Trib. di Padova, Giudice Dr. Vincenzo Cantelli, Sentenza n. 634/2023, pubbl. il 29/03/23 (RG 7934/2021)
PREMESSA
Lo status di consumatore è ancora oggi al centro di un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale dovuto al fatto che, in determinati casi, esso presenta dei contorni non particolarmente certi. Sol si consideri alle conseguenze di non poco momento che l’applicabilità della disciplina consumeristica comporta, ad esempio, in tema di competenza per territorio piuttosto che di onere della prova. Il Giudice Patavino, dopo avere effettuato una accurata disamina del materiale probatorio allegato dalle parti, conclude escludendo la natura di consumatore della parte convenuta in giudizio, ritenendo, per l’effetto, infondate le eccezioni di incompetenza territoriale e di nullità della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto. (CC)
IL PASSO SALIENTE
“L’art. 3 d.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo) definisce il consumatore come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”, mentre il professionista come “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario”. Vi è dunque un primo punto fermo: la legge ricollega la natura consumeristica alla finalità perseguita da una parte, persona fisica, che stipuli un contratto e non al mero dato costituito dal non essere questi una persona giuridica. […] Quanto al requisito dell’estraneità ora citato, va evidenziato che, per costante giurisprudenza, non è necessario, ai fini della qualifica come imprenditore/professionista di una data persona fisica, che il contratto stipulato costituisca di per sé esercizio dell’attività di impresa, ma è sufficiente che “il contratto sia stipulato al fine di soddisfare interessi anche solo connessi od accessori rispetto allo svolgimento dell’attività imprenditoriale o professionale. Di talché è atto compiuto dal professionista non solo quello che costituisca di per sé esercizio della professione, ma anche quello legato alla professione da un nesso funzionale” (Cass. 22810/2018; sul punto, anche Cass. 8419/2019 e Cass. 11773/2013).“
LA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PADOVA
Seconda Sezione Civile
Il Tribunale, nella persona del Giudice, dott. Vincenzo Cantelli,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 7394/2021 R.G. promossa
da
[…], difeso dall’avv. […], domiciliato presso lo studio del medesimo difensore in […]
contro
[…] S.P.A., difesa dall’avv. CLAUDIO CALVELLO, C.F. CLVCLD65B22A001L, domiciliata presso lo studio del medesimo difensore in Abano Terme (PD), via Previtali n. 30.
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come all’odierna udienza di precisazione e discussione orale ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.
L’opponente ha concluso come da prima memoria istruttoria depositata in data 6/7/2022:
“1. Revocarsi l’ordinanza 21/03/2022 e disporre la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto opposto, perchè, per le ragioni tutte esposte negli atti difensivi, sussistono i gravi motivi richiesti dall’art. 647 c.p.c.;
2. Accertarsi e dichiararsi la nullità della clausola n. 8 – Foro Competente del contratto preliminare 29 marzo 2019 ai sensi degli artt. 33 -34 comma 2 lettera u) – 36 D. lgs. 206/2005;
3. Accertarsi e dichiararsi che il foro del consumatore, competente in via esclusiva per la controversia di cui è causa, è il Tribunale di Rovigo nella cui circoscrizione si trova la residenza del sig. […];
4. Nel merito, per i motivi esposti al punto 3 della narrazione (pagina 7 e ss), previe le declaratorie necessarie sulle eccepite nullità della clausola n. 4 del contratto ovvero ritenuta la condizione risolutiva come non apposta e in ogni caso inefficace ovvero per qualsiasi altro motivo dedotto, dichiarare che il contratto di cui è causa è tuttora vigente tra le parti e che, pertanto, […] S.p.a. non ha diritto a pretendere la restituzione della caparra confirmatoria versata al sig. […];
5. In via subordinata nel merito, nella denegata ipotesi in cui il Tribunale non ritenesse il contratto preliminare vigente, accertare e dichiarare che lo stesso si è risolto per illegittimo recesso del promissario acquirente […] S.p.a. e che, pertanto, il promittente venditore ha diritto a ritenere in via definitiva la somma di euro 470.000,00 versata a titolo di caparra confirmatoria.
