Cassazione Penale – Sez. IV – Sent. 35303/2013
Guida in stato di ebbrezza – Accertamento con alcoltest – Esame strumentale non idoneo – Elementi sintomatici – Genericità – Fatto non costituisce reato
I PASSI SALIENTI DELLA SENTENZA
“… la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato, in riferimento alla prova dello stato di ebbrezza derivante dagli esiti delle misurazioni effettuate con le procedure e gli strumenti di cui all’art. 186 C.d.S. e art. 379 reg. esec. C.d.S., che allorquando l’alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente che ci si limiti a contestare la regolarità dell’etilometro ovvero a rilevare la mancata omologazione dell’apparecchio […].
[…] nel caso di specie […] non sussistono i presupposti per poter affermare che l’esame dell’alcoltest sia risultato “positivo”; e, che, di riflesso, le censure dedotte dalla difesa, in ordine al difetto di prova circa il superamento di un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, risultano fondate.
[…] l’indicazione, su entrambi i tagliandi rilasciati dall’etilometro, della dicitura “volume insufficiente”, contrasta insanabilmente con la contestuale indicazione, pure presente sugli scontrini, relativa al valore relativo al tasso alcolemico registrato, evenienza quest’ultima che presuppone l’effettuazione di una corretta misurazione del campione di aria alveolare espirato.
[…] nel reato di guida in stato di ebbrezza, l’esame strumentale non costituisce una prova legale; e che l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire anche in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 C.d.S.; e che in tal caso la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione […]
[…] dai generici elementi sintomatici, riferiti dalla Corte di Appello, non emergono circostanze idonee a dimostrare che lo stato di ebbrezza, in cui pure versava N.M. al momento del controllo, sia tale da far rientrare la condotta di guida nell’ambito applicativo del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), oggetto di addebito; e neppure in altra ipotesi penalmente rilevante contenuta nella norma di cui all’art. 186 C.d.S.
LA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
ha pronunciato la seguente:
Sentenza
sul ricorso proposto da: N.M. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2160/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 06/07/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/06/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Nicola Lettieri, l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme, con sentenza in data 15.12.2009, dichiarava N.M. responsabile del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), commesso in data *****, condannando l’imputato alla pena di mesi tre di arresto ed Euro 2.000,00 di ammenda, concesso il beneficio della sospensione condizionale.
2. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 6.07.2012 in parziale riforma della sentenza del Tribunale, concesse le attenuanti generiche, rideterminava la pena in mesi due di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda, e sostituiva la pena detentiva in quella pecuniaria della specie corrispondente pari ad Euro 2.280,00 di ammenda. La Corte territoriale considerava accertato il superamento del valore soglia di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), stante l’attendibilità degli esiti del test alcolimetrico effettuato e tenuto conto della sintomatologia presentata dal prevenuto al momento del controllo, secondo le indicazioni riferite dagli agenti verbalizzanti. La Corte di Appello rigettava la richiesta di sostituzione della pena con quella del lavoro di pubblica utilità, avanzata dalla difesa con memoria in data 20.06.2012, osservando che la previsione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, risulta incompatibile con il giudizio di appello.
3. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione G.F., a mezzo del difensore.
Con il primo motivo, la parte deduce l’inosservanza di legge ed il vizio motivazionale. Il ricorrente rileva che gli elementi sintomatici riferiti dall’agente accertatore risultano generici e di significato ambiguo. Sotto altro aspetto, considera che non vi è prova che l’apparecchio utilizzato per il test alcolmetrico sia stato sottoposto alle prescritte verifiche periodiche. Il ricorrente rileva che l’apparecchio in questione era stato attivato da personale diverso da quello che effettuò le due misurazioni nei confronti di N.M.. Tanto premesso, l’esponente sottolinea che, nel caso di specie, su entrambi gli scontrini emessi dall’apparecchiatura, all’esito delle due prove effettuate, risulta la dicitura “volume insufficiente”; ritiene che la spiegazione tecnica resa in dibattimento dal teste A. risulti generica e confusa; ed assume che i risultati siano perciò inutilizzabili. Al riguardo, l’esponente evidenzia che il Giudice di Pace di Monsummano ha accolto l’opposizione avverso l’ordinanza prefettizia di sospensione della patente, proprio sulla base del motivo ora riferito.
Il ricorrente rileva, pertanto, che erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto affidabile l’esito delle prove effettuate, pure a fronte della dicitura “volume insufficiente”. L’esponente fa poi riferimento ad una dichiarazione scritta proveniente dalla ditta produttrice dell’apparecchio, con riguardo al significato da attribuire alla predetta dicitura; e ribadisce che l’immissione di un volume di aria insufficiente fa sì che il risultato risulti inattendibile.
Sotto altro aspetto, l’esponente rileva che anche ritenendo acclarato lo stato di ebbrezza sulla base degli indici sintomatici riferiti dai verbalizzanti, la fattispecie applicabile è quella di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a), riguardante le ipotesi in cui il tasso alcolemico è compreso tra 0,5 e 0,8 g/l; e sottolinea che detta fattispecie, per effetto delle modifiche apportate al codice della strada dalla L. n. 120 del 2010, risulta ad oggi priva di rilevanza penale.
