Titolo

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errata epilazione

Responsabilità professionale

Errata epilazione: il centro estetico deve risarcire – Danno estetico

Tribunale Vicenza Sez. II, Sent., 20-02-2018

LA VICENDA

Una signora evocava in giudizio la titolare di un centro estetico per sentirla condannare al risarcimento del danno, consistente in lesioni cutanee, subito a seguito di una seduta di epilazione a luce pulsata alle regioni inguinali ed agli arti inferiori.

Il centro estetico dal canto suo contestava la sussistenza di nesso causale tra il danno lamentato ed il trattamento di depilazione nonchè la quantificazione del danno medesimo ed eccepiva altresì l’esclusiva o comunque prevalente responsabilità dell’attrice nella determinazione del danno ex art. 1227 comma 2 c.c., chiedendo il rigetto di tutte le domande attoree.

IL PASSO SALIENTE DELLA SENTENZA

“Il c.d. danno estetico non è che una forma di invalidità permanente (e quindi un danno biologico), sicchè il pregiudizio di tipo estetico viene abitualmente risarcito all’interno del danno biologico, inclusivo di ogni pregiudizio diverso da quello consistente nella diminuzione o nella perdita della capacità di produrre reddito, ivi compresi il danno estetico e alla vita di relazione, a meno che esso abbia provocato ripercussioni negative non soltanto su un’attività lavorativa già svolta ma anche su un’attività futura, precludendola o rendendola di più difficile conseguimento, in relazione all’età, al sesso del danneggiato e ad ogni altra utile circostanza particolare, nel quale caso può essere riconosciuto per esso un danno patrimoniale purché venga fornita una prova rigorosa di una concreta riduzione del reddito conseguente alle menomazioni subite.”

LA SENTENZA

(Omissis)

Svolgimento del processo

1. Con atto di citazione ritualmente notificato B.C. evocava in giudizio B.C.L., titolare del centro estetico “I.” di V. per sentirla condannare al risarcimento del danno, consistente in lesioni cutanee, subito a seguito di una seduta di epilazione a luce pulsata alle regioni inguinali ed agli arti inferiori effettuata in data 11.02.2011 nonchè alla restituzione della somma di Euro 560,00, pari ad otto sedute di cavitazione già saldate e non usufruite per avere, in seguito al predetto sinistro, deciso di interrompere il trattamento estetico.

A sostegno della domanda, l’attrice deduceva, in particolare, che:

– aveva avvertito immediatamente un intenso dolore, rappresentato all’operatrice, la quale aveva proseguito il trattamento, nel corso del quale erano pure comparse delle macchie rosse;

– non era stata sottoposta ad alcuna previa anamnesi;

– la B., dopo alcuni giorni, poiché il rossore comparso a seguito del trattamento non era scomparso, le aveva suggerito di effettuare una seduta di epilazione con ceretta ed un trattamento esfoliante.

2. B.C.L., nel costituirsi all’udienza del 29.01.2013, contestata la sussistenza di nesso causale tra il danno lamentato ed il trattamento di depilazione in esame nonchè la quantificazione del danno medesimo ed eccepita altresì l’esclusiva o comunque prevalente responsabilità dell’attrice nella determinazione del danno ex art. 1227 comma 2 c.c., concludeva chiedendo il rigetto di tutte le domande attoree.

3. Venivano concessi i chiesti termini ex art. 183 comma 6 c.p.c.

Veniva disposta C.T.U. medico-legale, nominando all’uopo il dott. Angelo Tolomeo.

La causa veniva altresì istruita mediante interpello dell’attrice ed assunzione della testimonianza di S.E..

All’esito, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 21.11.2017, sulle conclusioni precisate dalle parti come in epigrafe la causa veniva rimessa in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per lo scambio delle comparse conclusionali e delle eventuali memorie di replica.

Motivi della decisione

1. Le domande di parte attrice sono in parte fondate, per quanto di ragione.

1.1. B.C. chiede innanzitutto il risarcimento del danno asseritamente subito a causa di un erroneo trattamento estetico praticato presso il centro estetico “I.” di V. con tecnica del laser a luce pulsata, che aveva dato luogo a forti arrossamenti e dolori nella zona del corpo interessata, sfociati in vere e proprie lesioni cutanee.

