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Padre assente

Diritto di Famiglia Separazione e Divorzio

Affido super esclusivo alla madre: pesa la violenza davanti ai figli (Cass. 7409/25)

La Cassazione conferma: anche senza condanna penale, un padre violento agli occhi dei figli perde il diritto all’affido

LA VICENDA

Una donna chiedeva al Tribunale l’affido esclusivo dei tre figli avuti da una convivenza more uxorio, a causa di comportamenti violenti da parte dell’uomo anche alla presenza dei minori.

Nonostante l’archiviazione del procedimento penale per maltrattamenti, i giudici civili (Tribunale e poi Corte d’Appello) avevano ritenuto provati gli episodi violenti e l’inidoneità genitoriale del padre, accertando anche il tentativo di condizionamento psicologico sui minori.

È stato dunque disposto l’affidamento super esclusivo alla madre, con attribuzione a lei di tutte le decisioni importanti per i figli e fissato un contributo al mantenimento.

Il padre ricorreva in Cassazione, lamentando tra l’altro la mancata audizione dei minori, la pretesa neutralità della CTU e la sproporzione dell’assegno di mantenimento.

LA CASSAZIONE

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7409 del 20 marzo 2025, ha rigettato il ricorso e stabilito l’affido super esclusivo dei figli alla madre, pur in presenza dell’assoluzione penale del padre dal reato di maltrattamenti. La decisione è maturata dalla valutazione del comportamento aggressivo dell’uomo, che aveva colpito con un pugno la porta di casa e la zona genitale dell’ex compagna, anche alla presenza dei figli e degli operatori del consultorio.

Secondo i giudici, questi atti ledono profondamente il diritto dei minori a crescere in un ambiente sereno. Inoltre, l’uomo avrebbe tentato di condizionare il figlio maggiore, minacciandolo di abbandono. In questo clima di violenza e manipolazione, la Cassazione ha ritenuto irrilevante l’ascolto dei minori, specialmente se sotto i 12 anni, poiché potenzialmente influenzati dal genitore violento.

IL PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO DALLA CORTE

In materia di affidamento dei figli minori, anche in assenza di condanna penale, qualora siano accertati comportamenti violenti, aggressivi o manipolatori da parte di un genitore — specie se avvenuti alla presenza dei figli — il giudice civile è tenuto a disporre misure idonee a tutelare il benessere psicologico e relazionale dei minori, ivi compreso l’affido super esclusivo all’altro genitore.

IL PASSO SALIENTE DELL’ORDINANZA

[…] «Il genitore che con il suo comportamento costringe il figlio ad assistere ad atti di violenza sull’altro genitore o comunque aggressivi, lede il diritto del bambino a vivere in un ambiente sano ed armonioso; e, nel caso in cui i comportamenti violenti e/o aggressivi siano accertati, il giudice civile deve adottare misure idonee a proteggere le vittime dalla possibile reiterazione di questi comportamenti, e da contatti con un genitore inadeguato» […]

Qual è la differenza tra affido esclusivo e super esclusivo?

AFFIDO ESCLUSIVO

Nel caso di affido esclusivo, un solo genitore esercita in via esclusiva le decisioni di maggiore interesse per il figlio (scuola, salute, educazione, residenza, ecc.).

Tuttavia, l’altro genitore mantiene comunque il diritto di essere informato e di esprimere il proprio parere (anche se non vincolante).

Norma di riferimento: art. 337-quater c.c.

AFFIDO SUPER ERSCLUSIVO (o rafforzato)

L’affido super esclusivo è una forma ancora più limitativa nei confronti del genitore non affidatario.

Qui il genitore affidatario non ha nemmeno l’obbligo di consultare o informare l’altro genitore sulle decisioni che riguardano i figli.

Si applica solo in casi gravi, quando l’altro genitore: è violento o gravemente inidoneo, strumentalizza o condiziona i figli, diserta gli obblighi genitoriali (mantenimento, presenza, collaborazione), costituisce un pericolo per il benessere psicologico o fisico dei figli.

Non esiste una voce espressamente intitolata “affido super esclusivo” nel codice civile, ma la giurisprudenza (come quella della Cassazione in questo caso) ne ha riconosciuto l’esistenza e la legittimità come forma rafforzata di affido esclusivo, per la massima protezione del minore.

