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nullità insanabile

Procedura Civile

C.T.U.: ecco quando è affetta da nullità insanabile

Cassazione civile, Sez. III, Ordinanza del 18-11-2020, n. 26304

Prova civile – Consulenza tecnica – Consulente d’ufficio – Attività – Comunicazioni alle parti – Comunicazione dell’inizio delle operazioni peritali – Obbligatorietà – Necessità di comunicazione della relativa prosecuzione – Sussiste

IL FATTO

La controversia ha ad oggetto la corresponsione del compenso per le prestazioni professionali che due architetti vantano nei confronti di un imprenditore turistico, che nega avere mai conferito i relativi incarichi; ma per quanto qui interessa, dal punto di vista processuale, involge la questione della sorte di una consulenza tecnica di ufficio svolta senza alcun coinvolgimento delle parti.

IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE

Ai sensi dell’art. 194 c.p.c., comma 2 e art. 90 disp. att. c.p.c., comma 1, l’espletamento di tutte le attività del consulente tecnico di ufficio senza alcun coinvolgimento delle parti, alle quali è mancata qualunque comunicazione sia del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni dell’ausiliario, sia di quelli della relativa prosecuzione, implica la nullità della consulenza, la quale, se tempestivamente eccepita, non è sanata dalla mera possibilità di riscontro o verifica a posteriori dell’elaborato del consulente.

I PASSI SALIENTI DELL’ORDINANZA

Nel caso di specie, va evidenziato che alle parti non era stata data la possibilità di presenziare all’attività di presa d’atto e di studio preliminare della documentazione e di impostazione delle successive operazioni. Ed invero, l’attività dell’ausiliario del giudice deve svolgersi offrendo comunque alle parti la possibilità di presenziarvi: senza contare che, anche soltanto l’individuazione degli atti e dei documenti da esaminare, idonei a condizionare l’esito degli accertamenti a compiersi, poteva e doveva aver luogo in presenza delle parti o dei loro consulenti. E, per di più, anche la sola attività di studio successivo dei documenti andava quanto meno prospettata alle parti comparse o messe in condizione di comparire all’inizio delle operazioni, onde consentire loro di attrezzarsi sui controlli o sulle altre modalità di interazione più utili in relazione allo sviluppo delle prime.

Alcune basilari regole, come quelle miranti a garantire il contraddittorio e la sua effettività, rispondono ad elementari esigenze di correttezza e regolarità dello sviluppo del processo. In presenza di tali violazioni, la lesione delle potenzialità di difesa è autoevidente o, quanto meno, da intendersi valutata ex ante e in via preventiva dal legislatore processuale all’atto della formulazione della norma: ed è questo il caso della soppressione definitiva della facoltà di prendere parte alle operazioni del consulente tecnico di ufficio, quand’anche queste si estrinsechino in attività meramente intellettuali o confinate, in ultima analisi e in massima parte, al foro interno dell’ausiliario.

La presente pronuncia ha il pregio di stigmatizzare che neppure la mera possibilità di verifica od esame successivi, ma a consulenza espletata e conclusa, è di per sè idonea e sufficiente a garantire il corretto esercizio del diritto di difesa.

ORDINANZA (estratto)

(Presidente Dott. Roberta VIVALDI – Relatore Dott. Franco DE STEFANO)

Svolgimento del processo

1. La controversia ha ad oggetto la corresponsione del compenso per le prestazioni professionali che due architetti vantano nei confronti di un imprenditore turistico, che nega avere mai conferito i relativi incarichi; e, dal punto di vista processuale, involge la questione del vizio che affligge la notifica dell’appello a difensore già revocato nel corso del giudizio di primo grado, nonchè della sorte di una consulenza tecnica di ufficio svolta senza alcun coinvolgimento delle parti.