Va premesso che, per consolidata giurisprudenza, il giudice non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le tesi prospettate e le prove prodotte o acquisite dalle parti, ben potendosi limitare ad esporre in maniera concisa gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla (Cass. 17145/2006 rv. 593961; così anche Cass. 25509/2014 rv. 633604 e Cass. 8294/2011 rv. 617420).

1.1.1. È pacifico in causa che in data 11.02.2011 B.C. si sottoponeva ad un trattamento di depilazione mediante luce pulsata presso il centro estetico “I.”, di cui l’odierna convenuta era titolare.

Durante il trattamento, l’attrice avvertiva una sensazione di intenso dolore agli arti inferiori, immediatamente rappresentato alla B., e comparivano altresì delle macchie rosse, presenti anche nei giorni successivi.

Tali circostanze sono pacificamente riconosciute dalla convenuta (pagg. 6 e 7 della comparsa), sicchè il fatto all’origine del lamentato danno non è in contestazione.

L’attrice ha quindi chiesto di essere risarcita delle lesioni cutanee riportate a seguito di detta seduta.

La domanda risarcitoria merita accoglimento.

Fra le parti è intercorso rapporto contrattuale in base al quale la B., esercente l’attività di estetista, in data 11.02.2011 ha sottoposto B.C. ad un trattamento per la depilazione con la tecnica del laser a luce pulsata.

Il nesso causale fra il trattamento e le lesioni riscontrate è certo.

Infatti, l’avverarsi di un forte arrossamento agli arti inferiori ed i lamenti immediatamente manifestati dalla B. per un subitaneo dolore proprio durante la sessione estetica non sono controversi, ed invero neppure smentiti da fonti di prova diverse su questo specifico punto.

Inoltre, il rapporto di causalità diretta è stato accertato, sotto il profilo medico-legale, dal C.T.U., dott. Tolomeo, il quale ha affermato che le riscontrate lesioni cutenee agli arti inferiori sono “certamente ascrivibili a trattamento estetico di natura non medica (epilazione tramite luce pulsata ad alta intensità)”.

La B. ha però replicato di non avere, nei successivi accessi della B. al centro estetico per effettuare altri trattamenti, più notato alcun segno, così contestando la sussistenza del nesso causale tra il trattamento e le lesioni asseritamente lamentate.

L’assunto è tuttavia rimasto indimostrato.

La convenuta, pur ammessa a provare tale circostanza (capitolo 40 della memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c.: “Vero che, in occasione dello svolgimento delle sedute estetiche di cui ai precedenti capitoli 12, 15, 16, 18, 19, 21, 23, 27, 28, 32, gli arti inferiori della Sig.ra C.B. apparivano integri e normopigmentati”), non ha citato alcun testimone, rendendo dunque superflue tutte le circostanze dedotte nei precedenti capitoli, fino al numero 12.

Non vi sono dunque ragioni per escludere la consecuzione temporale fra la sessione estetica e le lesioni cutanee riscontrate nei mesi successivi dagli specialisti cui l’attrice si è rivolta e persistenti fino all’espletamento della C.T.U. nonchè la corrispondenza fra la tipologia di intervento (a luce laser pulsata) e la tipologia di lesione.

A fronte di tali emergenze processuali, la ricorrenza di un qualsiasi fattore idoneo ad interrompere il nesso causale o comunque ad inserirsi nella catena causale, sì da aggravare le lesioni medesime oppure da determinare autonomamente il danno, avrebbe dovuto essere provata dalla convenuta, la quale nulla ha dedotto né tantomeno provato.

Era allora onere della convenuta, conformemente alla disciplina della responsabilità contrattuale, dimostrare di avere adempiuto la propria obbligazione in maniera esatta e con la diligenza e la perizia dovute (Cass. S.U. 13533/2001).

Prova che è evidentemente fallita.

Sotto il profilo dell’eccepito concorso di colpa, la convenuta ha anche dedotto di aver proceduto nel trattamento estetico in contestazione solo a fronte dell’insistenza dell’attrice e comunque, al fine di “tarare” il macchinario e regolare l’intensità del fascio luminoso, non prima di averle chiesto se avesse assunto o stesse assumendo farmaci antinfiammatori e si fosse di recente esposta a raggi ultravioletti, ricevendo, a quest’ultima domanda, una falsa risposta negativa, avendo la stessa B., al proprio perito, dott. A.D.A., dichiarato il contrario (v. pag. 8 del doc. 5 attoreo).

