La tutela dei rider come modello per la gig economy
Il protocollo quadro sperimentale firmato il 24 marzo 2021 contro le pratiche lavorative illegali potrebbe in futuro diventare un modello per tutelare i lavoratori autonomi della gig economy
Di Avv.ti Andrea Savoia partner e Marilena Cartabia senior associate (UNIOLEX Stucchi & Partners)
Il 24 marzo 2021, è stato sottoscritto da CGIL, CISL, UIL e AssoDelivery, alla presenza del ministero del Lavoro, il protocollo quadro sperimentale per la legalità, contro il caporalato, l’intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo nel settore del food delivery. Obiettivo del protocollo è quello di prevenire pratiche lavorative illegali che intaccano i diritti fondamentali dei cosiddetti rider.
I punti chiave del protocollo sono tre. Primo: l’impegno delle aziende aderenti ad AssoDelivery ad adottare sia un modello organizzativo (ai sensi del D.lgs. n. 231/2001) idoneo a prevenire comportamenti scorretti all’interno dell’azienda con il correlato codice etico. Secondo: l’impegno delle piattaforme a non ricorrere ad aziende terze, almeno sino a quando non verrà creato un apposito albo delle piattaforme. Terzo: l’istituzione di un organo di garanzia il cui compito sarà di vigilare, in posizione di terzietà, sulle dinamiche lavorative dei rider. Tale organo, inoltre, lavorerà coordinandosi con il tavolo di governance e monitoraggio, del quale faranno parte anche i rappresentanti dei lavoratori, oltre che le aziende.
Attualmente, il protocollo interessa il settore del “food delivery”, tra i primi a utilizzare in modo massivo forme di lavoro non standardizzate e flessibili tanto che, nel corso degli ultimi anni, si sono succeduti molteplici interventi sia del legislatore che della giurisprudenza, con i quali si è cercato da un lato di qualificare il lavoro dei rider e dall’altro di introdurre delle tutele minime appropriate a prevenire abusi.
Le norme che interessano questi rapporti sono principalmente due: l’art. 2, D.lgs. 81/2015, che estende la disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle collaborazioni etero-organizzate anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali, e il capo V-bis del medesimo D.lgs. 81/2015, dove sono assicurati livelli minimi di tutela per i lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore.
A fronte dell’anzidetto quadro normativo, i profili di interesse del protocollo del 24 marzo 2021sono diversi. In primo luogo, la scelta di predisporre delle tutele che agiscano in prevenzione di possibili illeciti. In secondo luogo, la previsione che sia i modelli organizzativi sia il codice etico debbano essere oggetto di informativa alle parti sindacali firmatarie, in modo da poter favorire relazioni industriali finalizzate a promuovere lo sviluppo del settore nel rispetto dei diritti dei lavoratori. E, ancora, l’istituzione di un organo nazionale di garanzia al quale spetterà anche il compito di definire trimestralmente, in apposito documento tecnico, soglie di “allarme” oltre le quali attivare ogni utile approfondimento, inclusa la segnalazione alla competente Procura della Repubblica. Il protocollo, da ultimo, legittimando anche le forme di lavoro autonomo in uso per i rider, potrà costituire un modello anche per altri settori della gig economy, fornendo tanto gli strumenti (i modelli organizzativi, i codici etici e così via) quanto un esempio di relazioni sindacali specifico per settori altamente innovativi dove è maggiore l’esigenza di far convivere flessibilità, velocità e tecnologia con tutele effettive per i lavoratori, senza “costringerle” nell’alveo della subordinazione.
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