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Spese legali stragiudiziali e giudiziali

Compensi legali: la Cassazione conferma la liquidazione separata per la fase cautelare (Cass. 3180/2025)

La Corte di Cassazione ribadisce l’autonomia del procedimento cautelare e impone la distinzione nella liquidazione delle spese legali rispetto al giudizio di merito

Nel processo civile, il procedimento cautelare è autonomo rispetto al giudizio di merito, seguendo regole specifiche e garantendo tutela provvisoria prima della decisione definitiva. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3180 dell’8 febbraio 2025, ha stabilito che i compensi per la fase cautelare devono essere liquidati separatamente da quelli della fase di merito.

Questa decisione è nata dal ricorso contro un’errata fusione tra i due procedimenti, violando il principio di autonomia processuale. La Cassazione ha richiamato precedenti sentenze per confermare che le spese legali devono essere distinte per ogni fase processuale, consentendo così il controllo sui criteri di calcolo e sulle eventuali riduzioni.

Il principio di separazione si applica anche alla liquidazione dei compensi per il procedimento cautelare, che segue una tariffazione specifica stabilita dalle Tabelle Parametri Forensi, come previsto dai decreti ministeriali del 2014 e 2022.

IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE

In materia di liquidazione dei compensi professionali, il giudice deve distinguere tra il compenso per il giudizio di merito e quello per il procedimento cautelare, in quanto si tratta di fasi autonome, regolate da distinti parametri tariffari previsti dal D.M. 55/2014. L’errata commistione tra le due fasi processuali viola il principio di autonomia dei procedimenti e impedisce alle parti di verificare i criteri di calcolo adottati nella determinazione degli onorari. Pertanto, la liquidazione dei compensi per la fase cautelare deve avvenire separatamente rispetto a quella del giudizio ordinario.

L’ORDINANZA

Cassazione civile, Sez. I, Ordinanza del 08/02/2025, n. 3180

(omissis)

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 12/12/2023 il Giudice Delegato al Fallimento Sic 1 Srl revocava il decreto di liquidazione emesso in favore dello Studio PWC Tax and Legal Services Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti (di seguito indicato per brevità “Studio Associato”) in data 30/12/2021, dell’importo di Euro 15.000 oltre accessori, per l’attività di patrocinio nel giudizio cautelare ex art. 669 bis e seguenti c.p.c., incardinato nell’ambito del giudizio di responsabilità promosso ex art. 146 L.Fall. nei confronti dell’amministratore unico, dei membri del consiglio di amministrazione della società e di alcuni istituti di credito e conclusosi con il rigetto della domanda.

1.2. Il Tribunale di Ancona confermava il provvedimento reclamato e, in accoglimento della sola domanda avanzata in via subordinata, disponeva la liquidazione in favore dello Studio Associato la somma di Euro 1.713 a titolo di rimborso spese.

1.3. Osservava che l’importo precedentemente liquidato allo Studio Associato, di Euro 16.000 oltre accessori, era integralmente satisfattivo del compenso da riconoscere ai legali per il giudizio di merito e per la fase cautelare.

Rilevava, inoltre, quanto al giudizio di merito, che vi era stata una duplicazione delle attività e spese a carico della procedura fallimentare.

Evidenziava, infatti, che la paventata incompatibilità dello Studio professionale nei confronti della posizione avverso la Banca Popolare di Ancona, che aveva determinato la costituzione del Fallimento con altro legale, era rimasta di fatto priva di effetti processuali (le cause erano state riunite).

2. Lo Studio Associato ha proposto ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi.

Il Fallimento non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo denuncia nullità del decreto, ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 111, commi 6, Cost., art. 132, II comma, n. 4, c.p.c., art. 26, L.F, per carenza dei requisiti minimi della motivazione: si sostiene che l’impugnato decreto abbia omesso qualsiasi riferimento e valutazione specifica in merito all’effettivo oggetto della pronuncia, ossia al provvedimento autorizzativo poi revocato, e sia fondato esclusivamente sulla nomina di un ulteriore legale, data “l’incompatibilità” (ergo il conflitto di interessi) rilevata dallo Studio e, quindi, su un’asserita duplicazione dei costi a carico della procedura.

Evidenzia il ricorrente di aver contestato con il reclamo ex art. 26 L.Fall. che la presenza di un potenziale conflitto di interessi tra lo studio legale e uno dei convenuti e la conseguente necessità di nominare altro difensore per tale posizione, fatto che non aveva avuto alcuna incidenza economica in quanto “il monte onorari a carico della procedura” rimaneva invariato, erano circostanze note agli organi fallimentari.

1.1. Il motivo è infondato, non sussistendo, nel caso di specie, il vizio di nullità della sentenza per motivazione apparente; anomalia che, in base al costante orientamento della Corte di Cassazione, ricorre allorché la motivazione difetta sotto l’aspetto materiale e grafico oppure è apparente, perplessa od obiettivamente incomprensibile, o gravemente illogica e contraddittoria della stessa o, ancora, caratterizzata da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, tale da impedire la ricostruzione del percorso logico-giuridico seguito per giungere alla decisione (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. U., 8053/2014, 7090/2022, n. 7090 e 2018/ 22598).

