LA VICENDA
Una Società (conduttrice) si opponeva ad un decreto ingiuntivo di pagamento promosso da una Società Immobiliare (locatrice) per canoni di locazione e rimborso di imposta di registro non pagati relativamente un contratto di sublocazione di un capannone industriale, eccependo l’estinzione per compensazione del credito con il deposito cauzionale versato alla società ingiungente. Si costituiva l’opposta, insistendo nella sua pretesa e, in subordine, prospettando compensazione in relazione a un credito ulteriore relativo al risarcimento di danni occorsi.
Il Tribunale, in accogliendo dell’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo, dichiarando inammissibile la domanda di compensazione avanzata dalla opposta sul presupposto della nullità della clausola di cui all’art. 15 del contratto la quale stabiliva “il conduttore rinuncia espressamente a far valere diritti di ritenzione o compensazione che dovessero competergli”
La locatrice proponeva quindi appello, cui resisteva controparte. La Corte d’appello lo accoglieva ritendo assolutamente valida la clausola in parola, rigettando, pertanto, l’opposizione e confermando il decreto ingiuntivo con conseguente condanna dell’appellata a rifondere all’appellante le spese di entrambi i gradi di giudizio.
La Società conduttrice ricorre, quindi, in Cassazione.
LA QUESTIONE
È possibile nei contratti di locazione ad uso commerciale pattuire la rinuncia del conduttore ad eccepire la compensazione in riferimento al deposito cauzionale versato al locatore?
IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE
Nel contratto di locazione ad uso commerciale è legittimo pattuire la rinuncia del conduttore all’eccezione di compensazione in riferimento al deposito cauzionale, poiché non sussiste alcuna parte debole meritevole di particolare tutela.
Ed invero, disponendo la rinuncia del conduttore all’eccezione di compensazione con riferimento al deposito cauzionale, le parti hanno perseguito lo scopo di impedire un utilizzo del deposito cauzionale non conforme alla sua funzione di garanzia relativamente alle condizioni in cui viene restituito l’immobile al momento del rilascio.
Nella pratica si assiste, infatti, ad un uso improprio della cauzione laddove il conduttore reclama il diritto di utilizzare la cauzione versata in compensazione con gli ultimi canoni da corrispondere allocatore.
SULLA (SPECIFICA) FUNZIONE DELLA CAUZIONE
Il deposito cauzionale assolve alla precipua funzione di garanzia rispetto all’eventuale insorgenza di un’obbligazione risarcitoria in capo al conduttore-cauzionante per eventuali danni che potrebbe avere riportato l’immobile locato una volta che viene restituito.
Secondo la Corte, quindi, le parti non solo non sono entrate in una posizione di discrasia rispetto ai principi normativi attinenti al tipo di contratto, bensì li hanno addirittura meglio potenziati e specificati, esercitando la loro piena autonomia negoziale.
L’ORDINANZA (estratto)
(Presidente Dott. A. AMENDOLA – Relatore Dott. C. GRAZIOSI)
Svolgimento del processo
che:
Con ricorso depositato al Tribunale di Reggio Emilia il 26 settembre 2016 NCL S.r.l. si opponeva a decreto ingiuntivo di pagamento di Euro 10.022,83, oltre interessi e spese, a favore di Immobiliare Il Quadrifoglio di P.M. & C. quali canoni di locazione e rimborso di imposta di registro relativamente un contratto di sublocazione di un capannone industriale, eccependo estinzione per compensazione del credito. Si costituiva l’opposta, insistendo nella sua pretesa e, in subordine, prospettando compensazione in relazione a un credito ulteriore relativo al risarcimento di danni.
Il Tribunale, con sentenza n. 484/2017, accogliendo l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo, dichiarando inammissibile la domanda di compensazione avanzata dalla opposta.
Immobiliare Il Quadrifoglio proponeva appello, cui resisteva controparte. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 22 giugno 2018, lo accoglieva, rigettando pertanto l’opposizione e confermando il decreto ingiuntivo, e condannava l’appellata a rifondere all’appellante le spese di entrambi i gradi.
NCL ha proposto ricorso, basato su un unico motivo. Immobiliare Quadrifoglio si è difesa con controricorso.
Motivi della decisione
che:
1. Premesso che la parte del ricorso dedicata a quel che viene definito “Fatto e svolgimento del processo” include la completa trascrizione di entrambe le sentenze di merito (incorrendo così nel c.d. assemblaggio, censurato, per tutti, da S.U. 11 aprile 2012 n. 5698), si dà atto comunque che l’unico motivo viene rubricato come violazione o falsa applicazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 1362-1371 c.c. in relazione all’art. 15 del contratto di locazione e agli artt. 1341 e 1342 c.c. Rileva la ricorrente che la corte territoriale ha totalmente riformato la sentenza del giudice di prime cure, per il quale, “vista l’eccezione di compensazione relativa alla restituzione del deposito cauzionale, il locatore non può rifiutarsi di restituire il deposito cauzionale al conduttore sulla base di generiche contestazioni o semplicemente riservandosi di agire in un separato giudizio per il risarcimento di danni”, per nulla rilevando la rinuncia dell’art. 15 del contratto di locazione “in ragione della sua genericità, senza specifica indicazione dei diritti che si rinunciano (con formulazione peraltro ipotetica) che determina la nullità della clausola”. Invece, appunto, il giudice d’appello ha ritenuto che l’attuale ricorrente, tramite l’art. 15 suddetto, “ha rinunciato espressamente alla compensazione”.