L’ORDINANZA

Cassazione civile, Sez. I, Ordinanza del 20/03/2025, n. 7409

(Presidente Alberto Giusti – Relatore Rita Elvira A. Russo)

(Omissis)

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 15 luglio 2020 B.B. ha adito il Tribunale di Castrovillari esponendo che dalla convivenza more uxorio con A.A. sono nati tre figli: C.C. (nato il Omissis a Rossano), D.D. (nato il Omissis a Castrovillari) e E.E. (nata il Omissis a Castrovillari); che dopo la cessazione della convivenza ella era rimasta in un primo momento nell’immobile adibito a casa familiare ma successivamente lo aveva abbandonato rivolgendosi a un centro antiviolenza a causa delle incursioni del A.A. nella casa familiare; chiedeva l’affidamento esclusivo dei figli e assegno di mantenimento. Il Tribunale ha disposto un accertamento sulle condizioni di vita dei minori da parte dei servizi sociali e una consulenza tecnica d’ufficio delegando al consulente anche l’ascolto dei minori e la valutazione della loro capacità di discernimento; in esito all’istruttoria ha affidato i minori esclusivamente alla madre attribuendole tutte le decisioni di maggiore interesse per la prole (c.d. affidamento super esclusivo) e posto a carico del A.A. un assegno di Euro 600,00 mensili.

A.A. ha interposto gravame che la Corte d’Appello di Catanzaro ha respinto rilevando: che malgrado il GUP abbia archiviato la denuncia penale nel procedimento sono stati accertati alcuni episodi quali il danneggiamento della porta e un pugno sferrato alla moglie che giustificano l’allontanamento della donna dalla casa di famiglia e il suo fissare la residenza in una città diversa per sottrarsi a una situazione familiare ormai esasperata e comunque connotata da violenza; che la madre non ha ostacolato i rapporti tra il padre e i figli dal momento che ogni qualvolta non ha potuto ottemperare alle indicazioni previste dal consultorio in ordine agli incontri le ha puntualmente giustificate, mentre altri appuntamenti erano stati annullati dal padre; che la non idoneità genitoriale del A.A. è emersa dalla circostanza che non ha saputo contenere la conflittualità con conseguente disagio per la prole, e si è espresso in forme atte ad alterare a porre in serio pericolo l’equilibrio dei minori, tenendo condotte ingiustificate (non accompagnare il figlio all’incontro programmato presso il consultorio, per consentirgli di vedere la madre; aggredire verbalmente gli operatori del consultorio e prendere a calci, reiteratamente, la porta a vetri del consultorio, alla presenza dei minori; non dimostrarsi disponibile al dialogo con gli operatori, tentare di condizionare il minore dicendogli che lo avrebbe abbandonato nel caso in cui il minore intrattenesse rapporti con la madre). La Corte rileva inoltre che dalla consulenza emerge il ruolo accudente della madre e, viceversa, l’atteggiamento assolutamente negativo del padre, che tenta di sminuire, agli occhi del figlio C.C., la figura materna facendola passare per una donna bugiarda e pronta ad abbandonare i figli; che è stato reiteratamente violato l’obbligo dei mantenimento dei figli minori nonostante egli sia in grado di sostenere l’onere economico impostogli.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.A. affidandosi a cinque motivi. La B.B. ha svolto difese con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale Luisa De Renzis, ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.) in relazione agli articoli 315 bis, 316, 336 bis e 337 octies c.c., nonché dell’art. 12 della Convenzione di New York del 1989, degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 1996, nonché degli artt. 101 c.p.c. e Cost., 111 per la omessa audizione dei minori da parte del giudice d’appello. Il motivo è declinato anche in termini di nullità della sentenza (art. 360 n. 4 c.p.c.) per violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c.. Il ricorrente deduce che il giudice d’appello ha gravemente errato allorché ha omesso di disporre l’ascolto e l’audizione dei minori nonostante la sua richiesta. Osserva che il giudice deve motivare le ragioni per cui ritiene il minore infra-dodicenne incapace di discernimento, se decide di non disporne l’ascolto, così come deve motivare perché ritiene l’ascolto effettuato nel corso delle indagini peritali idoneo a sostituire un ascolto diretto ovvero un ascolto demandato ad un esperto al di fuori del contesto relativo allo svolgimento di un incarico peritale. Deduce che la Corte catanzarese, benché specificamente richiesto l’ascolto dei minori che, in quel momento, erano capaci di discernimento, in quanto avevano l’uno dieci anni e 10 mesi, l’altro sei anni e 10 mesi, affinché potessero esprimere i loro bisogni ed esigenze personali, e rendersi portavoce, anche se in maniera indiretta, dei bisogni ed esigenze anche della sorellina più piccola, non si è neppure pronunciata su detta richiesta che, pertanto, è rimasta inevasa senza alcuna motivazione.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 c.p.c.) per il mancato esame delle dichiarazioni rese dai minori ascoltati in sede di attuazione del decreto del Tribunale di Castrovillari. Il ricorrente lamenta che l’organo giudicante non abbia esaminato le dichiarazioni rese dai minori ascoltati nell’udienza del 30/08/2023 nel corso della quale i minori hanno espresso la volontà di voler vivere presso l’abitazione paterna. La Corte di Appello, nell’omettere di esaminare la volontà dei minori avrebbe, di conseguenza, pronunciato una decisione sorretta da una motivazione inesistente e/o apparente, il cui vizio, anche alla luce della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. n. 5 è sottoponibile al vaglio dei giudici di legittimità, per violazione dell’art. 132 c.p.c. n.4 e dell’art. 111, c.6, Cost.

