Le clausole degli accordi di separazione o divorzio che costituiscono diritti reali immobiliari devono rispettare i requisiti di forma, pena la nullità assoluta che è rilevabile d’ufficio.
I Giudici affrontano la validità di un diritto reale di abitazione concesso alla ex-moglie e alla figlia nell’ambito di un accordo di separazione consensuale mettendo in luce un principio fondamentale: quando si tratta di costituire (o trasferire) diritti reali su immobili nell’ambito di accordi di separazione o divorzio, il rispetto dei requisiti formali è imprescindibile. La legge richiede, infatti, specifiche menzioni catastali e urbanistiche che, se omesse, rendono l’atto nullo.
LA VICENDA
Tr.Gi. citava in giudizio la sua ex-moglie Ba.Sa. davanti al Tribunale di Firenze, chiedendo che venisse liberato un immobile di sua proprietà, occupato senza titolo da Ba.Sa. e dalla figlia. In occasione della separazione consensuale, era stato concesso un diritto di abitazione a favore della moglie e della figlia che si riteneva estinto con il raggiungimento della maggiore età e dell’indipendenza economica della figlia. Il Tribunale aveva dichiarato cessato tale diritto, ma la Corte d’Appello aveva successivamente stabilito che esso fosse stato concordato come indipendente dalla sentenza di divorzio e destinato a persistere fino alla vendita dell’immobile. La Corte di Cassazione, in accoglimento del primo motivo di ricorso presentato da Tr.Gi., dichiarava nullo il diritto di abitazione a causa della mancata presenza delle dichiarazioni urbanistiche e catastali obbligatorie.
LE ARGOMENTAZIONI ADDOTTE DALLA CORTE
La Corte di Cassazione ha rilevato che la Corte d’Appello di Firenze aveva commesso un errore nel non dichiarare la nullità della costituzione del diritto di abitazione. Tale nullità derivava dalla mancata inclusione delle dichiarazioni catastali e urbanistiche obbligatorie, richieste espressamente dalla legge a pena di nullità. La Suprema Corte ha ribadito che, nei procedimenti di separazione consensuale, gli accordi che implicano la costituzione di diritti reali devono rispettare precisi requisiti formali stabiliti dalla normativa vigente, requisiti che nel caso in esame non erano stati soddisfatti.
IL PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO DALLA CORTE
Le clausole degli accordi di separazione o divorzio che costituiscono diritti reali immobiliari devono rispettare i requisiti formali previsti dall’art. 29, comma 1-bis, L. n. 52/1985, inclusi i dati catastali, la planimetria e le dichiarazioni di conformità urbanistica e catastale, a pena di nullità assoluta. Tale nullità è rilevabile d’ufficio e non può essere sanata in assenza di un atto formale di conferma redatto nelle stesse forme del precedente. Inoltre, la trascrizione nei registri immobiliari ha funzione meramente dichiarativa e non può sanare vizi formali inerenti alla costituzione del diritto reale.
L’ORDINANZA
Cassazione civile, Sez. III, Ordinanza del 19/12/2024, n. 33360
(Omissis)
Svolgimento del processo
A.A. convenne B.B., sua ex-coniuge, davanti al Tribunale di Firenze per sentir pronunciare il rilascio dell’immobile di sua proprietà sito in Signa, occupato dalla B.B. e dalla figlia senza titolo dal maggio 2015 o, quantomeno, dal 12/4/2018, data della sentenza dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio; a sostegno della domanda allegò che sull’immobile, in sede di separazione consensuale tra i coniugi, era stato istituito un diritto di abitazione in favore della moglie e della figlia e che, cessata la minore età della figlia nonché la condizione della medesima di dipendenza economica dai genitori, il diritto di abitazione si era estinto.
Il Tribunale adito dichiarò estinto il diritto di abitazione, condannò la B.B. a rilasciare l’immobile nella disponibilità dell’attore, ordinò al Conservatore dei registri immobiliari la cancellazione del verbale di separazione consensuale tra le parti e pose a carico del A.A. l’onere di pagare le spese accessorie della procedura.