6. Dichiararsi nullo e revocarsi il decreto ingiuntivo opposto con ogni conseguenza di legge;
7. Per l’effetto, ordinarsi la cancellazione della iscrizione ipotecaria eseguita a carico di […] e di cui alla nota iscritta in data 1.10.2021 ai numeri R.G. 5511 R.P. 710 presso la Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale Padova – Territorio – Servizio di Pubblicità Immobiliare di […] con spese a carico della parte opposta.
8. Spese e compensi di causa rifusi.”.
L’opposta ha concluso come da foglio di precisazione delle conclusioni:
“Voglia l’On.le Tribunale adito, contrariis reiectis, per tutto quanto dedotto ed argomentato nella narrativa del presente atto introduttivo,
In via preliminare:
– accertarsi e dichiararsi la competenza del Foro di Padova;
Nel merito:
– in via principale: respingersi l’opposizione attorea e rigettare le domande ex adverso formulate, perché infondate in fatto e in diritto e, per l’effetto, confermarsi il decreto ingiuntivo opposto;
– in via subordinata, in ogni caso, accertare e dichiarare l’infondatezza, in fatto e in diritto, delle domande di controparte ed accertare e dichiarare che il sig. […] è debitore nei confronti di […] S.p.a. della somma di € 470.000,00=, oltre agli interessi fino all’effettivo soddisfo, ed oltre alle spese della fase monitoria, liquidate in € 4.185,00= per onorari ed € 634,00= per esborsi, oltre agli accessori di legge; e per l’effetto condannare il sig. […] a pagare la somma di somma di € 470.000,00=, oltre agli interessi fino all’effettivo soddisfo, ed oltre alle spese della fase monitoria, liquidate in € 4.185,00= per onorari ed € 634,00= per esborsi, oltre agli accessori di legge, ad […] S.p.a.;
– in via ulteriormente subordinata: accertare l’indebita percezione, da parte del Sig. […], della somma di € 470.000,00= e, per i motivi ed i titoli esposti in narrativa, condannare il sig. […], a titolo di indennizzo ex art. 2041 c.c., al pagamento a favore di […] S.pa. di € 470.000,00=, oltre interessi.
In ogni caso, con vittoria di spese e competenze professionali”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
[…] S.p.a. proponeva ricorso per decreto ingiuntivo, affermandosi creditrice di […] per la somma di euro 470.000,00, derivante dall’obbligo restitutorio di […], quale promittente venditore, della caparra confirmatoria ricevuta da […], quale promissario acquirente, in relazione ai contratti preliminari di vendita immobiliare stipulati in data 28/6/2018 e in data 29/3/2019, non adempiuti dal promittente venditore.
In particolare, la ricorrente affermava:
– Di aver stipulato un primo contratto preliminare di vendita di un terreno di proprietà di […] sito in […] (PD), versando a favore di questi la somma di euro 150.000,00, a titolo di caparra confirmatoria;
– Di aver stipulato, a seguito della risoluzione del predetto contratto preliminare per operatività della condizione risolutiva ivi contenuta, un nuovo contratto preliminare in data 29/3/2019, versando a favore del promissario acquirente un’ulteriore somma a titolo di caparra confirmatoria, pari ad euro 320.000,00;
– Che, all’art. 3 del nuovo contratto preliminare, era stato dato atto che […] s.p.a. aveva versato la complessiva somma di euro 470.000,00, a titolo di caparra confirmatoria relativa ai due successivi contratti preliminari;
– Che anche tale ultimo contratto preliminare si era risolto per l’operatività di clausola risolutiva espressa;
– Che il promissario venditore si era riconosciuto debitore della somma ricevuta a titolo di caparra confirmatoria, mediante comunicazione del 10/6/2021;
– Di avere, dunque, diritto alla restituzione della complessiva somma di euro 470.000,00, non ancora corrisposta da parte del promissario venditore, nonostante le plurime proroghe del termine di restituzione concesse da […] s.p.a.