2. Gli architetti S.F. e P.F.A. citarono, con atto notificato il 20/05/2004, la società La Siritide s.r.l. davanti al Tribunale di Matera, reclamandone la condanna al pagamento dei compensi maturati per prestazioni professionali rese fin dall’anno 1995 e, in particolare, per avere curato nel suo interesse la redazione di un progetto tecnico per accedere al contratto di programma ministeriale per lo sviluppo turistico (ex L. n. 104 del 1995) per la realizzazione di un “Parco sportivo di tipo campestre naturalistico” in (OMISSIS).

3. L’originaria domanda (di complessivi Euro 371.187,50 per il P. ed Euro 361.187,50 per il S., oltre oneri fiscali, interessi legali e rivalutazione monetaria) fu contrastata dalla convenuta (in particolare con la negazione del conferimento di alcun incarico professionale, tanto meno di elaborazione della documentazione tecnica e progettuale prodotta in giudizio, avendo invece commissionato ed utilizzato un progetto elaborato da altri professionisti, tra cui la Comefin Consulting e l’arch. F.A.), ma, all’esito anche di una consulenza tecnica di ufficio, infine accolta, sia pure per la minor somma di Euro 263.282,57 in favore del S. ed Euro 271282,57 del P., oltre accessori e compensi di lite (sentenza 07/07/2015, n. 691).

4. In particolare, il giudice di primo grado ritenne provato il conferimento e l’espletamento dell’incarico professionale in base agli elaborati progettuali, all’emissione di una fattura quietanzata, da parte dell’arch. S., ai riferimenti nominativi specifici all’opera svolta dagli attori contenuti nei documenti rilasciati in copia autentica dagli uffici della Regione Basilicata, all’autorizzazione rilasciata al P., da parte datoriale, per l’espletamento dell’incarico professionale de quo, come pure alla stregua del ritenuto contenuto confessorio di dichiarazioni rese dalla convenuta in separato giudizio nei confronti di altro professionista dinanzi al Tribunale di Bari; e, rigettata l’eccezione di prescrizione presuntiva per l’intervenuta contestazione dell’esistenza dell’incarico, disattese le doglianze di nullità della consulenza tecnica, per non avere le relative operazioni, pur non precedute da comunicazione, comportato attività diversa dal solo studio dei documenti prodotti, con esclusione di lesioni del diritto di difesa; ed infine confermò la reiezione delle istanze istruttorie.

5. Interpose appello la società La Siritide s.r.l., affidandosi ad atto articolato su sei motivi e notificato, quanto al S., all’originario suo difensore in primo grado, nonostante la sua sostituzione in corso di lite: lamentando la carenza di idonea prova sul conferimento dell’incarico e sul suo effettivo espletamento, come pure l’erroneità della determinazione del compenso; contestando la pretermissione degli elementi istruttori prodotti in contrario e la mancata ammissione delle prove orali pure articolate; ribadendo l’eccezione di nullità della c.t.u. per mancata indicazione dell’inizio delle relative operazioni e conseguente illegittimità della determinazione del dovuto; contestando una acritica adesione ad erronei risultati della consulenza e lo stesso rigetto dell’eccezione di prescrizione presuntiva.

6. A seguito della costituzione di entrambi gli appellati e sospesa parzialmente solo quanto al P. l’esecuzione della sentenza appellata, comunque l’appellante notificò nuovo atto di appello all’effettivo difensore del S.; e la corte territoriale, riunite le impugnazioni, dichiarò inammissibile quella nei confronti di quest’ultimo, rigettando invece quella nei confronti del primo, con condanna dell’appellante anche alle spese di lite (in ragione di Euro 22.034, oltre accessori, per ciascuno).