Tali circostanze sono state recisamente e tempestivamente contestate dall’attrice, la quale ha escluso che le sia stato domandato se si fosse esposta a raggi U.V. o se stesse facendo uso di farmaci.

La convenuta, pur ammessa a provare varie circostanze oggetto dei capitoli formulati, non ha citato alcun testimone.

Non può dunque che prendersi atto dell’assoluto vuoto probatorio delle tesi difensive propugnate dalla convenuta.

È pacifico che non sia stata fatta alcuna approfondita indagine anamnestica ed invero neppure risulta che siano state rivolte domande intese a correttamente calibrare l’intensità della luce emanata dal macchinario.

In ogni caso, e con valenza dirimente, il C.T.U. ha osservato che le lampade abbronzanti cui l’attrice si sarebbe sottoposta, per sua stessa ammissione, circa tre settimane prima, “non avrebbe comportato particolari controindicazioni all’esecuzione del trattamento estetico” in oggetto e che, con valutazione che appare a questo giudice pienamente condivisibile, “un’estetista esperta avrebbe dovuto tener conto dello stato di pigmentazione della pelle” della cliente, stante l’inidoneità dell’utilizzo della tecnica de qua su soggetti con pelle naturalmente scura o troppo scura. D’altra parte, è lo stesso Allegato 2 del D.M. n. 110 del 12 maggio 2011 (pubblicato in G.U. n. 163 del 15.07.2011) sugli apparecchi elettromeccanici utilizzati per l’attività di estetista, a prescrivere che “l’uso delle apparecchiature per la depilazione deve essere riservato a personale con qualifica professionale e con specifica preparazione teorico-pratica, quindi in grado anche di valutare preventivamente le idonee condizioni della cute”.

Infine, parte convenuta ha dedotto che l’attrice avrebbe continuato a servirsi del centro estetico “I.” dopo l’11.02.2011.

Se è pur vero che trattasi di un elemento presuntivo che talora può essere valorizzato per ridimensionare alcune specifiche pretese attoree (es. danno da perdita di chance e da ridotta capacità produttiva), non vale certo ad escluderne del tutto la fondatezza né, nel caso di specie, a limitare la quantificazione del danno: infatti, sotto un primo profilo, il mantenimento di un eventuale rapporto di fiducia non può di per sé sovvertire il giudizio di responsabilità come sopra esposto e, sotto un secondo profilo, l’attrice non ha chiesto di essere reintegrata dei mentovati specifici pregiudizi.

1.1.2. Sotto il profilo del quantum, si osserva quanto segue.

1.1.2.1. La C.T.U. del dott. Tolomeo – esaustiva di ogni profilo, coerente, e pertanto pienamente condivisibile – ha chiarito che l’attrice, in conseguenza del trattamento estetico de quo, ha riportato lesioni cutanee che costituiscono un danno estetico non più emendabile, essendosi le lesioni stabilizzate.

Relativamente al Periodo di Inabilità Temporanea Assoluta e Parziale conseguito alle suddette lesioni, ha poi effettuato la seguente stima:

  1. a) Inabilità Temporanea Parziale al 50% per 15 giorni;
  2. b) Inabilità Temporanea Parziale al 25% per 15 giorni;
  3. c) Inabilità Temporanea Parziale al 10% per 30 giorni.

Invece, la valutazione del danno permanente è stata equamente determinata nella misura del 6%, con esclusione di ripercussione negativa sulla capacità lavorativa della periziata.

Al fine di addivenire a tale equa stima del danno, il C.T.U. ha dato atto di aver fatto riferimento al noto manuale “Guida Orientativa per la Valutazione del Danno Biologico” di M. Bargagna, il cui valore scientifico non è discusso né discutibile.

La convenuta ha rilevato perplessità nell’accertamento medico-legale dell’ausiliare, che avrebbe classificato le lesioni patite dalla B. sia come “iperpigmentazioni” sia come “esiti cicatriziali”.

