di regresso, come se il contratto in realtà non ci fosse” (così, nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. n. 19368 del 2017, cit.).
Non si tratta, peraltro, di arresto isolato, visto che il principio da essa enunciato risulta non solo essere stato ribadito in sede civile (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 20 agosto 2018, n. 20786, Rv. 650408-02), ma addirittura già affermato in sede penale (Cass. Sez. 1 Pen., sent. dep. 18 novembre 2009, n. 44165, Rv. 24566901 e Cass. Sez. 5 Pen., sent. 14 maggio 2014, n. 19890, Rv. 260198-01). A tale principio, pertanto, va dato ulteriore seguito, con la precisazione che esso presuppone, pur sempre, l’esistenza di un fatto riconducibile alla nozione di “circolazione”, sebbene intesa nel significato minimale di “movimento del veicolo”.
Né tale conclusione risulta messa in discussione – come, invece, pretenderebbe di sostenere la controricorrente – dall’arresto del 2021 delle Sezioni Unite, al quale si è fatto sopra riferimento.
Tale pronuncia, anzi, ha ribadito che solo “per l’assicurato danneggiante”, e “non anche per i terzi”, rimane “non coperta da assicurazione per la r.c.a.” l’ipotesi “dell’utilizzazione del veicolo in contesti particolari ed avulsi dal concetto di circolazione”, come allorquando esso “venga utilizzato come arma per investire e uccidere persone” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. n. 21983 del 2021, cit.).
Neppure convince, poi, il rilievo della controricorrente secondo cui l’eccezione affermata in favore dei terzi, al principio della non operatività, in questi casi, dell’assicurazione “RCA”, presupporrebbe pur sempre che l’investimento volontario sia “avvenuto su un’area adibita al transito veicolare”. Una conclusione siffatta, all’evidenza, equivarrebbe a contraddire la premessa stessa da cui muove l’arresto delle Sezioni Unite (tanto da renderlo intrinsecamente contraddittorio): la “svalutazione” del luogo della circolazione, quale criterio per l’operatività della responsabilità dell’assicuratore, a tutto vantaggio del diverso criterio della utilizzazione del veicolo “in modo conforme alla sua funzione abituale”, che, come si è detto, altro non è se non quella di assicurare la locomozione per via meccanica di chi si avvalga di tale mezzo.
10.3. Né, infine, sussistono le condizioni – come invece prospettato dalla controricorrente – perché possa applicarsi la logica del c.d. “prospective overruling”, e quindi per circoscrivere solo a future controversie la portata del principio secondo cui, rispetto al terzo danneggiato, la responsabilità dell’assicuratore della “RCA” può essere ipotizzata anche per investimenti dolosi che avvengano in aree non destinate ordinariamente al transito veicolare.
Nel caso di specie, infatti, deve rilevarsi: a) che, per un verso non viene in rilievo un principio, in assoluto, “inedito”, bensì solo la riconduzione – come s’è detto secondo la logica della c.d. sussunzione – di una fattispecie concreta all’ambito di applicazione di un principio di diritto già affermato; b) per un altro verso ed in ogni caso, che, come riconosce la stessa società Vittoria Assicurazioni, il c.d. “prospettive overruling” è solo “finalizzato a porre la parte al riparo dagli effetti processuali pregiudizievoli (nullità, decadenze, preclusioni, inammissibilità) di mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo” (così, tra le più recenti, Cass. Sez. Un. sent. 12 febbraio 2019, n. 4135, Rv. 652852-01), e “non pure su norme di diritto sostanziale” (da ultimo, Cass. Sez. Lav., sent. 14 gennaio 2021, n. 552, Rv. 660089-01).
11. In conclusione, i due motivi di ricorso vanno accolti e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, per la decisione sul merito, oltre che sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, alla luce del seguente principio di diritto:
“in tema di assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore, la garanzia assicurativa copre, nei soli confronti del danneggiato e non pure del responsabile, anche il danno dolosamente provocato da quest’ultimo, risultando irrilevante pure la circostanza che l’area di circolazione non risulti ordinariamente adibita a transito veicolare, purché l’utilizzazione del veicolo sia conforme alla sua funzione abituale, ciò che accade allorché il danno sia determinato dal movimento del veicolo, sia pure in modo improprio rispetto alla sua natura di mezzo di trasporto”.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa per l’effetto la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, per la decisione sul merito, oltre che sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Conclusione
Così deciso in Roma, all’esito dell’udienza pubblica della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, svoltasi il 14 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2024.