Notificato il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 2130/2021, per la somma di euro 470.000,00, […] proponeva opposizione, contestando integralmente le pretese dell’ingiungente.
In particolare, l’opponente affermava:
– Di aver concluso il contratto preliminare oggetto di causa nella veste di consumatore;
– Di essere residente presso il comune di […], ricompreso nel circondario del Tribunale di Rovigo;
– Che la clausola di individuazione del foro competente esclusivo nel Tribunale di Padova, pattuita con il contratto preliminare, era da ritenersi nulla in quanto vessatoria e non preceduta da trattativa individuale;
– Che, per gli stessi motivi, era nulla anche la clausola che prevedeva l’onere, per il promittente venditore, di adattare l’assetto urbanistico del bene al progetto redatto dal promissario acquirente;
– Che la condizione risolutiva espressa invocata dall’opposta per la dichiarazione di risoluzione del contratto, a fronte del mancato adempimento dell’onere di adattare l’assetto urbanistico del bene al progetto redatto da […], era da considerarsi come non apposta, ai sensi dell’art. 1354 c.c., in quanto impossibile da realizzare.
In conclusione, […] chiedeva, in via di rito, che fosse dichiarata l’incompetenza del Tribunale di Padova in favore di quello di Rovigo; nel merito, che fosse revocato il decreto ingiuntivo.
Si costituiva la convenuta opposta, spiegando le seguenti difese:
– Affermava l’inapplicabilità della disciplina consumeristica, avendo l’opponente stipulato il contratto in qualità di professionista nell’esercizio della sua attività imprenditoriale di compravendita di immobili, dimostrata dalla titolarità di apposita ditta individuale e del diritto di proprietà su 89 immobili;
– Affermava, di conseguenza, l’infondatezza sia dell’eccezione di incompetenza, sia dell’eccezione di nullità della clausola che prevedeva l’onere, per il promittente venditore, di adattare l’assetto urbanistico del bene al progetto redatto dal promissario acquirente.
In conclusione, la convenuta opposta chiedeva il rigetto dell’opposizione e, conseguentemente, la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
In subordine, l’opposta domandava la condanna dell’opponente alla restituzione della caparra confirmatoria per euro 470.000,00, anche ai sensi dell’art. 2041 c.c.
Con ordinanza del 21/3/2022, il giudice rigettava la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto ed assegnava alle parti i termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c.
Veniva infine fissata l’odierna udienza di precisazione delle conclusioni e discussione orale ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’opposizione è infondata.
Sulla natura non consumeristica dell’opponente.
Ai fini della decisione sia dell’eccezione di incompetenza, sia dell’eccezione di nullità della clausola del contratto preliminare oggetto di causa (art. 4), con cui le parti hanno pattuito l’onere per il promittente venditore, di adattare l’assetto urbanistico del bene al progetto redatto dal promissario acquirente, è necessario dirimere la controversia sulla natura consumeristica o meno dell’odierno opponente, in relazione alla conclusione del contratto preliminare di compravendita di cui si discute.
Ciò posto, si evidenzia che all’opponente non può essere riconosciuta la natura consumeristica quanto all’operazione negoziale oggetto di giudizio.
Sul punto, deve innanzitutto essere richiamato il dettato normativo.
L’art. 3 d.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo) definisce il consumatore come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”, mentre il professionista come “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario”.
Vi è dunque un primo punto fermo: la legge ricollega la natura consumeristica alla finalità perseguita da una parte, persona fisica, che stipuli un contratto e non al mero dato costituito dal non essere questi una persona giuridica.