Nel predetto manuale si rinvengono quattro classi di valutazioni delle lesioni estetiche e, per quanto qui rileva:

1) classe I (1-5%): “riduzione dell’efficienza estetica quasi nulla o molto lieve, con esiti rilevabili in corso di un’osservazione generica, ma che non alterano l’espressività del soggetto (ad esempio, piccole cicatrici visibili e/o anomale pigmentazioni del volto, piramide nasale leggermente deviata, perdita parziale di un padiglione auricolare, strabismo lieve, cicatrici lineari evidenti nella regione del collo, cicatrici lineari al tronco o agli arti anche di grandi dimensioni”;

2) classe II (6-10%): “riduzione dell’efficienza estetica lieve-moderata, con esiti più evidenti che si accompagnano a coscienza della menomazione da parte del soggetto leso (ad esempio piccole cicatrici lineari piane al volto, depressioni cutanee circoscritte nelle regioni della fronte e della guancia, asimmetrie facciali di modesta entità, perdita totale di un padiglione auricolare, strabismo molto evidente, esiti cicatriziali evidenti nella regione del collo, estese aree cicatriziali al tronco o agli arti”.

Ritiene questo giudice che, tenuto conto che, nel caso di specie, non si tratta di lievi anomale pigmentazioni del volto né di cicatrici lineari poste sul collo, sul tronco o sugli arti, che varrebbero a sussumere le lesioni in esame nella prima classe, bensì di lesioni non lineari ma estese e discromiche agli arti inferiori (al di là della loro qualificazione medica in termini di iperpigmentazione o di cicatrici), gli elementi che valgono a confermare la valutazione operata dal C.T.U., a prescindere da ogni sua componente soggettiva, e che devono essere senz’altro valorizzati in maniera decisiva sono l’estensione dell’alterazione cutanea e la loro collocazione in regioni del corpo particolarmente esposte, con conseguente influenza sull’aspetto estetico dell’attrice.

Il danno biologico permanente va pertanto stimato al 6%, secondo le condivisibili valutazioni del C.T.U.

Dunque, sulla base delle tabelle di Milano secondo i parametri vigenti al momento dell’emissione della decisione (Cass. 7272/2012 rv. 622506), fatte proprie dall’intestato Tribunale (Cass. 12408/2011 rv. 618048), considerando l’età dell’attrice al momento del fatto (23) ed applicando l’importo medio di Euro 120,00 per l’invalidità temporanea (valori tabellari da Euro 96,00 ad Euro 145,00 giornaliere) (tenuto conto del grado “medio-lieve” di sofferenze psico-fisiche e dell’assenza di ragioni per discostarsi dal valore mediano), il danno complessivamente subito deve essere liquidato nell’importo di Euro 12.433,00, di cui Euro 10.723,00 per danno biologico permanente ed Euro 1.710,00 per danno biologico temporaneo.

L’attrice non ha diritto ad accedere ad alcuna personalizzazione del danno.

Come ha già avuto modo di affermare la Suprema Corte, il c.d. danno estetico non è che una forma di invalidità permanente (e quindi un danno biologico), sicchè il pregiudizio di tipo estetico viene abitualmente risarcito all’interno del danno biologico, inclusivo di ogni pregiudizio diverso da quello consistente nella diminuzione o nella perdita della capacità di produrre reddito, ivi compresi il danno estetico e alla vita di relazione, a meno che esso abbia provocato ripercussioni negative non soltanto su un’attività lavorativa già svolta ma anche su un’attività futura, precludendola o rendendola di più difficile conseguimento, in relazione all’età, al sesso del danneggiato e ad ogni altra utile circostanza particolare, nel quale caso può essere riconosciuto per esso un danno patrimoniale purché venga fornita una prova rigorosa di una concreta riduzione del reddito conseguente alle menomazioni subite (Cass. 13391/2007 rv. 597097 e Cass. 702/2010 rv. 610869; così anche Cass. 17220/2014; v. anche Cass. 6383/2004 rv. 571698, secondo cui il danno estetico costituisce una componente del danno biologico, che può giustificare una personalizzazione qualitativa e quantitativa dei parametri adottati a tal fine).

