S E P A R A Z I O N E
– Abbandono della casa familiare – Addebito della separazione – Limiti (Cc, articoli 143, 151, 2697 e 2729)
In tema di separazione personale dei coniugi, l’abbandono della casa familiare, che di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e, conseguentemente, causa di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, non concreta tale violazione se si provi, e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono, che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, e in conseguenza di tale fatto.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 3 agosto 2007 n. 17056 – Pres. Luccioli; Rel. Bonomo; Pm (conf.) Schiavon; Ric. Marzocchi; Controric Marchi
– Addebito – Violazione dell’obbligo di fedeltà – Necessità della prova della crisi coniugale conseguente – Sussiste (Cc, articoli 143, 151 e 154)
La violazione degli obblighi matrimoniali non rileva ai fini dell’addebito se non abbia dato causa all’intollerabilità della convivenza. Pertanto, la dichiarazione di addebito nella separazione, anche in ordine alla violazione dell’obbligo di fedeltà, richiede la prova che l’irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile al comportamento consapevole e volontario del coniuge, e che sussista un preciso nesso di causalità tra tale comportamento e l’intollerabilità della convivenza: il mancato raggiungimento della prova che tale comportamento sia causa efficiente dell’intollerabilità esclude dunque la pronuncia di addebito.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 11 agosto 2011 n. 17193 – Pres. Luccioli; Rel. Dogliotti; Pm (diff.) Russo
Nota
La Corte ha precisato che la violazione dell’obbligo di fedeltà di cui all’articolo 143 Cc, sotto il vigore della normativa previgente, veniva ricollegata all’adulterio, cioè presupponeva la violazione del dovere di fedeltà sessuale, con conseguente offesa all’onore e al decoro del coniuge, rilevando soprattutto se ostentato e conosciuto da terzi. Con la riforma del 1975, invece, si ritiene che l’obbligo di fedeltà sia diretto a garantire e consolidare la comunione di vita tra coniugi, arrivando la dottrina e la giurisprudenza a ritenere che la violazione di tale dovere rappresenti una rottura del rapporto di fiducia tra i coniugi medesimi e, quindi, un deterioramento dell’accordo e della stima reciproci. In quest’ottica la pronuncia dell’addebito assume il carattere dell’eccezionalità, essendo rilevante l’elemento dell’imputabilità di comportamenti contrari ai doveri derivanti dal matrimonio e avendo riguardo a violazioni particolarmente gravi e ripetute o comunque inquadrate in una valutazione complessiva di tutta la vicenda coniugale (Cassazione 2740/08).
– Addebito – Violazione dei doveri di cui all’articolo 143 Cc – Sufficienza – Limiti (Cc, articolo 143)
Ai fini della pronuncia di un addebito non è sufficiente la sola violazione dei doveri previsti a carico dei coniugi dall’articolo 143 del Cc, ma occorre verificare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, cosicchè, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunciata la separazione senza addebito. Non elide il nesso causale tra l’allontanamento volontario e la persistenza di una pregressa condizione d’irreversibile dissidio della coppia che avrebbe indotto l’abbandono, l’assenza di episodi di maltrattamenti o di vessazioni da parte del coniuge abbandonato.
Corte di cassazione, sezione I civile, ordinanza 24 febbraio 2011 n. 4540 – Pres. Luccioli; Rel. Cultrera
– Allontanamento unilaterale dalla residenza familiare – Violazione degli obblighi matrimoniali – Sussiste – Limiti (Cc articoli 143, 144,146 e 151)
L’allontanamento dalla residenza familiare che, ove attuato unilateralmente dal coniuge, cioè senza il consenso dell’altro coniuge, confermato dal rifiuto di tornarvi, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale ed è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza; ciò a meno che non risulti o che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, nel qual caso l’onere probatorio incombe a chi ha posto in essere l’abbandono, ovvero che il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si era già verificata e in conseguenza di tale fatto.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 18 giugno 2008 n. 16575 – Pres. Luccioli; Rel. Giancola; Pm (conf.) Caliendo
– Assegnazione della casa familiare – Assenza di figli – Possibilità del giudice di attribuirla quale elemento dell’assegno di mantenimento – Esclusione (Cc, articoli 143, 155 e 156)
In assenza di figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi, il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa familiare, sia in comproprietà fra i coniugi, sia che appartenga in via esclusiva a uno solo di essi, non autorizzandolo neppure l’art. 156 del Cc, che non prevede tale assegnazione in sostituzione o quale componente dell’assegno di mantenimento. In mancanza di una normativa speciale in tema di separazione, la casa familiare in comproprietà è soggetta, infatti, alle norme sulla comunione, al cui regime dovrà farsi riferimento per l’uso e la divisione.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 22 luglio 2007 n. 16398 – Pres. Morelli; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Ciccolo; Ric. Bertaina; Controric. Scagnetto
– Assegnazione della casa familiare – Presupposti – Convivenza del coniuge con figlio maggiorenne – Necessità che sia la stessa casa dove viveva la famiglia quando era unita – Sussiste (Cc, articolo 155)
Al fine dell’assegnazione a uno dei coniugi separati o divorziati della casa familiare, nella quale questi abiti con un figlio maggiorenne, occorre che si tratti della stessa abitazione in cui si svolgeva la vita della famiglia allorchè essa era unita e, inoltre, che il figlio convivente versi, senza colpa, in condizione di non autosufficienza economica. In particolare, l’assegnazione della casa familiare, prevista dall’articolo 155, comma 4, del Cc, rispondendo all’esigenza di conservare l’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza del 4 luglio 2011 n. 14553 – Pres. Luccioli; Rel. Didone; Pm (diff.) Lettieri; Ric. Iannì; Int. Surace
– Assegno di mantenimento – Figlio maggiorenne convivente con il coniuge separato – Spettanza – Fino al conseguimento dello status di autosufficienza economica – Sussiste (Cc, articolo 155)
Il fondamento del diritto del coniuge separato a percepire l’assegno di cui all’articolo 155 del Cc, risiede, oltre che nell’elemento oggettivo della convivenza con il figlio maggiorenne (che lascia presumere il perdurare dell’onere del mantenimento), nel dovere di assicurare un’istruzione e una formazione professionale rapportate alle capacità della prole (oltreché alle condizioni economiche e sociali dei genitori), onde consentire alla stessa di acquisire una propria indipendenza economica. Tale dovere cessa all’atto del conseguimento, da parte del figlio, di uno status di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita, quale che sia, in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato, restando attribuita al giudice di merito ogni valutazione in ordine all’eventuale esiguità del reddito percepito, al fine di escludere la cessazione dell’obbligo di mantenimento da parte del genitore non affidatario.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 21 gennaio 2011 n. 1476 – Pres. Luccioli; Rel. Mercolino; Pm (conf.) Russo
– Assegno di mantenimento – Presupposti – Accertamento del tenore di vita matrimoniale – Contenuto (Cc, articolo 156)
L’articolo 156 del Cc attribuisce al coniuge al quale non sia addebitabile la separazione il diritto di ottenere dall’altro un assegno di mantenimento, non già soltanto se egli sia assolutamente indigente, bensì tutte le volte in cui non sia in grado di mantenere, durante la separazione, con le proprie potenzialità economiche, il tenore di vita che aveva in costanza di convivenza matrimoniale, sempre che questo corrispondesse alle potenzialità economiche complessive dei coniugi e vi sia tra loro una differente redditualità che giustifichi l’assegno con funzione riequilibratrice. Pertanto, il giudice, al fine di stabilire se l’assegno sia dovuto, deve prioritariamente valutare il suddetto tenore di vita e, quindi, stabilire se il coniuge richiedente sia in grado di mantenerlo in regime di separazione con i mezzi propri, essendo la mancanza di tali mezzi condizione necessaria per averne diritto. Il tenore di vita matrimoniale deve essere accertato, in via presuntiva, sulla base dei redditi complessivamente goduti dai coniugi durante la convivenza matrimoniale, con particolare riferimento al momento della sua cessazione, tenendosi conto non solo dei redditi di lavoro di ciascun coniuge, ma anche dei redditi di ogni altro tipo, nonché delle utilità derivanti dai beni immobili di loro proprietà, ancorchè improduttivi di reddito.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 4 febbraio 2009 n. 2707 – Pres. Luccioli; Rel. Salvago; Pm (conf.) Martone
