(di Avv. Marco Martinoia – Studio Legale Calvello)
Per comprendere il discrimine tra diritto all’oblio e diritto di cronaca è, senz’altro, necessario esaminare la normativa (italiana ed europea) e la recente giurisprudenza in materia.
La Corte di Cassazione (20.03.2018, n. 6919) aveva chiarito il seguente principio: “l’esistenza del cd. “diritto all’oblio” è stata affermata, sia nella giurisprudenza Europea che in quella nazionale, con riferimento a fattispecie differenti, nelle quali si è sempre posta, peraltro, l’esigenza di un contemperamento tra due diversi diritti fondamentali: il diritto di cronaca, posto al servizio dell’interesse pubblico all’informazione, ed il diritto della persona a che certe vicende della propria vita, che non presentino più i caratteri dell’attualità, ovverosia che non siano più suscettibili di soddisfare un interesse apprezzabile della collettività a conoscerle, non trovino più diffusione da parte dei media.”
La Suprema Corte, sempre con il provvedimento citato (20.03.2018, n. 6919), ha stilato il seguente elenco di specifici presupposti, alla presenza dei quali il diritto all’oblio può subire una compressione, a favore del diritto di cronaca.
1) il contributo dalla diffusione dell’immagine/notizia ad un dibattito di interesse pubblico;
2) l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali), da reputarsi mancante in caso di prevalenza di un interesse divulgativo o, peggio, meramente economico o commerciale del soggetto che diffonde la notizia o l’immagine;
3) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e, segnatamente, nella realtà economica o politica del Paese;
4) le modalità impiegate per ottenere e nel dare l’informazione, che deve essere veritiera (poiché attinta da fonti affidabili, e con un diligente lavoro di ricerca), diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell’interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, sì da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione;
5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al grande pubblico.
A seguito dell’entrata in vigore del Regolamento UE n. 2016/679, meglio noto come G.D.P.R., il diritto all’oblio trova altresì una sua specifica collocazione normativa e, il comma 3 dell’art. 17 del Regolamento europeo individua i casi in cui il trattamento dei dati è necessario:
- esercizio del diritto di libertà d’espressione;
- adempimento di un obbligo legale;
- motivi di interesse pubblico (sanità);
- fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici;
- accertamento, esercizio o difesa di un diritto in sede giudiziaria.
Da ultimo, la III Sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 5 novembre 2018 n. 28084, ha riconosciuto l’urgenza, ormai, di individuare univoci criteri di riferimento che consentano agli operatori del diritto di conoscere preventivamente i presupposti in presenza dei quali un soggetto può invocare il diritto all’oblio ed, a tal fine, ha rimesso la questione al Presidente per l’assegnazione della stessa alle Sezioni Unite (Supremo organo nomofilattico).
Nell’ordinanza in esame, la Terza Sezione della Suprema Corte ha affermato, infatti, che “dalla lettura della su menzionata ord. 20 marzo 2018, n. 6919 (e della giurisprudenza delle Corti europee) non è dato evincere se i presupposti indicati – per altro di diversa natura, essendo i primi tre una specificazione del requisito della pertinenza, il quarto di carattere riepilogativo ed il quinto di ordine procedurale – siano richiesti in via concorrente ovvero, come sembra a questo Collegio, in via alternativa”.
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la recentissima sentenza 22.07.2019 n. 19681, hanno definito il seguente principio di diritto:
“In tema di rapporti tra il diritto alla riservatezza (nella sua particolare connotazione del c.d. diritto all’oblio) e il diritto alla rievocazione storica di fatti e vicende concernenti eventi del passato, il giudice di merito – ferma restando la libertà della scelta editoriale in ordine a tale rievocazione, che è espressione della libertà di stampa e di informazione protetta e garantita dall’art. 21 Cost. – ha il compito di valutare l’interesse pubblico, concreto ed attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone che di quei fatti e di quelle vicende furono protagonisti. Tale menzione deve ritenersi lecita solo nell’ipotesi in cui si riferisca a personaggi che destino nel momento presente l’interesse della collettività, sia per ragioni di notorietà che per il ruolo pubblico rivestito; in caso contrario, prevale il diritto degli interessati alla riservatezza rispetto ad avvenimenti del passato che li feriscano nella dignità e nell’onore e dei quali si sia ormai spenta la memoria collettiva (nella specie, un omicidio avvenuto ventisette anni prima, il cui responsabile aveva scontato la relativa pena detentiva, reinserendosi poi positivamente nel contesto sociale)”.