In altre parole, se certamente una persona giuridica non può mai essere consumatore, è altrettanto vero che non tutte le persone fisiche possono, per ciò solo, dirsi consumatori: invero, tali sono solo quelle che, nella stipula di un contratto, perseguano finalità estranee all’attività imprenditoriale eventualmente svolta.
Quanto al requisito dell’estraneità ora citato, va evidenziato che, per costante giurisprudenza, non è necessario, ai fini della qualifica come imprenditore/professionista di una data persona fisica, che il contratto stipulato costituisca di per sé esercizio dell’attività di impresa, ma è sufficiente che “il contratto sia stipulato al fine di soddisfare interessi anche solo connessi od accessori rispetto allo svolgimento dell’attività imprenditoriale o professionale. Di talché è atto compiuto dal professionista non solo quello che costituisca di per sé esercizio della professione, ma anche quello legato alla professione da un nesso funzionale” (Cass. 22810/2018; sul punto, anche Cass. 8419/2019 e Cass. 11773/2013).
Fatte tali premesse, va evidenziato un primo profilo di infondatezza delle argomentazioni dell’opponente nel sostenere la sua natura di consumatore.
Egli, infatti, si è limitato apoditticamente a sostenere tale natura, evidenziando la propria natura di persona fisica, ottantaduenne, estraneo a qualsivoglia attività imprenditoriale o professionale.
Tali argomentazioni hanno tuttavia trovato diretta smentita nelle allegazioni e nelle produzioni della convenuta, la quale ha documentato che […]: i) è titolare di un’impresa individuale avente ad oggetto la compravendita immobiliare effettuata su beni propri, in particolare di un’attività imprenditoriale svolta con costanza dal 1964 e precedentemente esercitata in forma societaria (doc. 2 opposta); ii) è proprietario di 89 immobili siti in tutta la provincia di Padova (doc. 1 opposta).
Quanto al primo profilo, l’opposta ha depositato la visura storica presso la Camera di Commercio di Padova della ditta individuale […], operante dal 11/11/1964 e dal 28/1/2014 in particolare nel settore della compravendita su beni propri, allo stato attiva, con sede in […] e con domicilio del titolare in […].
Quanto al secondo profilo, l’opposta ha depositato visura immobiliare per nominativo estratta dal registro tenuto presso l’Agenzia delle Entrate, da cui emerge effettivamente la titolarità di 89 immobili nella provincia di Padova in capo all’opponente.
Si tratta di produzioni documentali dirimenti nell’escludere che, nel contratto preliminare di compravendita oggetto di giudizio relativo ad un terreno sito in […] (PD), l’opponente abbia agito nella qualità di consumatore:
– In primo luogo, infatti, le affermazioni di […] riportate in atto di citazione – circa la pretesa assenza di svolgimento di qualsivoglia attività imprenditoriale – hanno trovato diretta smentita: in particolare, le produzioni documentali dell’opposta dimostrano non solo che l’opponente abbia svolto da tempo attività imprenditoriale, ma che egli la svolga tuttora esattamente nel settore della compravendita immobiliare, cui è riconducibile l’operazione negoziale oggetto di giudizio;
– In secondo luogo, la titolarità del diritto di proprietà di 89 immobili nella medesima provincia evidenzia la continuità dell’attività imprenditoriale, nella misura in cui è ragionevole ritenere che quantomeno una consistente parte di tali immobili, secondo l’id quod plerumque accidit, sia destinata proprio all’esercizio dell’attività imprenditoriale di compravendita e non al godimento esclusivo del consumatore.
Va poi evidenziato che le argomentazioni dell’opponente si sono limitate ad un profilo meramente estrinseco di solo richiamo alla propria natura di persona fisica; il che, come sopra esposto, non costituisce profilo dirimente nel qualificare un dato soggetto come consumatore, poiché anche le persone fisiche ben possono essere qualificate come imprenditori, nel caso in cui l’attività negoziale sia posta in essere anche solo per uno scopo connesso a quello imprenditoriale dell’attività da esse svolta.