3.- I primi due motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.

Il Pubblico Ministero osserva che nel caso di specie i minori erano stati ascoltati sia tramite il consulente tecnico che nel corso del giudizio di primo grado in fase di attuazione dei provvedimenti di affidamento e che l’audizione del minore non costituisce un adempimento da eseguire in via automatica così da dover essere replicato nei gradi di giudizio successivi al primo o nelle fasi endoprocedimentali della modifica e revoca dei provvedimenti adottati, ove l’adempimento sia stato già eseguito. Sottolinea che occorre rifuggire da una logica giuridica che trasforma l’ascolto del minore in un inevitabile atto istruttorio o, peggio ancora, burocratico, perché in realtà si tratta di un esercizio di un diritto garantito dal giudice, il quale può anche ritenere superfluo (in via implicita) l’ascolto del minore nelle fasi di giudizio successive al primo grado.

Il rilievo è condivisibile ed è coerente con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale tramite l’ascolto il minore esercita un diritto, e di conseguenza esso è sottratto alla disponibilità delle parti e garantito dal giudice, il quale è tenuto a rendere una motivazione esplicita e puntuale soltanto in caso di totale omissione dell’ascolto o di richiesta in tal senso proveniente dal curatore speciale del minore, quale rappresentante del titolare del diritto, potendo il diniego alle richieste di rinnovo, fuori dalle ipotesi sopra indicate, essere anche implicito (Cass. n. 437 del 08/01/2024). Inoltre, nel caso in cui il minore sia di età inferiore ai dodici anni il giudice ha il potere discrezionale officioso di indagare la sussistenza della capacità di discernimento e, valutate le emergenze processuali in merito, di disporre l’ascolto del minore, ma non è tenuto a motivare le ragioni dell’omesso ascolto se la audizione non è stata richiesta allegando le ragioni per le quali deve ritenersi avvenuta la maturazione del minore, in maniera tanto più specifica e persuasiva quanto più il minore è lontano dalla età degli anni dodici (Cass. n. 4595 del 21/02/2025).

Si deve quindi osservare che la Corte d’Appello, in conformità alla valutazione espressa dal giudice di primo grado, ha sottolineato il tentativo da parte del padre di condizionare i minori e segnatamente il figlio più grande, C.C., con la minaccia di abbandonarlo e che i minori sono stati spettatori della esacerbata conflittualità familiare sfociata in atti di violenza agita dal padre sulla madre (un pugno sferrato alla zona genitale) e di atti aggressivi alla presenza degli operatori del consultorio (prendere a calci la porta del consultorio, aggredire verbalmente gli operatori) comportamenti ritenuti dal giudice di merito del tutto ingiustificati e volti ad ostacolare le relazioni tra i figli e la madre, anteponendo l’astio nei confronti della ex compagna all’interesse dei minori.