Tale decisione – osserva la ricorrente – non potrebbe essere condivisa, in quanto la clausola di rinuncia alla compensazione “deve essere dichiarata inammissibile”.
Si adduce che “la rinuncia alla compensazione è un negozio giuridico che può avere struttura unilaterale o bilaterale” ed “essere effettuata prima che operi la compensazione o anche in un momento successivo”, ma comunque “dopo il sorgere del credito, altrimenti mancherebbe l’oggetto del negozio” (viene citata Cass. sez. 3, 13 giugno 2018 n. 15373: “La L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79, il quale sancisce la nullità di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto di locazione o ad attribuire al locatore un canone maggiore di quello legale, ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge stessa, non impedisce al conduttore di rinunciare all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, purchè ciò avvenga successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che il conduttore si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la richiamata disciplina è preordinata.”: arresto, questo, che fin d’ora deve qualificarsi privo di pertinenza, vertendo sul ben diverso istituto dell’indennità di avviamento, debenza del locatore rispetto a un’entità pecuniaria che non sussiste al momento della stipula del contratto e si concretizza alla conclusione della sua fase esecutiva, laddove qui si tratta della restituzione di una garanzia subito prestata in diretta conseguenza della stipulazione negoziale).
Il locatore durante la vigenza del contratto – nota ancora la ricorrente – non può disporre del deposito cauzionale, poichè questo ha funzione di garantirlo per l’adempimento di tutti gli obblighi del conduttore; e il conduttore, parimenti, durante la vigenza del contratto “non può vantare alcun diritto di credito nei confronti del locatore, quale il diritto alla restituzione del deposito cauzionale”, restituzione che potrà essere chiesta solo successivamente alla risoluzione del contratto, quando viene meno la sua funzione di garanzia (si richiama ulteriore giurisprudenza di legittimità, tra cui Cass. sez. 3, 21 aprile 2010 n. 9442: “In materia di locazione, l’obbligazione del locatore di restituire al conduttore il deposito cauzionale dal medesimo versato in relazione gli obblighi contrattuali – tramite la consegna di denaro o di altre cose mobili fungibili con funzione di garanzia dell’eventuale obbligo di risarcimento del danno del cauzionante – sorge al termine della locazione non appena avvenuto il rilascio dell’immobile locato, con la conseguenza che, ove il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti, il conduttore può esigerne la restituzione. Tuttavia, ove avvenga lo svincolo, volontario o coattivo, dei beni oggetto di deposito, in via di principio non può riconoscersi a siffatta evenienza, proprio in ragione della anzidetta funzione tipica dell’istituto, un effetto diverso ed ulteriore rispetto a quello della perdita della garanzia liquida dal deposito stesso rappresentata, non potendosi, quindi, inferire, sempre e comunque, dalla sua dismissione l’insussistenza di obbligazioni inadempiute del conduttore o di danni da risarcire.”). E dunque, il diritto alla restituzione del deposito cauzionale “sorge e diviene esigibile solo al termine della locazione, come tale avente natura extracontrattuale”: da ciò deriverebbe l’invalidità dell’art. 15 del contratto di locazione in esame.
L’art. 15, d’altronde, stabilisce che “il conduttore rinuncia espressamente a far valere diritti di ritenzione o compensazione che dovessero competergli”, e la corte territoriale vi avrebbe ravvisato la volontà delle parti “di evitare che il conduttore accumulasse debiti per canone di locazione pretendendo di portarli in compensazione con il deposito cauzionale versato”, affermando che la clausola è “consequenziale rispetto ad altre che pongono a carico del subconduttore l’obbligo di versare un deposito cauzionale (art. 5), il ripristino alla fine del periodo di locazione (art. 10) e il diritto della sublocatrice di trattenere tutte le somme versate (art. 14)”. Ciò non sarebbe condivisibile, perchè la formulazione dell’art. 15, come ben argomentato dal primo giudice, sarebbe “palesemente generica”, non individuando “quali siano i diritti di compensazione o di ritenzione” oggetto di rinuncia, e così non consentendo “al sottoscrittore la possibilità di una effettiva conoscenza prima della stipula del contratto”. Inoltre la consequenzialità delle clausole indicate dalla corte territoriale – “sforzo di interpretazione del contratto limitato all’art. 1362 c.c., commi 2-3” (sic) – darebbe luogo ad una interpretazione “abnorme e non rispondente ai reali interessi delle parti”, non essendo ravvisabile nelle clausole 5, 10 e 14 “un qualche riferimento e/o collegamento con la generica clausola di rinuncia (art. 15) che possa anche solo far ipotizzare una consapevole volontà del conduttore di rinunciare a compensare un chissà quale suo credito con chissà quali i debiti assunti con il locatore”.