Ora, a fronte della esistenza di una ditta individuale, dunque di un’attività imprenditoriale, tuttora attiva, avente ad oggetto esattamente l’attività di compravendita di beni propri ed a fronte pure di un numero consistente di immobili (89) situati nella medesima provincia, è fondato ritenere che anche la compravendita immobiliare oggetto di giudizio, relativa ad un terreno ad uso commerciale sito nella provincia di Padova e promesso in vendita per la somma considerevole di euro 746.460,00, sia stata posta in essere quantomeno per un scopo connesso a quello dell’attività imprenditoriale di Carletto […], se non proprio nell’esercizio di tale attività.
Sul punto, va evidenziato che l’opponente, pur essendovi tenuto a fronte dei pregnanti elementi sopra descritti, non ha chiarito quale sarebbe stato il suo scopo consumeristico, diverso cioè da quello imprenditoriale o connesso a questo, che avrebbe giustificato l’operazione negoziale.
In altre parole, un consistente profilo di genericità delle difese dell’opponente è ravvisabile nella circostanza per cui egli si è limitato ad affermare la propria natura consumeristica, senza tuttavia chiarire quale allora lo scopo non imprenditoriale della compravendita, a fronte di così pregnanti elementi che depongono nel senso opposto.
Sul punto, si rileva che la Suprema Corte ha più volte affermato che “ai fini dell’assunzione della veste di consumatore l’elemento significativo non è il “non possesso”, da parte della “persona fisica” che ha contratto con un “operatore commerciale”, della qualifica di “imprenditore commerciale” bensì lo scopo (obiettivato o obiettivabile) avuto di mira dall’agente nel momento in cui ha concluso il contratto, con la conseguenza che la stessa persona fisica svolgente attività imprenditoriale o professionale deve considerarsi “consumatore” quando conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di dette attività” (Cass. 6578/2021).
Nel caso di specie, l’opponente non ha chiarito quali le esigenze della vita quotidiana realizzate con l’operazione negoziale di cui si discute, avente ad oggetto la compravendita di un terreno ad uso commerciale, destinato all’edificazione di un immobile destinato ad attività commerciale da parte di una catena di supermercati, per il controvalore di 746.000,00 euro; né, più in generale, ha specificato quale l’obiettivo, diverso da quello imprenditoriale ricollegabile all’attività svolta sotto forma di ditta individuale, egli avrebbe perseguito con il contratto preliminare stipulato con […].
Fatte tali premesse, si evidenzia che tutte le circostanze di fatto che emergono dagli atti depongono nel senso del fine imprenditoriale dell’operazione negoziale, a fronte: i) sia dell’ingente volume dell’operazione negoziale, pari ad euro 746.460,00, che di per sé sola già esclude il soddisfacimento di esigenze della vita quotidiana; ii) sia della finalità ultima del preliminare oggetto di causa, funzionale cioè, non già ad una compravendita tra privati destinata all’utilizzo abitativo di un immobile, quanto piuttosto alla compravendita per ingente somma di un terreno da parte di una società per azioni operante nella grande distribuzione interessata all’edificazione di un supermercato; iii) sia dell’impegno assunto dal promittente venditore stesso di provvedere all’acquisizione dei necessari permessi pubblici, il che denota le capacità tecniche di questi e la sua conoscenza del settore edilizio e delle sue caratteristiche.
Da ultimo, dalla lettura della richiesta di proroga del termine di restituzione della caparra confirmatoria inviata dall’opponente ad […] s.p.a. (cfr. doc. 12 opposta), emerge ulteriormente la natura imprenditoriale dell’opponente nell’operazione negoziale oggetto di causa.
Nella specie, con tale comunicazione il promissario venditore, odierno opponente, ha offerto alla promissaria acquirente, quale “garanzia” per la restituzione della caparra, attivabile a semplice richiesta di questa, cinque lotti edificabili, diversi da quello oggetto del preliminare, di sua proprietà, ciascuno del valore di euro 120.000,00.