A seguito di appello della B.B., la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 2880 del 20/12/2022, ha accolto parzialmente l’appello ritenendo che il diritto di abitazione fosse stato costituito con una pattuizione negoziale autonoma rispetto agli accordi di separazione, quindi indifferente rispetto alla sentenza di divorzio ed i cui effetti sarebbero cessati, secondo le pattuizioni contrattuali, solo al momento in cui il proprietario avesse venduto il bene a terzi; ha pertanto rigettato la domanda di rilascio, la domanda di cancellazione della trascrizione del diritto di abitazione e ha condannato il A.A. al pagamento in favore della ex-moglie della somma di Euro 1.120,99.
Avverso la sentenza A.A. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
B.B. resiste con controricorso.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’ art. 380-bis.1
c.p.c.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
parte controricorrente, con la memoria ex art. 378 c.p.c., solleva un vizio di improcedibilità o inammissibilità del ricorso per omessa sottoscrizione digitale dell’atto in originale ai sensi dell’ art. 365 c.p.c.
L’eccezione è priva di fondamento in quanto il ricorso risulta digitalmente sottoscritto.
Si procede, pertanto, allo scrutinio dei motivi.
Con il primo motivo si deduce ex art. 360 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione della L. n. 52/1985 art. 29, comma 1 bis, come introdotto dalla L. 122/2010 di conversione del D.L. 78/2019 (requisiti di forma e contenuto degli atti costitutivi di diritti reali – dati catastali), della L. n. 47/1985 art. 40, comma 2, (requisiti di forma e contenuto degli atti costitutivi di diritti reali – menzioni urbanistiche), nonché degli artt. 1418 c.c.(cause di nullità del contratto) – 1419 c.c. (nullità parziale) – 1421 c.c.(legittimazione all’azione di nullità) – 2644 c.c. (effetti della trascrizione), per avere erroneamente la corte fiorentina fondato la decisione circa l’esistenza di un diritto reale di abitazione ex art. 1022 c.c. costituito in forza della pattuizione negoziale contenuta negli accordi tra i coniugi in sede di separazione personale, sull’idoneità di tali accordi a produrre effetti reali. L’errore viene prospettato deducendo che la pattuizione non avesse il contenuto previsto a pena di nullità dalla L. n.52/1985 e dalla L. n. 47/1985 per gli atti costitutivi di diritti reali. La corte di merito avrebbe omesso di rilevarne d’ufficio la conseguente nullità.
In particolare, il ricorrente lamenta che la corte del merito ha basato la propria decisione sul contenuto testuale degli accordi e sulla nota di trascrizione senza verificare, però, se gli stessi accordi fossero idonei, ai sensi di detta norma, alla costituzione di un diritto reale di abitazione, quale quello la cui costituzione ha attribuito all’accordo. Secondo il ricorrente gli accordi intercorsi mancherebbero dei requisiti per produrre l’effetto reale costitutivo del diritto di abitazione ex art. 1022 c.c., in quanto, pur rivestendo la forma dell’atto pubblico, la pattuizione espressa nel verbale non conteneva né i dati catastali né la planimetria dell’immobile né conteneva la dichiarazione delle parti relativa alla conformità dello stato del bene con le dichiarazioni catastali e con le menzioni urbanistiche richieste dall’art. 40, secondo comma L. 47/1985.
Anche con riferimento alla nota di trascrizione, la corte avrebbe mal applicato l’art. 2644 c.c. sugli effetti della pubblicità immobiliare perché ha presupposto che il diritto fosse sorto per mezzo della trascrizione, quando la pubblicità immobiliare di cui agli artt. 2643 e ss ha soltanto funzione dichiarativa e non costitutiva ai sensi dell’art. 2644 c.c.
La denunciata violazione di legge consisterebbe nel non avere la corte di merito rilevato che la pattuizione con cui le parti avrebbero costituito il diritto reale di abitazione non conteneva le dichiarazioni catastali ed urbanistiche espressamente previste a pena di nullità dalla normativa sopra citata, per la costituzione dei diritti reali. La Corte di Appello, nel procedere alla verifica della validità della pattuizione, avrebbe dovuto rilevare la predetta omissione, dichiarare d’ufficio, ex artt. 1421 e 1419 c.c, la nullità della stessa e concludere che nessun diritto di abitazione è mai sorto a favore della sig.ra B.B., con la conseguenza della conferma della sentenza di primo grado in punto di condanna della B.B. al rilascio del bene, siccome occupato senza titolo.
