Cassazione civile, Sez.III, Ordinanza del 12-09-2019 n. 22735
Responsabilità civile – Circolazione stradale – Scontro tra veicoli – Applicazione del principio di presunzione di pari responsabilità ex art. 2054, comma 2 c.c. – Carattere sussidiario – Sussiste – Prova – Assenza di valutazione concreta delle emergenze processuali da parte del Giudice – Sentenza solo apparente – Sussiste
Sull’argomento vedi anche una pronuncia del Tribunale di Padova (Dr.ssa V. Lanteri)
Scontro tra veicoli e superamento della presunzione di colpa di cui all’art. 2054 c.c.
I PRINCIPI ENUNCIATI DALLA CORTE
Nel giudizio di responsabilità civile che ha per oggetto lo scontro tra veicoli, la presunzione di eguale concorso di colpa stabilita dall’art. 2054 c.c., 2° comma, ha funzione sussidiaria, operando soltanto nel caso in cui le risultanze probatorie non consentano di accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l’evento dannoso e di attribuire le effettive responsabilità del sinistro.
Ciò premesso,
E’ apparente la motivazione del Giudice che, in caso di sinistro stradale, applica la presunzione di pari responsabilità ex art. 2054, comma 2, c.c., senza alcuna valutazione circa la graduazione di responsabilità imposta proprio dalle emergenze processuali.
(Omissis)
Svolgimento del processo
che:
1. C.S. ricorre, affidandosi a due motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Napoli che, riformando la pronuncia del Tribunale di Torre Annunziata, aveva accertato il suo concorso di colpa nella misura del 50% in relazione all’incidente – occorso mediante collisione fra il motoveicolo da lui condotto e l’autovettura guidata da F.U. – a causa del quale aveva riportato una invalidità permanente pari al 18%; ed aveva altresì accolto l’eccezione di compensazione fra il risarcimento riconosciuto e la rendita che gli veniva erogata dall’INAIL. 2. Ha resistito il controricorrente F..
Motivi della decisione
che:
1. Con ordinanza della terza sezione n. 2960/2019 depositata il 31.1.2019, la controversia in esame venne rinviata a nuovo ruolo al fine di sottoporre alla valutazione delle parti le decisioni delle Sezioni Unite di questa Corte intervenute sia in materia di improcedibilità del ricorso per omessa produzione della copia notificata a mezzo PEC corredata di asseverazione, sia in punto di compensatio lucri cum damno fra il risarcimento riconosciuto in sede civile e la rendita o l’indennizzo erogati dall’INAIL per il medesimo fatto, questione concernente il secondo motivo di ricorso.
1.1. Tanto premesso, il collegio osserva che sulla prima questione, da esaminarsi in via preliminare, le sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che “il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore della L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli del D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio” (cfr. Cass. SUU 22438/2018).
1.2. Nel caso in esame, il ricorso risulta notificato a mezzo PEC con asseverazione della documentazione informatica mediante firma digitale, ma nessun disconoscimento risulta effettuato dalla controparte, ragione per cui il sospetto di improcedibilità evidenziato nell’ordinanza interlocutoria risulta, alla luce della pronuncia sopra riportata, privo di riscontro.
2. Con il primo motivo, il ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 deduce la violazione degli artt. 1227, 2043, 2054, 2697 c.c. e degli artt. 115 e 244 c.p.c.; nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e l’erronea attribuzione di responsabilità paritaria nella produzione dell’evento dannoso basata su opinioni dei testi e non su fatti concreti.
2.1. Lamenta che era stato riconosciuto erroneamente il concorso di colpa a suo carico, nella misura del 50%, sulla base della parte valutativa delle deposizioni testimoniali assunte, in base alle quali gli era stato sostanzialmente ascritto un eccesso di velocità, senza alcuna considerazione della circostanza che i vigili urbani sopraggiunti sul posto non avevano affatto elevato una sanzione a suo carico per tale violazione, nè avevano riscontrato alcuna irregolarità nella sua condotta: pertanto, la decisione che non teneva conto delle ben più gravi violazioni dell’autovettura – aveva ignorato l’art. 115 c.p.c., perchè si era fondata non su fatti concretamente emersi nell’istruttoria ma sulle opinioni dei testimoni.
2.2. Deve premettersi che la censura, proposta in relazione al vizio di violazione di legge, prospetta plausibili argomentazioni in punto di nullità della decisione per motivazione apparente ed illogica.
2.3. Al riguardo è stato affermato che:
a. la Corte di Cassazione può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, sempre che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, con l’unico limite che l’esercizio del potere di qualificazione non può comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’introduzione nel giudizio d’una eccezione in senso stretto (cfr. Cass. 3437/2014; Cass. 18775/2017);
b. in punto di censura della motivazione, “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (cfr. Cass. SU 8053/2014; Cass. SU 8054/2014; Cass. 23940/2017; Cass. 22598/2018).
