LA VICENDA
Una dipendente vantava un credito retributivo per aver prestato il proprio lavoro a favore di una società il cui ramo d’azienda era stato successivamente ceduto. Tale cessione era stata congegnata in modo tale da lasciare solo in capo alla società cedente la responsabilità per il debito retributivo verso la lavoratrice, nonchè finalizzata a lasciare non soddisfatto quel debito dopo la messa in liquidazione e la successiva cancellazione della società debitrice.
Ed invero…
il fatto che la compagine sociale della cessionaria fosse sostanzialmente quella della cedente, palesava un uso “distorto” dell’istituto del trasferimento di ramo di azienda. In questa prospettiva, neppure il fatto che il debito retributivo risultante dal bilancio finale della liquidazione della società cedente, non fosse ricompreso tra le poste conferite alla società risultava essere una circostanza sufficiente ad escludere la responsabilità di cui all’art. 2560 comma 2 c.c..
Tanto più che…
in tema di cessione di azienda, il principio di solidarietà fra cedente e cessionario – fissato dall’art. 2560 c.c., comma 2, con riferimento ai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento e condizionato a che i debiti risultino dai libri contabili obbligatori – deve essere applicato considerando la “finalità di protezione” della disposizione, la quale permette di far comunque prevalere il principio generale di responsabilità solidale del cessionario qualora risulti, da un lato, un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi rispetto a quelli per i quali essa è stata introdotta e, dall’altro, un quadro probatorio che, ricondotto alle regole generali fondate anche sul valore delle presunzioni, consenta di assicurare tutela effettiva al creditore (cfr. Cass. 32134/19).
IL PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO DALLA CORTE
In tema di cessione di azienda, la disciplina di cui all’art. 2560, comma 2, c.c. – che richiede, ai fini della responsabilità del cessionario per i debiti anteriori al trasferimento, la loro risultanza dai libri contabili obbligatori – è applicabile soltanto in presenza di un’effettiva alterità tra cedente e cessionario, non ravvisandosi, in caso di trasferimento solo formale, l’esigenza di salvaguardia dell’interesse dell’acquirente dell’azienda di avere precisa conoscenza dei debiti di cui potrà essere chiamato a rispondere, correlato a quello, superindividuale, alla certezza dei rapporti giuridici e alla facilità di circolazione dell’azienda.
LA SENTENZA
Cassazione civile, Sez. III, Sentenza, 13/09/2023, n. 26450
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUBINO Lina – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere –
Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –
Dott. SPAZIANI Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21373/2020 R.G. proposto da:
IOT VIAGGI Srl , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Achille Saletti, (achille.saletti.milano.pecavvocati.it), e Giovanni Daleffe, (giovanni.daleffe.bergamo.pecavvocati.it), in virtù di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
nei confronti di:
A.A., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giuseppe Mazzini n. 145, presso lo studio dell’Avvocato Roberto Lombardi, (robertolombardi.ordineavvocatiroma.org), rappresentata e difesa dall’avvocato Paolo Mulitsch, (paolo.mulitsch.pecavvocatigorizia.eu), in virtù di procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 303/2020 della CORTE d’APPELLO di TRIESTE, depositata il 2 luglio 2020 e notificata il 3 luglio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5 luglio 2023 dal Consigliere Relatore Dott. Paolo SPAZIANI;
uditi gli avvocati Giovanni DALEFFE e Paolo MULITSCH;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 60 del 2014 il Tribunale di Gorizia condannò la Intercontinentale Organizzazione Turismo Srl a pagare la somma di Euro 72.169,52, oltre accessori, al Fallimento (Omissis) s.n.c., che aveva esercitato giudizialmente, ai sensi della L. Fall., art. 43, il credito retributivo vantato da A.A., dichiarata fallita, quale ex lavoratrice dipendente della società convenuta; credito maturato tra la data dell’illegittimo licenziamento ((Omissis)) e la data del pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione ((Omissis)).
A.A., tornata sui iuris dopo la chiusura della procedura concorsuale ed ottenuta transattivamente la cessione del credito giudizialmente accertato in favore del fallimento, notificò la predetta sentenza, munita di formula esecutiva, e il relativo precetto (intimandole il pagamento della somma di Euro 77.137,83) a IOT-Intercontinental Organization of Tourism Srl , quale società incorporante Iottour Viaggi Srl , cui la condannata Intercontinentale Organizzazione Turismo Srl , con atto del 10 dicembre 2008, aveva ceduto il ramo di azienda presso il quale la precettante aveva prestato la propria attività lavorativa.