Il motivo è fondato.
Erroneamente parte resistente sostiene la novità della questione di nullità così prospettata, atteso che essa è argomentata sulla base dello stesso tenore della sentenza impugnata, là dove indica riproducendolo il contenuto della pattuizione, dal quale si evince la carenza denunciata con la prima censura dal ricorrente. Quest’ultimo pone, dunque, soltanto un quaestio iuris basata sul contenuto argomentativo della sentenza impugnata e sulla situazione di fatto per come da essa emergente in ragione della riproduzione del verbale.
La corte fiorentina avrebbe dovuto rilevare la nullità del negozio di costituzione del diritto di abitazione contenuto nel verbale, per violazione della norma dell’art. 29, comma 1-bis, della L. n. 52 del 1985, in base al quale, nel testo modificato dall’art. 19 del D.L. n. 78 del 2010, 1-bis, “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
Fermo che non vi è dubbio quindi che gli accordi di separazione personale tra la sig.ra B.B. ed il sig. A.A., omologati dal Tribunale il 18.07.2012, ricadano sotto la normativa di cui all’ art. 29, comma 1 bis L 52/1985, perché il verbale deve essere ricondotto all’ambito di applicazione enunciato da detta norma, la violazione di legge in cui è incorsa la corte fiorentina consiste nel non aver rilevato che la pattuizione, con cui le parti avrebbero costituito il diritto reale di abitazione, non conteneva le dichiarazioni catastali ed urbanistiche, che sono espressamente previste dalla normativa sopra citata, per la costituzione dei diritti reali, a pena di nullità e, dunque, integrano una nullità formale.
La Corte di Appello, nel verificare se la clausola del verbale che ha interpretato come costitutiva del diritto di abitazione risultava valida, avrebbe dovuto rilevare la predetta omissione e dare rilievo alla nullità formale che essa presentava. Avrebbe dovuto, in conseguenza, dichiarare d’ufficio, ex artt. 1421 e 1419 c.c. la nullità della pattuizione costitutiva del diritto reale, concludendo che nessun diritto di abitazione era mai sorto a favore della sig.ra B.B.
Si ricorda che le Sezioni Unite della Core, con sentenza n. 21761 del 2021 hanno così statuito “Le clausole dell’accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni – mobili o immobili – o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., purché risulti l’attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29, comma 1-bis, della L. n. 52 del 1985, come introdotto dall’art. 19, comma 14, del D.L. n. 78 del 2010, conv. con modif. dalla L. n. 122 del 2010, restando invece irrilevante l’ulteriore verifica circa gli intestatari catastali dei beni e la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.”.
In base a tale principio di diritto è palese che la validità della clausola avrebbe richiesto che nell’atto si desse conto del rispetto dell’art. 29, comma 1.bis della L. n. 52 del 1985, il che non è avvenuto, come emerge dalla stessa lettura del verbale siccome riprodotto per come si è detto – dalla sentenza impugnata.
Mette conto di rilevare che ad escludere la fondatezza del rilievo della nullità non può valere quanto osservato ai punti 3, 4 e 5, nelle pagine 8 e 9 del controricorso da parte resistente, là dove si prospetta che l’atto contenente gli accordi di separazione personale omologato dal Tribunale, ancorché privo al suo interno delle dovute dichiarazioni urbanistiche di cui alla L. 47/1985 art. 40, secondo comma, sarebbe stato comunque valido in virtù della possibilità di “conferma” degli atti formalmente nulli prevista dal quarto comma dell’art. 46 del D.P.R. 380/2001 per il caso che i titoli urbanistici di cui è stata fatta menzione siano effettivamente esistenti; tale conferma – sempre a detta di controparte – si dovrebbe ritenere di per sé effettuata nel caso che ci occupa per il solo fatto che agli atti del giudizio è presente l’atto notarile del 1998 di acquisto dell’immobile di via dei Colli su cui sarebbe stato costituito il diritto reale di abitazione, nel quale sono indicate tutte le menzioni urbanistiche omesse nel verbale di omologa.