3. Nel caso in esame, il motivo, ricondotto al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, risulta fondato.
Infatti, deve premettersi che nel giudizio di responsabilità civile che ha per oggetto lo scontro tra veicoli, la presunzione di eguale concorso di colpa stabilita dall’art. 2054 c.c., comma 2, ha funzione sussidiaria, operando soltanto nel caso in cui le risultanze probatorie non consentano di accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l’evento dannoso e di attribuire le effettive responsabilità del sinistro (cfr. ex multis Cass. 9353/2019; Cass. 26004/2011).
La natura sussidiaria del principio sancito dall’art. 2054 c.c., impone al giudice un particolare rigore nella valutazione delle emergenze istruttorie al fine di giungere ad un accertamento che possa prevedere sia la completa esclusione della responsabilità di una delle parti coinvolta nell’incidente sia la possibile graduazione del concorso di colpa eventualmente riscontrato.
3.1. Pertanto – pur vero che ove il giudice abbia accertato la colpa di uno dei conducenti, non può, per ciò solo, ritenere superata la presunzione posta a carico anche dell’altro dall’art. 2054 c.c., comma 2, essendo tenuto a verificare in concreto se quest’ultimo abbia o meno tenuto una condotta di guida corretta (cfr. Cass. 23431/2014) – la correttezza della decisione si fonda sul rigore e sulla completezza della motivazione concernente il bilanciamento della “forza” delle emergenze istruttorie e della particolare prudenza con la quale devono essere valutate le deposizioni testimoniali, soprattutto ove riportino – come sovente accade – non soltanto “fatti” ma anche “percezioni” difficilmente estrapolabili dai verbali di escussione.
3.2. La Corte territoriale ha fondato la propria decisione condividendo da una parte la valutazione del giudice di primo grado circa la particolare imprudenza della condotta del conducente del veicolo antagonista (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), ma considerando, dall’altra, che ciò non fosse sufficiente a ritenere la sua colpa esclusiva; ed ha basato il giudizio di “pari responsabilità” di entrambi i conducenti dei mezzi sulla violenza dell’impatto del motoveicolo desunta dalla parte meramente percettiva delle dichiarazioni rese dai testi O. (“sopraggiunse a tutta velocità”), G. e B. (che hanno riferito “una scivolata di 200 metri prima dell’impatto” e ” un “impatto violento”: cfr. pag. 5 primo e secondo cpv) senza alcuna valutazione circa la graduazione di responsabilità imposta proprio dalle emergenze processuali e giungendo, in assenza di logica e consequenziale motivazione, ad un giudizio di “sostanziale equivalenza delle infrazioni del C.d.S. rispettivamente commesse”, privo di ogni considerazione relativa al contenuto ed al valore fidefacente del rapporto dell’incidente stradale redatto dai Vigili Urbani.
3.3. La motivazione sulla quale si fonda tale stauizione risulta, pertanto meramente apparente ed in quanto tale inficia la validità della sentenza.
3.4. La censura, pertanto, deve essere accolta.
4. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, 2054, 2056 e 2059 e del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13: contesta l’accoglimento dell’eccezione di compensazione sollevata, assumendo che la natura dell’erogazione dell’INAIL era indennitaria e che la strutturale diversità di essa rispetto al risarcimento imponeva di escludere il diffalco della rendita da quanto riconosciuto in sede civilistica.
Il motivo è infondato, proprio in ragione del principio, ormai consolidato, in materia di compensatio lucri cum damno riaffermato nella pronuncia delle sezioni unite di questa Corte, sottoposta alla valutazione delle parti con l’ordinanza di rinvio a nuovo ruolo, richiamata nell’incipit della presente motivazione.
4.1. E’ stato infatti chiarito che “l’importo della rendita per l’inabilità permanente, corrisposta dall’INAIL per l’infortunio “in itinere” occorso al lavoratore, va detratto dall’ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito, in quanto essa soddisfa, neutralizzandola in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo al quale sia addebitabile l’infortunio, salvo il diritto del lavoratore di agire nei confronti del danneggiante per ottenere l’eventuale differenza tra il danno subito e quello indennizzato” (cfr. SU 12566/2018).
4.2. Al riguardo, con riferimento alle memorie depositate dal ricorrente (in particolare cfr. pagg. 2 e 3) si osserva che:
a. la statuizione della Corte d’Appello, conforme al principio sopra richiamato, ha affermato che l’indennizzo liquidato dall’INAIL esauriva l’intero risarcimento dovuto, in quanto alla riforma della sentenza in punto di responsabilità, è seguita una riduzione del quantum debeatur tale da andare a coprire l’intero importo capitalizzato: nessun contrasto può dunque essere rinvenuto rispetto all’arresto sopra richiamato, dovendosi precisare che il principio correttamente affermato dovrà essere rimodulato dal giudice del rinvio, sempre in termini di diffalco, in relazione alla diversa somma eventualmente riconosciuta al ricorrente;
b. la sentenza di questa Corte (Cass. III a sez. 2788/2019) che il C. rievoca in termini di contrasto con l’arresto delle sezioni unite in punto di compensatio, non riguarda affatto la questione in esame (avendo soltanto riaffermato alcuni fondamentali principi in materia di personalizzazione del danno).
5. In conclusione, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazioen al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli per il riesame della controversia e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 30 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2019