2. L’opposizione al precetto, proposta dalla precettata IOT-Intercontinental Organization of Tourism Srl , fu accolta dal Tribunale di Gorizia, il quale, con sentenza n. 403 del 2018, statuì, per quanto rileva in questa sede, che nella fattispecie non poteva configurarsi una responsabilità della cessionaria del ramo d’azienda (e quindi della sua incorporante), non trovando operatività la disciplina di cui all’art. 2560 c.c., comma 2: da un lato, infatti, non era stata neppure chiesta l’esibizione delle scritture contabili della società cedente, dalle quali si potesse verificare se il debito verso la sig.ra A.A. vi fosse stato iscritto alla data del trasferimento d’azienda; dall’altro lato, il debito non risultava tra le poste conferite alla società cessionaria in base alla perizia redatta ai sensi dell’art. 2465 c.c., mentre invece risultava nel bilancio finale di liquidazione della cedente.
3. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza 2 luglio 2020, n. 303 – nel contraddittorio con Iot Viaggi Srl (già IO.T.OUR Services Srl ), società incorporante IOT-Intercontinental Organization of Tourism, a sua volta già incorporante Iottour Viaggi Srl , cessionaria del ramo di azienda di Intercontinentale Organizzazione Turismo Srl , originaria condannata – in accoglimento dell’impugnazione di A.A. e in riforma della decisione del Tribunale di Gorizia, ha invece rigettato l’opposizione a precetto.
La Corte territoriale ha ritenuto che le circostanze evidenziate dal Tribunale (mancata esibizione delle scritture contabili; risultanza del debito retributivo verso la sig. A.A. nel bilancio di liquidazione finale della società cedente; non risultanza dello stesso tra le poste conferite alla società cessionaria) non fossero rilevanti ai fini dell’esclusione della responsabilità della cessionaria medesima (e quindi della sua incorporante) per i debiti relativi al ramo di azienda ceduto, ai sensi dell’art. 2560 c.c., comma 2.
Il giudice di appello ha richiamato, al riguardo, l’orientamento espresso da questa Corte nella sentenza n. 32134 del 2019, secondo cui, in tema di cessione di azienda, il principio di solidarietà fra cedente e cessionario – fissato dall’art. 2560 c.c., comma 2, con riferimento ai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento e condizionato a che i debiti risultino dai libri contabili obbligatori – deve essere applicato considerando la “finalità di protezione” della disposizione, la quale permette di far comunque prevalere il principio generale di responsabilità solidale del cessionario qualora risulti, da un lato, un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi rispetto a quelli per i quali essa è stata introdotta e, dall’altro, un quadro probatorio che, ricondotto alle regole generali fondate anche sul valore delle presunzioni, consenta di assicurare tutela effettiva al creditore.
Nel caso di specie – ha osservato la Corte di merito -, risultavano dalla documentazione in atti le seguenti circostanze:
a) Iottour Viaggi Srl era stata costituita con un unico socio mediante conferimento da parte di Intercontinentale Organizzazione Turismo Srl dello specifico ramo di azienda organizzato per l’esercizio dell’attività di agenzia di viaggi e turismo, in cui aveva prestato attività lavorativa A.A.;
b) amministratore unico della Iottour Viaggi Srl (società cessionaria) era stata la stessa persona fisica (B.B.) che era stata, dal (Omissis) e sino alla nomina del liquidatore, amministratore unico della Intercontinentale Organizzazione Turismo Srl (società cedente);
c) ancora nel 2010, l’unico socio della Iottour Viaggi Srl era la società IOT-Intercontinental Organization of Tourism che, alla fine dello stesso anno, l’avrebbe incorporata;
d) dal (Omissis) era stata presidente del consiglio di amministrazione della società incorporante la stessa persona fisica (sempre B.B.) che era stata amministratore unico della Iottour Viaggi Srl e della Intercontinentale Organizzazione Turismo Srl , mentre la carica di amministratore delegato era stata rivestita dall’altra persona fisica (C.C.) che, insieme alla prima, aveva costituito la compagine sociale della società cedente, attinta dall’originaria pronuncia di condanna.
Avuto riguardo a tali circostanze – e considerato che la disciplina di cui all’art. 2560 c.c., comma 2, si applica anche al trasferimento di un ramo di azienda, con riguardo ai debiti inerenti alla gestione del ramo ceduto (è stata citata la pronuncia di questa Corte n. 13319 del 2015) – la Corte d’appello ha dunque ritenuto che, nella fattispecie, la cessione del ramo di azienda in cui A.A. aveva prestato il proprio lavoro fosse stata congegnata in modo tale da lasciare solo in capo alla società cedente la responsabilità per il debito retributivo verso la lavoratrice e fosse stata finalizzata a lasciare non soddisfatto quel debito dopo la messa in liquidazione e la successiva cancellazione della società debitrice.