– Assegno di mantenimento – Spettanza – Inattività lavorativa del richiedente – Rilevanza – Limiti (Cc, articoli 147,155 e 156)
In tema di separazione personale dei coniugi, presupposti per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento sono la non addebitabilità della separazione e la mancanza di redditi idonei a conservare il precedente tenore di vita, sussistendo disparità economica tra le parti, mentre l’inattività lavorativa del richiedente l’assegno costituisce circostanza estintiva dell’obbligo di corresponsione a carico dell’altro coniuge, solo se conseguente al rifiuto accertato di opportunità di lavoro, non meramente ipotetiche, ma effettive e concrete.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 21 novembre 2008 n. 27775 – Pres. Morelli; Rel. Salmè; Pm (diff.) Schiavon
– Assegno per i figli maggiorenni – Cessazione – Inizio di attività lavorativa retribuita – Condizioni (Cc, articolo 155)
In regime di separazione o di divorzio fra i genitori, l’obbligo di versare il contributo di mantenimento per i figli maggiorenni al coniuge presso il quale vivono cessa solo ove il genitore obbligato provi che essi abbiano raggiunto l’indipendenza economica, percependo un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali condizioni di mercato, ovvero che essi si sottraggano volontariamente allo svolgimento di un’attività lavorativa adeguata. Una volta che sia provato l’inizio di un’attività lavorativa retribuita, costituisce valutazione di merito, incensurabile in cassazione se motivata, quella circa l’esiguità, in relazione alle circostanze del caso, del reddito realizzato al fine di escludere o diminuire l’assegno.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 27 giugno 2011 n. 14123 – Pres. Luccioli; Rel. Campanile; Pm (conf.) Zeno; Ric. Rubbiani; Controric. Volpe
– Assegno per il figlio minore – Buone risorse economiche dell’obbligato – Rilevanza (Cc, articolo 155)
Ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento a favore del figlio minore, le buone risorse economiche dell’obbligato hanno rilievo non soltanto nel rapporto proporzionale con il contributo dovuto dall’altro genitore, ma anche in funzione diretta di un più ampio soddisfacimento delle esigenze del figlio, posto che i bisogni, le abitudini, le legittime aspirazioni di questo e in genere le sue prospettive di vita, non potranno non risentire del livello economico-sociale in cui si colloca la figura del genitore.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 21 giugno 2011 n. 13630 – Pres. Luccioli; Rel. Campanile; Pm (conf.) Zeno; Ric. Palumbo; Controric. Marini
– Casa coniugale o familiare – Assegnazione solo in presenza di affidamento di figli minori o maggiorenni non autosufficienti – Sussiste (Cc, articolo 155 e 1102)
In materia di separazione o divorzio l’assegnazione della casa familiare è finalizzata esclusivamente alla tutela della prole, rispondendo all’esigenza di garantire l’interesse dei figli alla conservazione dell’ambiente domestico, inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle abitudini in cui si esprime e si articola la vita familiare. Resta, quindi, imprescindibile il requisito dell’affidamento dei figli minori (o della convivenza con i figli maggiorenni non autosufficienti); pertanto, se è vero che la concessione del beneficio presenta indubbi riflessi economici, nondimeno l’assegnazione della casa familiare non può essere disposta al fine di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, alla cui garanzia è unicamente destinato l’assegno di mantenimento. Ne consegue che, ove manchi tale presupposto, perché i figli si sono già allontanati dal luogo in cui si svolgeva l’esistenza della famiglia, viene meno la ragione dell’applicazione dell’istituto in questione, che non può neanche trovare giustificazione nella circostanza che il coniuge già affidatario sia comproprietario dell’immobile in questione. Va fatta salva l’ipotesi di accordo, anche tacito, tra le parti in tal senso; rimanendo regolati, in caso contrario, i rapporti tra gli ex coniugi dalle norme sulla comunione e in particolare dall’articolo 1102 del Codice civile.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 17 luglio 2009 n. 16802 – Pres. Luccioli; Rel. Bernabai; Pm (conf.) Pratis
– Casa coniugale o familiare – In locazione – Provvedimento del giudice – Effetti sul rapporto contrattuale (Legge 392/1978, articolo 6)
Il provvedimento del giudice della separazione, oltre a determinare una cessazione ex lege del contratto di locazione a favore del coniuge assegnatario, comporta anche l’estinzione del rapporto in capo al coniuge originario conduttore, rapporto che non è più suscettibile di reviviscenza. Peraltro, nel momento in cui si realizza la successione del coniuge assegnatario al coniuge originario conduttore, si verifica, altresì, in senso del tutto figurativo e virtuale, una sorta di riconsegna dell’immobile al locatore da parte del vecchio conduttore, con contestuale consegna, sempre in senso figurativo, della cosa locata al nuovo conduttore.
Corte di cassazione, sezione III civile, sentenza 30 aprile 2009 n. 10104 – Pres. Di Nanni; Rel. Massera; Pm (conf.) Marinelli
– Condizioni per il diritto al mantenimento – Valutazione da parte del giudice di elementi diversi dal reddito dell’onerato – Sussiste (Cc, articolo 156)
Condizioni per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione sono la non titolarità di adeguati redditi propri e cioè di redditi che consentano al richiedente di mantenere un tenore di vita analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio e la sussistenza di una disparità economica tra le parti. A tal fine il parametro di riferimento è costituito dalle potenzialità economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio, quale elemento condizionante la qualità delle esigenze e l’entità delle aspettative del richiedente. Ai fini della determinazione del quantum dello stesso, si deve tener conto anche degli elementi fattuali di ordine economico e, comunque, apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell’onerato, suscettibili di incidenza sulle condizioni delle parti.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 24 luglio 2007 n. 16334 – Pres. Criscuolo; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Caliendo; Ric. Di Laudo, Controric. Di Carlo
– Mantenimento dei figli – Applicabilità dei principi di cui all’articolo 147 del Cc – Sussiste – Determinazione del concorso negli oneri finanziari – Criteri (Cc, articoli 147 e 148)
In seguito alla separazione personale tra coniugi, la prole ha diritto a un mantenimento tale da garantirle un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia e analogo, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l’articolo 147 del Cc che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte a una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, culturale, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, all’opportuna predisposizione, fin quando l’età dei figli lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione; mentre il parametro di riferimento, ai fini della determinazione del concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo il disposto dell’articolo 148 del Cc, non soltanto dalle sostanze, ma anche dalla capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge, ciò che implica una valorizzazione anche delle accertate potenzialità reddituali.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 19 maggio 2009 n. 11538 – Pres. Vitrone; Rel. Giancola; Pm (conf.) Pratis
– Modifica delle condizioni di separazione – Presupposti – Venir meno di un introito per l’obbligato – Sufficienza – Esclusione (Cc, articolo 156)
L’articolo 156, ultimo comma, del Cc, dispone che per aversi modificazione delle condizioni di separazione occorre la sopravvenienza di giustificati motivi, quali sono i mutamenti delle condizioni economiche delle parti, in guisa tale che sia mutato il complessivo equilibrio fissato in sede di separazione, non bastando a tal fine il venir meno di un determinato introito di cui fruiva l’obbligato, ovvero l’alienazione da parte sua di un bene, dovendo l’obbligato, per poter chiedere e ottenere la modifica dell’assegno stabilito in sede di separazione, dare prova del mutamento, in conseguenza di tali fatti, di detto equilibrio.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 8 maggio 2008 n. 11487 – Pres. Vitrone; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Velardi
– Morte di uno dei coniugi in pendenza del giudizio di separazione – Effetti – Rilevanza sulle domande accessorie di rivendica – Esclusione (Cc, articoli 581 e 948)