7. In particolare, la corte d’appello:

– ritenne inesistente e non sanabile la prima notificazione all’avvocato del S. già revocato e tardiva la seconda, eseguita oltre il termine breve decorrente dalla prima, eseguita al corretto destinatario;

– qualificò inammissibile il motivo di appello di contestazione delle prove ritenute sufficienti dal primo giudice, in primo luogo non avendo l’appellante esaminato tutti gli elementi istruttori da questi esaminati (ed in particolare, specificamente indicandoli, quelli rilasciati dalla Regione Basilicata ed un certo doc. n. 11 a pag. 75);

– attribuì valore alle dichiarazioni contenute negli atti del giudizio tra la Siritide e tale arch. F., che rilevò contestati solo genericamente anche quanto a difformità dai rispettivi originali, ma soprattutto ritenne irrilevanti perchè successivi all’epoca di espletamento dell’incarico per cui era causa;

– escluse la contraria valenza probatoria anche della prova orale articolata e non ammessa, sia con ellittica valutazione di idoneità del contrario materiale prodotto dagli appellati, sia con analitica disamina di tutti i capi, tanto da qualificarli inammissibili o comunque irrilevanti ai fini della decisione;

– escluse la nullità della consulenza per mancata previa comunicazione alle parti dei tempi di espletamento delle relative operazioni, per essersi appuntate le critiche dell’appellante all’an della prestazione, sul quale le semplici attività di esame della documentazione già versata in atti non avrebbero potuto influire, comunque dinanzi alla piena possibilità di tutela del diritto di difesa in tempo successivo, tanto più mediante istanza di ricalcolo del dovuto;

– analiticamente esaminò e respinse le doglianze in punto di quantum e di reiezione dell’eccezione di prescrizione presuntiva.

8. Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Potenza, pubblicata il 07/11/2018 col n. 759 ed addotta come notificata a mezzo p.e.c. il 22/11/2018 (ad opera del difensore di S.F.) ed il 26/11/2018 (ad opera del difensore di P.F.A.), ricorre oggi, affidandosi a quattro motivi, la società La Siritide s.r.l. con atto che si ricava notificato il 19/01/2019; resiste con controricorso il solo intimato S.F..

9. Per l’adunanza camerale del 24/07/2020, mentre il Pubblico Ministero deposita conclusioni scritte per l’accoglimento del solo primo motivo, la ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., penultimo periodo come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Motivi della decisione

1. Va notato che il primo mezzo di censura si riferisce al rapporto processuale tra l’odierna ricorrente ed una sola delle sue originarie controparti, cioè il controricorrente S., nei cui confronti era intervenuta pronuncia di inammissibilità dell’appello, mentre gli altri motivi investono la ricostruzione del rapporto professionale con entrambi i professionisti, cioè il S. ed il P. (qui restato intimato).

2. Ciò posto, va esaminato dapprima il primo motivo, relativo al solo rapporto processuale tra S.F. e la ricorrente La Siritide s.r.l.: col quale questa lamenta “nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 330, 170, 291 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 3, art. 161 c.p.c., comma 2, art. 162 c.p.c., comma 1, artt. 325, 326, c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”; in estrema sintesi contestando la reputata inesistenza della notifica eseguita al precedente avvocato del grado precedente una volta revocato, eretta a causa di esclusione: a) della sanatoria determinata dalla pacificamente avvenuta costituzione in appello del destinatario della notifica del relativo atto introduttivo; b) della rilevanza della successiva rinnovazione spontaneamente eseguita, benchè oltre il termine di trenta giorni dalla prima.

3. l motivo è fondato. Se è vero che effettivamente la notifica al difensore già costituito per il precedente grado di lite, del quale fosse nota la cessazione del mandato, è stata a lungo definita inesistente dalla giurisprudenza di questa Corte (tra le ultime: tra le ultime, da Cass. 19/01/2016, n. 759, ovvero da Cass. ord. 11/01/2017, n. 529), di recente questa Corte ha statuito (Cass. Sez. U. ord. 30/01/2020, n. 2087) essere in linea con l’evoluzione in senso restrittivo della nozione di inesistenza nella giurisprudenza di questa Corte – a partire da Cass. Sez. U. 20/07/2016, n. 14916 l’approdo ermeneutico più recente, che degrada la relativa invalidità a mera nullità, suscettibile di sanatoria (mediante rinnovazione da ordinarsi ai sensi dell’art. 291 c.p.c. ove, come nella specie, il destinatario non la sani con spontanea costituzione, neppure rilevando che questa possa avere avuto luogo solo per far valere la nullità stessa), anche ove la controparte abbia avuto conoscenza legale di detta cessazione (Cass. ord. 24/01/2018, n. 1798; in senso analogo, del resto, pure Cass. 09/03/2018, n. 5663, sia pure con riferimento al caso della notifica in luogo privo di qualunque collegamento col destinatario).