La Corte di merito, pertanto, in applicazione del richiamato orientamento giurisprudenziale di legittimità, tenendo conto, da un lato, dell’uso “distorto” (p. 12 della sentenza) dell’istituto del trasferimento di ramo di azienda e, dall’altro, della provata conoscenza della sussistenza del debito in capo alla società cessionaria (che era stata gestita dallo stesso amministratore unico che aveva già gestito la società cedente), ha ritenuto che la circostanza formale della eventuale non risultanza dell’obbligazione dalle scritture contabili obbligatorie della società cedente, inerenti alla gestione del ramo di azienda ceduto, dovesse ritenersi superata e dovesse conseguentemente riconoscersi, in ordine all’obbligazione retributiva accertata in capo alla Intercontinentale Organizzazione Turismo Srl (società cedente), la responsabilità della Iottour Viaggi Srl (società cessionaria), nonchè, dopo l’estinzione di questa (a seguito della fusione che ne aveva comportato l’incorporazione nella IOT-Intercontinental Organization of Tourism Srl ) la responsabilità della società incorporante, a cui debitamente era stato notificato il precetto; la Corte territoriale ha infine statuito che il precetto medesimo doveva ritenersi efficace anche in confronto della Iot Viaggi Srl (già IO.T.OUR Services Srl ), costituitasi nel giudizio di appello in quanto società incorporante la IOT-Intercontinental Organization of Tourism Srl .
4. Avverso la sentenza della Corte friulana propone ricorso per cassazione la Iot Viaggi Srl sulla base di due motivi.
Risponde con controricorso A.A..
La trattazione del ricorso, originariamente fissata in adunanza camerale (in prossimità della quale entrambe le parti avevano depositato memorie), è stata successivamente rinviata alla pubblica udienza, con ordinanza interlocutoria del 12 dicembre 2022.
La parte ricorrente ha depositato ulteriore memoria per l’udienza.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo viene denunciata violazione degli artt. 12 e 14 preleggi, e dell’art. 2560 c.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.
La sentenza d’appello è censurata per aver “ritenuto che il requisito dell’iscrizione dei debiti nei libri contabili previsto dalla legge per la responsabilità solidale dell’acquirente dell’azienda ceduta non abbia valore costitutivo e possa essere supplito dalla conoscenza del debito in capo all’acquirente/cessionario, laddove risulti che la cessione d’azienda sia finalizzata ad evitare il pagamento del debito non iscritto nei libri contabili, perseguendo così un fine diverso da quello “di protezione” avuto di mira dalla norma” (p. 8 del ricorso).
In proposito, la società ricorrente pone in evidenza il carattere eccentrico ed isolato dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità pedissequamente applicato dalla sentenza impugnata (riconducibile alla pronuncia n. 32134 del 2019 di questa Corte), secondo il quale, posta la necessità di interpretare la norma codicistica considerandone la “finalità di protezione”, la responsabilità solidale del cessionario dovrebbe essere sempre affermata qualora risulti, da un lato, un utilizzo della norma stessa volto a perseguire fini diversi rispetto a quelli per i quali essa è stata introdotta e, dall’altro, un quadro probatorio che, ricondotto alle regole generali fondate anche sul valore delle presunzioni, consenta di assicurare tutela effettiva al creditore.
1.a. La Iot Viaggi Srl sostiene che ad una tale interpretazione osterebbe anzitutto la natura eccezionale della disposizione contenuta dell’art. 2560 c.c., comma 2, la quale farebbe, appunto, eccezione alla regola generale contenuta nel comma 1 del medesimo articolo – nonchè desumibile dai principi in materia di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni -, secondo la quale il soggetto ordinariamente responsabile per i debiti relativi all’azienda ceduta anteriori al trasferimento andrebbe individuato esclusivamente nell’alienante.
Stante il suo carattere eccezionale, il regime di solidarietà previsto dalla disposizione codicistica non potrebbe dunque formare oggetto di applicazione estensiva od analogica oltre il caso specifico da essa stessa contemplato, che si riconduce alla fattispecie in cui l’obbligazione di cui il cessionario dell’azienda è chiamato a rispondere “risulti dai libri contabili obbligatori”.
L’elemento dell’iscrizione nei libri contabili sarebbe dunque requisito costitutivo della responsabilità del cessionario d’azienda, non surrogabile da altre forme di conoscenza.
1.b. La non condivisibilità dell’isolato orientamento applicato dalla sentenza d’appello emergerebbe, inoltre, dal fondamento della norma, la cui ratio non risiederebbe unicamente in una pretesa finalità di protezione dei creditori, ma, anche, nella finalità di tutelare l’interesse generale alla certezza dei rapporti giuridici e l’interesse economico collettivo alla facilità di circolazione dell’azienda; finalità il cui soddisfacimento troverebbe il suo presupposto proprio nella condizione oggettiva dell’iscrizione dei debiti nelle scritture contabili e che invece verrebbe frustrata nell’ipotesi in cui si ammettesse “la possibilità di bypassare quella condizione oggettiva attraverso accertamenti da condursi caso per caso in ordine alle finalità della cessione e ai possibili stati di conoscenza (dei debiti) dei cessionari” (p. 17 del ricorso).