La morte di uno dei coniugi, sopravvenuta in pendenza del giudizio di separazione personale, comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere, anche con riferimento alle istanze accessorie circa la regolamentazione dei rapporti patrimoniali attinenti alla cessazione della convivenza, mentre restano salve le domande autonome che, proposte nello stesso giudizio, riguardano diritti e rapporti patrimoniali indipendenti dalla modificazione soggettiva dello status, già acquisiti al patrimonio dei coniugi e nei quali subentrano gli eredi, con la conseguenza che rispetto a tali domande il processo può proseguire a istanza o nei confronti di costoro.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 20 novembre 2008 n. 27556 – Pres. Luccioli; Rel. Panzani; Pm (conf.) Ciccolo
– Provvedimenti presidenziali in relazione ai figli – Efficaci anche se sopraggiunge in sede ecclesiastica una sentenza di nullità del matrimonio – Sussiste (Cpc, articolo 708)
I provvedimenti relativi ai figli, emessi in sede presidenziale, conservano efficacia fino al provvedimento che li sostituisca, anche quando una sentenza di nullità matrimoniale, pronunciata in sede ecclesiastica, faccia venir meno la materia del contendere sulla domanda principale di separazione.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 25 giugno 2008 n. 17335 – Pres. Luccioli; Rel. Forte; Pm (conf.) Schiavon
– Revisione delle clausole – Decreto emesso in appello – Impugnabilità con il ricorso straordinario ex articolo 111 della Costituzione – Ammissibilità (Cc, articolo 156; Cpc, articoli 115, 116, 710 e 711)
Nel regime anteriore alla modifica dell’articolo 360 del Cpc, recata dal Dlgs. 40/2006, il decreto emesso in camera di consiglio dalla Corte d’appello a seguito di reclamo avverso i provvedimenti emanati dal tribunale sull’istanza di revisione delle clausole della separazione consensuale omologata può essere impugnato avanti la Corte di cassazione con il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 della Costituzione per violazione di legge, in essa ricomprendendosi la radicale inesistenza o mera apparenza di motivazione e non già per chiedere un sindacato sulla motivazione ai sensi del numero 5 dell’articolo 360 del Cpc, a nulla valendo la formale deduzione della violazione dell’articolo 156 del Cc o degli articoli 115 e 116 del Codice di procedura civile.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 8 maggio 2008 n. 11489 – Pres. Luccioli; Rel. Giusti; Pm (conf.) Schiavon
– Richiesta di addebito – Domanda autonoma – Impugnazione sul capo specifico – Effetti (Legge 898/1970, articoli 3 e 4)
Nel giudizio di separazione personale dei coniugi, la richiesta di addebito, pur essendo proponibile solo nell’ambito del giudizio di separazione, ha natura di domanda autonoma, presupponendo l’iniziativa di parte, soggiacendo alle regole e alle preclusioni stabilite per le domande, avendo una causa petendi e un petitum distinti da quelli della domanda di separazione. Cosicchè, in carenza di ragioni sistematiche contrarie e di norme derogative dell’articolo 329, comma 2, del Cpc, l’impugnazione proposta con esclusivo riferimento all’addebito contro la sentenza che abbia pronunciato la separazione e al contempo ne abbia dichiarato l’addebitabilità, implica il passaggio in giudicato del capo sulla separazione, rendendo esperibile l’azione di divorzio pur in pendenza di detta impugnazione.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 8 aprile 2011 n. 8050 – Pres. Carnevale; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Russo
D I V O R Z I O
– Assegno di divorzio – Accertamento dei redditi dei coniugi – Valutazione dell’assetto economico stabilito in separazione – Ammissibilità (Legge 898/1970, articolo 5)
Ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio a favore dell’ex coniuge, che è il risultato di un apprezzamento discrezionale del giudice di merito, incensurabile in cassazione, ove immune da vizi di motivazione, i redditi dei coniugi non devono essere accertati nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle rispettive posizioni patrimoniali complessive, dal rapporto delle quali risulti l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio. La congruità dell’assegno deve essere valutata alla luce dell’articolo 5 della legge 898/1970, tuttavia anche l’assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 8 aprile 2011 n. 8051 – Pres. Carnevale; Rel. Giancola; Pm (conf.) Russo
– Assegno di divorzio – Accertamento dei redditi dei coniugi – Valutazione dei beni immobili a disposizione – Sussiste (Legge 898/1970, articolo 5)
Sia al fine dell’individuazione del tenore di vita dei coniugi durante la convivenza coniugale, sia al fine dell’individuazione della capacità del coniuge richiedente l’assegno a mantenere con i propri mezzi il suddetto tenore di vita, sia allo scopo di stabilire le capacità economiche del coniuge nei cui confronti l’assegno sia richiesto, si deve tener conto anche dei beni immobili a sua disposizione, sotto il profilo della loro diretta utilizzabilità per la soddisfazione delle proprie esigenze, ovvero della loro redditualità in atto o potenziale, se ovviamente sussistenti, così come si deve tener conto delle spese necessariamente correlate alla loro proprietà.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 8 aprile 2011 n. 8051 – Pres. Carnevale; Rel. Giancola; Pm (conf.) Russo
– Assegno di divorzio – Revisione – Presupposti (Legge 898/1970, articolo 9)
Ai fini della revisione dell’assegno di divorzio è necessaria la duplice condizione della sussistenza di una modificazione delle condizioni economiche degli ex coniugi e dell’idoneità di tale modificazione a immutare il pregresso assetto realizzato dal precedente provvedimento sull’assegno. Tale procedimento non consente alcuna rivalutazione degli elementi che sono stati tenuti presenti all’atto della determinazione originaria dell’assegno, che si assume non più adeguato, essendo rivolto non a rideterminarne la misura attraverso un rinnovato accertamento del diritto del coniuge beneficiario alla luce di tutti i temperamenti, che debbono essere tenuti presenti ai fini del calcolo concreto dell’importo dell’assegno da porsi a carico dell’altro coniuge, ma unicamente a valutare se siano sopraggiunte circostanze di tale portata da rendere giustificato l’adeguamento dell’assegno, in aumento o in diminuzione, ovvero la sua radicale abolizione, o per converso la sua attribuzione.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 10 gennaio 2011 n. 366 – Pres. Luccioli; Rel. Salvago; Pm (conf.) Pratis
– Assegno di divorzio – Uso di una casa di abitazione – Rilevanza ai fini della consistenza patrimoniale dei coniugi – Sussiste (Legge 898/1970, articolo 5)
Ai fini della determinazione dell’assegno divorzile occorre tener conto dell’intera consistenza patrimoniale di ciascun coniuge e nel concetto di reddito debbono essere ricompresi non solo i redditi in denaro, ma anche le utilità suscettibili di valutazione economica, per cui anche l’uso di una casa di abitazione costituisce utilità valutabile in misura pari al risparmio di spesa che occorrerebbe sostenere per godere di quell’immobile a titolo di locazione. Sicchè tale principio deve trovare applicazione sia nell’ipotesi che l’immobile, di proprietà o comunque nella disponibilità del coniuge obbligato al pagamento dell’assegno, venga assegnato al coniuge affidatario dei figli minori, sia nell’ipotesi in cui il godimento dell’immobile venga riconosciuto al coniuge titolare di un diritto reale od obbligatorio: posto che in entrambi i casi l’utilizzazione della casa costituisce una utilità valutabile sul piano economico, che si aggiunge al reddito goduto, alterando l’equilibrio delle posizioni patrimoniali dei coniugi quali risultavano in base alla considerazione esclusiva dei redditi di ciascuno di essi.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 28 dicembre 2010 n. 26197 – Pres. Luccioli; Rel. Salvago; Pm (diff.) Pratis
– Assegno di divorzio – Accertamento – Tenore di vita goduto in costanza di matrimonio – Determinazione (Legge 898/1970, articolo 5)
In tema di scioglimento del matrimonio, nella disciplina dettata dall’articolo 5 della legge 898/1970, come modificato dalla legge 74/1987, che subordina l’attribuzione di un assegno di divorzio alla mancanza di “mezzi adeguati”, l’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso, ovvero che poteva ragionevolmente prefigurarsi sulla base di aspettative esistenti nel corso del rapporto matrimoniale. A tal fine il tenore di vita può desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall’ammontare dei loro redditi e disponibilità patrimoniali. Il giudice può desumere il tenore di vita dalla documentazione relativa ai redditi dei coniugi al momento della pronuncia di divorzio, costituendo essi, insieme alle disponibilità patrimoniali dei coniugi, valido parametro per la determinazione di detto tenore di vita e della possibilità di mantenerlo. L’assegno va poi quantificato nella misura necessaria, in relazione alla situazione economica di ciascuna parte, a rendere tendenzialmente possibile il mantenimento di detto tenore.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 4 novembre 2010 n. 22501 – Pres. Luccioli; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Zeno
