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Amministratori di condominio: Requisiti e Procedure di Nomina e Revoca

Amministratore condominiale Immobili, Condominio e Locazioni

Amministratore condominiale a rischio! Se nasconde i morosi, paga di tasca propria! (Cass. 1002/25)

Obbligo di trasparenza: l’amministratore condominiale risponde personalmente per la mancata comunicazione dei morosi

LA VICENDA

Un avvocato citava in giudizio l’amministratore di un condominio per ottenere i nominativi dei condòmini morosi e le rispettive quote millesimali, necessarie per il recupero di un credito derivante da due sentenze. Il Tribunale respingeva la richiesta, ritenendo sufficiente una comunicazione parziale già fornita dall’amministratore. Tuttavia, la Corte d’Appello accoglieva il ricorso, stabilendo che l’amministratore fosse obbligato a comunicare tutti i dati richiesti. L’amministratore impugnava quindi la decisione in Cassazione, sostenendo che l’obbligo di comunicazione spettasse al condominio e non a lui personalmente. La Suprema Corte respingeva il ricorso, confermando che l’obbligo grava sull’amministratore in proprio e che il mancato rispetto comporta una responsabilità extracontrattuale, in quanto si tratta di un dovere imposto dalla legge a tutela dei creditori.

IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE

In tema di condominio negli edifici, l’obbligo di comunicare ai creditori i nominativi dei condòmini morosi, previsto dall’art. 63, comma 1, disp. att. c.c., grava direttamente sull’amministratore in proprio e non sul condominio. L’omissione o il ritardo nella trasmissione di tali dati configura una responsabilità extracontrattuale a carico dell’amministratore, in quanto si tratta di un obbligo legale di cooperazione con il creditore e non di un atto di rappresentanza del condominio.

LA SENTENZA

Cassazione civile, Sez. II, Sentenza del 15/01/2025, n. 1002

(omissis)

Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., l’Avv. B.B. convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano, A.A., in qualità di amministratore pro-tempore del Condominio di Via (Omissis), L – M, per chiedere che fosse ordinato al predetto, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., di comunicare i nominativi dei condomini morosi, al fine di conseguire il soddisfacimento dei crediti fondati su due sentenze del Tribunale di Monza.

Il Tribunale di Milano respinse la domanda, ritenendo che il convenuto avesse soddisfatto l’onere di comunicazione previsto dall’art. 63 disp. att. c.c. attraverso l’e-mail inviata il 19.6.2014, contenente i nominativi dei condomini morosi, seppur priva delle quote millesimali attribuite alle proprietà dei medesimi.

L’Avv. B.B. propose gravame e dedusse che, avendo la Legge n. 220 del 2012 escluso la natura solidale delle obbligazioni del condominio ed affermato la natura parziaria, come statuito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 9148/2008, la comunicazione dei dati avrebbe dovuto comprendere anche le quote millesimali dei condomini morosi.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 17.1.2019, accolse il gravame dell’Avv. B.B., e, per l’effetto, ordinò a A.A., in qualità di amministratore del Condominio (Omissis) di comunicare all’attore i nominativi dei condomini che non avevano versato la quota relativa al proprio debito derivante dalle sentenze nn. 99/2014 e 683/2012 del Tribunale di Monza, precisando il debito di ciascun condomino secondo il riparto millesimale.

La Corte accertò che i debiti del condominio nei confronti dell’Avv. B.B. derivavano dall’attività svolta dal professionista in due giudizi, in relazione ai quali erano stati conclusi due accordi transattivi; tali accordi erano irrilevanti ai fini dell’obbligo dell’amministratore di comunicazione dei condomini morosi, avendo le parti tenuto un comportamento processuale disancorato dagli accordi transattivi.