Sempre in tale comunicazione, l’opponente ha altresì evidenziato che erano pendenti trattative con altri potenziali acquirenti dei lotti facenti parte del Comparto 26, ove la struttura commerciale della convenuta opposta doveva essere costruita.
Dal tenore complessivo della comunicazione, emerge:
– Da un lato, che il promissario venditore era in posizione di parità contrattuale con la promissaria acquirente, tanto da offrire ben cinque lotti di sua proprietà di rilevante valore ciascuno a garanzia della restituzione della caparra;
– Dall’altro lato, che le altre operazioni di vendita dei lotti di sua proprietà erano condotte nell’interesse della sua attività imprenditoriale di compravendita immobiliare.
In definitiva, l’opponente ha operato nell’operazione negoziale di cui è causa in veste non consumeristica, nella misura in cui la finalità perseguita costituisce diretta espressione della sua attività imprenditoriale di compravendita su beni propri.
Sull’eccezione di incompetenza, sull’eccezione di nullità della condizione risolutiva di cui all’art. 4 del contratto e sulle ulteriori contestazioni: infondatezza.
Posta l’inapplicabilità della disciplina consumeristica al caso di specie, vi è rigetto dell’eccezione di incompetenza, argomentata sulla scorta dell’asserita prevalenza del foro consumeristico individuato nel Tribunale di Rovigo.
Il contratto preliminare di cui è causa, concluso nell’esercizio dell’attività imprenditoriale o con finalità connesse a questa, sia da parte dell’opponente che da parte dell’opposta, prevede infatti una clausola di individuazione del foro pattizio nel Tribunale di Padova.
L’eccezione di incompetenza è dunque infondata.
Allo stesso modo, data l’inapplicabilità della disciplina consumeristica, vi è rigetto dell’eccezione di nullità, per affermata vessatorietà, della clausola contrattuale che prevedeva la condizione risolutiva del preliminare di vendita del 29/3/2019 (art. 4).
*
Quanto alla contestazione relativa all’impossibilità di tale condizione risolutiva, essa pure è infondata.
È opportuno in primo luogo riportare il contenuto della pattuizione trasfusa nell’art. 4 del contratto preliminare: “è stabilita di comune accordo la seguente condizione risolutiva: a) che non venga approvata a cure e spese delle Ditte proprietarie la Variante al Piano degli Interventi al fine di adattare l’assetto urbanistico comprendente il Terreno in conformità alla scheda tecnico/progettuale allegata al presente contratto sub. B) nonché di rendere il comparto autonomo ai fini dell’esatta realizzazione del progetto di Promissaria Acquirente, per consentire la realizzazione al suo interno di una media struttura commerciale […]”.
Fatta tale premessa, la contestazione dell’opponente, in punto ad impossibilità della condizione risolutiva, argomentata sulla scorta dell’impossibilità tecnica di ottenere le richieste autorizzazioni pubbliche nel breve lasso di tempo compreso tra la data di sottoscrizione del preliminare (29/3/2019) e quella ultima per l’avveramento della condizione (30/9/2019), è infondata.
In primo luogo, infatti, l’operazione negoziale va valutata nel suo complesso, considerando che il preliminare oggetto di causa seguiva un precedente preliminare di compravendita, dal medesimo contenuto, richiamato nel contratto oggetto di causa anche ai fini della quantificazione della caparra confirmatoria, stipulato il 28/6/2018, risolto proprio per l’impossibilità per il promittente venditore di acquisire le necessarie autorizzazioni pubbliche entro il termine fissato dal contratto.
Sotto tale profilo, alla luce dell’intera operazione negoziale, il termine concesso al promittente venditore per acquisire infine tali autorizzazioni è da individuarsi nel lasso di tempo compreso tra il 28/6/2018 ed il 30/9/2019 (data ultima di proroga concessa dall’acquirente), dunque nell’ampio lasso di tempo di oltre un anno.