Emerge quindi chiaramente la ragione per la quale la Corte di merito ha ritenuto che l’interesse obiettivo dei minori si delineasse con sufficiente chiarezza, senza necessità di reiterare l’ascolto nel secondo grado del giudizio, e che non vi fossero ragioni per assecondare la (dedotta) volontà dei minori, che non è il solo elemento che il giudice deve tenere presente nell’accertare il miglior interesse del minore né può essere vincolante, specie ove espressa da minori di età inferiore agli anni dodici, in un contesto segnato da violenza familiare e con palesi tentativi di condizionamento operati dal genitore violento sui minori (si veda CEDU, A.S. e M.S. c. Italia n.48618/22, par. 147; I.S. c. Grecia, n. 19165/20, par. 94, 23 maggio; Cass. n. 2947/2025).

A fronte di ciò il ricorrente non esplicita in che termini avrebbe sottoposto al giudice d’appello la richiesta di ascoltare nuovamente i minori e segnatamente in che termini abbia offerto elementi specifici per desumere che gli stessi avessero raggiunto non solo un grado di maturità sufficiente per esprimersi davanti al giudice ma anche e soprattutto un grado di maturità sufficiente per esprimere una volontà propria e non condizionata.

4.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.) in relazione agli artt. 155, 155 bis, 333, 337- ter, 337- quater e 337-octies c.c. per illegittimità della CTU e insussistenza di comportamenti manipolatori da parte del padre, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. per avere il giudice d’appello fondato la propria decisione su una CTU viziata accettandone acriticamente le conclusioni. Il ricorrente deduce che provvedimento impugnato riproduce acriticamente il contenuto della CTU, senza procedere ad una analisi logico-giuridica che, se svolta, avrebbe portato a conclusioni diverse. Lamenta che il giudice abbia deciso per l’affidamento super-esclusivo alla madre sulla base di una CTU illegittima, irregolare, incompleta e non corrispondente ai quesiti posti dal giudice. Quest’ultima è difatti priva delle allegazioni audio-visive dei colloqui e ciò ha ostacolato il CTP nel controdedurre le conclusioni del CTU, costituendo violazione del principio del contradditorio. Il motivo è declinato anche in termini di violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.), nonché di violazione o falsa applicazione degli artt. 155, 155 bis, 333, 337- ter, 337-quater e 337- octies c.c. in relazione all’insussistenza dei presupposti per un affidamento super esclusivo dei minori alla madre e alla sussistenza della capacità genitoriale del ricorrente, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. per avere il giudice d’appello omesso e errato nell’individuazione, interpretazione e valutazione dei fatti di causa, delle risultanze istruttorie e della documentazione in atti -contraddittorietà e illogicità della decisione – travisamento delle fonti di prova.

5.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.)e in particolare la violazione o falsa applicazione degli artt. 155,155 bis, 333, 337- ter, 337- quater e 337- octies c.c. in relazione alla sussistenza della capacità genitoriale della madre, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. per avere il giudice d’appello omesso e errato nell’individuazione, interpretazione e valutazione dei fatti di causa, delle risultanze istruttorie e della documentazione in atti -contraddittorietà e illogicità della decisione – travisamento delle fonti di prova. Il ricorrente deduce che contrariamente a quanto erroneamente ritenuto dalla Corte catanzarese, il genitore privo di capacità genitoriale è la madre dei minori, e a tale conclusione si perviene con deduzione logica dall’osservazione dei fatti incontrovertibili desunti in istruttoria. Il motivo è declinato anche sotto il profilo di nullità della sentenza (art. 360 n. 4c.p.c.) per violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c.. Deduce che la madre dei minori sul falso presupposto di aver subito maltrattamenti in famiglia, il 14 luglio 2020 ha lasciato la residenza familiare con i tre figli minori per trovare ospitalità in una località segreta privando i figli dall’affetto del padre per circa un anno. Tale condotta è stata ritenuta dal giudice civile una fuga ingiustificata e dal giudice penale una condotta penalmente rilevante ai sensi del 574 c.p. ed ella è imputata per sottrazione persone incapaci (processo R.G.T. 1318/2022 Trib. penale di Castrovillari).

6.- I motivi terzo e quarto possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.

6.1.- Occorre in primo luogo fare chiarezza sulla questione della archiviazione in sede penale del procedimento per maltrattamenti.