4. Ne consegue che il vizio, pur sussistente, andava inquadrato nella categoria della nullità sanabile e che la costituzione del destinatario, pacificamente avvenuta, ne abbia comportato appunto la sanatoria con riferimento alla prima delle impugnazioni proposte nei confronti di S.F., a prescindere pure dalla successiva attività, ultronea, di rinnovazione della notifica (e la questione della cui ritualità – ed in particolare della necessità di rispettare quanto meno il termine individuato da Cass. Sez. U. 15/07/2016, n. 14594 – diviene quindi irrilevante in questa sede).

5. In accoglimento del motivo, così, va disposta la cassazione della sentenza di secondo grado che ha invece definito in mero rito l’appello del la Siritide nei confronti del S., con rinvio alla medesima Corte territoriale, ma in diversa composizione, in applicazione del seguente principio di diritto: “la notifica dell’atto di appello effettuata nei confronti dell’originario difensore poi revocato, anzichè in favore di quello nominato in sua sostituzione, non è inesistente, ma nulla, anche ove la controparte abbia avuto conoscenza legale di detta sostituzione, sicchè la stessa è sanabile a seguito della costituzione del destinatario della notificazione, quand’anche al solo scopo di eccepire la nullità”.

6. Vanno ora esaminati gli altri motivi di ricorso, riferiti al merito, che la corte territoriale ha deciso nei soli rapporti tra l’altro originario attore ed appellato P.F. e la convenuta originaria La Siritide s.r.l.: ma che, in considerazione della qui riconosciuta erroneità della preclusione dell’appello, risultano quindi impregiudicati pure nei rapporti con l’odierno controricorrente.

7. Col secondo motivo la ricorrente lamenta: “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2730 c.c., comma 1, art. 2733 c.c., comma 2, art. 2735 c.c., comma 1, artt. 116, 228 e 229 c.p.c. – nonchè dei principi generali che presiedono alla distinzione fra valore indiziario delle ammissioni ed efficacia di piena prova della confessione – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”; sarebbe stato, in particolare, erroneamente riconosciuto un contenuto confessorio di piena prova: a) al contenuto di atti processuali elaborati e sottoscritti dal solo difensore della società nell’ambito di un distinto procedimento civile di cui non erano parti gli odierni intimati; b) al contenuto di verbali giudiziari raccolti in quel medesimo procedimento civile (consistente in dichiarazioni rivolte alla parte attrice di quel procedimento e non certo agli odierni intimati, che non erano parti di quel procedimento).

8. Col terzo motivo la ricorrente lamenta: “Nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 194 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, art. 157 c.p.c., commi 1 e 2, art. 161 c.p.c., comma 1, art. 162 c.p.c., art. 354 c.p.c., comma 4, art. 356 c.p.c., comma 1, art. 24 Cost., comma 2 e art. 111 Cost., commi 1 e 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”; e sostiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere fondato il motivo di appello con il quale si censurava la sentenza di primo grado per non avere accolto la eccezione di nullità (tempestivamente formulata e ritualmente coltivata) della consulenza tecnica d’ufficio in quanto effettuata in manifesta violazione dei diritti di difesa e al contraddittorio della società (odierna ricorrente); ancora, la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare la nullità della consulenza e disporre la rinnovazione delle operazioni peritali, consentendone lo svolgimento in armonia con le garanzie difensive della società (già appellante, odierna ricorrente).

