Il Tribunale di Trani stabilisce che l’installazione di impianti fotovoltaici sul tetto condominiale è lecita purché rispetti il diritto degli altri condomini al pari uso dello spazio comune
IL FATTO
Due condomini contestavano l’installazione abusiva di un impianto fotovoltaico da parte di un altro condomino, sostenendo che occupava uno spazio eccessivo del tetto condominiale. Chiedevano la rimozione dell’impianto o, in subordine, il ridimensionamento alla porzione di tetto corrispondente alla quota di proprietà del convenuto, oltre a un indennizzo per l’occupazione indebita.
LA DECISIONE DEL TRIBUNALE
Il Tribunale stabiliva che l’impianto realizzato dal condomino convenuto limitava la possibilità per gli altri di installare impianti simili, violando il principio del pari uso delle parti comuni. La perizia tecnica confermava che l’installazione riduceva lo spazio disponibile per altri impianti. Pertanto, il giudice ordinava il ridimensionamento dell’impianto entro i limiti della quota di proprietà dell’installatore, senza imporne la rimozione totale.
IL PRINCIPIO GIURIDICO
Nel condominio, il singolo comproprietario può installare un impianto fotovoltaico sulla copertura comune, ma nei limiti della propria quota di comproprietà, senza precludere agli altri condomini la possibilità di pari utilizzo della superficie. La realizzazione di un impianto che occupi una porzione eccessiva del tetto condominiale, impedendo un’analoga installazione agli altri comproprietari, costituisce violazione dell’art. 1102 c.c. e delle norme regolamentari condominiali. In caso di occupazione abusiva dello spazio comune, il condomino responsabile è tenuto al ridimensionamento dell’impianto, riportandolo entro i limiti della sua quota, senza obbligo di rimozione totale. Tuttavia, in assenza di prova concreta del danno subito dagli altri condomini, non è dovuto alcun indennizzo per l’occupazione indebita della parte comune.
LA SENTENZA
Tribunale Trani, Sentenza del 17/01/2025, n. 66
(omissis)
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto di citazione notificato in data 1/4/2017 parte attrice conveniva dinanzi all’intestato Tribunale di Trani XX per ivi sentire accertare e dichiarare l’abusiva ed illegittima realizzazione da parte della convenuta, sul tetto dell’edificio condominiale, di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica e, per l’effetto, farne disporre la rimozione a cura e spese della stessa, anche in esecuzione di due delibere condominiali, ovvero, in subordine, il ridimensionamento fino alla concorrenza della porzione di tetto condominiale corrispondente alla sua quota, con liberazione dello spazio comune abusivamente occupato, in violazione degli artt. 1102 e 1120 c.c.; il tutto con condanna della XX alla corresponsione di un indennizzo in favore degli attori, da quantificarsi in via equitativa, a causa ed in conseguenza dell’occupazione illegittima ed abusiva del tetto condominiale, oltre che al pagamento delle spese e competenze di causa.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 20/09/2017 si costituiva in giudizio la convenuta XX impugnando e contestando ogni avversa deduzione, richiesta e conclusione.
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di conciliazione.
Infatti è in atti il verbale del 19/09/2016 che indica l’esito negativo della conciliazione per mancata comparizione delle parti, circostanza che integra e realizza la condizione di procedibilità, in quanto anche tale evenienza rappresenta un esito negativo dell’ incontro ed è contemplata dallo stesso D.Lgs. n. 28 del 2010.
Nel merito la domanda volta ad accertare e dichiarare l’abusiva ed illegittima realizzazione da parte della convenuta XX del rimpianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica è fondata, nei limiti di seguito indicati.
E’ noto che l’art. 1102 c.c. consente al comproprietario l’utilizzazione ed il godimento della cosa comune anche in modo particolare e più intenso, ovvero nella sua interezza, ponendo il divieto, piuttosto, di alterare la destinazione della cosa e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, cosi da negare che l’utilizzo del singolo possa risolversi in una compressione quantitativa o qualitativa di quello, attuale o potenziale, di tutti i comproprietari.
Quando, a norma dell’art. 1102 c.c., si ha un abuso della cosa comune, per l’alterazione della sua destinazione ovvero per l’ impedimento del pari uso di essa da parte degli altri partecipanti alla comunione, ciascuno dei partecipanti è legittimato ad esercitare lo ius prohibendi per ottenere la cessazione della condotta illegittima, oltre che a promuovere un’azione di risarcimento del danno, inteso come effetto della diminuzione della quota o della perdita materiale del bene oggetto della comproprietà (arg. da Cass. Sez. 2, 12/09/2003, n. 13424 : Cass. Sez. 2, 10/01/1981, n. 243; Cass. Sez. 2, 12/09/1970, n. 1388).
Nel caso in esame, dall’istruttoria svolta, è emerso che l’impianto fotovoltaico cosi come realizzato dalla convenuta sul tetto condominiale, impedisce il pari utilizzo agli altri condomini, tra cui gli odierni ricorrenti, non consentendo loro di effettuare impianti analoghi e, comunque, riservando a ciascuno di essi uno spazio eccessivamente limitalo ed insufficiente per permetterne un efficace utilizzo, in ogni caso nettamente inferiore a quello occupato dalla convenuta (vds. Relazione di C.T.U., pagg. 3 -4).