2. Il motivo in esame, come si è appena visto, agita una pluralità di argomenti, talora ictu oculi inconsistenti (come l’affermazione che il diritto alla restituzione del deposito cauzionale versato in relazione a un contratto locatizio sia da qualificarsi extracontrattuale), per sostenere che avrebbe errato il giudice d’appello nell’interpretare l’art. 15 del contratto che vincolava il resistente, nella vicenda sfociata in questa controversia, con Immobiliare II Quadrifoglio.
In primis, deve rilevarsi che il riferimento alle norme ermeneutiche viene espletato in modalità non corrette, in quanto, in realtà, la ricorrente propone una interpretazione dell’art. 15 del contratto alternativa rispetto a quella adottata dal giudice d’appello, e precisamente tenta di ricondurre – con una valutazione direttamente fattuale che non individua realmente quale canone interpretativo sarebbe stato violato – alla lettura della clausola adottata dal giudice di prime cure. Sotto questo profilo, il motivo patisce una evidente inammissibilità.
Peraltro, nella già rimarcata pluralità di argomenti il motivo riferisce la sua critica anche alla natura della clausola di rinuncia, che sarebbe a suo avviso nulla. In particolare, essa sarebbe nulla perchè la sua sottoscrizione ex art. 1341 c.c. non varrebbe, dal momento che sarebbero state doppiamente sottoscritte tutte le clausole del contratto. Si tratta, in realtà, di una questione nuova proposta nel ricorso, non risultando dalla descrizione della vicenda processuale offerta dalla stessa ricorrente un suo precedente inserimento nel thema decidendum. La stessa corte territoriale, d’altronde, argomentando sul contenuto dell’art. 15 del contratto, richiama le duplici sottoscrizioni ex artt. 1341 e 1342 c.c. in relazione, però, soltanto ad alcune specifiche clausole, e cioè, oltre all’art. 15, agli artt. 5, 10 e 14 del contratto (sentenza d’appello, pagina 4).
Anche sotto questo profilo, dunque, il ricorso patisce inammissibilità.
3. Infine, deve osservarsi che, tra le sue varie argomentazioni, la ricorrente affronta pure la natura giuridica della clausola di cui all’art. 15 del contratto, che così recita:
“Rinuncia alla compensazione e ritenzione. Il conduttore rinuncia espressamente a far valere i diritti di ritenzione e compensazione che dovessero eventualmente competergli”.
Anzitutto, non è qualificabile “inammissibile” una clausola contrattuale, come invece prospetta la ricorrente (ricorso, pagina 18). Per il resto, deve darsi atto che si sostiene che la clausola dovrebbe valere “dopo il sorgere del credito, altrimenti mancherebbe l’oggetto del negozio”: non si comprende, tuttavia, la pregnanza di questa critica, dato che la clausola si rapporta ictu oculi alla fase esecutiva del contratto per configurare gli obblighi del conduttore nel senso, in sostanza, di un peculiare solve et repete con specifico riferimento, per quanto qui interessa, all’eccezione di compensazione come forma di estinzione del credito del locatore, estinzione che viene esclusa nell’ambito di un evidente equilibrio sinallagmatico che le parti hanno perseguito pure sotto il profilo della tutela del locatore. Il che non confligge con alcun principio di diritto, dal momento che ormai si è ben compreso che nel contratto di locazione ad uso non abitativo non sussiste una parte “debole” meritevole di peculiare salvaguardia nella conformazione, appunto, del concreto sinallagma (cfr., da ultimo, in ordine alla determinazione del canone, la quanto mai significativa Cass. sez. 3, 26 settembre 2019 n. 23896), essendo del tutto aperta anche in questo tipo di contratto la libertà negoziale laddove non trovi specifici freni normativi, il suo esito quale regolamento dovendosi poi interpretare alla luce dello scopo pratico ricercato dai contraenti (cfr., p. es., Cass. sez. 3, 19 marzo 2018 n. 6675).
Disponendo la rinuncia del conduttore all’eccezione di compensazione, in riferimento – per quanto qui interessa – al deposito cauzionale, è evidente che le parti hanno perseguito lo scopo di impedire un utilizzo del deposito cauzionale non conforme alla sua funzione di garanzia quanto alle condizioni in cui viene restituito l’immobile al momento del rilascio: funzione di garanzia relativa, quindi, all’obbligazione di risarcimento di danno effettuato dal cauzionante che è stata chiaramente riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte (v. Cass. sez. 3, 21 aprile 2010 n. 9442, invocata proprio dalla ricorrente come sopra si è visto, nonchè, da ultimo, Cass. sez. 3, 5 luglio 2019 n. 18069), onde, nel tutelarla con la concreta conformazione del regolamento negoziale, le parti non sono entrate in una posizione di discrasia rispetto ai principi normativi attinenti al tipo di contratto, bensì li hanno potenziati e specificati, esercitando la loro autonomia negoziale.
Infondata manifestamente si appalesa, pertanto, anche questa parte del motivo, assorbendo quanto si è appena chiarito ogni altro rilievo.
4. In conclusione il ricorso risulta infondato, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – alla controricorrente.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2500, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2020