L’assunto non è condivisibile.
Si deve rilevare, infatti, che il quarto comma dell’art. 46 TU 380/2021 citato da parte resistente (così come il quarto comma dell’art. 40 della L. 47/1985 applicabile in ipotesi al caso in esame ratione temporis e di identico contenuto) prevede sì la conferma dell’atto nullo, ma purché la stessa venga effettuata con espressa dichiarazione in tal senso contenuta in un atto redatto nelle medesime forme del precedente che contenga le menzioni omesse. In mancanza dell’atto di conferma, l’atto privo delle dovute menzioni urbanistiche e catastali rimane nullo e privo di effetti. E non sono ammesse forme di conferma equipollenti a quella prevista dalla legge (Cass. 14804 del 14.06.2017).
Rimane quindi irrilevante che nel giudizio sia stato presente l’atto notarile del 1998 dell’acquisto della casa di via dei Colli, da cui si sarebbe potuto evincere il contenuto mancante nel verbale, essendo sufficiente considerato che in ogni caso tale atto non è allegato agli accordi di separazione come omologati dal Tribunale per farne, in ipotesi, parte integrante in sostituzione delle menzioni urbanistiche. Tanto si osserva in disparte il rilievo che quell’atto nulla avrebbe detto sulle vicende del bene successive al 1998 e fino all’anno 2012 di omologa degli accordi.
Sul punto la corte del merito non avrebbe potuto e dovuto dunque applicare il consolidato indirizzo di questa Corte, secondo cui le clausole dell’accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni – mobili o immobili – o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., purché risulti l’attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni.
La mancata menzione delle dichiarazioni urbanistiche evidenziava – una volta che la corte fiorentina si era posta nella logica di interpretare l’accordo come diretto a costituire un diritto reale di abitazione – una palese nullità formale, secondo il quale l’atto costitutivo di diritti reali privo delle prescritte menzioni urbanistiche è per ciò solo nullo.
La sentenza va cassata in accoglimento del detto motivo.
con il secondo motivo di ricorso si deduce -ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c violazione e falsa applicazione dell’art. 337 sexies c.c. e della L n. 898 del 1970 come modificata dalla L. n. 74/1987 rispetto alla clausola contenuta negli accordi di separazione personale con la quale il A.A. ha concesso alla B.B. e alla figlia C.C. il diritto di abitare l’ex casa familiare fino alla vendita della medesima, per aver ritenuto che tale clausola non fosse riconducibile al contenuto essenziale degli accordi di separazione pur in presenza di una espressa volontà in tal senso dei coniugi; lamenta che la corte del gravame abbia escluso che la previsione del diritto di abitazione della casa familiare facesse parte del contenuto tipico dei contratti della crisi familiare ai sensi dell’ art. 337 sexies c.c.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto la ragione per cui la corte fiorentina ha escluso che ricorresse un accordo ex art. 337-sexies c.c. è stata quella dell’erronea sua considerazione come costitutivo di un diritto reale di abitazione. La cassazione della sentenza in accoglimento del primo motivo, facendo venir meno la validità di detto assunto, è già di per sé idonea a determinare l’erroneità dell’esclusione della qualificazione ex art. 337-sexies.
La corte di rinvio potrà e dovrà procedere, sulla base di ciò che le è stato devoluto con l’appello e delle difese dell’attuale ricorrente (già appellato), alla relativa valutazione del significato del contenuto del verbale, scrutinando nuovamente la qualificazione data dal primo giudice, esclusa la ricorrenza della costituzione di un diritto reale di abitazione.
Conclusivamente la Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo. Cassa in relazione al motivo accolto l’impugnata sentenza e rinvia ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze, comunque in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo. Cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze, comunque in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
Conclusione
Così deciso in Roma l’11 luglio 2024.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2024.