– Assegno di divorzio – Modifica – Impugnabilità del decreto della Corte d’appello emesso in sede di reclamo – Ricorso ex articolo 111 della Costituzione – Ammissibilità – Limiti (Legge 898/1970, articolo 9)
Il decreto della Corte d’appello, emesso in sede di reclamo, contro il decreto del tribunale che modifica le statuizioni di ordine patrimoniale contenute nella sentenza di divorzio, ha valore decisorio ed è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111 della Costituzione; tale ricorso è però limitato, nella disciplina previgente al Dlgs 40/2006, alla denuncia di eventuali violazioni di legge, cui è riconducibile anche l’inosservanza dell’obbligo di motivazione, la quale si configura solo allorchè quest’ultima sia materialmente omessa, ovvero si estrinsechi in argomentazioni del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi del provvedimento impugnato o fra loro logicamente inconciliabili od obiettivamente incomprensibili, restando esclusa la legittimità di una verifica della sufficienza della motivazione medesima in raffronto con le risultanze probatorie.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 28 maggio 2009 n. 12500 – Pres. Luccioli; Rel. Giancola; Pm (conf.) Sorrentino
– Assegno di divorzio – Decorrenza – Dalla data della domanda di divorzio – Ammissibilità (Legge 898/1970, articoli 4, 5 e 9; Cc, articolo 2729)
L’assegno di divorzio, trovando la propria fonte nel nuovo status delle parti, rispetto al quale la pronuncia del giudice ha efficacia costitutiva, decorre dal passato in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale. A tale principio ha introdotto un temperamento l’articolo 4, comma 10, della legge 898/1970, così come sostituito dall’articolo 8 della legge 74/1987, conferendo al giudice il potere di disporre, in relazione alle circostanze del caso concreto, e anche in assenza di specifica richiesta, la decorrenza dello stesso assegno dalla data della domanda di divorzio, ma in siffatta ipotesi, il giudice è tenuto a motivare adeguatamente la propria decisione.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 27 maggio 2009 n. 12419 – Pres. Vitrone; Rel. Giancola; Pm (diff.) Pratis
– Assegno di divorzio – Spettanza – Nascita di un figlio da parte dell’ex coniuge beneficiario – Presunzione di convivenza more uxorio con altro soggetto – Esclusione (Cc, articolo 156)
L’eventuale nascita di un figlio non costituisce elemento di prova di per sé sufficiente e idoneo a dimostrare l’esistenza di una situazione di convivenza more uxorio tra i genitori, avente nel tempo caratteri di stabilità e continuità tali da far presumere che il beneficiario dell’assegno tragga da tale convivenza vantaggi economici che giustifichino la revisione dell’assegno medesimo. Inoltre la convivenza more uxorio con altra persona può influire sulla misura dell’assegno di divorzio solo qualora si dia la prova, da parte dell’ex coniuge onerato, che essa, pur non assistita da garanzie giuridiche di stabilità, ma di fatto consolidata e protraentesi nel tempo, influisca in melius sulle condizioni economiche dell’avente diritto, a seguito di un contributo al suo mantenimento da parte del convivente, o quanto meno di apprezzabili risparmi di spese derivatigli dalla convivenza stessa.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 4 febbraio 2009 n. 2709 – Pres. Luccioli; Rel. Schirò; Pm (conf.) Martone
– Assegno di divorzio – Decorrenza – Dalla data della domanda – Presupposti (Legge 898/1970, articolo 4)
Il giudice di merito, anche in assenza di specifica domanda di parte, ricorrendone le condizioni, può far decorrere l’assegno divorzile dalla data della domanda, anziché da quella del passaggio in giudicato della sentenza, sia nell’ipotesi in cui pronunci divorzio con sentenza non definitiva, sia in quella in cui contestualmente pronunci la cessazione degli effetti civili del matrimonio e condanni un coniuge a corrispondere all’altro l’assegno divorzile. Il principio enunciato dall’articolo 4 della legge 898/1970, nel testo emendato per opera dell’articolo 8 della legge 74/1987, ha infatti portata generale e non costituisce deroga al principio secondo il quale l’assegno di divorzio, trovando la propria fonte nel nuovo status delle parti, decorre dal passaggio in giudicato della relativa statuizione, bensì rappresenta un temperamento a tale principio, con il conferire al giudice il potere discrezionale, in relazione alle circostanze del caso concreto, di disporre la decorrenza di esso dalla data della domanda, senza che a tal fine la pronuncia di sentenza non definitiva costituisca un necessario requisito per l’esercizio di detto potere.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 8 gennaio 2009 n. 133 – Pres. Luccioli; Rel. Bernabai; Pm (conf.) Ciccolo
– Assegno di divorzio – Rilevanza degli accordi assunti in sede di separazione tra le parti – Esclusione – Mancata liquidazione in sede di separazione dell’assegno di mantenimento – Effetti – Non rilevanza (Legge 898/1970, articolo 5; Cc, articolo 2697)
La determinazione dell’assegno di divorzio è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, per accordo tra le parti o in forza di decisione giudiziale, nel regime di separazione dei coniugi, in quanto diverse sono le rispettive discipline sostanziali così come diversi sono la natura, la struttura e la finalità dei relativi trattamenti. L’assegno di divorzio, quale effetto diretto della pronuncia di divorzio, deve essere, infatti, determinato sulla base di criteri propri e autonomi rispetto a quelli rilevanti per il trattamento spettante al coniuge separato. Con la conseguenza che l’assetto economico relativo alla separazione può costituire soltanto un indice di riferimento nella regolazione del regime patrimoniale del divorzio, nella misura in cui appaia idoneo a fornire elementi utili per la valutazione delle condizioni dei coniugi e dell’entità dei loro redditi, mentre la mancata richiesta o la mancata liquidazione, in sede di separazione, dell’assegno di mantenimento, non costituisce circostanza decisiva o preclusiva della liquidazione dell’assegno di divorzio, ove il richiedente dimostri l’insufficienza delle proprie disponibilità a conservare il tenore di vita di cui aveva diritto di godere durante il matrimonio.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 28 giugno 2007 n. 14921 – Pres. Luccioli; Rel. Felicetti; Pm (diff.) Caliendo
– Assegno di mantenimento – Spettanza fino al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio – Domanda di adeguamento – Ammissibilità (Legge 898/1970, articoli 4, 5 e 9)
Proprio perché l’assegno di mantenimento in favore di uno dei coniugi in regime di separazione è dovuto fino al passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia il divorzio, deve sempre ritenersi ammissibile la domanda di adeguamento dell’assegno di separazione nel corso del giudizio di divorzio, anche se il coniuge che richiede tale adeguamento non si opponga alla pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e richieda, contestualmente, la corresponsione dell’assegno di divorzio ai sensi dell’articolo 5 della legge 898/1970 e sempre che non si richieda, per lo stesso periodo, la concessione di entrambi gli assegni.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 22 luglio 2011 n. 16127 – Pres. Luccioli; Rel. Didone; Pm (conf.) Lettieri
– Assegno di mantenimento – Richiesta di sua modifica – Introduzione della domanda di divorzio – Cessazione della controversia sulle richieste di modifica – Esclusione (Legge 898/1970, articolo 4; Cc, articoli 155 e 156)
Solo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio fa venir meno il vincolo matrimoniale e lo stato di separati, che costituisce il presupposto dell’obbligo di mantenimento della moglie, il quale contestualmente cessa ed è eventualmente sostituito da quello di corrispondere l’assegno divorzile, permanendo ovviamente gli obblighi genitoriali, come stabiliti o concordati nella separazione o come regolamentati diversamente in sede di divorzio. Pertanto, la sentenza di divorzio non necessariamente comporta la cessazione della materia del contendere nella controversia sulle richieste di modifiche delle condizioni accessorie alla separazione, qualora permanga un interesse delle parti alla definizione di tale ultimo giudizio.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 10 dicembre 2008 n. 28990 – Pres. Carnevale; Rel. Forte; Pm (conf.) Pratis