Nel caso di specie, il C.T.U., nella determinazione del grado percentuale di invalidità permanente all’interno della classificazione adottata, la quale consentiva di spaziare dal 6% al 10%, ha già mostrato di considerare il danno estetico, tenendo conto, in particolare, della giovane età dell’attrice, dell’incidenza della lesione sugli aspetti dinamico-esistenziali-relazionali e dell’assenza di riflessi psicopatologici in atto.

Ciò detto, avendo il C.T.U. già preso in considerazione ogni conseguenza di tipo estetico, segnatamente le ripercussioni dinamico-relazionali connesse alla localizzazione delle alterazioni cutanee, non può più essere risarcito alcunché, atteso che non vi sono ulteriori elementi, peraltro neppure dedotti da parte attrice, per procedere ad una personalizzazione del suddetto danno.

1.1.2.2. Le spese mediche sostenute – giustificate e congrue – che devono essere rimborsate sono pari ad Euro 1.268,00.

Si tratta, in particolare, della visita medico-legale sostenuta in data 04.11.2011 (Euro 968,00), che ha natura evidentemente prodromica all’introduzione del presente giudizio, e della visita specialistica in data 20.10.2011 (Euro 300,00).

Non può invece essere risarcita la somma di Euro 480,00, relativa all’ulteriore visita specialistica in data 03.11.2011 cui l’attrice si è sottoposta appena il giorno prima di quella medico-legale e dieci giorni dopo un’altra visita di analoga natura, trattandosi di accertamento medico superfluo e ripetitivo.

Non trova giustificazione in atti l’ulteriore somma di Euro 1.400,00 richiesta da parte attrice in comparsa conclusionale (ed erroneamente ritenuta congrua dal C.T.U. in assenza di qualsivoglia documentazione a sostegno della pretesa).

1.1.3. A parte attrice spetta la liquidazione dei seguenti importi: Euro 12.433,00 + Euro 1.268,00.

Tali somme, trattandosi di debito di natura risarcitoria, e dunque di valore, devono essere maggiorate, in assenza di specifica prova sull’entità del pregiudizio sofferto, della rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT (così da reintegrarne il valore iniziale, compensando la successiva perdita del potere d’acquisto della moneta) dalla data dell’evento (11.02.2011), nonché del lucro cessante, anch’esso in via equitativa, attraverso l’attribuzione degli interessi legali i quali, al fine di evitare l’ingiustificata locupletazione della parte creditrice vengono calcolati sul capitale originario rivalutato anno per anno dalla data dell’evento dannoso fino alla presente sentenza (v. Cass. S.U. 1712/1995 rv. 490480).

Nel caso di specie, facendo applicazione di tali principi, la somma corrispondente al danno non patrimoniale deve essere riportata al valore (“devalutata”) alla data del fatto (Euro 11.652,00); ad essa deve essere poi sommato l’importo del danno patrimoniale, anch’esso devalutato alla data del fatto (Euro 968,00 devalutati in Euro 947,16 ed Euro 300,00 in Euro 293,83).

Dunque, l’importo finale pari ad Euro 12.892,99, quale credito di valore, deve essere rivalutato, riconoscendo gli interessi legali per il ritardo nella liquidazione, calcolati con decorrenza dal fatto sulla somma originaria, rivalutata anno per anno. Seguendo la progressione periodica annuale, tale somma valutata all’attualità è complessivamente pari ad Euro 14.857,49, somma in cui consistono i danni subiti da parte attrice in occasione del fatto e sulla quale, invece, decorreranno – in quanto debito di valuta – i chiesti interessi legali dalla data della presente decisione fino al saldo.

Al pagamento di tale somma va dunque condannata la B..

1.2. Va invece rigettata la domanda di restituzione della somma di Euro 560,00 relativa a sedute di cavitazione, anticipatamente corrisposta dall’attrice e di cui essa non ha usufruito.

È pacifico tra le parti che l’attrice, il giorno del sinistro in discussione, abbia corrisposto alla convenuta la somma complessiva di Euro 1.400,00 per venti sedute di cavitazione.

È altrettanto incontroverso che la B. abbia usufruito di dodici sedute su venti, chiedendo la restituzione di una somma equivalente alle otto sedute cui non si è sottoposta.

