L’OBBLIGO DI RISERVATEZZA
Indice:
1. Il requisito della riservatezza
2. Il principo di minimizzazione e di limitazione della conservazione
3. La protezione dell’identità nei procedimenti connessi
4. La protezione dell’identità anche da parte di tutti i soggetti riceventi
5. La tutela del segnalato
6. L’anonimato
Nel corso dell’indagine, è essenziale conservare l’anonimato del segnalante. Le indagini potrebbero portare al trasferimento dei risultati presso l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari o l’Autorità giudiziaria ordinaria o contabile. Le modalità di protezione dell’identità in queste istanze rispettano integralmente quanto stabilito nell’art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001, così come emendato dalla legge n. 179/2017.
Sfortunatamente, sia la legislazione precedente che il d.lgs. n. 24/2023 condividono la restrizione temporale nella tutela dell’identità del segnalante nel caso in cui la segnalazione esca dall’organizzazione o da ANAC. In particolare, nell’ambito dei procedimenti penali scaturiti da una segnalazione, l’anonimato è garantito fino alla conclusione delle indagini preliminari. Per i procedimenti presso la Corte dei Conti, l’identità rimane segreta fino alla fine dell’istruttoria (art. 12, commi 3 e 4).
In aggiunta, se viene instaurato un procedimento disciplinare contro la persona segnalata, l’art. 12, comma 5, del decreto attuativo replica, estendendolo anche al settore privato, quanto previsto dall’art. 54-bis, comma 3, d.lgs. n. 165/2001, ma solo per l’impiego pubblico. Si fa distinzione tra addebiti disciplinari derivanti da accertamenti diversi dalla segnalazione e contestazioni disciplinari legate alla segnalazione. Nella prima ipotesi, la rivelazione dell’identità del whistleblower è categoricamente esclusa; nella seconda, può avvenire solo previo consenso del segnalante, a pena di inutilizzabilità della segnalazione nel procedimento disciplinare.
Ciò implica che se il destinatario necessita dell’identità del segnalante per procedere nel caso in cui non ci siano elementi sufficienti al di fuori della testimonianza diretta, deve necessariamente ottenere l’assenso del segnalante per divulgare l’identità. Questo incentiva il destinatario a raccogliere elementi aggiuntivi e indipendenti dalla segnalazione originaria.
La normativa prescrive, nell’ultimo comma, di “avvertire” il segnalante per iscritto quando è necessario divulgare dati riservati, sia per i procedimenti esterni che per i trasferimenti ad altre autorità. L'”avvertimento” non deve trarre in inganno, poiché può consistere in una notifica o in una richiesta di consenso per divulgare informazioni specifiche. L’avviso scritto deve precisare le ragioni della divulgazione dei dati riservati (art. 12, comma 6), secondo quanto chiarito dalle Linee guida ANAC. Questo serve a far comprendere al segnalante le ragioni che rendono necessario rivelare la propria identità, consentendo, se del caso, di intervenire nel caso in cui la difesa dell’incolpato potrebbe avanzare argomenti non pertinenti o infondati contro il segnalante, o che potrebbero portare a una conclusione erronea del procedimento avviato a seguito della segnalazione.