– Casa coniugale – Assegnazione – Trascrizione del provvedimento – Rilevanza per i terzi del contenuto della nota di trascrizione – Sussiste (Cpc, articolo 708; Legge 898/1970, articolo 6)
Per stabilire se e in quali limiti un determinato atto o una domanda giudiziale trascritta sia opponibile ai terzi, si deve avere riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, in quanto le indicazioni riportate nella nota stessa consentono di individuare senza possibilità di equivoci e incertezze gli elementi essenziali del negozio e i beni ai quali esso si riferisce, o il soggetto contro il quale la domanda sia rivolta, senza potersi attingere elementi dai titoli presentati e depositati con la nota stessa. È, pertanto, del tutto irrilevante, ai fini dell’opponibilità all’acquirente dell’immobile del provvedimento presidenziale di assegnazione della casa coniugale, la circostanza che il titolo di acquisto dell’acquirente contenesse l’indicazione specifica dell’esistenza del diritto di assegnazione della moglie e della sua fonte.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 18 settembre 2009 n. 20144 – Pres. Luccioli; Rel. Schirò; Pm (conf.) Ceniccola
– Casa coniugale o familiare – Assegnazione solo in presenza di affidamento di figli minori o maggiorenni non autosufficienti – Sussiste (Cc, articoli 155 e 1102)
In materia di separazione o divorzio l’assegnazione della casa familiare è finalizzata esclusivamente alla tutela della prole, rispondendo all’esigenza di garantire l’interesse dei figli alla conservazione dell’ambiente domestico, inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle abitudini in cui si esprime e si articola la vita familiare. Resta, quindi, imprescindibile il requisito dell’affidamento dei figli minori (o della convivenza con i figli maggiorenni non autosufficienti); pertanto, se è vero che la concessione del beneficio presenta indubbi riflessi economici, nondimeno l’assegnazione della casa familiare non può essere disposta al fine di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, alla cui garanzia è unicamente destinato l’assegno di mantenimento. Ne consegue che, ove manchi tale presupposto, perché i figli si sono già allontanati dal luogo in cui si svolgeva l’esistenza della famiglia, viene meno la ragione dell’applicazione dell’istituto in questione, che non può neanche trovare giustificazione nella circostanza che il coniuge già affidatario sia comproprietario dell’immobile in questione. Va fatta salva l’ipotesi di accordo, anche tacito, tra le parti in tal senso; rimanendo regolati, in caso contrario, i rapporti tra gli ex coniugi dalle norme sulla comunione e in particolare dall’articolo 1102 del Codice civile.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 17 luglio 2009 n. 16802 – Pres. Luccioli; Rel. Bernabai; Pm (conf.) Pratis
– Convivenza more uxorio – Valutazione ai fini dell’assegno di divorzio – Limiti (Legge 898/1970, articolo 5; Cc, articolo 2697)
La convivenza more uxorio, pur con carattere di stabilità, non dà luogo a un obbligo di mantenimento reciproco fra i conviventi e può anche essere instaurata con persona priva di redditi e patrimonio, cosicchè l’incidenza economica di detta convivenza deve essere valutata in relazione al complesso delle circostanze che la caratterizzano. I relativi, eventuali benefici economici, tuttavia, avendo natura intrinsecamente precaria, debbono ritenersi limitatamente incidenti su quella parte dell’assegno di divorzio che, in relazione alle condizioni economiche dell’avente diritto, è destinata ad assicurargli quelle condizioni minime di autonomia economica giuridicamente garantita che l’articolo 5 della legge sul divorzio ha inteso tutelare e l’articolo 9 della stessa non ha inteso sottrarre al titolare dell’assegno, finchè questi non contragga un nuovo matrimonio.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 28 giugno 2007 n. 14921 – Pres. Luccioli; Rel. Felicetti; Pm (diff.) Caliendo
– Determinazione assegno divorzile – Reddito del coniuge onerato – Calcolo anche dell’assegno per oneri di rappresentanza – Esclusione (Legge 898/1970, articolo 5; Dpr 18/1967, articolo 171)
Nella determinazione dell’assegno di mantenimento posto a carico del coniuge obbligato in sede di separazione personale tra coniugi (e del pari nella determinazione dell’ammontare di quello divorzile) non deve tenersi conto anche dell’assegno per oneri di rappresentanza introdotto, in tema di trattamento economico per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni in servizio all’estero, dall’articolo 171–bis del Dpr 18/1967, giacchè si tratta di emolumento diverso dall’indennità di servizio estero, non costituente reddito e finalizzato a sollevare il diplomatico, nei limiti in cui risultino effettivamente sostenuti, dagli oneri di rappresentanza derivanti dalla carica altrimenti a suo carico, il cui computo ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento in questione risulta inconciliabile con l’obbligo di suo riversamento all’Erario per la parte non consumata.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 15 settembre 2008 n. 23689 – Pre. Luccioli; Rel. Fittipaldi; Pm (diff.) Martone
– Domanda di assegno divorzile – Autonomo svolgimento – Effetti – Morte del coniuge – Diritto dell’altro all’accertamento della misura dell’assegno – Sussiste (Legge 898/1970, articoli 5 e 9)
La domanda di assegno, rappresentando solo un eventuale corollario di quella di divorzio, ove sia introdotta nello stesso processo, pur dipendendo dalla medesima in quanto ne presuppone l’accoglimento, può avere un suo autonomo svolgimento contenzioso e può formare oggetto esclusivo della materia del contendere quando non si discuta più del divorzio, ma solo dell’an o del quantum della relativa obbligazione. Ne consegue che la morte del coniuge, che sopravvenga quando già si era verificata la dissoluzione del vincolo, per essersi formato il giudicato sul relativo capo, non elide il diritto del coniuge all’accertamento determinativo della misura dell’assegno, di cui si stia ancora discutendo in causa, per il periodo dal passaggio in giudicato del capo della sentenza sul divorzio alla data della morte del coniuge obbligato e, pertanto, non determina la cessazione della materia del contendere.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 11 aprile 2011 n. 8228 – Pres. Carnevale; Rel. Fioretti; Pm (conf.) Russo
– Procedimento – Costituzione in giudizio del convenuto fuori del termine fissato nell’ordinanza presidenziale – Effetti (Cpc, articoli 163-bis, 166, 167 e 180)
Non incorre in decadenza il convenuto che, nel giudizio di divorzio, si costituisce entro un termine inferiore a quello di 20 giorni precedenti l’udienza di comparizione innanzi al giudice istruttore se l’intervallo temporale tra la data di deposito dell’ordinanza presidenziale di fissazione di questa udienza e la data dell’udienza stessa sia inferiore al suddetto termine dilatorio. In quanto unica parte pregiudicata da quella violazione, il solo convenuto è legittimato a dolersene ovvero a rinunciare al termine se ritiene di essere comunque in grado di spiegare adeguatamente le proprie ragioni di difesa.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 17 febbraio 2011 n. 3905 – Pres. Luccioli; Rel. Cultrera; Pm (conf.) Patrone
– Procedimento – Contestazione del reddito documentato dalla controparte – Obbligo automatico per il giudice di disporre indagini tributarie – Esclusione (Legge 898/1970, articolo 8; Cpc, articolo 187)
In tema di divorzio, l’articolo 8, comma 9, della legge 898/1970 non impone al giudice in via diretta e automatica di disporre indagini avvalendosi della polizia tributaria ogni volta in cui sia contestato un reddito indicato e documentato, ma rimette allo stesso giudice la valutazione di detta esigenza, in forza del principio generale dettato dall’articolo 187 del Cpc, che affida al giudice la facoltà di ammettere mezzi di prova proposti dalle parti e di ordinare gli altri che può disporre d’ufficio, previa valutazione della loro rilevanza e concludenza.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 20 giugno 2008 n. 16972 – Pres. Adamo; Rel. Giusti; Pm (conf.) Ciccolo
– Quota della pensione di reversibilità – Accertamento del diritto – Presupposti – Assegno di divorzio – Equipollenza ai provvedimenti temporanei in funzione anticipatoria – Esclusione (Legge 898/1970, articoli 5 e 9; legge 263/2005, articolo 5)