1.c. La specifica finalità perseguita con l’operazione di cessione nel caso concreto non assumerebbe, dunque, rilievo ai fini dell’applicazione del regime di solidarietà previsto dall’art. 2560 c.c., comma 2, poichè l’esigenza di tutela dei creditori dell’azienda ceduta da eventuali manovre collusive dirette a frodare le loro ragioni di credito attraverso operazioni di trasferimento dell’azienda o di un ramo di essa, sarebbe efficacemente soddisfatta dal ricorso ai rimedi previsti dall’ordinamento, quali, in particolare, l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c., e, più in generale, il risarcimento del danno.
1.1. Il motivo è infondato.
Esso pone la questione se, per gli effetti dell’art. 2560 c.c., comma 2, ai fini della responsabilità solidale dell’acquirente dell’azienda (o del ramo di azienda) per i debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta (o del ramo di azienda trasferito) anteriori al trasferimento, l’iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori abbia sempre valore costitutivo o se, quanto meno in talune fattispecie, possa essere surrogato da requisiti equipollenti (quali, in particolare, la conoscenza dell’esistenza del debito acquisita aliunde da parte dell’acquirente dell’azienda), avuto riguardo alla natura e al fondamento della norma, nonchè alla specifica finalità dell’operazione di cessione posta in essere nel caso concreto.
1.1.a. Le argomentazioni della società ricorrente richiamano l’attenzione sulla sussistenza di un tradizionale e consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, secondo cui la corresponsabilità del cessionario (in solido con il cedente) nei confronti dei creditori aziendali postula necessariamente l’annotazione dei debiti nei libri contabili obbligatori, ai sensi dell’art. 2560 c.c., comma 2, non surrogabile da altri elementi di conoscenza della sussistenza delle medesime obbligazioni.
Il tradizionale orientamento richiamato dalla ricorrente si riconduce alle decisioni che hanno riconosciuto all’iscrizione nei libri contabili obbligatori la natura di elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell’acquirente dell’azienda per i debiti ad essa inerenti e, su tale presupposto, hanno enunciato il principio che chi voglia far valere i corrispondenti crediti contro lo stesso acquirente ha l’onere di provare, tra gli elementi costitutivi del proprio diritto, anche detta iscrizione, mentre il giudice, se non può effettuare d’ufficio l’indagine sull’esistenza o meno dell’iscrizione medesima, ben può d’ufficio rilevare il fatto che quest’ultima, quale elemento essenziale della responsabilità del convenuto, non sia stata provata (cfr., tra le altre, Cass. 20/06/1998, n. 6173; Cass. 15/11/2000, n. 14823; Cass. 26/09/2017, n. 22418; nello stesso senso, con riguardo al carattere costitutivo dell’iscrizione, Cass. 20/02/1999, n. 1429; Cass. 03/04/2002, n. 4726; Cass. 14/08/2004, n. 15911; Cass. 27/04/2005, n. 8721; più recentemente, Cass. 26/09/2019, n. 24101; Cass.07/10/2020, n. 21561).
In funzione dell’affermazione di questi principi, le decisioni in esame traggono argomento – oltre che dalla natura eccezionale della disposizione contenuta nell’art. 2560 c.c., comma 2, che non ammetterebbe altre forme di conoscenza della situazione debitoria dell’azienda eventualmente a disposizione dell’acquirente (Cass. 20/06/2000, n. 8363; Cass. 10/11/2010, n. 22831) – principalmente dalla considerazione della ratio della norma medesima, la quale avrebbe lo scopo non tanto di tutelare i terzi creditori (già contraenti con l’impresa e, peraltro, sufficientemente garantiti pure dalla norma di cui del medesimo art. 2560, comma 1), quanto piuttosto di consentire al cessionario di acquisire adeguata e specifica cognizione dei debiti assunti (cfr., in particolare, Cass. 21/12/2012, n. 23828; Cass. 03/09/2021, n. 23881).
Alla norma codicistica vengono dunque ricondotte due distinte rationes, sul presupposto che, oltre all’interesse dei terzi creditori, sarebbe meritevole di tutela anche quello del cessionario dell’azienda, quale accollante dei relativi debiti, ad avere precisa conoscenza degli stessi; questo secondo interesse, inoltre, assumerebbe un rilievo prevalente nel fondamento della disposizione di cui al capoverso dell’art. 2560 c.c., poichè il primo già troverebbe adeguata protezione nella previsione contenuta nel comma precedente.
