La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, il quale, tuttavia, ha il dovere di motivare adeguatamente il rigetto della istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dando adeguata dimostrazione di potere risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare.
Inoltre, in alcune tipologie di controversie, che richiedono per il loro contenuto che si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento di una consulenza tecnica, specie a fronte di una domanda di parte in tal senso, riconoscendo il giudice l’alta tecnologia richiesta per l’adempimento della prestazione e dell’opera commissionata, costituisce una grave carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza;
L’ORDINANZA
Cassazione civile, Sez. II, Ordinanza del 27/06/2023, n. 18358
(Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente, Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere)
(omissis)
Svolgimento del processo
Ritenuto che:
– il Tribunale di Pordenone, con sentenza n. 605 del 2015, rigettava l’opposizione proposta da (Omissis) Srl avverso il decreto ingiuntivo n. 30 del 2012 con il quale il medesimo ufficio, su istanza di (Omissis) Srl , intimava il pagamento della somma di Euro 13.601,10, oltre accessori, per la fornitura di radiatori forniti e prodotti dalla intimante, di cui alle fatture n. 532 del 07.04.2011, n. 1458 del 30.09.2011 e n. 1771 del 02.12.2011, respinta anche la domanda dell’opponente di risoluzione del contratto e di risarcimento dei danni per inidoneità all’uso dei predetti radiatori progettati e realizzati sottodimensionati rispetto ai mezzi su cui dovevano essere montati;
– sul gravame interposto dalla stessa (Omissis), la Corte di appello di Trieste, nella resistenza dell’appellata, con sentenza n. 742 del 2017, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava la sentenza del giudice di prime cure, liquidando le spese processuali del grado secondo soccombenza.
Per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte distrettuale evidenziava che proprio in considerazione della specificità dell’operazione commissionata – si trattava di montare su carrelli e su motori già realizzati un radiatore in grado di consentire ai mezzi un esercizio più performante, tenendo conto del fatto che i carrelli erano stati acquistati dall’esercito francese che intendeva impiegarli in zone caratterizzate da elevate temperature climatiche, come Ciad, Afghanistan, Gabon, Sahel, Guyana – la società committente avrebbe dovuto fornire al costruttore dei radiatori non solo il dettaglio costruttivo del motore in forma cartacea, ossia i disegni del motore Iveco che alimentava i carrelli, ma anche un motore per effettuare le prove “al banco” onde consentire all’appaltatore di verificare le modalità di esercizio del raffreddamento, simulazione che doveva necessariamente svolgersi con il motore in funzione e non di certo per raffronti cartacei. Nè poteva essere accolta l’istanza di ammissione di c.t.u., giacchè per stessa affermazione dell’appellante non aveva più a disposizione un carrello ‘viziatò su cui poter eseguire i necessari rilievi. Infine, non poteva essere riconosciuta alcuna efficacia probatoria alle perizie giurate depositate da una delle parti, alle quali poteva essere attribuito solo un valore di indizio;
– per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Triste ricorre la (Omissis), sulla base di tre motivi;
– sebbene ritualmente evocata, la (Omissis) è rimasta intimata;
– in prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha anche curato il deposito di memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
Motivi della decisione
– con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. In particolare, la Corte di merito non avrebbe tenuto conto che la stessa (Omissis), tramite il responsabile del proprio ufficio tecnico, ing. Leonardo Zanata, che nell’agosto 2011 aveva preso parte al test su un carrello elevatore appositamente fatto rientrare dalla Francia, aveva avuto piena consapevolezza del fatto che il problema del surriscaldamento non era da riferire al fatto che i carrelli venivano impiegati in Paesi con temperature ambientali particolarmente elevate. All’evidenza siffatto test aveva dato riscontro alla circostanza che la progettazione e la realizzazione dei radiatori commissionati alla (Omissis) non era idonea all’impiego cui erano destinati.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ex art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c., per avere la Corte distrettuale respinto la richiesta di c.t.u. sulla base di motivazione apparente o perplessa. La Corte territoriale dopo avere ritenuto rilevante ai fini del decidere l’espletamento di c.t.u., aveva rigettato la medesima istanza rilevando la natura meramente indiziaria della perizia di parte dell’ing. A.A., da una parte, e la mancata disposizione di un radiatore appartenente alla fornitura de qua, dall’altra, circostanza quest’ultima assolutamente non veritiera per avere più volte la (Omissis) detto di averne. Conclude la ricorrente che la domanda è stata peraltro rigettata dalla Corte distrettuale per difetto di prova.
Con il terzo ed ultimo motivo viene dedotta la violazione o la falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 61 e 194 c.p.c. nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per non avere la Corte di merito nel rigettare l’istanza di ammissione di c.t.u. mancato di dimostrare di avere potuto risolvere tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi di giudizio acquisiti, sulla base di cognizioni proprie, fatto che nella specie non risulta;
– è pregiudiziale l’esame del secondo e del terzo mezzo di ricorso che attengono entrambi all’onere della prova dell’inadempimento della prestazione de qua. Essi sono fondati.
La ratio posta dal giudice di merito a fondamento della sentenza impugnata, laddove ha rigettato la domanda “riconvenzionale” di risoluzione del contratto di fornitura di speciali radiatori spiegata in sede di opposizione dalla (Omissis), attiene alla mancata prova della responsabilità della società (Omissis) nell’inadempimento alla prestazione, affermando sia che l’appellante non aveva più a disposizione un carrello ‘viziatò su cui poter eseguire i necessari rilievi per una eventuale c.t.u. sia la inidoneità a tal fine della perizia giurata depositata dalla società opponente, pur riconoscendogli valore indiziario.
Entrambi i suddetti argomenti rendono la motivazione apparente.
La circostanza che la perizia giurata provenga da una delle parti non la rende, evidentemente, di per sè, intrinsecamente inidonea.
Inoltre, la ricorrente aveva espressamente chiesto l’ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio proprio per dimostrare l’attendibilità della perizia giurata prodotta dalla parte e del proprio impianto difensivo e, in tal modo, l’esistenza della responsabilità della (Omissis) nell’inadempimento e del nesso dei danni causalmente riconducibili all’inadempimento imputato alla società opposta, sicchè il rigetto dell’istanza di ammissione della c.t.u. da parte del giudice è sostanzialmente immotivato.
Nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato l’orientamento secondo cui la decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, il quale, tuttavia, ha il dovere di motivare adeguatamente il rigetto della istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dando adeguata dimostrazione di potere risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare (v. Cass. n. 17399 del 2015; Cass. n. 72 del 2011; Cass. n. 88 del 2004; Cass. n. 10 del 2002; Cass. n. 15136 del 2000).
E’ stato anche precisato che in alcune tipologie di controversie, che richiedono per il loro contenuto che si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento di una consulenza tecnica, specie a fronte di una domanda di parte in tal senso, riconoscendo il giudice l’alta tecnologia richiesta per l’adempimento della prestazione e dell’opera commissionata, costituisce una grave carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza;
– il primo motivo di ricorso risulta assorbito dall’accoglimento degli ultimi due.
In conclusione, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la causa nel merito alla luce dei principi sopra enunciati e provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, con assorbimento del primo;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2023.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2023