Titolo

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Immobili, Condominio e Locazioni Responsabilità professionale

Il direttore dei lavori risponde per omesso controllo nella realizzazione dell’opera (Cass. 27045/24)

Il direttore dei lavori, che è anche progettista, risponde per la mancata verifica del lavoro quando emergono vizi nell’esecuzione dell’opera

IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che l’esclusione di responsabilità per danni in caso di soggetto ridotto a mero esecutore di ordini (nudus minister) non si applica al direttore dei lavori che, per le sue peculiari capacità tecniche, assume nei confronti del committente precisi doveri di vigilanza, correlati alla particolare diligenza richiestagli. Il direttore dei lavori, pur prestando un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultato, è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche e deve utilizzare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligentia quam in concreto. Rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori, l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi; sicché non si sottrae a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e, in difetto, di riferirne al committente.

L’ORDINANZA

Cassazione civile, Sez. II, Ordinanza del 18/10/2024, n. 27045

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere – Rel.

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6451/2020 R.G. proposto da:

A.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Roberto Russi, domiciliato presso il suo recapito digitale con indirizzo pec;

– ricorrente –

contro

B.B., rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Triolo e dall’avv. Vincenzo Mascione, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via De Carolis 98;

– controricorrente –

nonché contro

UNIPOLSAI Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 2817/2019, depositata l’8 luglio 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2024 dal Consigliere Gianluca Grasso.

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione regolarmente notificato, A.A. adiva il Tribunale di Belluno richiedendo la condanna del convenuto, B.B., al pagamento di Euro 12.700,00 o la misura maggiore o minore accertata in corso di causa, oltre interessi legali e rivalutazione per eseguire le riparazioni necessarie a eliminare i vizi del proprio immobile, di cui l’arch. B.B. era stato progettista e direttore dei lavori. Esponeva, in particolare, che in data 23 agosto 2004 aveva acquistato da C.C. l’unità immobiliare sita in T (BL), Via (omissis), oggetto del processo. Nel mese di marzo 2010 emergevano vizi dell’immobile oggetto di compravendita poiché dal sottotetto dell’abitazione venivano riscontrate infiltrazioni di acqua meteorica. Veniva eseguita dal tecnico D.D. una perizia di parte da cui emergevano difetti inerenti alla pendenza e alla planarità della falda del tetto, derivanti, probabilmente, da lavori di posa delle tegole (che erano diverse da quelle indicate in progetto) e da un montaggio non a regola d’arte della guaina protettiva impermeabile di sottotegola e all’interno del canale di gronda. I suddetti vizi e difetti venivano contestati dal A.A. al venditore, al costruttore e al subappaltatore, nonché al progettista e direttore dei lavori. Veniva inoltre esperito un ricorso ex art. 696-bis cod. proc. civ. avanti al Tribunale di Belluno contro tutti gli interessati per accertare l’esistenza dei vizi e difetti denunciati e stabilire gli interventi riparatori necessari. Alla luce degli esiti dell’ATP, il A.A. instaurava il giudizio nei confronti dell’arch. B.B.

Con comparsa del 5 ottobre 2012 si costituiva l’arch. B.B. eccependo la decadenza e la prescrizione dell’azione, in quanto promossa oltre lo scadere dei termini annuali, negando la presenza di gravi difetti a sé stesso addebitabili e comunque qualsiasi propria responsabilità. Chiedeva, in ogni caso, la chiamata in causa della propria compagnia assicurativa affinché, in ipotesi di condanna, venisse garantito e manlevato.

Si costituiva in giudizio la società di assicurazione, la quale chiedeva il rigetto della domanda attorea e opponeva al convenuto le limitazioni, le esclusioni e le franchigie e i massimali indicati nelle condizioni di polizza.

Con sentenza in data 3 dicembre 2015, il Tribunale di Belluno accoglieva la domanda attorea e, ritenuta applicabile la disciplina di cui all’art. 1669 cod. civ., rigettate le eccezioni di prescrizione e decadenza, accertava che il difetto di impermeabilizzazione della copertura del fabbricato incideva sugli elementi essenziali dell’edificio, quantificava il pregiudizio subito, come indicato dal CTU nominato in sede di ATP, in Euro 12.700,00 (rivalutati in base agli indici ISTAT in Euro 13.258,80), oltre a interessi legali; condannava, inoltre, la terza chiamata a manlevare l’arch. B.B. con le limitazioni, esclusioni, franchigie e massimali indicati nelle condizioni generali e particolari di polizza; condannava il convenuto alla rifusione all’attore delle spese di lite.