Con il secondo motivo la parte deduce l’inosservanza di legge, in riferimento al disposto di cui all’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, ed il vizio di motivazione. L’esponente rileva di avere impugnato la sentenza di primo grado anche in riferimento alla determinazione delle pena e di avere tempestivamente depositato memoria contenente nuovo motivo di appello, in data 21.06.2012, chiedendo la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità. Osserva di avere pure prodotto documentazione attestante la disponibilità di un ente per l’effettuazione del lavoro di pubblica utilità, con indicazione del relativo programma e degli orari. Tanto chiarito, la parte evidenzia che la Corte territoriale ha rigettato l’istanza, ritenendo erroneamente che la previsione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, sia incompatibile con il giudizio di appello. La parte considera che il trattamento sanzionatorio più favorevole, da applicare nel caso di specie, tenuto conto degli assetti sanzionatori dettati dalla riforma del 2010, sia da individuare nel novellato art. 186 C.d.S., comma 9 bis, ove è prevista una inedita ipotesi di estinzione del reato; e ritiene che la sanzione sostitutiva di che trattasi possa essere applicata in ogni fase del giudizio.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione. Osserva che la Corte territoriale, a fronte di specifiche doglianze dedotte nei motivi di appello, relative alla mancata concessione della non menzione ex art. 175 cod. pen. e della sospensione condizionale della pena, ha omesso di esaminare dette questioni ed ha sostituito la pena detentiva con quella pecuniaria della specie corrispondente ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 53.
Considerato in diritto
4. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
4.1 Il primo motivo di doglianza è fondato.
Come noto, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato, in riferimento alla prova dello stato di ebbrezza derivante dagli esiti delle misurazioni effettuate con le procedure e gli strumenti di cui all’art. 186 C.d.S. e art. 379 reg. esec. C.d.S., che allorquando l’alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente che ci si limiti a contestare la regolarità dell’etilometro ovvero a rilevare la mancata omologazione dell’apparecchio (cfr Cass. Sez. 4, Sentenza n. 17463 del 24/03/2011, dep. 05/05/2011, Rv. 250324; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 42084 del 04/10/2011, dep. 16/11/2011, Rv. 251117).
4.2 Orbene, tanto premesso, deve osservarsi che, nel caso di specie, le circostanze riferite dai giudici di merito, in ordine agli esiti delle misurazioni effettuate nei confronti di N.M., inducono a rilevare che non sussistono i presupposti per poter affermare che l’esame dell’alcoltest sia risultato “positivo”; e, che, di riflesso, le censure dedotte dalla difesa, in ordine al difetto di prova circa il superamento di un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, risultano fondate.
La Corte di Appello ha dato atto che, su entrambi gli scontrini relativi alle due misurazioni effettuate, risultava sia la dicitura “volume insufficiente”, sia il dato numerico relativo al tasso alcolemico. Non di meno, il Collegio ha ritenuto dirimente l’indicazione relativa al tasso alcolemico, considerando che se la quantità di aria immessa nella strumento fosse stata realmente insufficiente, la macchina non avrebbe potuto registrare alcun dato relativo al tasso di alcol.
Il ragionamento sviluppato dalla Corte territoriale, nei termini ora riferiti, da un lato risulta gravemente carente, poichè muove dalla immotivata obliterazione di un dato fattuale con il quale il giudice del gravame avrebbe dovuto necessariamente confrontarsi, essendo stato specificamente a ciò sollecitato dalla difesa appellante;
dall’altro, si risolve in un apprezzamento del compendio probatorio che contrasta con i criteri di logica comune.
Ed invero, l’indicazione, su entrambi i tagliandi rilasciati dall’etilometro, della dicitura “volume insufficiente”, contrasta insanabilmente con la contestuale indicazione, pure presente sugli scontrini, relativa al valore relativo al tasso alcolemico registrato, evenienza quest’ultima che presuppone l’effettuazione di una corretta misurazione del campione di aria alveolare espirato.
Come si vede, i giudici di merito hanno omesso di considerare che proprio l’incompatibilità logica tra i dati rilasciati dalla apparecchiatura, in entrambe le misurazioni effettuate, era indicativa del ripetuto malfunzionamento della macchina. E, del tutto illogicamente, hanno ritenuto affidabili i dati relativi al tasso alcolemico, emergenti dalle prove che erano state effettuate, nei confronti di N.M..
L’ordine di considerazioni che precede evidenzia che, nel caso di specie, lo stato di ebbrezza non può ritenersi provato sulla base dell’effettuato alcoltest.
4.3 Tanto chiarito, deve allora considerarsi che la giurisprudenza della Corte regolatrice ha ripetutamente affermato che, nel reato di guida in stato di ebbrezza, l’esame strumentale non costituisce una prova legale; e che l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire anche in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 C.d.S.; e che in tal caso la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 27940 del 07/06/2012, dep. 12/07/2012, Rv. 253598).
4.4 La Corte di Appello di Firenze, con riguardo agli elementi sintomatici, indicativi dello stato di ebbrezza, ha rilevato che i verbalizzanti avevano riferito che N.M. presentava alitosi alcolica, eloquio impastato, instabilità e occhi lucidi.
Ebbene, dai generici elementi sintomatici, riferiti dalla Corte di Appello, non emergono circostanze idonee a dimostrare che lo stato di ebbrezza, in cui pure versava N.M. al momento del controllo, sia tale da far rientrare la condotta di guida nell’ambito applicativo del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), oggetto di addebito; e neppure in altra ipotesi penalmente rilevante contenuta nella norma di cui all’art. 186 C.d.S., a seguito delle modifiche introdotte con L. 29 luglio 2010, n. 120. Tanto si afferma, atteso che per effetto dalla novellazione del 2010, la rilevanza penale della condotta, in riferimento alla norma incriminatrice in esame, ricorre – unicamente – qualora risulti accertato un tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro, mentre qualora ricorra un valore superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro, la condotta risulta sanzionata solo in via amministrativa, ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a).
5. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Resta assorbita ogni altra ragione di doglianza.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2013.