Tribunale di Padova – Giudice Dott. Gianluca Bordon – Sentenza del 10.10.2013
UN ESEMPIO DI LITE TEMERARIA
Attraverso l’art. 96, comma 3, c.p.c., l’abuso del processo è rimesso alla valutazione discrezionale del Giudice che potrà d’ufficio, comminare un risarcimento a carico della parte “scorretta”. La responsabilità processuale aggravata di cui al terzo comma dell’art. 96 c.p.c., pur prescindendo dall’effettiva causazione di un danno a carico della parte risultata vittoriosa nel processo, richiede, in ogni caso, la sussistenza di un elemento soggettivo di colpevolezza in capo al soccombente il cui comportamento abbia travalicato la lealtà processuale a detrimento, quindi, della posizione della controparte che si vede vittima di ingiuste iniziative giudiziarie avversarie; e ciò quand’anche il comportamento della parte non sia informato a mala fede e/o colpa grave (come invece richiesto dal primo comma dell’art. 96). Non va trascurato che il fatto che nessuna richiesta giudiziale possa considerarsi abusiva a meno che non venga qualificata come infondata, essendo compito del giudice anche quello di accertare, nel merito, detta abusività (F. Toppetti, Il risarcimento del danno da lite temeraria”, Milano, 2014). Un esempio pratico di applicazione dell’ultimo comma dell’art. 96 c.p.c., è quello che segue.
IL PASSO SALIENTE DELLA SENTENZA:
“L‘art. 96 u.c. c.p.c. prevede che il giudice, in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi del’art. 91 c.p.c., anche d’ufficio possa condannare parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata ulteriore rispetto alla spese di lite. A differenza dell’ipotesi tradizionale di responsabilità aggravata prevista dall’art. 96, I co. c.p.c., la condanna può intervenire d’ufficio e la quantificazione del pregiudizio avviene secondo equità senza richiedere la prova del danno. La nuova disposizione consente di sanzionare la condotta, con cui si sia ostacolato il diritto della controparte attraverso strategie processuali inutilmente dilatorie. Nel contemperare il diritto di difesa con l’esigenza di assicurare una ragionevole durata dei processi, di evitare abusi e contenere i costi di una risorsa inevitabilmente scarsa (il processo), l’art. 96, u.c. co. c.p.c. permette di sanzionare condotte ostruzionistiche con la particolarità che si prescinde dalla prova di un danno a carico della parte vittoriosa e quindi rimanendo al di fuori della struttura tipica dell’illecito civile.”
LA SENTENZA INTEGRALE:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA
SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Giudice dott. Gianluca Bordon, al termine della discussione, dando lettura in udienza ex art. 281 sexies c.p.c. del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa di primo grado iscritta al n. 4795/12 Ruolo Cont. promossa da G.L.P. (C.F. (…)), rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto di citazione in opposizione, dall’avv.to F. P., dall’avv.to C. V. e dall’avv.to dom.. F. S., con studio in (…)
attore opponente
contro
VERNICIATURE S.R.L.,
rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso monitorio, dagli avv.ti domicil. F. V. e F. A., con studio in (…) convenuto opposto
OGGETTO: contratto d’opera
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con atto di citazione, spedito il 14 maggio 2012, G.L.P. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo del Tribunale di Padova 9-12 marzo 2012, n. 1128/12 ing., con cui gli era stato ingiunto il pagamento in favore di VERNICIATURE S.R.L della somma di Euro 10.025,64, oltre interessi ed accessori, per dei lavori di verniciatura di materiali vari a scopo edile, quali cancelli, balconi ecc. (cfr. fatture 713/10, 837/10, 1209/10, 1319/10 e 1437/10). Dopo aver premesso di aver commissionato la verniciatura e la sabbiatura di alcuni cancelli e recinzioni sulla base di un incarico ricevuto da alcune imprese di costruzione, l’opponente ha eccepito:
– che secondo gli accordi il saldo dei lavori sarebbe stato corrisposto solo dopo aver verificato la loro esatta esecuzione e la resistenza della verniciatura alle intemperie;
– che dopo poche settimane la propria committenza lo aveva avvisato che i cancelli, le ringhiere, le inferriate e le recinzioni presentavano segni evidenti di ruggine e distacchi di vernice (cfr. fotografie sub doc. 2);
– di aver subito avvisato controparte invitandola a effettuare un sopralluogo, che non era peraltro mai avvenuto.
2. VERNICLAUTE SRL ha chiesto il rigetto dell’opposizione evidenziando:
– che nessuna lamentela vi era stata per ben due anni. L.P., insistendo con richieste di dilazione, aveva sempre giustificato il ritardo nei pagamenti con la mancanza dei fondi necessari. Significativa in tale senso era anche la lettera 12.3.12 del legale della controparte:
– che il committente era decaduto dalla possibilità di far valere i vizi per non averli, denunciati, come prevede l’art. 2226, II co. c.c.,entro otto giorni dalla scoperta. Era decorso anche il termine annuale di prescrizione;
– di non essersi mai occupata – trattandosi di lavorazione non rientrante nella propria attività lavorativa – della sabbiatura.