In ordine al soggetto legittimato alla comunicazione dei dati dei condomini morosi, la Corte distrettuale affermò che il titolare dell’obbligo di informazione previsto dall’art. 63 disp. att. c.c. era l’amministratore in proprio, come risultava dal tenore letterale della norma e dall’attribuzione al medesimo dell’obbligo di detenere l’anagrafe condominiale. La Corte ritenne che le indicazioni dei condomini morosi forniti dal geom. A.A. con le e – mail del 25.6.2014 e del 27.4.2015 non fossero esaustive perché non indicavano la quota millesimale dei condomini morosi ed il relativo codice fiscale.

A.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello sulla base di due motivi.

B.B. ha resistito con controricorso.

Il Sostituto Procuratore Generale in persona della Dott.ssa Luisa De Renzis ha chiesto il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 1965 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., oltre al vizio di contraddittoria motivazione, per avere la Corte d’appello ritenuto irrilevante l’accordo transattivo concluso tra le parti in forza del quale il geom. A.A.si impegnava a rinunciare alle spese legali liquidate in suo favore e l’avv. B.B. si obbligava a rinunciare al giudizio d’appello avverso la sentenza di primo grado, che lo aveva visto soccombente. Il ricorrente deduce che la Corte d’appello avrebbe dovuto valutare l’inadempimento dell’Avv. B.B. in relazione a tale accordo, avendo il medesimo interposto appello avverso la sentenza del Tribunale; in ogni caso, non potendo il giudice interferire nell’autonomia negoziale delle parti, la Corte avrebbe dovuto prendere atto dell’accordo e dichiarare cessata la materia del contendere.

Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha preso atto dell’esistenza di accordi transattivi tra le parti, ne ha esaminato il contenuto (pag. 9 della sentenza impugnata) ma ha ritenuto che le conclusioni formulate dalle parti prescindessero dall’esistenza e dalla vincolatività dell’accordo. In particolare, nonostante fossero stati prodotti in giudizio gli atti transattivi, il ricorrente aveva inizialmente contestato l’inadempimento dell’Avv. B.B., che aveva chiesto alla Corte l’autorizzazione alla rinnovazione della citazione dell’atto d’appello, per poi concludere chiedendo l’inammissibilità del gravame, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva e, nel merito, concludendo per l’infondatezza dell’appello.

Secondo l’apprezzamento della Corte d’appello, incensurabile in questa sede, il comportamento processuale delle parti prescindeva, quindi, dalla volontà di dare esecuzione all’accordo transattivo.

La motivazione della Corte d’appello, oltre a non violare l’art. 1965 c.c., soddisfa le condizioni di esistenza e validità previste dall’art. 132, comma 4 c.p.c., non essendo censurabile il profilo di contraddittorietà ed illogicità della motivazione.

In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., disposta dall’art. 54 del D.Lgs. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla Legge n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, sicché l’obbligo di motivazione, previsto in via generale dall’art. 111, comma 6 Cost., e, nel processo civile, dall’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., è violato solo qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione, per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile (Cass., sez. VI, 25/09/2018 n. 22598; Cass., Sez. Un., 07/04/2014 n.8053).

Con il secondo motivo di ricorso, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 63 disp. att. c.c., si contesta che l’obbligo di comunicazione al creditore dei condomini morosi spetti all’amministratore del condominio in proprio e non quale rappresentante dell’ente in virtù del rapporto di mandato. Il ricorrente segnala, in relazione alla legittimazione passiva del soggetto obbligato, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., l’esistenza, nella giurisprudenza di merito, di orientamenti contrastanti tali da rendere necessario un intervento del giudice di legittimità.

Il motivo è infondato.

La Legge n. 220 del 2012, nel novellare l’art. 63 disp. att. c.p.c., ha previsto che l’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.

Il secondo comma dispone che i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.

L’art. 63, comma 2, disp. att. c.c. configura, in capo ai condomini che abbiano regolarmente pagato la loro quota di contribuzione alle spese condominiali, ed in favore del terzo che sia rimasto creditore, un’obbligazione sussidiaria ed eventuale, favorita dal beneficium excussionis, avente ad oggetto non l’intera prestazione imputabile al condominio ma le somme dovute dai morosi.