Il diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità o a una quota di essa in caso di concorso con altro coniuge superstite, di cui all’articolo 9 della legge 898/1970, presuppone che il richiedente al momento della morte dell’ex coniuge sia titolare di assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto ai sensi dell’articolo 5 della legge predetta. Non è quindi sufficiente che l’ex coniuge versi nelle condizioni per ottenere l’assegno di divorzio e neppure la percezione, in concreto, di un qualsivoglia assegno di mantenimento, ma occorre che l’assegno sia stato attribuito con provvedimenti giurisdizionali che abbiano attitudine ad attribuire un “assegno di divorzio”, qualificabile come tale per gli effetti che ne conseguono in relazione all’articolo 9, commi 2 e 3, della legge 898/1970. Nel novero dei provvedimenti giurisdizionali che hanno attitudine ad attribuire un assegno di divorzio non rientrano i provvedimenti temporanei e urgenti previsti dall’articolo 4, n. 8, della legge sul divorzio, diretti ad apprestare un regolamento essenziale e immediato al coniuge nella prospettiva del divorzio, con funzione anticipatoria rispetto alle statuizioni della sentenza di divorzio, la quale soltanto, ai sensi dell’articolo 4, comma 10, della legge sul divorzio, in tale giudizio ha efficacia costitutiva rispetto all’assegno che uno degli ex coniugi debba all’altro per le esigenze proprie di quest’ultimo.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 9 giugno 2010 n. 13899 – Pres. Luccioli; Rel. Giancola; Pm (diff.) Abbritti
A F F I D O C O N D I V I S O
– Adozione – Di minori – Consenso ex articolo 46 legge 184/1983 del genitore mai convivente con il minore – Necessità – Articolo 4 legge 54/2006 – Principio della bigenitorialità – Rilevanza sul contenuto precettivo dell’articolo 317-bis Cod. civ. – Configurabilità (Legge 184/1983, articoli 44 e 46)
In tema di adozione in casi particolari, ha efficacia preclusiva, ai sensi dell’articolo 46 della legge 4 maggio 1983 n. 184, il dissenso manifestato dal genitore naturale non convivente all’adozione del figlio minore a norma dell’articolo 44, comma 1, lettera b), della legge richiamata, dovendo egli ritenersi comunque “esercente la potestà”, pur quando lo stesso non sia mai stato convivente con il minore; invero, la legge 8 febbraio 2006 n. 54 sull’esercizio della potestà in caso di crisi della coppia genitoriale e sull’affidamento condiviso, applicabile anche ai figli di genitori non coniugati, ha corrispondentemente riplasmato l’articolo 317-bis del Codice civile. Il principio della bigenitorialità, infatti, ha informato di sé il contenuto precettivo della norma citata, eliminando ogni difformità di disciplina tra figli legittimi e naturali, cosicchè la cessazione della convivenza tra genitori naturali non conduce più alla cessazione dell’esercizio della potestà.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 10 maggio 2011 n. 10265 – Pres. Luccioli; Re. Campanile; Pm (conf.) Zeno
– Affidamento congiunto dei figli – Ammissibilità – Effetti – Mantenimento – Obbligo di corresponsione di un assegno da parte di uno dei genitori – Persistenza – Contribuzione paritaria dei genitori al mantenimento – Conseguenza automatica dell’affidamento congiunto – Configurabilità – Esclusione (Legge 898/1970, articolo 6; legge 74/1987, articolo 11; Cc, articolo 155)
L’affidamento congiunto dei figli a entrambi i genitori – previsto dall’articolo 6 della legge sul divorzio (1° dicembre 1970 n. 898), come sostituito dall’articolo 11 della legge 6 marzo 1987 n. 74, analogicamente applicabile anche alla separazione personale dei coniugi – è istituto che, in quanto fondato sull’esclusivo interesse del minore, non fa venire meno l’obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli, in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza, rimanendo per converso escluso che l’istituto stesso implichi, come conseguenza “automatica”, che ciascuno dei genitori debba provvedere paritariamente, in modo diretto e autonomo, alle predette esigenze (nell’enunciare il principio in massima, la Suprema corte ha rilevato come esso trovi conferma nelle nuove previsioni della legge 8 febbraio 2006 n. 54, in tema di affidamento condiviso, peraltro successiva alla sentenza impugnata).
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 18 agosto 2006 n. 18187 – Pres. Luccioli; Rel. Spagna Musso; Pm (parz. Diff.) Golia
– Diritto di affidamento e diritto di visita – Tutela differenziata – Diritto di visita del genitore non affidatario – Violazione – Trasferimento della residenza del minore – Illiceità – Esclusione – Ritorno immediato del minore nello Stato di sua residenza abituale – Obbligatorietà – Esclusione – Garanzia dell’esercizio del diritto di visita – Modalità e limiti – Nuova disciplina codicistica ex articolo 155-quater Cod. civ., introdotto dall’art. 1, comma 2, della legge n. 54 del 2006 (Cc, articolo 155-quater; legge 54/2006, articolo 1)
La convenzione de L’Aja 25 ottobre 1980 sugli effetti civili della sottrazione internazionale di minori, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 64/1994, distingue nettamente il diritto di affidamento dal diritto di visita e prevede per le due situazioni una tutela differenziata, sancendo l’immediato ritorno del minore nello Stato di residenza abituale esclusivamente per l’ipotesi di illecito trasferimento o trattenimento, che ricorre solo in caso di violazione del diritto di affidamento o custodia, mentre, allorchè il genitore affidatario scelga una diversa residenza, la caratterizzazione del trasferimento come lecito impedisce all’altro genitore di chiedere il ritorno immediato del minore, potendo, invece, costui solo sollecitare l’Autorità centrale, ai sensi dell’articolo 21 della Convenzione, a compiere tutti i passi necessari per rimuovere, per quanto possibile, ogni ostacolo all’esercizio del suo diritto, ovvero rivolgersi al giudice della separazione, o del divorzio, per ottenere una rivalutazione delle condizioni dell’affidamento alla stregua della nuova circostanza del trasferimento della residenza del minore. La relativa procedura tra l’altro, ha trovato di recente formalizzazione anche nel Codice civile, attraverso l’introduzione, per opera dell’articolo 1, comma 2, della legge 8 febbraio 2006 n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), dell’articolo 155-quater che, al comma 2, dispone che “nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici”.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 5 maggio 2006 n. 10374 – Pres. Luccioli; Rel. San Giorgio; Pm (conf.) Maccarone
– Divorzio – Obblighi verso la prole – Affidamento dei figli – Affidamento condiviso – Derogabilità – Condizioni – Omessa corresponsione dell’assegno di mantenimento ed esercizio discontinuo del diritto di visita – Rilevanza – Fondamento (Cc, articoli 155 e 155-bis; legge 898/1970, articolo 6; legge 74/1987, articolo 11; legge 54/2006, articolo 4)
La regola dell’affidamento condiviso dei figli a entrambi i genitori, prevista dall’articolo 155 del Codice civile con riferimento alla separazione personale dei coniugi, applicabile anche nei casi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in virtù del richiamo operato dall’articolo 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006 n. 54, è derogabile solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”, come nel caso in cui il genitore non affidatario si sia reso totalmente inadempiente all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore dei figli minori e abbia esercitato in modo discontinuo il suo diritto di visita, in quanto tali comportamenti sono sintomatici della sua inidoneità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 17 dicembre 2009 n. 26587 – Pres. Proto; Rel. Schirò; Pm (conf.) Pratis
– Filiazione naturale – Affido congiunto – Determinazione dei tempi e modi della presenza presso ciascun genitore – Determinazione affidata al giudice (Cc, articolo 155)
Disponendo l’articolo 155 del Codice civile che il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, la sua attuazione è rimessa al giudice, il quale per realizzare la finalità suddetta “adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa”, determinando esclusivamente in relazione a tale interesse “i tempi e le modalità” della sua presenza presso ciascun genitore, prendendo atto solo se non contrari all’interesse del figlio degli stessi accordi fra i genitori.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 26 settembre 2011 n. 19594 – Pres. Luccioli; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Fucci
– Filiazione naturale – In genere – Affidamento condiviso – Deroghe – Motivazione – Necessità – Requisiti – Oggettiva distanza tra i luoghi di residenza dei genitori – Rilevanza – Esclusione (Cc, articoli 155 e 317; legge 54/2006, articolo 4)
In tema di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, alla regola dell’affidamento condiviso dei figli può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”, con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo più in positivo sull’idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore, e che l’affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi precluso dall’oggettiva distanza esistente tra i luoghi di residenza dei genitori, potendo detta distanza incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore.