In particolare, il consulente tecnico d’ufficio ha accertato che la presenza dell’ impianto fotovoltaico realizzato dalla XX sul tetto del fabbricato condominiale. a servizio esclusivo della sua unità immobiliare, non consente a ciascuno dei rimanenti condominini di poter disporre di un’area di superficie utile pari a quella già occupata dall’ impianto esistente e, in ogni caso, di un’area di superficie sufficiente a soddisfare le analoghe esigenze degli altri partecipanti al Condominio, residuando sulla copertura condominiale uno spazio troppo limitato.
La realizzazione dell’ impianto inoltre è risultata in violazione anche di norme regolamentari quali l’obbligo imposto a ciascun condomino di astenersi dall’usare le parti comuni in modo da impedire o ostacolare l’uso delle stesse da parte degli altri condomini (art. 7 citato regolamento); l’obbligo a carico del singolo condomino di dare notizia all’amministratore condominiale dei lavori intrapresi in relazione alla propria unità abitativa (art. 10 citato regolamento); il divieto prescritto per ciascun condomino di apportare qualsiasi modificazione al fabbricalo senza la preventiva approvazione dell assemblea (art. 11 citato regolamento).
Ne deriva che in accoglimento parziale della domanda la convenuta deve essere condannata non alla eliminazione dell’ impianto, essendo possibile l’uso esclusivo di un bene comune, ma al ridimensionamento dell’impianto fotovoltaico al fine di consentire il pari uso degli altri comproprietari.
Tale riduzione dell’ impianto fotovoltaico oggetto di causa deve avvenire fino a concorrenza della porzione di tetto condominiale effettivamente corrispondente alla propria quota, con conseguente liberazione dello spazio comune per le analoghe finalità degli altri condomini, più precisamente, secondo le indicazioni fornite dal CTU, lo spazio occupato deve corrispondere alla misura di 16,7 mq, indicala dal tecnico come porzione di superficie utilizzabile per l’ installazione di moduli fotovoltaici per ogni condomino.
Circa la domanda attorea di condanna della convenuta al risarcimento del danno subito dagli attori e/o alla corresponsione di un indennizzo dovuto agli stessi a seguito ed in conseguenza dell’occupazione illegittima ed abusiva del tetto XX da quantificarsi, in via equitativa, la stessa non può trovare accoglimento in mancanza di prova del danno effettivamente subito.
Neppure può farsi luogo ad una liquidazione equitativa del danno, in quanto quest’ultima presuppone che, a monte, il giudice abbia accertato la sussistenza di un danno, circostanza non emersa nel caso in esame ( si veda, in particolare, la giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo la quale “la liquidazione equitativa del danno, ai sensi dell’art. 1226 c.c., presuppone che il pregiudizio economico del quale la parte reclama il risarcimento, sia certo nella sua esistenza ontologica, mentre se tale certezza non sussiste, il giudice non può procedere alla quantificazione del danno in via equitativa, non sottraendosi tale ipotesi all’appiicazione del principio dell’onere della prova quale regola del giudizio, secondo il quale se l’attore non ha fornito la prova del suo diritto in giudizio la sua domanda deve essere rigettata” (Cassazione civile, sez. III, 5 aprile 2003, n. 5375, ma si vedano anche Cassazione civile, sez. I, 10 luglio 2003, n. 10850; Cassazione civile, sez. IL 18 novembre 2002, n. 16202; Cassazione civile, sez. III, 7 marzo 2002, n. 3327; Cassazione civile, sez. II, 8 settembre 1997, N. 8711).
Le spese processuali in ragione del parziale accoglimento della domanda sono compensate per un terzo, mentre i restanti due terzi ai sensi dell’art. 91 c.p.c. seguono la soccombenza e sono poste a carico di XX.
La liquidazione, come da dispositivo, è effettuata secondo i parametri medi di cui al D.M. della Giustizia n. 55 del 2014, come modificato dal decreto 147 del 2022 e ss.mm., tenendo conto del valore della controversia e dell’ attività effettivamente prestata per ciascuna fase di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, nella causa civile di 1 Grado iscritta al N. 2235/2017 R.G. promossa da XX XX – XX – XX contro XX ogni diversa istanza disattesa o assorbita, cosi provvede:
– Accoglie in parte la domanda e per l’effetto condanna XX al ridimensionamento dell’ impianto fotovoltaico nella misura indicata dal CTU di 16,7 mq di superficie utilizzabile per l’ installazione di moduli fotovoltaici;
– Compensa tra le parti le spese di lite nella misura di 1/3;
– Condanna XX al pagamento delle restanti spese di lite, che si liquidano già nella misura di 2/ 3, pari ad euro Euro 191,7 per spese ed Euro 3.384,7 per compensi, per ciascuna parte e con distrazione in favore del procuratore che si è dichiarato antistatario, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario al 15 %,;
– Pone le spese di CTU definitivamente a carico di XX.
Conclusione
Così deciso in Trani, il 17 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2025.
Sei hai bisogno di una consulenza legale CLICCA QUI
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]