La Legge di Riforma del condominio ha recepito la natura parziaria delle obbligazioni del Condominio, secondo la ricostruzione dogmatica operata da Cass., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148, nel senso che, in riferimento alle obbligazioni assunte dall’amministratore, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti di terzi la responsabilità diretta dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote.

Per le obbligazioni sorte dopo l’entrata in vigore della L. n. 220 del 2012, il debito sussidiario di garanzia del condomino solvente è, pertanto, subordinato alla preventiva escussione del moroso ed è limitato alla rispettiva quota di quest’ultimo e non all’intero debito verso il terzo creditore (Cass., sez. II, 17/02/2023 n. 5043).

Agli effetti della disciplina dettata dai primi due commi dell’art. 63 disp. att. c.c., deve intendersi come condomino moroso il partecipante che non abbia versato all’amministratore la sua quota di contribuzione alla spesa necessaria per il pagamento di quel creditore, mentre è “obbligato in regola con i pagamenti” il condomino che abbia adempiuto al pagamento della propria quota afferente alle medesime spese nelle mani dell’amministratore.

La lettura sistematica dei primi due commi dell’art. 63, disp. att. c.c. induce a concludere che il creditore, che voglia convenire uno o più dei singoli condomini, deve preliminarmente agire nei confronti dei condomini morosi, previa comunicazione dei dati da parte dell’amministratore.

In dottrina è stato evocato in dottrina lo strumento dell’azione surrogatoria che, ex art. 2900 c.c., consente ai terzi creditori di agire in luogo dell’amministratore inadempiente rispetto al proprio dovere di riscossione forzosa nei confronti dei condomini.

La questione di diritto posta dal motivo in esame riguarda il profilo della legittimazione passiva all’azione, in relazione alla quale la giurisprudenza di merito non ha dato una risposta univoca.

Secondo un indirizzo giurisprudenziale, l’obbligo di comunicazione previsto ultima parte del citato articolo 63 disp. att. c.c., comma 1, delinea un obbligo legale di cooperazione col terzo creditore che sarebbe posto direttamente in capo alla persona dell’amministratore, con la conseguenza che la legittimazione passiva deve ravvisarsi in capo alla persona dell’amministratore in proprio, il cui immotivato rifiuto risulta essere contrario al canone della buona fede.

Tale posizione è sostenuta, in via prevalente, da autorevole dottrina.

Un altro indirizzo giurisprudenziale muove dalla considerazione che il dovere di comunicazione dei condomini morosi da parte dell’amministratore di condominio è posto anche nell’interesse dei condomini in regola con i pagamenti, sicché l’adempimento di tale dovere rientra tra gli obblighi caratterizzanti il suo operato, che deve essere adempiuto con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176, comma 1, c.c.), in adempimento delle disposizioni di cui agli artt. 1130, 1131 e 1135 c.c., rispetto alle quali l’amministratore risponde, a titolo di responsabilità contrattuale, ex art. 1218 c.c.; la legittimazione passiva farebbe capo al condominio, in persona dell’amministratore, essendo quest’ultimo soggetto obbligato esclusivamente in ragione della sua posizione di mandatario dell’ente di gestione.

Ad avviso del Collegio, la legittimazione passiva deve ravvisarsi in capo alla persona dell’amministratore in proprio.

Il contratto di amministrazione condominiale è un contratto tipico, non riconducibile alla prestazione d’opera intellettuale, regolato dagli artt. 1129 c.c. e 1131 c.c. e, solo in via residuale, dalle norme sul mandato, atteso che l’esercizio di tale attività non è subordinata, come richiesto dall’art. 2229 c.c., all’iscrizione in apposito albo o elenco; in seguito all’entrata in vigore dell’art. 71 – bis disp. att. c.c., introdotto dalla L. n. 220 del 2012, l’esercizio dell’attività di amministratore del condominio è subordinata al possesso di determinati requisiti di professionalità e onorabilità.