Corte di cassazione, sezione VI civile, ordinanza 2 dicembre 2010 n. 24526 – Pres. Vittoria; Rel. Schirò; Pm (conf.) Pratis
– Filiazione – In genere – Assegno di mantenimento – Affidamento condiviso – Collocamento dei minori presso un genitore – Corresponsione dell’assegno a carico del genitore non collocatario – Effetti (Cc, articolo 155; legge 54/2006, articolo 4)
In tema di mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, la regola dell’affidamento condiviso a entrambi i genitori, ai sensi dell’articolo 155 del Codice civile, applicabile anche a essi in forza del rinvio operato dall’articolo 4 della legge 54/2006, non implica deroga al principio secondo il quale ciascun genitore deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni dei figli in misura proporzionale al suo reddito. In applicazione di essa, pertanto, il giudice deve disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico che, in caso di collocamento prevalente presso un genitore, va posto a carico del genitore non collocatario, prevedendone lo stesso articolo 155 del Cc la determinazione in relazione ai tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 4 novembre 2010 n. 22502 – Pres. Luccioli; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Zen
– Filiazione naturale – In genere – Mantenimento di figli nati fuori dal matrimonio – Obbligo a carico di ciascun genitore – Affidamento condiviso – Collocamento prevalente presso uno dei genitori – Assegno a carico dell’altro genitore – Configurabilità (Cc, articoli 155 e 261)
In tema di mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, ciascun genitore deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni degli stessi in misura proporzionale al proprio reddito e il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, il quale, in caso di affidamento condiviso con collocamento prevalente presso uno dei genitori, può essere posto a carico del genitore non collocatario, atteso il disposto dell’articolo 155 del Codice civile, nella parte in cui prevede che la determinazione dell’assegno avvenga anche considerando i temi di permanenza del figlio presso ciascun genitore.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 4 novembre 2009 n. 23411 – Pres. Luccioli; Rel. Dogliotti; Pm (conf.) Abbritti
– Genitori non coniugati – Cessazione della convivenza – Provvedimenti in materia di affidamento del figlio minore e di mantenimento del medesimo – Competenza – A seguito della legge 54/2006 sull’affidamento condiviso – Applicabile anche alla filiazione naturale – Competenza del Tribunale per i minorenni – Affermazione – Fondamento (Legge 54/2006, articolo 4; Cc, articoli 155, 261 e 317-bis)
La legge 8 febbraio 2006 n. 54 sull’esercizio della potestà in caso di crisi della coppia genitoriale e sull’affidamento condiviso, applicabile anche ai procedimenti relativi a figli di genitori non coniugati, ha corrispondentemente riplasmato l’articolo 317-bis del Codice civile, il quale, innovato nel suo contenuto precettivo, continua tuttavia a rappresentare lo statuto normativo della potestà genitoriale naturale e dell’affidamento del figlio nella crisi dell’unione di fatto, sicchè la competenza ad adottare i provvedimenti nell’interesse del figlio naturale spetta al tribunale per i minorenni, in forza dell’articolo 38, comma 1, delle disposizioni di attuazione del Codice civile, in parte qua non abrogato, neppure tacitamente, dalla novella. La contestualità delle misure relative all’esercizio della potestà e all’affidamento del figlio, da un lato e di quelle economiche inerenti al loro mantenimento, dall’altro, prefigurata dai novellati articoli 155 e seguenti del Codice civile, ha peraltro determinato – in sintonia con l’esigenza di evitare che i minori ricevano dall’ordinamento un trattamento diseguale a seconda che siano nati da genitori coniugati oppure da genitori non coniugati, oltre che di escludere soluzioni interpretative che comportino un sacrificio del principio di concentrazione delle tutele, che è aspetto centrale della ragionevole durata del processo – un’attrazione, in capo allo stesso giudice specializzato, della competenza a provvedere, altresì, sulla misura e sul modo con cui ciascuno dei genitori naturali deve contribuire al mantenimento del figlio.
Corte di cassazione, sezione I civile, ordinanza 3 aprile 2007 n. 8362 – Pres. Adamo; Rel. Giusti; Pm (conf.) Velardi
– Provvedimenti in tema di affidamento di minori e di provvedimenti di decadenza dalla potestà genitoriale – Competenza del tribunale ordinario e del tribunale per i minorenni – Individuazione – Criteri – Rilevanza del nuovo articolo 155 del Cod. civ. sull’affido condiviso – Esclusione – Fondamento (Cc, articolo 155)
In tema di affidamento di minori e di provvedimenti di decadenza dalla potestà genitoriale, dovendo il discrimine tra la competenza del tribunale ordinario e quella del tribunale per i minorenni essere individuato in riferimento al petitum e alla causa petendi, rientrano nella competenza del tribunale per i minorenni, ai sensi del combinato disposto degli articoli 330 del Codice civile e 38 delle disposizioni di attuazione del Cc, le domande finalizzate a ottenere i provvedimenti di decadenza dalla potestà genitoriale; mentre rientrano nella competenza del tribunale ordinario, in sede di separazione personale dei coniugi, le pronunce di affidamento dei minori che mirino solo a individuare quale dei due genitori sia più idoneo a prendersi cura del figlio, senza che in relazione a tale ripartizione abbia rilevanza il nuovo disposto dell’articolo 155 del Codice civile sull’affido condiviso, in quanto l’affidamento della prole di minore età, in ordine al quale è competente il tribunale ordinario quale giudice della separazione sulla base di detto articolo, non incide sulla spettanza della potestà a entrambi i genitori, ma, secondo l’espressa disposizione di cui all’articolo 317, comma 2, del Codice civile, interferisce soltanto sulle modalità di esercizio della potestà medesima.