Eventuali segni di ruggine erano da ricondursi ad imprese terze che avevano effettuato lo specifico trattamento di sabbiatura.
3. La causa è stata decisa solo sulla base della prove documentali.
I capitoli di prova formulati con la memoria istruttoria 24.12.13 dell’opponente, laddove vertenti su circostanze rilevanti, non sono stati ammessi per le seguenti ragioni:
– il cap. 3 in ordine alla denuncia dei vizi è assolutamente generico sotto il profilo spazio-temporale (“dopo aver ricevuto la recinzione … ha subito avvertito telefonicamente …”);
– i cap. 3-8 relativi al riconoscimento dei vizi, oltre a essere generici, vertono anche su circostanza non tempestivamente allegata. L’attore aveva dedotto che controparte, avvertita, non si era presentata per verificare i vizi (v. atto di citazione, fg. 3).
4. L’opposizione è destituita di fondamento.
L’art. 2226, II co c.c. prescrive che il “committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità e i vizi occulti al prestatore d’opera entro otto giorni dalla scoperta”. Non avendo il committente fornito alcuna prova di aver mai denunciato, quantomeno verbalmente, l’esistenza di vizi nelle opere realizzate, eventuali vizi non possono essere fatti valere neanche al fine di eccepire l’inesatto adempimento da parte del prestatore d’opera, qualora questi richieda il pagamento del corrispettivo convenuto, e al fine di proporre una richiesta di risarcimento danni (cfr. Cass., sez. III, 18.2.00, n. 1874). Ad analoga conclusioni si perverrebbe anche qualificando il rapporto come contratto di appalto perché l’art. 1667 c.c. esige che la denuncia sia comunque effettuata -con onere della prova sempre a carico del committente – entro sessanta giorni dalla scoperta.
5. L’art. 96 u.c. c.p.c. prevede che il giudice, in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi del’art. 91 c.p.c., anche d’ufficio possa condannare parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata ulteriore rispetto alla spese di lite. A differenza dell’ipotesi tradizionale di responsabilità aggravata prevista dall’art. 96, I co. c.p.c., la condanna può intervenire d’ufficio e la quantificazione del pregiudizio avviene secondo equità senza richiedere la prova del danno. La nuova disposizione consente di sanzionare la condotta, con cui si sia ostacolato il diritto della controparte attraverso strategie processuali inutilmente dilatorie. Nel contemperare il diritto di difesa con l’esigenza di assicurare una ragionevole durata dei processi, di evitare abusi e contenere i costi di una risorsa inevitabilmente scarsa (il processo), l’art. 96, u.c. co. c.p.c. permette di sanzionare condotte ostruzionistiche con la particolarità che si prescinde dalla prova di un danno a carico della parte vittoriosa e quindi rimanendo al di fuori della struttura tipica dell’illecito civile.
Nonostante l’incipit “in ogni caso”, considerando la sedes materiae della disposizione (art. 96 c.p.c. e non art. 91 c.p.c.), la condanna può essere emessa in presenza di mala fede, colpa grave o assenza di normale prudenza (colpa lieve) nelle ipotesi di cui all’art. 96, II co. c.p.c., non in tutte le ipotesi di semplice soccombenza. Non si rimane più nell’ambito di una prospettiva meramente risarcitoria, ma ci si pone in una prospettiva sanzionatoria (punitive damage) per scoraggiare l’abuso del diritto di difesa. Nel caso in esame si è in presenza di una tipica condotta processuale temeraria, perché meramente dilatoria: la lettera 12 marzo 2012 del legale dell’opponente, avv. F. P., documenta che il pagamento non avvenne non perché erano stati prontamente comunicati dei gravi vizi, ma perché il committente era in difficoltà economiche: “… non è in grado di far fronte alle vostre richieste se non in piccola parte, cosicché propone mio tramite il pagamento, saldo e stralcio, della somma di Euro 4.000,00” (doc. 1 conv.). Considerando la natura della causa e le spese processuali liquidabili, la somma prevista dall’art. 96, III co. c.p.c. viene determinata equitativamente nell’importo di Euro 1.500,00.
6. Il decreto ingiuntivo del Tribunale di Padova 9-12 marzo 2012, n. 1128/12 ing. è stato dichiarato provvisoriamente esecutivo con ordinanza 25.10.12. Le spese legali, liquidate come da dispositivo sulla base del D.M. 20 luglio 2012, n. 140, trattandosi di processo concluso dopo il 23 agosto 2012 (cfr. Cass., s.u., 12.10.12, n. 17405), seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando, rigettata ogni ulteriore domanda, istanza ed eccezione, respinge l’opposizione al decreto ingiuntivo del Tribunale di Padova 9-12 marzo 2012, n. 1128/12 ing. e condanna l’attore G.L.P. al pagamento in favore di VERNICIATURA S.R.L. della somma di Euro 1.500,00 ai sensi dell’art. 96 u.c. c.p.c. nonché delle spese processuali, liquidate in Euro 1.550,00 per compenso, oltre I.V.A. e C.P.A..
Così deciso in Padova, il 10 ottobre 2013.
Depositata in Cancelleria il 10 ottobre 2013.