Il giudice del merito ha messo in evidenza che nonostante il provvedimento di archiviazione in sede penale sono state positivamente accertate condotte violente tenute dal ricorrente in ambito familiare, quali il danneggiamento della porta e l’episodio del pugno sferrato alla donna nella zona genitale, e ha ritenuto che esse giustificassero l’allontanamento della odierna controricorrente dalla casa, in quanto la “situazione familiare ormai esasperata e, comunque, connotata da violenza”. Inoltre, è stato accertato che il ricorrente ha tenuto comportamenti violenti ed intemperanti alla presenza dei minori nei confronti degli operatori del consultorio incaricati di agevolare il diritto di visita, e si è accertata altresì la inosservanza dell’obbligo di mantenimento.

È stato così tracciato, nella sentenza impugnata, un complessivo quadro di violenza che connotava la vita familiare, con il quale si pongono in continuità anche gli atti successivi alla fine della convivenza; ed invero anche della violenza assistita, vale a dire agita alla presenza dei minori anche se non direttamente su di essi, nonché della violenza psicologica o economica il giudice dell’affidamento deve tenere conto nella valutazione del miglior interesse del minore, così come correttamente ne hanno tenuto conto il Tribunale e la Corte d’Appello.

7.- Deve qui osservarsi che lo Stato italiano ha firmato e ratificato (legge n. 77/2013) la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 11 maggio 2011, oggi ratificata anche dalla UE e quindi vincolante per tutti gli Stati membri.

La Convenzione di Istanbul definisce violenza domestica tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l ‘autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima (art. 3); obbliga gli Stati firmatari a proteggere i diritti dei bambini testimoni di ogni forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della Convenzione (art. 26); impegna le Parti ad adottare misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione (art. 31) nonché misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l’esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini (art. 32); vieta il ricorso obbligatorio a procedimenti di soluzione alternativa delle controversie, incluse la mediazione e la conciliazione, in relazione a tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione (art. 48). La Convenzione di Istanbul chiarisce quindi che il fenomeno denominato violenza domestica comprende tutti gli atti che comportano violazione dei diritti umani e discriminazione contro le donne, suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica; essa descrive inoltre un quadro molto chiaro della incidenza di questi atti di violenza sui rapporti familiari, sui procedimenti civili che hanno per oggetto l’affidamento e sulla necessità di tutelare i bambini che abbiano assistito a siffatti episodi di violenza (violenza assistita).

8.- Solo con la recente riforma del processo civile, introdotta con il D.Lgs. n. 149 del 2022, sono state previste, in attuazione della Convenzione di Istanbul, specifiche disposizioni processuali per la trattazione dei procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglie in cui vi siano condotte di violenza domestica e di genere (cfr. gli artt. 473-bis.40 e ss. c.p.c.), evidenziando nella relazione illustrativa che la diffusione della violenza di genere e domestica ha indotto il legislatore delegante a prevedere numerosi principi di delega finalizzati a evitare il verificarsi, nell’ambito dei procedimenti civili e minorili, aventi ad oggetto la disciplina delle relazioni familiari, ed in particolare l’affidamento dei figli minori, di fenomeni di vittimizzazione secondaria, la quale si realizza quando le stesse autorità chiamate a reprimere il fenomeno delle violenze, non riconoscendolo o sottovalutandolo, non adottano nei confronti della vittima le necessarie tutele per proteggerla da possibili condizionamenti e reiterazioni delle violenze stesse.

Sebbene le disposizioni introdotte dal D.Lgs. n. 149 del 2022 non siano applicabili ratione temporis alla controversia in esame, la Convenzione era comunque vigente nel momento in cui è stato introdotto il giudizio e di conseguenza impone quantomeno l’interpretazione delle norme interne in senso ad essa conforme (Cass. n. 11631 del 30/04/2024).

8.- Sul punto questa Corte ha già affermato il principio, al quale il Collegio intende dare continuità, secondo il quale il genitore che con il suo comportamento costringe il figlio ad assistere ad atti di violenza sull’altro genitore o comunque aggressivi, lede il diritto del bambino a vivere in un ambiente sano ed armonioso; e, nel caso in cui i comportamenti violenti e/o aggressivi siano accertati, il giudice civile deve adottare misure idonee a proteggere le vittime dalla possibile reiterazione di questi comportamenti, e da contatti con un genitore inadeguato (Cass. n. 4595 del 21/02/2025).