L’assunto attoreo è che, in seguito all’episodio dell’11.02.2011, sarebbe venuta meno la fiducia necessaria ad autorizzare la convenuta ad utilizzare un siffatto trattamento invasivo sul proprio corpo.

La B., fin dalla comparsa di costituzione, ha replicato che, in realtà, la B. si sarebbe sottoposta alle sedute di cavitazione (ben dodici) successivamente ai fatti per cui è causa: circostanza negata dall’attrice, che ha invece sostenuto di aver iniziato ad usufruire del “pacchetto” prima dell’11.02.2011 e di avere, da allora, interrotto ogni trattamento presso il centro estetico “I.” (pag. 6 della memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. di parte attrice).

L’allegazione dell’attrice è evidentemente non credibile, atteso che l’acquisto di “pacchetti” di servizi (ad esempio, come nel caso di specie, di bellezza) avviene, secondo l’id quod plerumque accidit, a fronte del pagamento del prezzo, salvo ovviamente il successivo godimento mediante la prenotazione di singole sedute.

In ogni caso, a fronte di un contratto concluso l’11.02.2011 relativo ad una serie di interventi estetici con contestuale pagamento del prezzo, sarebbe stata l’attrice a dover vincere la presunzione che vuole che al contratto venga data da quel momento esecuzione, dimostrando appunto che una delle parti già aveva dato, in precedenza, parziale esecuzione allo stesso, prima ancora di ricevere alcun corrispettivo.

Ciò detto, non risulta in causa, non avendolo l’attrice mai precisato, quando essa abbia deciso di interrompere i trattamenti di cavitazione (è infatti tardiva l’allegazione contenuta a pagina 4 della memoria di replica secondo cui l’interruzione sarebbe avvenuta solo dopo i primi controlli medici di aprile e giugno).

Si tratta, peraltro, di contratto distinto da quello che ha originato il danno appena risarcito.

In definitiva, sulla base degli elementi acquisiti in giudizio, non può che ritenersi che la B., dopo aver usufruito di dodici sedute di cavitazione successivamente al giorno in cui aveva riportato persistenti lesioni cutanee alle gambe per un differente trattamento estetico, abbia unilateralmente ed ingiustificatamente, in assenza di inadempimento della controparte, rifiutato di proseguire nel rapporto contrattuale in essere e di sottoporsi alle restanti sedute.

La domanda restitutoria va dunque rigettata.

2. Le spese di lite vanno compensate per un 1/4 fra le parti in ragione dell’accoglimento solo parziale delle domande articolate dall’attrice. La convenuta va condannata al pagamento a favore della B. dei residui 3/4 liquidati come in dispositivo in applicazione del D.M. n. 55 del 2014. In particolare: a) alla luce della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, si applica lo scaglione da Euro 5.201,00 ad Euro 26.000,00 (Cass. S.U. 19014/2007 rv. 598765, secondo cui nella liquidazione degli onorari lo scaglione di riferimento è quello relativo al decisum, non già al disputatum); b) le fasi da prendere in considerazione sono quelle di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria; c) non si ravvisano ragioni per discostarsi dai valori medi, e pertanto si stima equo liquidare un compenso pari a complessivi Euro 3.626,25.

Le spese della C.T.U. del dott. Tolomeo, liquidate come da verbale d’udienza del 05.02.2016, vanno poste in via definitiva a carico della B..

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa e ulteriore istanza, eccezione e deduzione disattesa, così giudica:

  1. condanna B.C.L. a pagare in favore di B.C., a titolo di risarcimento del danno, la somma complessiva di Euro 14.857,49, già all’attualità, oltre interessi legali dalla data della presente decisione al saldo;
  2. rigetta ogni altra domanda spiegata dalle parti;
  3. compensa per un quarto le spese di lite e condanna B.C.L. alla rifusione in favore di B.C. dei residui terzi quarti, liquidati in complessivi Euro 515,31 per esborsi ed Euro 3.626,25 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, CPA ed IVA come per legge;
  4. pone definitivamente le spese della C.T.U. del dott. Tolomeo, già liquidata con separato provvedimento, a carico di B.C.L..

Così deciso in Vicenza, il 19 febbraio 2018.

Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2018.

 

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