1.2 Nel caso di specie l’impugnato provvedimento presenta una motivazione non al di sotto del “minimo costituzionale”, anche se non conforme a legge, come si vedrà in sede di disamina del terzo motivo; il Tribunale, infatti, ha ritenuto che il provvedimento di

revoca del precedente decreto, che riconosceva allo Studio il compenso di Euro 15.000 per la fase cautelare del giudizio di responsabilità degli amministratori, fosse corretto e condivisibile avendo ritenuto satisfattivo del giudizio nel suo complesso il compenso, precedentemente liquidato di Euro 16.000, anche in relazione alla duplicazione delle attività e delle spese a carico della curatela determinate dalla dichiarazione di parziale incompatibilità dei legali.

2 Il secondo motivo deduce “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5, per avere il Tribunale omesso qualsiasi valutazione in relazione all’intervenuta decurtazione degli onorari da parte dello Studio in relazione al Giudizio Ordinario”.

Il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe pretermesso il fatto storico costituito dalla riduzione degli onorari dello Studio Associato in favore dell’Avv. Chirico, in quanto in sede di reclamo erano “stati forniti tutti i documenti comprovanti l’effettiva attuazione di quanto PwC TLS ha proposto alla Curatela, sotto un profilo economico, per dare compiuta prova dell’esecuzione del programma prospettato”, in particolare “le autorizzazioni della Dott.ssa Bilò in cui, nella seconda, si dà evidenza della riduzione degli onorari da parte di PwC TLS in favore dell’Avv. Chirico”.

2.1 Il motivo è inammissibile in quanto non autosufficiente.

2.2. Il Tribunale ha dato atto che la ricorrente “si era resa disponibile a decurtare una parte degli onorari in precedenza previsti ed autorizzati in favore del nuovo legale nominato, così da non mutare la spesa inizialmente approvata e, quindi, non gravare in alcun modo le risorse del fallimento”, ritenendo implicitamente che tale programma non fosse stato attuato; la censura che avrebbe dovuto allegare il contrario, e cioè l’effettiva attuazione di quanto programmato, non riproduce, nel corpo del ricorso, il contenuto del provvedimento di liquidazione della somma di Euro 16.000 da cui si dovrebbe desumere che la determinazione del compenso avvenne unitariamente senza tener conto della duplicazione delle cause.

3 Il terzo mezzo di impugnazione denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 25 L.Fall. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere il Tribunale operato una commistione tra i due diversi contenziosi (il giudizio ordinario e il procedimento cautelare), in violazione del dettato normativo che impone autonomi conferimenti di incarico e speculare distinta liquidazione per procedimenti diversi in quanto basati su differenti presupposti giuridici per il rispettivo proponimento e per i quali lo stesso D.M. 55/2014 prevede distinte tabelle di riferimento ai fini della determinazione del compenso spettante al legale.

3.1. Il motivo è fondato.

3.2. Il Giudice Delegato e il Tribunale nel rideterminare il complessivo compenso in Euro 16.000, operazione che ha giustificato la revoca della liquidazione di ulteriori Euro 15.000, non hanno operato alcuna specifica ripartizione dell’importo liquidato rispetto alle distinte fasi del giudizio (cautelare ed ordinario).

3.3 Siffatto modus procedendi si pone in contrasto con i decreti ministeriali recanti la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, che prevedono una distinta tabella per i procedimenti cautelari.

3.4 Questa Corte ha già affermato che “in tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascun grado di giudizio, poiché solo tale specificazione consente alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e di conseguenza le ragioni per le quali sono state eventualmente ridotte le richieste presentate nelle note spese” (Cass. 20935/2017; 19623/2016 e 24890/ 2011).

Allo stesso modo il giudizio cautelare, caratterizzato da una sua autonomia rispetto al merito della lite e regolato da una specifica tabella, deve essere oggetto di un’autonoma liquidazione, onde consentire un controllo dei criteri di calcolo adottati.

4 Il quarto motivo prospetta “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1 n. 5, per aver il Tribunale omesso qualsiasi valutazione circa la distinzione tra il Giudizio Ordinario e il Procedimento Cautelare e conseguentemente non aver fatto emergere la totale irrilevanza dell’asserita duplicazione dei costi nell’ambito del Giudizio Ordinario rispetto alle prestazioni rese nel Procedimento Cautelare i cui onorari formano oggetto del Provvedimento Autorizzativo”.

4.1 La censura resta assorbita dall’accoglimento del terzo motivo.

5 In accoglimento del terzo motivo l’impugnato decreto deve essere cassato, con rinvio della causa al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo motivo, dichiara inammissibile il secondo ed assorbito il quarto, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Conclusione

Così deciso nella Camera di Consiglio del 19 dicembre 2024.

Depositato in Cancelleria l’8 febbraio 2025.

 

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