1.1.b. Dal tradizionale e consolidato orientamento giurisprudenziale appena illustrato si è discostata una recente pronuncia di questa Sezione, la quale ha invece attribuito rilevanza preminente alla ratio di tutela delle ragioni del creditore, tutte le volte in cui vi sia stato un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi rispetto a quelli per i quali essa è stata introdotta, risultando dimostrato, in particolare, in base alle evidenze processuali, che la cessione dell’azienda abbia costituito lo strumento per precludere al creditore il recupero del credito (Cass. 10/12/2019, n. 32134).
In tal caso, secondo la pronuncia in esame, il principio di responsabilità del cessionario in solido con il cedente (da ritenersi principio generale e non già particolare) dovrebbe comunque prevalere in considerazione della detta “finalità di protezione” della norma.
1.1.c. L’orientamento giurisprudenziale tradizionale, da cui si è discostata la pronuncia n. 32124 del 2019, trova ampio riscontro in dottrina.
Nella letteratura giuridica, pur con le inevitabili differenze che distinguono i diversi percorsi argomentativi, tende infatti a prevalere, in via generale, la tesi diretta ad attribuire all’iscrizione del debito nei registri obbligatori il valore di fatto costitutivo necessario per l’assunzione in capo al cessionario della corresponsabilità per i debiti aziendali relativi all’azienda oggetto di trasferimento.
La dottrina, infatti, muove dal presupposto che il trasferimento dell’azienda, mentre determina il passaggio dal cedente al cessionario dei beni e dei rapporti contrattuali pendenti, in quanto teleologicamente organizzati per l’esercizio dell’impresa, non comporta invece il passaggio dei “puri” debiti, i quali, in applicazione del principio generale secondo cui ciascuno risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.), restano in capo all’alienante, a tutela dei creditori e dell’affidamento che essi hanno riposto sulla garanzia patrimoniale del debitore originario, salvo che acconsentano alla sua liberazione (art. 2560 c.c., comma 1).
Mentre dell’art. 2560 c.c., comma 1, sarebbe dunque espressione del principio generale della necessaria coincidenza soggettiva tra posizione di debito e posizione di responsabilità, il comma 2, invece, in assonanza con la regola dell’accollo cumulativo (art. 1273 c.c., u.c.), farebbe sorgere eccezionalmente la responsabilità (responsabilità senza debito) del cessionario dell’azienda, ma, a tutela dell’affidamento che lo stesso ha riposto nell’operazione (o, secondo altro criterio, per la presunzione assoluta di conoscibilità legale che deriva dall’iscrizione), la stessa sarebbe circoscritta ai soli debiti iscritti nei libri contabili obbligatori di cui all’art. 2214 c.c., con esclusione di qualunque possibilità di prova in surroga, compresa non soltanto la registrazione in documenti di natura fiscale, ma anche la conoscenza effettiva dell’esistenza del debito; al riguardo, le pur diverse formulazioni dottrinarie, sogliono aggiungere che la norma è posta altresì a tutela del superiore interesse alla certezza dei rapporti giuridici e alla facilità e sicurezza della circolazione dell’azienda, quale complesso unitario di beni (universitas) di particolare rilevanza economica.
1.1.d. Peraltro, anche nella riflessione dottrinale è possibile isolare una tesi differente, sia pure minoritaria.
Questa tesi minoritaria rimprovera a quella prevalente di dare luogo, dal punto di vista sistematico, ad “una singolare anomalia”, atteso che, se il trasferimento di azienda determina una successione nella titolarità dell’impresa con correlativo e conseguente passaggio delle relazioni di fatto (art. 2557 c.c.), dei rapporti contrattuali (art. 2558 c.c.; ma anche artt. 2112 e 2610 c.c.) e dei crediti (art. 2559 c.c.), non si vede perchè tale fenomeno non si debba estendere, oltre le posizioni attive, anche a quelle passive e, perciò, ai debiti dell’impresa.
Recuperando la consapevolezza che il trasferimento di azienda determina il “passaggio” dal cedente al cessionario anche dei debiti – consapevolezza, del resto, già espressa nelle prime formulazioni dottrinarie che avevano sottolineato la necessità di sostituire alla nozione di azienda come universitas rerum, la diversa nozione volta a ravvisarvi una universitas iurium – l’art. 2560 c.c., comma 1, dovrebbe formare oggetto di una lettura diversa da quella tradizionale: esso, nella parte in cui avverte che la cessione dell’azienda non libera dai debiti inerenti anteriori il cedente, se non vi è il consenso dei creditori, starebbe ad implicare che automaticamente è sorto un nuovo debito in capo all’acquirente, permanendo un’obbligazione di garanzia per gli stessi in capo all’alienante, che solo il consenso dei creditori sarebbe in grado di liberare, rendendo unico debitore il cessionario.
