MASSIMA
Nel rito del lavoro la contestazione generica dei fatti allegati dal lavoratore-ricorrente in modo preciso e puntuale equivale a non contestazione, dovendosi pure tenere conto della concreta possibilità del datore di lavoro di avere talvolta una conoscenza specifica dei fatti allegati anche maggiore rispetto al lavoratore, qualora, ad es., si tratti di fatti attinenti all’organizzazione aziendale.
LA SENTENZA
Cassazione civile, Sez. lavoro, Sentenza del 15/04/2009, n. 8933
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere
Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 3035/2006 proposto da:
DE VIZIA TRANSFER S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato INTERNULLO ROSARIA, rappresentata e difesa dagli avvocati GRASSO BENITO, GRASSO LUCA, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
F.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO PAPA 21, presso lo studio dell’avvocato PANNAIN REMO, rappresentato e difeso dall’avvocato GAMBARDELLA GIUSEPPE, giusta mandato a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1804/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 17/01/2005, R.G.N. 898/04 R.G.N. 898/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/2009 dal Consigliere Dott. MELIADO’ GIUSEPPE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 18.2.2004 il Tribunale di Torino, in accoglimento della domanda proposta da F.C., già dipendente della Penauille Italia spa, ai fini dell’assunzione alle dipendenze della De Vizia Transfer spa, subentrata alla prima nell’appalto conferito alla società datrice di lavoro, condannava ad assumere il ricorrente con decorrenza dall'(OMISSIS) e a corrispondergli le retribuzioni a decorrere dalla stessa data.
Proposta impugnazione, la Corte di appello di Torino, con sentenza in data 13.12.2004/17.1.2005, riduceva la condanna al risarcimento del danno, deducendo quanto percepito dall’appellato, nel periodo 26.5.2003 – 11.7.2003, lavorando alle dipendenze di altro datore di lavoro e confermava nel resto.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la De Vizia Transfer spa con tre motivi. Resiste F.C. con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione agli artt. 1362, 1363 e 2697 c.c., la ricorrente rileva che il F., nel prospettare l’inadempimento della società subentrante all’obbligo di assunzione, aveva l’onere di provare, in conformità a quanto previsto dall’art. 4 del contratto collettivo di settore, che la cessazione dell’appalto era avvenuta “a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali” e che, trattandosi di fatti costitutivi dell’azione, restava irrilevante, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte territoriale, l’eventuale mancata o insufficiente contestazione della parte convenuta, e sebbene a ciò si fosse provveduto con la memoria di costituzione di primo grado.
Con il secondo motivo, la società ricorrente lamenta che i giudici di merito, con motivazione contraddittoria, abbiano rigettato la subordinata richiesta di delimitazione dell’obbligo di assunzione ad un periodo di quattro mesi, rilevando l’assenza di prova in ordine alla circostanza che gli altri dipendenti fossero stati assunti con contratto a tempo indeterminato, nonostante che essa ricorrente avesse esibito i relativi contratti ed avesse articolato anche prova testimoniale sul punto. Con il terzo motivo, infine, la ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 1227 c.c. e art. 437 c.p.c., censura la sentenza impugnata per non aver valutato, ai fini della quantificazione del danno, che l’intimato, successivamente alla conclusione del giudizio di primo grado, era stato destinatario di una proposta di assunzione, la quale era stata, tuttavia, ritenuta ininfluente dalla corte territoriale per esser stata la relativa documentazione prodotta solo all’udienza di discussione e per riguardare, in ogni caso, un appalto del tutto distinto da quello in questione e distante circa 200 chilometri dalla residenza del F., omettendo, nondimeno, di considerare che nessuna preclusione poteva ritenersi operante, stanti i poteri della corte ai sensi dell’art. 437 c.p.c., comma 2, e che dalla previsione contrattuale non poteva evincersi alcun obbligo in ordine alla determinazione della sede di servizio, rimessa all’accordo fra le parti.
Il primo motivo è infondato.
Per come, infatti, correttamente si avverte nella decisione impugnata, a fronte della puntuale esplicitazione da parte del ricorrente dei fatti condizionanti il diritto allegato (avendo sin dal ricorso introduttivo il F. dedotto che “a decorrere dall'(OMISSIS) la De Vita Transfer è subentrata alla Penauille Italia spa nel suddetto appalto…a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali rispetto al precedente”), la società si era astenuta dal prendere posizione sui fatti allegati, rendendoli sostanzialmente incontroversi.
Si afferma in ricorso che la società, costituendosi nel giudizio di merito, aveva dedotto che il F. non aveva “provato …come era suo onere che l’appalto (era) stato rilevato…a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali..”, ma, come è agevole constatare, era stata così operata una contestazione meramente apparente, che senza escludere i fatti allegati, aveva omesso di prendere puntuale posizione su circostanze che, comunque, erano nella sfera di conoscenza e di disponibilità dell’impresa subentrata nell’appalto.
Così contravvenendo alla necessità che la contestazione assuma carattere di specificità (cfr. Cass. n. 85/2003), dovendosi la contestazione generica, in presenza di fatti ritualmente allegati dalla controparte in modo preciso e puntuale, equiparare alla mancanza di contestazione, per potersi assegnare alla contestazione un effettivo rilievo processuale solo ove vengano con la stessa richiamate circostanze fattuali a tal fine pertinenti e significative.
E ciò anche a prescindere dalla condivisibile osservazione (cfr.
Cass. n. 10759/2004) che l’adempimento da parte del ricorrente – lavoratore dell’onere di individuare con precisione nel ricorso i fatti allegati, necessario al fine di consentire un’efficace contestazione di essi da parte del convenuto – datore di lavoro, va valutato tenendo conto anche della concreta possibilità del datore di lavoro di avere conoscenza specifica dei fatti allegati, talvolta maggiore rispetto alla conoscenza del lavoratore, trattandosi di fatti attinenti all’organizzazione aziendale.
Anche il secondo motivo è infondato.
Con accertamento di fatto correttamente motivato, e pertanto in questa sede insindacabile, la corte di merito ha appurato che fra le parti sociali non era intervenuto alcun accordo volto a circoscrivere l’obbligo di assunzione ad un periodo di quattro mesi (con contratto a tempo determinato), e che tale efficacia non poteva, comunque, riconoscersi al verbale menzionato in sentenza, sicchè resta esclusa la rilevanza di alcuna ulteriore indagine (in ipotesi omessa).
Infondato è, infine, anche l’ultimo motivo.
Basti, al riguardo, osservare, a prescindere da ogni altro profilo, che la corte di merito, dato atto che il documento contenente la proposta di assunzione a M. era stato depositato tardivamente, ha fatto corretta applicazione del principio per cui il potere di ufficio del giudice di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’art. 437 c.p.c., comma 2, può essere esercitato, sempre che si tratti di documenti indispensabili per la decisione della causa, a condizione che gli stessi siano specificamente indicati nel ricorso dell’appellante o nella memoria difensiva dell’appellato e depositati contestualmente a questi (cfr. ad es. Cass. n. 9163/2003; Cass. n. 7845/2003; Cass. n. 15197/2000).
Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso delle spese che liquida in Euro 15,00, oltre ad Euro 2.000,00, per onorario, spese generali, IVA e CPA..
Conclusione
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2009