9.- Si tratta di indagini e valutazioni parzialmente differenti da quelle che eseguono il pubblico ministero e il giudice penale. L’accertamento dei fatti oggettivi è il medesimo ed infatti sono previsti specifici strumenti di raccordo tra il processo civile e il procedimento penale; non a caso l’art. 64-bis disp. att. c.p.p. (inserito dall’art. 14 comma 1 della L. 19 luglio 2019, n. 69) prevede che il pubblico ministero quando procede per reati commessi in danno del coniuge, del convivente o di persona legata da una relazione affettiva, anche ove cessata, e risulta la pendenza di procedimenti relativi alla separazione personale dei coniugi, allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, allo scioglimento dell’unione civile o alla responsabilità genitoriale, “ne dà notizia senza ritardo al giudice che procede, salvo che gli atti siano coperti dal segreto di cui all’art. 329 del c.p.p.”. L’attuale art. 473- bis.42 c.p.c. specularmente prevede che anche il giudice civile chieda al pubblico ministero alle altre autorità competenti informazioni circa l’esistenza di eventuali procedimenti relativi agli abusi o alle violenze allegate definiti o pendenti.

9.1.- Diversa è però la valutazione dei fatti accertati perché il reato è un fatto tipico, di regola doloso, previsto da una norma di stretta interpretazione; l’illecito civile consiste in qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto e segnatamente, qualora si parli di danno non patrimoniale, qualunque fatto che leda beni costituzionalmente protetti (Cass. SU n. 26975 del11/11/2008). Pertanto, a fronte del medesimo fatto oggettivo, il giudice penale potrebbe assolvere o disporre una archiviazione della denuncia, mentre il giudice civile potrebbe ritenere sussistente un comportamento aggressivo e violento, posto che la sola circostanza che le denunce siano state archiviate in sede penale non costituisce una motivazione sufficiente per escludere che vi sia un comportamento illecito rilevante in sede civile, rivelatore di un deficit di competenze genitoriali.

10.- Correttamente pertanto la Corte di merito ha reso una valutazione autonoma dei fatti positivamente accertati in sede penale, inserendoli in un generale quadro probatorio composto non soltanto – come erroneamente deduce il ricorrente- dalla relazione di consulenza tecnica di ufficio ma anche dalle relazioni del consultorio e dal rilevato accertamento dell’inadempimento dell’obbligo di mantenimento; tutti elementi che univocamente indirizzano verso la sussistenza di un quadro di violenza familiare nei termini sopra descritti, condotte che denotano, come osserva la Corte di merito, “una manifesta carenza del A.A., che ben giustifica l’affidamento super-esclusivo alla madre”. Con questo giudizio la Corte di merito ha applicato la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale in tema di affidamento dei figli minori, la scelta dell’affidamento ad uno solo dei genitori deve essere compiuta in base all’esclusivo interesse morale e materiale della prole, sicché il perseguimento di tale obiettivo può comportare anche l’adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori, senza che occorra operare un bilanciamento fra questi ultimi e l’interesse superiore del minore (Cass. n. 4056 del 09/02/2023). Ed ancora, nella giurisprudenza di questa Corte si è affermato che la questione dell’affidamento della prole è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito il quale, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità (Cass., n. 28244/2019; Cass., n. 14728/2016) e che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena (Cass. n. 13217/2021; Cass. n. 6919/2016).

11.- La Corte di merito al fine di decidere sull’affidamento ha messo in evidenza le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio dalla quale emerge il ruolo accudente della madre e, viceversa, l’atteggiamento assolutamente negativo del padre, che tentava di sminuire, agli occhi di C.C., la figura materna. Il giudice d’appello ha messo altresì in evidenza che -come risulta dalla relazione di consulenza ma anche dalle relazioni fatte dagli operatori del consultorio e dei servizi sociali- mentre i bambini che vivevano con la madre si presentavano sereni e avevano anche buoni risultati a scuola, C.C., che ha vissuto con il padre, si presentava con una ansia marcata, desiderava vedere la madre ma al tempo stesso riferiva di una serie di racconti negativi fatti dal padre in ordine comportamenti della madre, tesi a sminuirne la figura; mentre di contro la Corte di merito ha rilevato che la madre ha sempre incoraggiato i bambini a frequentare il padre.