9. Infine, con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 7, artt. 245, 244, 342 c.p.c., art. 345 c.p.c., comma 3, art. 24 Cost. e art. 111 Cost., commi 1 e 2 (nonchè dei principi generali in tema di ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova e di diritto alla prova), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”: e la stessa parte lo sintetizza come riferito alla (illegittima) mancata ammissione della prova testimoniale da essa richiesta.

10. Assume priorità logica, per le potenziali conseguenze sul quadro probatorio nel suo complesso che potrebbero derivare dalla rinnovazione dell’attività del c.t.u., il terzo motivo: il quale è fondato.

11. Infatti, in tema di consulenza tecnica di ufficio (da ultimo, a conferma di un orientamento consolidato: Cass. ord. 10/02/2020, n. 3047; in precedenza, tra le altre, Cass. 15/07/2016, n. 14532), ai sensi dell’art. 194 c.p.c., comma 2, e art. 90 disp. att. c.p.c., comma 1, alle parti va data comunicazione del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali, senza che l’omissione (anche di una) di simili comunicazioni sia, di per sè, ragione di nullità della consulenza stessa, che si realizza soltanto quando, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, ne sia derivato un pregiudizio del diritto di difesa per non essere state le parti poste in grado, nemmeno successivamente, di intervenire alle operazioni.

12. E, nella specie, è pacifico che tutte le operazioni siano state espletate in assoluta solitudine dal consulente tecnico di ufficio, senza che alle parti sia stata data la possibilità di presenziare neppure all’attività di presa d’atto e di studio preliminare della documentazione e di impostazione delle successive operazioni; come pure che di tale nullità l’odierna ricorrente si sia tempestivamente doluta, reiterando l’eccezione anche dinanzi al giudice d’appello.

13. Ora, per quanto limitata allo studio di documenti e quindi verosimilmente in estrinsecazione di operazioni meramente o prevalentemente intellettuali del professionista incaricato della consulenza, l’attività dell’ausiliario del giudice deve svolgersi offrendo comunque alle parti la possibilità di presenziarvi: senza contare che, nella specie, anche soltanto l’individuazione degli atti e dei documenti da esaminare, idonei a condizionare l’esito degli accertamenti a compiersi, poteva e doveva aver luogo in presenza delle parti o dei loro consulenti.

14. E, per di più, anche la sola attività di studio successivo dei documenti andava quanto meno prospettata alle parti comparse o messe in condizione di comparire all’inizio delle operazioni, onde consentire loro di attrezzarsi sui controlli o sulle altre modalità di interazione più utili in relazione allo sviluppo delle prime.

15. E’ certo vero che non si ha diritto alla regolarità formale del processo, ovvero all’applicazione delle regole processuali in quanto tali, se non si adduce il concreto pregiudizio che ne è derivato: e ciò perchè (tra le molte, Cass. Sez. U. 09/08/2018, n. 20685) è di norma indispensabile, per avere interesse a dolersi di un vizio processuale, allegare anche le conseguenti lesioni del diritto di difesa (Cass. Sez. U., 08/05/2017,n. 11141, p. 6 delle ragioni della decisione; Cass. 22/02/2016, n. 3432; Cass. 18/12/2015, n. 26831; Cass. 24/09/2015, n. 18394; Cass. 16/12/2014, n. 26450; Cass. 13/05/2014, n. 10327; Cass. 22/04/2013, n. 9722; Cass. 14/11/2012, n. 19992; Cass. 23/07/2012, n. 12804; Cass. 12/09/2011, n. 18635; Cass. Sez. U. 19/07/2011, n. 15763; Cass. 21/02/2008, n. 4435; Cass. 13 /07/2007, n. 15678).