In questa prospettiva, il comma 2 dell’articolo in esame varrebbe a rendere indiscutibile da parte del cessionario la conoscenza dei debiti inerenti iscritti, ma non varrebbe a liberarlo dei debiti non iscritti di cui abbia avuto comunque notizia.
In altre parole, l’art. 2560 c.c., comma 2, perduta la natura di norma eccezionale, avrebbe la funzione, non già di circoscrivere la responsabilità del cessionario ai debiti registrati, bensì quella di impedire che per essi l’acquirente possa sottrarsi, fermo restando che la successione non potrebbe che operare anche per tutti i debiti che, sebbene non registrati, egli conosceva o poteva facilmente conoscere, della cui prova sarebbe tuttavia gravato il creditore.
1.1.e. L’esame della dottrina consente di individuare il fondamento dogmatico sia dell’orientamento giurisprudenziale che si riconduce all’indirizzo tradizionale e assolutamente prevalente, sia di quello espresso dall’isolata pronuncia n. 32134 del 2019.
Il primo si rinviene nel medesimo rilievo che ha indotto questa Corte a tenere distinta l’area di applicazione del regime di cui all’art. 2560 c.c. (riservato ai “nudi” debiti in sè soli considerati) dall’area di applicazione del regime di cui all’art. 2558 c.c. (riservato alle posizioni contrattuali non ancora esaurite: Cass. 16/06/2004, n. 11318; Cass. 07/02/2013, n. 2961; Cass. 30/03/2018, n. 8055; Cass. 06/04/2018, n. 8539; Cass. 21/10/2019, n. 26808): il rilievo, cioè, che mentre il rapporto contrattuale, essendo ancora in corso e dovendo essere eseguito proprio attraverso l’esercizio dell’azienda, è parte di essa (quale insieme di beni e rapporti giuridici teleologicamente organizzati e funzionalmente rivolti all’esercizio dell’impresa), invece il puro debito non fa parte di questa organizzazione; di conseguenza, nel caso di trasferimento dell’azienda, il puro debito non transita automaticamente con essa e non si trasferisce al cessionario, ma resta debito del cedente, ai sensi dell’art. 2560 c.c., comma 1, salva l’eccezione di cui al capoverso dello stesso articolo.
Il secondo si riviene nel diverso rilievo, non esattamente esplicitato nella pronuncia n. 32134 del 2019, ma dogmaticamente irrefutabile, che la cessione di azienda, prima di essere, oggettivamente, un trasferimento di beni e di rapporti, integra, soggettivamente, una successione nell’attività di impresa, la quale non può che coinvolgere anche i debiti.
1.1.f. L’individuazione del differente fondamento dogmatico dei due orientamenti induce, tuttavia, anche l’evidenziazione del presupposto fondamentale della fattispecie regolata dall’art. 2560 c.c., in entrambi i capoversi in cui esso si articola.
Essa fattispecie – sia che la si ricostruisca, in termini soggettivi, come successione nell’impresa, sia che la si ricostruisca, in termini oggettivi, come trasferimento di beni e di rapporti giuridici (nella prima ipotesi, coinvolgente tutti i debiti di cui si provi che il cessionario abbia conoscenza; nella seconda ipotesi, coinvolgente i soli debiti risultanti dai libri contabili obbligatori) – postula, in ogni caso, una reale dualità di soggetti e, dunque, una effettiva alterità tra il cedente e il cessionario.
Questo presupposto fondamentale della fattispecie è stato, del resto, posto in evidenza dalle Sezioni Unite di questa Corte con la pronuncia 28/02/2017, n. 5054.
Questa pronuncia – peraltro diretta a dirimere la specifica questione se ed, eventualmente, a quali condizioni, il cessionario di un’azienda commerciale risponda, a norma dell’art. 2560 c.c., comma 2, ovvero ad altro titolo, del debito restitutorio che consegue alla revoca fallimentare di un pagamento ricevuto dal cedente – pur escludendo, in relazione alla peculiare fattispecie, che, ai fini dell’insorgenza della responsabilità solidale prevista dalla norma, sia sufficiente la conoscibilità, tramite i libri contabili obbligatori, del precedente rapporto contrattuale intrattenuto dal dante causa con un imprenditore, divenuto poi insolvente alla data del pagamento – e pur osservando, in linea generale, che la responsabilità solidale del cessionario di azienda va ricondotta “nell’alveo dell’evidenza diretta, risultante dai libri contabili obbligatori dell’impresa, a tutela del suo legittimo affidamento, essenziale per il corretto svolgimento della circolazione di beni di particolare rilievo commerciale” – ha, peraltro, affermato, sia pure in obiter dictum, che l’operatività dell’art. 2560 c.c., comma 2, “incontra un limite solo nella carenza di un’effettiva alterità soggettiva delle parti titolari dell’azienda” (Cass., Sez. Un., 28/02/2017, n. 5054).
