L’obbligo del conducente di garantire l’uso delle cinture di sicurezza: una responsabilità che può trasformarsi in omicidio colposo
IL FATTO
Il conducente di un veicolo ha l’obbligo di esigere che i passeggeri indossino la cintura di sicurezza prima di iniziare la marcia e, in caso di rifiuto, di non consentire il trasporto, a prescindere dalla presenza di segnalatori acustici. La mancata osservanza di tale dovere può configurare una responsabilità per omicidio colposo in caso di sinistro con esiti mortali.
L’INSEGNAMENTO CHE CI RESTITUISCE QUESTA VICENDA
Questa vicenda giudiziaria ci insegna che il conducente di un veicolo ha una responsabilità attiva nell’accertarsi che tutti i passeggeri indossino correttamente le cinture di sicurezza prima di mettersi in marcia. Non basta che i passeggeri siano consapevoli dell’obbligo: spetta al conducente pretenderne l’uso e, in caso di rifiuto, rifiutare il trasporto.
La Cassazione chiarisce che la mancata verifica dell’uso delle cinture può tradursi in una responsabilità penale per omicidio colposo, se in caso di incidente il mancato utilizzo si rivela determinante per la morte di un passeggero. Anche se il conducente non ha colpa diretta nell’evento (come in questo caso, dove l’incidente è stato causato dall’attraversamento improvviso di un cane), la sua omissione nel far rispettare le norme di sicurezza può risultare rilevante ai fini della responsabilità.
Inoltre, la sentenza conferma che la colpa della vittima per non aver indossato la cintura non esclude la responsabilità del conducente, ma può al massimo incidere sul grado di colpevolezza.
Questa decisione rappresenta un monito per tutti i conducenti: assicurarsi che i passeggeri allaccino le cinture non è solo una buona pratica di sicurezza, ma un preciso obbligo di legge, la cui inosservanza può avere gravi conseguenze giuridiche.
LA SENTENZA
Cassazione penale, Sez. IV, Sentenza del 18/12/2024, n. 46566
(Omissis)
Svolgimento del processo
1. Con sentenza emessa in data 6 marzo 2024 il Tribunale di Frosinone ha assolto A.A. dal reato a lei ascritto con la formula perché il fatto non costituisce reato.
L’imputata era chiamata a rispondere del reato di cui all’art. 589 cod. pen. per avere cagionato, per negligenza, imprudenza, imperizia e violazione degli artt. 140, 141 comma 1 nn. 2 e 3, 142, 146 co. 1 e 172 co. 1 e 2 del Codice della Strada, la morte di B.B. che viaggiava sul sedile posteriore sinistro dell’autovettura condotta dalla A.A. la quale, in orario notturno, non adeguava la propria condotta di guida alle caratteristiche della strada percorsa (centro abitato fiancheggiato da edifici ed esercizi commerciali, in presenza di segnali di pericolo per curve pericolose ed intersezioni stradali oltre che su un tratto sdrucciolevole) e, a fronte della comparsa improvvisa di un cane perdeva il controllo del mezzo, frenava bruscamente e poi collideva con la recinzione di un centro commerciale cui seguiva il capovolgimento del mezzo ed il conseguente decesso del B.B.
2. Il Tribunale di Frosinone è pervenuto al verdetto assolutorio, non ritenendo ravvisabile nella condotta di guida dell’imputata alcun profilo di colpa.
Dopo aver passato in rassegna le deposizioni dei testimoni, dei consulenti del Pubblico Ministero, della difesa di parte civile, del responsabile civile e del perito nominato dal Tribunale, facendo proprie le conclusioni di quest’ultimo, il decidente ha concluso nel senso che a carico della A.A. non sarebbe ascrivibile alcuna violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. Intanto perché, in assenza di specifica segnaletica nel tratto di strada teatro del sinistro, il limite di velocità, in mancanza dì indicazioni specifiche, doveva ritenersi pari a 90 km/h, alla stregua di una strada extraurbana e che il veicolo della A.A. marciava intorno ai 65 km/h.
Ha rilevato poi il Tribunale che la serie di manovre emergenziali poste in essere dalla conducente, sarebbero state occasionate dall’attraversamento improvviso di un cane randagio, circostanza confermata anche dalla teste C.C., che conduceva l’autovettura contro la quale, in fase di deviazione, la A.A. si dirigeva prima di sterzare, oltre che da quanto riferito dal dott. D.D.,veterinario dell’ASL di F. Quest’ultimo, nel corso dell’esame, riferiva della presenza in zona, in quel periodo, di un branco di cani randagi. Il Tribunale, dopo aver dato atto che il passeggero seduto sul sedile posteriore, lato sinistro, veniva trovato con metà busto fuori dall’abitacolo, schiacciato dall’autovettura, ha richiamato gli argomenti spesi dal perito il quale ha affermato che, nella circostanza, il trasportato non indossava la cintura di sicurezza.
