Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21/05/2013) 27-05-2013, n. 22637
FATTO
Un avvocato non si presenta all’udienza adducendo, a propria discolpa, di non essersi avveduto della data poichè nell’atto oggetto di notificazione la grafica utilizzata sarebbe stata eccessivamente ridotta.
IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CASSAZIONE
E’ inammissibile il ricorso in Cassazione (e la parte va altresì condannata al versamento ai sensi dell’art. 696 c. p.p. a favore della Cassa delle Ammende) nel caso in cui l’avvocato invochi la sua assenza dall’udienza adducendo la sua non corretta lettura, per supposta inadeguatezza grafica, della data indicata nel provvedimento del Tribunale di Merito con il quale veniva fissata l’udienza per il riesame di un sequestro preventivo.
LA SENTENZA
Svolgimento del processo
1.Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Firenze ha confermato il decreto di convalida di sequestro preventivo emesso dal GIP del medesimo Tribunale in data 29.6.2012 nei confronti dell’indagato.
2.Ricorre per Cassazione, assistito da difensore, il C. lamentando violazione di legge per omesso avviso al difensore della fissazione dell’udienza di discussione del riesame in camera di consiglio. Ciò lamentando che nel provvedimento di fissazione effettivamente notificato, era stata apposta una aggiunta in caratteri minuscoli contenente indicazione della anticipazione dell’udienza, la quale è sfuggita al difensore. Ritiene il ricorrente che in tal modo sia stato violato l’art. 178 c.p.p..
Motivi della decisione
1.Il ricorso è manifestamente infondato.
Come si evince dalla lettura del ricorso, la difesa del ricorrente lamenta non un vizio di notificazione bensì una presunta inadeguatezza grafica dell’atto oggetto di notificazione con riguardo alla data della udienza, di cui si lamenta essere stata scritta in caratteri di formato eccessivamente ridotto.
Evidentemente, poichè come anche la difesa dichiara, la mancata presentazione in udienza è stata determinata da un errore dell’avvocato, il quale non si è avveduto della data in ragione della scala ridotta della dicitura, la doglianza si mostra manifestamente infondata.
2.Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00 (mille).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2013