Le Sezioni unite, esemplificando, hanno osservato che il difetto di alterità soggettiva si riscontra nel caso di trasformazione, anche eterogenea, della forma giuridica del soggetto e nel caso del conferimento dell’azienda di una impresa individuale in una società unipersonale.
Queste indicazioni vanno ritenute meramente esemplificative e non tassative, per modo che deve reputarsi che il difetto di dualità soggettiva, che esclude l’applicazione della norma codicistica in esame, sussista in tutti i casi in cui, in seguito al trasferimento dell’azienda, al di là della diversa forma o denominazione giuridica, la compagine sociale dell’impresa e gli organi amministrativi della stessa siano rimasti immutati, poichè in tali casi il trasferimento dell’azienda è solo formale.
In queste ipotesi, non vi è spazio per l’applicazione dell’art. 2560 c.c., comma 2, poichè la norma non potrebbe esplicare la funzione che si riconduce alla sua ratio, ovverosia la salvaguardia dell’interesse dell’acquirente dell’azienda, quale accollante dei relativi debiti, ad avere precisa conoscenza degli stessi; interesse che si correla a quello, superindividuale, alla certezza dei rapporti giuridici e alla facilità di circolazione dell’azienda.
1.1.g. Nel caso di specie è stato accertato in sede di merito – ed è incontroverso tra le parti – che il sig. B.B. era socio di maggioranza ed amministratore unico della cedente Intercontinentale Organizzazione Turismo Srl , ma anche amministratore unico della cessionaria Iottour Viaggi Srl , nonchè socio di maggioranza e presidente del consiglio d’amministrazione di IOT – Intercontinental Organization of Tourism, a sua volta socia unica della cessionaria.
E’ stato, poi, altresì accertato – ed anche questa circostanza è incontroversa – che la compagine sociale della società cedente era formata dallo stesso B.B. (per una quota pari al 72,17%) e da C.C. (per la rimanente quota del 27,83%), i quali, dal 2011, erano divenuti, rispettivamente, presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato di IOT – Intercontinental Organization of Tourism.
In tale situazione, a prescindere dalla circostanza se la “cessione” fosse connotata, o no, dalla finalità fraudolenta accertata dal giudice d’appello, non si poneva il problema di tutelare l’interesse del cessionario alla conoscenza dei debiti dell’azienda acquistata, poichè mancava in radice, nella sostanza, l’alterità soggettiva del cessionario medesimo rispetto al cedente, che quei debiti aveva assunto.
Inoltre, diversamente da quanto reputato dal giudice di primo grado (e conformemente, invece, a quanto ritenuto da quello d’appello), nessun rilievo poteva attribuirsi, in senso favorevole alla società debitrice, alla circostanza che il debito verso la sig.ra A.A. non risultasse nella relazione di stima di cui all’art. 2465 c.c. (tra l’altro, specificamente prescritta dalla legge con riguardo ai conferimenti dei beni in natura e dei crediti, non anche dei debiti), mentre l’ulteriore circostanza che esso debito risultasse invece nel bilancio finale di liquidazione della società cedente, lungi dall’essere assunta a presupposto dell’accoglimento dell’opposizione a precetto, avrebbe dovuto essere valorizzata in funzione dell’affermazione della responsabilità dell’opponente.
1.1.h. Al riguardo, va osservato che la disciplina organica dei bilanci e degli altri documenti contabili della liquidazione volontaria delle società di capitali non era contemplata nella formulazione originaria del codice civile del 1942, il quale si limitava a rinviare alle poche, disorganiche disposizioni dettate in tema di società di persone.
Questa disciplina è stata introdotta con la legge di riforma del diritto societario (D.Lgs. n. 6 del 2003, e successivi due decreti correttivi), con effetto dal 1 gennaio 2004, mediante la sostituzione del Capo VIII del Titolo V del Libro V (artt. 2484-2496).
E’ stata così prevista una serie di documenti contabili che devono essere redatti nella fase di scioglimento e di liquidazione della società, i quali consistono, principalmente, nel rendiconto della gestione degli amministratori, nei bilanci intermedi o annuali di liquidazione con i loro allegati e nel bilancio finale di liquidazione e correlativo piano di riparto.
In particolare, il bilancio finale di liquidazione, che deve essere redatto e sottoscritto dai liquidatori dopo aver compiuto la liquidazione, deve indicare la parte spettante a ciascun socio o azione nella divisione dell’attivo e si articola in due parti distinte, il bilancio finale in senso stretto e il piano di riparto (art. 2492 c.c., comma 1).