Il Tribunale, ha, tuttavia, argomentato che nessun addebito poteva essere mosso alla A.A. poiché la Fiat Punto, alla guida della quale si trovava, non era dotata di sistemi acustici atti a segnalare il mancato utilizzo delle cinture e che, in ogni caso, non era esigibile che la conducente potesse compiere, durante la marcia, una continua verifica in tal senso.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso immediato il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Roma deducendo la violazione dell’art. 606 co. 1 lett. b) cod. proc. pen., erronea applicazione dell’art. 589 co. 2 cod. pen. vigente all’epoca del delitto contestato ex art. 2 cod. pen. e dell’art. 172 co. 1 D.Lgs. n. 285/1992.
Secondo il combinato disposto dell’art. 589 co. 2 ed pen. e dell’art. 172 co. 1 D.Lgs. 285/92 risponde di omicidio colposo chi, prima di intraprendere la marcia del veicolo con passeggeri a bordo, non esige che costoro indossino la cintura di sicurezza, verificando che lo facciano e in caso di renitenza, rifiuti il trasporto, continuando a verificarlo durante la marcia, anche con l’aiuto degli altri passeggeri trasportati, interpellando direttamente il passeggero.
Il Procuratore ricorrente ha posto in rilievo, innanzitutto, che dagli accertamenti svolti è emerso che solo la conducente e la passeggera seduta al suo fianco indossavano le cinture di sicurezza e che, il perito nominato dal Tribunale ha concluso nel senso che l’uso da parte del B.B. del detto dispositivo ne avrebbe potuto, ragionevolmente, evitare la morte. Che dalle emergenze dibattimentali non è emerso che la A.A. abbia preteso dai passeggeri, prima di mettersi in marcia, che indossassero le cinture.
Nella sentenza non si mette in dubbio che il passeggero deceduto non indossasse la cintura ma si fornisce dell’art. 172 C.d.s. una interpretazione difforme da quella data ossia che il conducente è tenuto ad esigere che il passeggero indossi i dispositivi di sicurezza.
1. Il P.G., in persona del Sostituto Giulio Romano, ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l’annullamento con rinvio al giudice competente per l’appello risultando comunque violato l’art. 172 C.d.s.
2. Il difensore della A.A. ha depositato memoria con la quale ha chiesto che questa Corte dichiari inammissibile il ricorso proposto dal Procuratore Generale.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. Contrariamente a quanto argomentato dal Tribunale circa l’assenza della colpa specifica contestata ed in particolare, delle infrazioni del Codice della strada è, comunque, risultata accertata la violazione dell’art. 172 del medesimo ed è emerso, nel corso della istruttoria dibattimentale, proprio dalle conclusioni del perito nominato dal giudice di merito, ing. E.E., all’uopo nominato, che “era verosimile ritenere che l’utilizzo della cintura di sicurezza avrebbe ragionevolmente impedito l’exitus della persona offesa” in quanto sarebbe rimasta all’interno dell’abitacolo.
3. È indirizzo consolidato di questa Suprema Corte quello secondo cui il conducente di un veicolo è tenuto, in base alle regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza e, in caso di sua renitenza, anche a rifiutarne il trasporto e ad omettere l’intrapresa marcia (Sez. 4 n. 39136 del 27/09/2022) e ciò a prescindere dall’obbligo e dalla sanzione a carico di chi deve fare uso della detta cintura (ex plurimis, Sez. 4 n. 32877/2020 Rv. 280162 – 01 ed ancora Sez. 4, n. 9904/1996, Rv. 206266 – 01; Sez. 4, n. 9311 del 29/1/2003, Sulejmani, Rv. 224320).
Tale regola di comportamento, che era stata oggetto di espressa contestazione, ha trovato riscontro nel corso della istruttoria dibattimentale ma è stata, tuttavia, superata dal Tribunale, con argomenti che si pongono al di fuori della previsione normativa nonché del perimetro tracciato da questa giurisprudenza di legittimità, concludendo nel senso che “deve escludersi la sussistenza di un nesso causale tra la condotta della prevenuta e il decesso della persona offesa, non essendo emerso in capo alla A.A. un generico comportamento negligente o imprufente, né tantomeno la violazione di una regola cautelare”.
4. La motivazione posta a fondamento della decisione assolutoria, fondata sulla mancanza, a bordo dell’autovettura condotta dalla A.A., di segnali acustici atti a segnalare il mancato utilizzo delle cinture da parte dei passeggeri posizionati sul sedile posteriore e la inesigibilità per la conducente di svolgere un continuo controllo dei passeggeri medesimi, presenta il vizio dedotto dal Procuratore ricorrente. Ciò in quanto risulta acclarata la violazione dell’art. 172 C.d.s., norma posta a presidio del rischio di verificazione di eventi del tipo di quello verificatosi, laddove l’omissione della persona offesa di indossarla configura quelle condotte, esse stesse colpose che possono, al più refluire sul grado di colpevolezza ma non certo escludere o interrompere il nesso causale (cfr. Sez. 4 n. 32877 del 10/11/2020, Rv. 280162).
5. Alla luce di quanto detto, la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Roma.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.
Depositata in cancelleria il 18 dicembre 2024.