Priva di fondamento è poi l’eccezione, già respinta dalla Corte di merito e reiterata in questa sede, di violazione del diritto di difesa in quanto la consulenza depositata è priva delle allegazioni audiovisive dei colloqui tenuti con i minori e con le parti, rilevante, secondo la parte, in quanto sarebbe stato ostacolato il consulente tecnico di parte nel fare le sue osservazioni. La Corte di merito ha respinto l’eccezione in quanto non sollevata tempestivamente, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 3184 del 05/02/2024). La parte non si confronta con questa ratio decidendi né spiega adeguatamente la ragione per la quale il consulente di parte, che risulta abbia partecipato a operazioni peritali e quindi anche all’ascolto dei minori, avrebbe avuto necessità di queste video registrazioni per presentare le proprie osservazioni; quanto al “condizionamento del minore” si tratta di una valutazione operata direttamente dai giudici di merito, sulla base di una pluralità di elementi convergenti e non solo su quanto accertato dal consulente.

Quanto al resto si tratta di censure di merito, inammissibili in questa sede, con le quali si prospetta, nella sostanza, un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, preclusa nel giudizio di legittimità, ove non può operarsi un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass. n. 10927 del 23/04/2024).

12.- Con il quinto motivo del ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c.) in relazione agli artt. 337 ter, comma 4, n. 4, c.c. e degli art. 91 e 92 c.p.c. in ordine alla valutazione delle prove per non aver tenuto conto della reale capacità reddituale del padre e per non avere applicato il principio di proporzionalità; nonché, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. per avere il giudice d’appello omesso e errato nell’individuazione, interpretazione e valutazione dei fatti di causa, delle risultanze istruttorie e della documentazione in atti – contraddittorietà e illogicità della decisione – travisamento delle fonti di prova. Il ricorrente deduce che la Corte territoriale non ha considerato la sua reale situazione reddituale così come risultante dalla documentazione fiscale in atti. In particolare, dalle dichiarazioni reddituali PF 2022 e 2023 e dall’ISEE ordinario 2022 pari a 4.694,01euro annuo, risulta evidente che il ricorrente, per contingenze lavorative, negli anni 2021, 2022 e 2023 ha vissuto una condizione reddituale indigente a causa delle poche giornate lavorative espletate da bracciante agricolo e da reddito agricolo nella sua qualifica di IAP. Tale situazione reddituale non è neppure stata smentita dagli accertamenti richiesti dal Tribunale di Castrovillari, alla GdF territorialmente competente volti ad accertare le effettive situazioni finanziarie mediante indagini bancarie e quant’altro necessario a verificare le reali situazioni economiche patrimoniali. Ciò nonostante, il giudice di secondo grado ha ignorato i detti documenti fiscali, ponendo a carico del padre un assegno mensile di Euro 600,00, che risulta essere sproporzionato rispetto alla sua capacità reddituale.

13.- Il motivo è inammissibile e la censura non si confronta adeguatamente con la ragioni esposte dal giudice di merito.

La Corte d’Appello al fine di determinare le capacità economiche complessive del ricorrente, in conformità al giudizio reso dal giudice di primo grado, ha valutato una pluralità di elementi, tra cui le dichiarazioni rese dallo stesso ricorrente e la circostanza che egli è anche titolare di una impresa agricola e la sua capacità reddituale. Si tratta di una valutazione di merito che in quanto sostenuta da una motivazione che rende trasparente il percorso che ha seguito il giudice di merito per determinare il contributo di mantenimento nella misura attualmente fissata non può essere rivisto in questa sede.

Deve qui ricordarsi che la valutazione delle prove è rimessa al prudente apprezzamento del giudice ed è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. s.u. n. 20867 del 30/09/2020; Cass. n. 27847 del 12/10/2021) Il giudice del merito non è peraltro tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata e (Cass. n. 12751 del 18/10/2001; Cass. n. 16056 del 02/08/2016 Cass. n. 29404 del 07/12/2017).

Ne consegue il rigetto del ricorso; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, alle spese non documentabili liquidate in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196/2003.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.

Depositata in Cancelleria il 20 marzo 2025.

 

 

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