IL TENORE DI VITA BASSO PUÒ NON INCIDERE SULL’AMMONTARE DELL’ASSEGNO DI DIVORZIO.
Il tenore di vita, cui rapportare il giudizio di adeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge richiedente l’assegno di divorzio, è quello offerto dalle potenzialità economiche dei coniugi – ossia dall’ammontare complessivo dei loro redditi e delle loro disponibilità patrimoniali – e non già quello tollerato, o subìto, od anche concordato.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10210 del 16 maggio 2005, precisando che il tenore di vita basso tenuto dai coniugi durante il matrimonio, all’insegna del risparmio, diviene irrilevante ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio, qualora gli stessi, in relazione alle loro cospicue sostanze ed al patrimonio, avrebbero potuto avere un tenore di vita alto.
Il fatto..
La moglie Tizia, in sede di causa di divorzio, chiede al Tribunale di condannare il marito Caio al pagamento in suo favore di un assegno (divorzile).
Il Tribunale adito, tuttavia, respinge la domanda.
Tizia, allora, non si da per vinta e ricorre in Appello dove la propria domanda viene accolta: Caio viene, infatti, condannato a versare alla ormai ex moglie l’assegno divorzile.
Tale decisione viene, poi, confermata dalla citata Cassazione.
I Giudici, nel verificare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio dalla moglie richiedente l’assegno divorzile hanno potuto verificare un apprezzabile squilibrio fra le posizioni economiche delle parti.
In causa, infatti, era emerso che nel corso dei 35 anni di convivenza i coniugi avevano duramente lavorato nell’attività di famiglia (un negozio di colori); la moglie aveva, inoltre, allevato due figli.
Con i proventi dell’attività svolta e con una impostazione di vita caratterizzata dal risparmio, i coniugi erano riusciti, nel corso della lunga convivenza, a costituire un patrimonio immobiliare rientrante nella comunione legale.
Così già argomentava la Corte di Appello: “Indipendentemente da quanto risulta dalla dichiarazione dei redditi si può affermare che la posizione economica del marito sia decisamente migliore rispetto a quella della moglie.
Orbene a giudizio di questa Corte il riferimento al tenore di vita avuto dai coniugi nel corso della convivenza matrimoniale non deve fare riferimento a quanto in CONCRETO era avvenuto (come invece ha sostenuto il Tribunale) ma deve consistere in un concetto ASTRATTO di tenore di vita, vale a dire che si deve considerare rilevante ai fini della decisione la fascia socio economica consona alle potenzialità economiche della coppia.
Il fatto che i coniugi in concreto avessero (anche concordemente) tenuto un tenore di vita basso, all’insegna del risparmio, diviene oggi irrilevante.”
Qualche marito che, pur facoltoso, costringe ad una vita grama la propria moglie, è avvisato!