Corte di cassazione, sezione I civile, ordinanza 24 marzo 2011 n. 6841 – Pres. Luccioli; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Fucci
– Separazione e divorzio – Affidamento dei figli a un solo genitore – Scelte di “maggiore interesse” per il minore – Partecipazione dell’altro coniuge – Necessità (Cc, articolo 155)
L’articolo 155 del Codice civile, nel rimettere alle determinazioni di entrambi i coniugi le scelte di maggiore interesse per i figli, non impone, riguardo a esse, alcuno specifico onere di informazione al genitore affidatario, dovendo tale onere ritenersi implicitamente gravante su quest’ultimo nel solo caso in cui l’informazione sia necessaria affinchè il genitore non affidatario possa partecipare alla decisione con riguardo a eventi eccezionali e imprevedibili. Nelle scelte di “maggior interesse” della vita quotidiana del minore, quali quelle attinenti alla sua istruzione, in relazione alle quali l’articolo 155 del Cc prevede espressamente un dovere di vigilanza del coniuge non affidatario, ciascun genitore, in ogni caso e in ogni tempo, ha autonomo potere di attivarsi nei confronti dell’altro per concordarne le eventuali modalità, e, in difetto, ricorrere all’autorità giudiziaria.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 26 settembre 2011 n. 19607 – Pres. Proto; Rel. Bisogni; Pm (conf.) Lettieri
– Separazione personale dei coniugi – Affidamento condiviso – Rimodulazione dei periodi di frequentazione del figlio con il genitore – Potere ufficioso del giudice – Configurabilità – Fattispecie (Cc, articolo 155)
In sede di modifica delle condizioni di separazione personale dei coniugi, rientra nei poteri ufficiosi del giudice rimodulare i periodi in cui il genitore può tenere presso di sé il figlio di cui è disposto l’affidamento condiviso, in relazione alla nuova situazione determinatasi. Nella specie, la Suprema corte ha ritenuto non viziato da extrapetizione il provvedimento del giudice di merito che, in sede di reclamo avverso il provvedimento di modifica delle condizioni della separazione, aveva confermato l’affido condiviso della figlia minore e che, tenuto conto dell’intervenuto trasferimento per i motivi di lavoro della madre, aveva disposto il collocamento presso quest’ultima, nella sua nuova residenza, della predetta, rimodulando, in relazione alla nuova situazione determinatasi, il regime di incontri della minore con il padre, congruamente motivando al riguardo.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 21 marzo 2011 n. 6339 – Pres. Luccioli; Rel. Felicetti; Pm (diff.) Cesqui
– Separazione personale – Affidamento dei figli – Affidamento condiviso – Luogo di lavoro di un genitore – Notevole distanza dalla residenza dei figli – Irrilevanza – Celerità dei mezzi di trasporto – Mezzi di telecomunicazione (Cc, articolo 155)
In tema di affidamento dei figli, qualora uno dei genitori abbia sempre tenuto una condotta irreprensibile, non risultando minimamente una sua inidoneità a partecipare all’educazione dei figli, non costituisce circostanza ostativa all’affidamento condiviso la notevole distanza del luogo di lavoro di quest’ultimo rispetto alla residenza del genitore collocatario della prole, data l’odierna celerità dei mezzi di trasporto, anche pubblici, e la disponibilità di mezzi di telecomunicazione.
Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, decreto 19 dicembre 2008 – Pres. Pacher; Rel. Kapeller
– Separazione personale – Affidamento dei figli – Affidamento esclusivo – Presupposti – Carattere violento di un genitore – Rilevanza
In tema di affidamento dei figli è più confacente alle esigenze dei minori l’affidamento a un solo genitore allorchè l’altro si sia reso responsabile di gravi episodi di violenza nei riguardi del figlio, dimostrando, in tal modo, la propria incapacità genitoriale.
Tribunale di Catania, sentenza 20 ottobre 2008 – Pres. Maiorana; Rel. Escher
– Separazione e divorzio – Separazione – Affidamento condiviso – Potestà genitoriale – Trasferimento della residenza del minore – Decisione unilaterale da parte del genitore collocatario – Illegittimità (Cc, articoli 155 e 155-quater)
In materia di trasferimento della residenza del figlio minore affidato a entrambi i genitori, la norma di cui all’articolo 155-quater, comma 2, del Codice civile deve essere necessariamente letta in combinazione a quanto disposto dall’articolo 155, comma 3, dello stesso Codice, in ordine alla carenza di autonomia decisionale dei genitori, che sono tenuti, nell’esercizio congiunto della potestà, ad assumere di comune accordo le decisioni concernenti la vita dei figli. Ne discende che il genitore collocatario, libero di stabilire ove creda la propria residenza, deve considerare, non solo i riflessi della decisione di trasferirsi prodotti nella sfera degli interessi del minore, ma anche l’eventuale lesione del diritto dell’altro coniuge coaffidatario e, in mancanza del consenso di quest’ultimo, deve rivolgersi al giudice che provvederà ad assicurare il diritto del minore alla bigenitorialità, tenuto conto del nuovo assetto abitativo e ambientale che questi dovrà affrontare.
Corte d’appello di Napoli, sezione per i minorenni e la famiglia, decreto 17 ottobre 2008 – Pres. e rel. De Luca
– Separazione personale dei coniugi – Effetti – Provvedimenti per i figli – Affidamento condiviso – Deroghe – Motivazione – Necessità – Requisiti – Conflittualità tra coniugi – Rilevanza – Esclusione – Fondamento (Cc, articoli 155 e 155-bis)
In tema di separazione personale dei coniugi, alla regola dell’affidamento condiviso dei figli può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”, con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo più in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore, e che l’affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi precluso dalla mera conflittualità esistente tra i coniugi, poiché avrebbe altrimenti una applicazione solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il vecchio affidamento congiunto.
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 18 giugno 2008 n. 16593 – Pres. Luccioli; Rel. Morelli; Pm (conf.) Martone
– Separazione personale – Affidamento dei figli – Affidamento esclusivo – Presupposti – Sistematico svilimento di una figura genitoriale – Sussiste (Cc, articoli 155 e 155-bis)
In tema di affidamento dei figli, se è vero che il persistere di una grave situazione di conflittualità non vale, di per sé, ad escludere aprioristicamente l’affidamento a entrambi i genitori, nondimeno occorre ricercarne la causa e verificarne l’eventuale incidenza negativa sul sereno sviluppo della personalità del minore. In tale contesto, il sistematico svilimento da parte di uno dei coniugi della figura genitoriale dell’altro impedisce ogni possibilità, nell’interesse del minore, di una proficua esperienza di affidamento condiviso.
Tribunale di Napoli, sentenza 12 maggio 2008 n. 5358 – Pres. Montella; Rel. Napolitano
– Separazione personale – Affidamento dei figli – Affidamento condiviso – Circostanza ostativa – Omesso versamento del contributo di mantenimento per la prole – Effetti (Cc, articoli 155 e 155-bis)
Il mancato versamento del contributo per il mantenimento dei figli, dimostrando un’assoluta mancanza di affidabilità e di responsabilità in capo al genitore inadempiente, oltre che di scarsa sensibilità alle esigenze reali e concrete dei figli, giustifica la revoca dell’affidamento condiviso e impone l’affidamento esclusivo della prole all’altro genitore.
Corte di appello di Bologna, sentenza 7 maggio 2008 – Pres. Pilati; Rel. Fischetti
– Separazione personale – Affidamento dei figli – A entrambi i genitori – Cause ostative (Cc, articoli 155 e 155-bis)
La valutazione negativa dell’idoneità genitoriale proveniente dal genitore che si oppone alla condivisione dell’affidamento dei figli, così come la conflittualità tra i genitori, non possono precludere, di per sé, l’affidamento condiviso, dovendosi necessariamente scindere l’aspetto della conflittualità di coppia da quello relativo al rapporto con i figli.
Tribunale di Messina, ordinanza 26 aprile 2008 – Giudice istruttore Lombardo
– Separazione personale – Affidamento dei figli – Affidamento esclusivo – Presupposti – Disinteresse mostrato da uno dei genitori – Rilevanza (Cc, articoli 155 e 155-bis)
Se è vero che la modalità di affidamento condiviso è quella che deve essere valutata prioritariamente, deve ritenersi parimenti vero che può disporsi l’affidamento esclusivo ogni qual volta un genitore, con il suo comportamento processuale e con il mancato adempimento degli obblighi di mantenimento, cura, assistenza ed educazione dei figli, ha dimostrato scarsa considerazione per i bisogni e le esigenze dei minori, con riferimento esclusivo all’interesse morale e materiale dei figli nell’interesse dei quali vanno adottati tutti i provvedimenti che li riguardano.
Tribunale di Brescia, sentenza 12 marzo 2008 n. 883 – Pres. Ondei; Rel. Sampaolesi