2. – L’arch. B.B. proponeva appello.

Antecedentemente alla proposizione dell’impugnazione, A.A. aveva chiesto e ottenuto che il Tribunale di Belluno effettuasse la correzione dell’errore materiale commesso nella sentenza, laddove aveva omesso la condanna del convenuto soccombente al pagamento delle spese di ATP anticipate al CTU.

Anche contro tale provvedimento veniva proposta impugnazione dall’arch. B.B.

Si costituivano in giudizio A.A. e la UNIPOLSAI Spa

Riuniti i due procedimenti, la Corte d’Appello di Venezia ha accolto il terzo motivo dell’impugnazione proposta dall’arch. B.B. e per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale di Belluno, ha rigettato la domanda di A.A., condannando quest’ultimo a restituire all’appellante la somma di Euro 14.254,03 ed Euro 3.744,00 per spese di CTU, oltre interessi dal pagamento al saldo; ha condannato, altresì, il procuratore antistatario a restituire all’appellante la somma versata per spese legali in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre interessi legali dal pagamento al saldo e il A.A. al pagamento delle spese di lite.

3. – A.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’arch. B.B. si è costituito in giudizio.

UNIPOLSAI Assicurazioni Spa non ha svolto attività difensiva.

4. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis 1 cod. proc. civ.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo del ricorso si denuncia la omessa e in ogni caso contraddittorietà e insufficienza della motivazione, illogicità e palese erroneità con cui è incorsa la Corte di Appello in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonché violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., omessa o insufficiente motivazione su fatti decisivi per non aver considerato le plurime responsabilità ex art. 1669 cod. civ. dell’architetto nella sua qualità di direttore dei lavori nella fase esecutiva, così come rilevato da CTU.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione, ex art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione, costituito dalla condotta posta in essere dal professionista che rivestiva non solo il ruolo di direttore dei lavori, ma anche di progettista.

1.1. – Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.

In tema di appalto, il direttore dei lavori ha la funzione di tutelare la posizione del committente nei confronti dell’appaltatore, vigilando che l’esecuzione dei lavori abbia luogo in conformità con quanto stabilito dal capitolato di appalto (Cass., Sez. III, 13 dicembre 2021, n. 39448). L’obbligo del direttore dei lavori di controllare che la realizzazione delle opere avvenga secondo le regole dell’arte, dovendo attuarsi in relazione a ciascuna delle fasi di realizzazione delle stesse e al fine di garantire che queste ultime siano realizzate senza difetti costruttivi, sussiste durante tutto il corso delle opere medesime, e non già solo nel periodo successivo all’ultimazione dei lavori (Cass., Sez. III, 24 maggio 2023, n. 14456; Cass., Sez. III, 30 settembre 2014, n. 20557).

Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che l’esclusione di responsabilità per danni in caso di soggetto ridotto a mero esecutore di ordini (nudus minister) non si applica al direttore dei lavori che, per le sue peculiari capacità tecniche, assume nei confronti del committente precisi doveri di vigilanza, correlati alla particolare diligenza richiestagli (Cass., Sez. II, 3 maggio 2016, n. 8700). Il direttore dei lavori, pur prestando un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultato, è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche e deve utilizzare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligentia quam in concreto (Cass., Sez. II, 7 febbraio 2020, n. 2913). Rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori, l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi; sicché non si sottrae a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e, in difetto, di riferirne al committente.

Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello sulla responsabilità del direttore dei lavori non risulta conforme alla giurisprudenza richiamata, soffermandosi principalmente su elementi documentali (lettere raccomandate che individuano errori di esecuzione o l’intimazione alla loro rimozione) che non escludono la responsabilità per mancata sorveglianza e verifica del lavoro svolto poiché, al di là dell’interlocuzione con la ditta appaltatrice, l’intervento di rifacimento del sottotetto è stato portato a termine, sotto la supervisione del controricorrente, con la presenza di gravi vizi di esecuzione e in maniera non conforme al progetto redatto dallo stesso architetto e alle regole della buona tecnica (come accertato dal consulente tecnico d’ufficio, i danni sono imputabili alla posa non corretta delle tegole costituenti il manto di copertura e al posizionamento su linea orizzontale dei listelli di legno per il supporto dei corsi di tegole, senza possibilità di connessione per favorire l’assorbimento e lo smaltimento delle acque meteoriche infiltrate nel sottotegola e qui stagnanti).

2. – Il ricorso va dunque accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 17 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 18 ottobre 2024.

 

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