16. Tuttavia, alcune basilari regole, come quelle miranti a garantire il contraddittorio e la sua effettività, rispondono ad esigenze così elementari di correttezza e regolarità dello sviluppo del processo che la lesione delle potenzialità di difesa è autoevidente o, quanto meno, da intendersi valutata ex ante e in via preventiva dal legislatore processuale all’atto della formulazione della norma: ed è questo il caso della soppressione definitiva della facoltà di prendere parte alle operazioni del consulente tecnico di ufficio, quand’anche queste si estrinsechino in attività meramente intellettuali o confinate, in ultima analisi e in massima parte, al foro interno dell’ausiliario, anche in tal caso avendo, intuitivamente, le parti interesse e quindi diritto a conoscere quanto meno i dati acquisiti e le modalità di impostazione ed espletamento delle attività alle quali si accinge il consulente.

17. Pertanto, la mera possibilità di verifica od esame successivi, ma a consulenza espletata e conclusa, non è di per sè idonea e sufficiente a garantire il corretto esercizio del diritto di difesa; e la sentenza ha malamente escluso la prospettata nullità in base alla sola successiva possibilità di controllare l’operato del consulente, pacifico risultando tra le parti che nessuna fase della sua attività è stata comunicata a costoro, che solo hanno potuto prendere visione a cose fatte dell’elaborato per muovere le loro critiche.

18. Tale conclusione assorbe ogni considerazione anche della ratio decidendi della corte territoriale sull’irrilevanza dell’eventuale nullità ai fini della contestazione dell’an debeatur, investendo la consulenza il quantum: essendo invece intuitiva l’interrelazione tra i due aspetti, anche solo considerando i riflessi dell’attività del consulente di esame e rielaborazione dei documenti di causa perfino ai fini della prova di un effettivo conferimento dell’incarico, ma pure della corretta delimitazione dell’ambito o della concreta consistenza delle attività di cui gli originari attori pretendevano la remunerazione e per la quale è tuttora causa.

19. La sentenza va cassata anche sotto questo profilo, per non avere applicato il seguente principio di diritto: “ai sensi dell’art. 194 c.p.c., comma 2 e art. 90 disp. att. c.p.c., comma 1, l’espletamento di tutte le attività del consulente tecnico di ufficio senza alcun coinvolgimento delle parti, alle quali è mancata qualunque comunicazione sia del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni dell’ausiliario, sia di quelli della relativa prosecuzione, implica la nullità della consulenza, la quale, se tempestivamente eccepita, non è sanata dalla mera possibilità di riscontro o verifica a posteriori dell’elaborato del consulente”.

20. Tanto comporta l’assorbimento degli altri due motivi, relativi al merito del conferimento stesso dell’incarico: così restando qui irrilevante notare che comunque la corte territoriale, se non altro nell’ambito dei rapporti con l’appellato nei cui confronti non aveva rilevato preclusivi vizi di forma dell’appello, aveva comunque esaminato nel loro complesso tutti gli elementi forniti dai professionisti (sottolineata l’infondatezza dell’unica critica in primo grado in quanto meramente formale, solo sotto il profilo della non conformità all’originale degli atti prodotti: ridimensionata così la rilevanza della qualificazione di confessorie alle dichiarazioni del procuratore dell’odierna ricorrente in altro giudizio); e più non rilevando che la stessa corte di merito ha specificamente motivato (a pag. 11 della sentenza) ad ulteriore e definitivo sostegno della valutazione di inammissibilità o irrilevanza delle circostanze oggetto delle istanze istruttorie considerate dalla censura in questa sede.

21. All’assorbimento del secondo e del quarto motivo, in uno alla rilevata fondatezza del primo e del terzo, consegue comunque la cassazione della gravata sentenza, con rinvio alla medesima corte territoriale, ma in diversa composizione ed anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

22. Poichè il ricorso è stato almeno in parte accolto, non sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, dichiarati assorbiti gli altri. Cassa la gravata sentenza in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2020

 

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