Anche poi a volere considerare il solo contratto preliminare del 29/3/2019, va dato atto, non solo che il lasso di tempo intercorrente tra la sottoscrizione di tale contratto ed il 30/9/2019, consiste in circa 6 mesi, dunque in un ampio lasso di tempo; ma va evidenziato, altresì, che la convenuta ha dedotto che, a fronte di variante al progetto approvata dal Comune di […] (PD) in data 6/6/2019, il residuo lasso di tempo sarebbe stato certamente sufficiente a concludere l’iter autorizzativo, con analitica indicazione di tutti gli ulteriori incombenti e delle relative tempistiche, compatibili con il termine ultimo del 30/9/2019 (vedi deduzioni pag. 20 comparsa di costituzione).
Tali deduzioni sono rimaste prive di contestazione dell’opponente: esse sono dunque da considerare come pacifiche.
Non sussiste pertanto impossibilità della condizione risolutiva espressa del contratto preliminare di compravendita.
Da ultimo, è infondata anche l’ulteriore contestazione dell’opponente in punto a violazione, da parte della promissaria acquirente, del canone di buona fede e correttezza di cui all’art. 1358 c.c. in pendenza della condizione.
Sul punto, si evidenzia preliminarmente che spetta alla parte interessata la dimostrazione del fatto che la controparte contrattuale abbia tenuto un comportamento idoneo ad impedire l’avveramento della condizione, e si sia in tal modo reso inadempiente agli obblighi generali di buona fede e correttezza oggetto della previsione di cui all’art. 1358 c.c. (Cass. 22046/2018).
Nel caso di specie, le deduzioni dell’opponente si sono arrestate ad una mero profilo di richiamo della disciplina, senza argomentazione o descrizione della pretesa condotta dell’opposta contraria a buona fede; in tal senso, la contestazione è generica, a maggior ragione considerando che era l’opponente medesimo, ossia il promittente venditore, ad essere stato individuato nel contratto preliminare come colui che si sarebbe dovuto occupare dell’acquisizione dei necessari permessi pubblici per il progetto edificatorio dell’opposta, da cui l’impossibilità stessa di ipotizzare un comportamento dell’acquirente tale da condurre alla realizzazione della condizione risolutiva.
In definitiva, l’opposta, promittente acquirente, ha diritto alla restituzione della caparra confirmatoria versata in esecuzione del contratto preliminare risolto, peraltro domandata in assenza di maggiorazione od interessi di sorta ed illegittimamente trattenuta dal promittente venditore.
Vi è, pertanto, rigetto integrale dell’opposizione, con conferma in ogni sua parte del decreto ingiuntivo opposto.
Le spese di lite.
Così pronunciato, le spese di lite seguono la soccombenza e vengono poste a carico dell’opponente nella liquidazione di cui al dispositivo che segue; la liquidazione è operata in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55/2014 e seguenti modificazioni, con riferimento ai valori medi previsti per lo scaglione fino a € 520.000,00, così individuato sulla base del decisum, con riduzione ai valori minimi per la fase decisionale, attesa la sussistenza di sola discussione orale finale.
Le spese del monitorio restano regolate dal decreto ingiuntivo n. 2130/2021, di cui vi è integrale conferma.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa che reca numero 7394/2021, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
- Rigetta l’opposizione.
- Conferma in ogni sua parte il decreto ingiuntivo n. 2130/2021: capitale ed interessi quali ivi effigiati; spese del monitorio quali ivi liquidate.
- Lo conferma esecutivo.
- Condanna l’opponente al pagamento nei confronti dell’opposta delle spese di lite del presente processo che si liquidano in euro 19.400,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede; infine, IVA e Cassa forense sulle prime due voci.
Padova, 29 marzo 2023
Il Giudice
dott. Vincenzo Cantelli