Tale contratto rientra nell’ambito delle professioni non organizzate in ordini o collegi, di cui alla L. 14 gennaio 2013, n. 4.

Sempre la dottrina ha evidenziato come l’amministratore di condominio non necessariamente agisce sempre nell’interesse dei condòmini, ma talora addirittura in contrasto con essi. A titolo esemplificativo, si richiama l’art. 1129, comma 9 c.c., il quale stabilisce che – salva l’espressa dispensa assembleare – l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso; analogamente, l’art. 1131 c.c. dispone che l’amministratore può agire in giudizio contro i condòmini e contro i terzi.

In tale quadro normativo si pone l’art. 63 disp. att. c.c., che autorizza l’amministratore ad ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti dei condòmini morosi senza bisogno di autorizzazione assembleare ed impone al medesimo di fornire ai creditori insoddisfatti che lo interpellino – quindi a soggetti addirittura estranei alla compagine condominiale – i dati dei condòmini morosi.

Tale obbligo esula dagli obblighi interni al rapporto di mandato corrente tra amministratore e condomini, visto che l’amministratore è tenuto a fornire a un soggetto estraneo i nomi dei suoi stessi mandanti; esso è espressione di un obbligo legale di cooperazione col terzo creditore posto direttamente in capo alla persona dell’amministratore e non costituisce affatto adempimento o incombenza finalizzata all’attuazione del programma obbligatorio corrente con il condominio, alla stregua del contratto di amministrazione.

L’obbligo di comunicazione previsto dal primo comma dell’art. 63 delle disp. att. c.c. è solo funzionale al rispetto da parte dei creditori dell’obbligo, fissato dal secondo comma della disposizione, di agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti solo dopo avere inutilmente aggredito i condomini morosi.

Si tratta di un obbligo derivante dalla legge e gravante sull’amministratore in proprio e non quale amministratore del condominio, la cui violazione integra un’ipotesi di responsabilità aquiliana.

Il ritardo dell’amministratore nella comunicazione al terzo creditore dei dati dei condomini morosi è, infatti, potenzialmente idoneo a causare un danno allo stesso creditore, per via del rallentamento provocato alla realizzazione coattiva delle sue ragioni.

Mentre, in qualità di rappresentante del condominio, gli effetti dell’attività dell’amministratore che pone in essere nello svolgimento del suo incarico sono imputabili direttamente al condominio, con riferimento alla comunicazione dei nominativi dei condomini morosi, l’amministratore è destinatario di un comando fissato dalla legge a tutela dei creditori del condominio.

Ne consegue che legittimato passivo nell’azione di condanna alla comunicazione dei dati dei morosi è l’amministratore in proprio e non il condominio in persona dell’amministratore.

Poiché la consegna dei dati dei morosi al terzo creditore non rientra tra le attribuzioni dispositive ed i poteri rappresentativi dell’amministratore riferibili al condominio alla luce degli artt. 1130 e 1131 c.c., dall’omessa o intempestiva esecuzione di essa non può ridondare alcuna responsabilità ricadente nella sfera giuridica del condominio, e la conseguente condanna deve essere emessa in danno dell’amministratore in proprio.

La sentenza impugnata ha correttamente affermato che, in tema di condominio negli edifici, la domanda volta a conseguire l’ordine di comunicare al creditore non soddisfatto i dati dei condomini morosi, ai sensi dell’art. 63, comma 1, disp. att. c.c., deve essere rivolta nei confronti dell’amministratore, e non del condominio, trattandosi di obbligo posto dalla legge all’amministratore del condominio in proprio.

Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

Considerata la peculiarità della fattispecie e l’assenza di precedenti di questa Corte, le spese di lite devono essere integralmente compensate.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Conclusione

Così deciso in Roma il 9 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2025.

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