Pur presupponendo compiuta la fase di liquidazione e la monetizzazione del patrimonio aziendale, il bilancio finale deve indicare, ove sussistano, sia gli eventuali elementi patrimoniali attivi non ancora realizzati sia eventuali posizioni debitorie non ancora estinte.
Si tratta, dunque, di un documento contabile particolarmente rilevante ai fini degli effetti giuridici connessi al trasferimento dell’azienda commerciale organizzata per l’esercizio collettivo dell’impresa nella forma di società di capitali, perchè redatto nella fase successiva alla liquidazione della società cui appartiene l’azienda o il ramo di azienda che forma oggetto di cessione.
Esso bilancio, dunque, anche in ragione del fatto che deve essere depositato presso l’ufficio del registro delle imprese (art. 2492 c.c., comma 2), assume un rilievo sostanziale in funzione sia delle esigenze di tutela dell’acquirente dell’azienda sia dell’esigenza di garantire la sicurezza della sua circolazione.
Inoltre, poichè il bilancio finale di liquidazione deve indicare “la parte spettante a ciascun socio”, è evidente che nell’ipotesi in cui vi siano, oltre agli elementi attivi, anche debiti non estinti, essi devono essere accollati ai soci medesimi, in sede di ripartizione dell’attivo.
Nel caso di specie, pertanto, la compagine sociale che aveva costituito la società cedente, attraverso il bilancio finale di liquidazione recante l’indicazione del debito verso la sig.ra A.A., aveva acquisito formalmente la consapevolezza di essere gravata da tale obbligazione, la quale, non essendo stata estinta prima della cancellazione e dell’estinzione della società, in seguito alla cessione si era trasferita in capo alla cessionaria, per la rilevata mancanza della reciproca alterità tra i soggetti del “trasferimento” di azienda.
11.i. Le considerazioni che precedono valgono a correggere in via integrativa la motivazione della sentenza d’appello, il cui dispositivo è conforme a diritto (art. 384 c.p.c., u.c.), con conseguente rigetto del primo motivo di ricorso.
2. Con il secondo motivo viene denunciato omesso esame di fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.
La sentenza d’appello è censurata per avere “affermato il carattere distorto della cessione in quanto finalizzata a non pagare il credito della signora A.A. – con conseguente superamento del requisito dell’iscrizione del debito nelle scritture contabili ai fini della responsabilità solidale del cessionario ex art. 2560 c.c., comma 2, affermato da Cass. 32134/19 per tali ipotesi – omettendo di considerare il fatto decisivo che la cessione aveva riguardato solo un ramo d’azienda e che quello rimasto in capo alla cedente comprendeva beni ampiamente sufficienti a soddisfare le ragioni di credito della signora A.A.” (p. 18 del ricorso).
La ricorrente deduce che la Corte di merito, oltre ad applicare un orientamento giurisprudenziale isolato ed eccentrico, ne avrebbe pure fatto applicazione in presenza di una fattispecie diversa da quella da esso postulata, poichè l’accertamento della finalità fraudolenta della cessione – in ragione del quale era stata ritenuta irrilevante la prova dell’iscrizione del debito nelle scritture contabili della società cedente ai fini della responsabilità della cessionaria – era stato effettuato omettendo di considerare: che, a differenza della fattispecie contemplata da Cass. n. 32134 del 2019, la cessione non aveva riguardato l’intera azienda ma solo un ramo di essa; che, come risultava dal bilancio del 31 dicembre 2008 (prodotto nel giudizio di primo grado), la cedente aveva conservato un attivo ampiamente capiente rispetto al credito retributivo della sig.ra A.A.; e, infine, che la società era stata posta in liquidazione solo nel 2011, sicchè la creditrice avrebbe potuto assumere iniziative idonee a farle conseguire il soddisfacimento della sua pretesa.
2.1. Il secondo motivo è assorbito dalla statuizione di rigetto del primo in quanto, mediante la correzione in via integrativa della motivazione della sentenza d’appello, si è evidenziato che il fondamento della responsabilità della società opponente e, successivamente, della sua incorporante, va ravvisato, non già nel carattere fraudolento o distorto della cessione, ma nell’assenza di alterità soggettiva tra la cedente e la cessionaria.
In ogni caso, il motivo sarebbe stato anche infondato, poichè la Corte di merito, senza mettere in dubbio la capienza patrimoniale della società cedente, non aveva omesso di prendere in considerazione nè la circostanza che la cessione era stata limitata ad un ramo di azienda (richiamando, al riguardo, il principio affermato da Cass. n. 13319 del 2015: p.11 della sentenza impugnata) nè la circostanza che tra la cessione e la successiva liquidazione fosse trascorso un triennio, dal 2008 al 2011 (p. 12).
3. In definitiva, il ricordo proposto da Iot Viaggi Srl deve essere rigettato.
4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
5. Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 5 luglio 2023.
Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2023