Il Tribunale di Matera ha esaminato una complessa vicenda inerente la questione dell’assegno di divorzio alla luce delle precisazioni introdotte negli ultimi mesi dalla giurisprudenza di legittimità.
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Sulla base delle considerazioni svolte, sulla scorta delle chiarificazioni rese dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 11504/2017, nonché Cass. n. 15481, 23602, 20525, 25327 del 2017), è possibile sintetizzare i seguenti principi in materia di assegno divorzile:
1) il divorzio, recidendo in nuce il vincolo matrimoniale, recide tutti gli obblighi che da esso derivano, sia di natura personale che patrimoniale, fatti salvi quegli obblighi di cui la legge medesima afferma la persistenza oltre il divorzio.
2) Vengono conseguentemente meno gli obblighi di reciproca cooperazione materiale e morale per la famiglia, e quindi anche il conseguente reciproco diritto alla condivisione del benessere economico prodotto con il comune apporto.
3) Il sesto comma dell’art. 5 L. 898/1970 introduce una eccezione al principio generale del venir meno di ogni legame personale e patrimoniale tra i coniugi divorziati, solo ed unicamente in quei casi in cui il coniuge più debole, nel ritornare alla dimensione economico-patrimoniale individuale, venga a trovarsi in una condizione di «mancanza di mezzi adeguati o di impossibilità oggettiva di procurarseli»: previsione che, stante la sua natura eccezionale, non può essere applicata oltre i casi in esso considerati, né può essere estesa interpretativamente.
4) Il “tenore di vita” matrimoniale non è contemplato tra i presupposti tassativi che giustificano la concessione di un assegno divorzile, né può rientrarvi per via interpretativa, per la tassatività dei casi oltreché per incompatibilità logica; e non può rientrare tra i criteri di quantificazione, perché in conflitto con il limite posto dai predetti presupposti e perché in contrasto con la finalità assistenziale.
5) I criteri di quantificazione dell’assegno hanno pari rilevanza, anche se con diversa funzione logica, e possono essere utilizzati anche singolarmente;
6) Il reddito del coniuge più abbiente costituisce il criterio cornice entro il quale, ed in proporzione al quale deve essere quantificato l’assegno, non potendo il soddisfacimento della finalità assistenziale del coniuge indigente provocare l’impoverimento l’altro coniuge, e neppure dovendo realizzare una equiparazione patrimoniale, che stante la fine dell’unione familiare ha più ragion d’essere.
7) Le esigenze della prole non vanno ovviamente considerate nella determinazione dell’assegno divorzile, poiché ne è ben diverso il fondamento, ed il mantenimento dei figli segue altri criteri di determinazione: se l’assegno divorzile non va proporzionato al reddito del coniuge più abbiente, il mantenimento dei figli è invece per legge legato proporzionalmente al reddito di ciascun coniuge (art. 337–ter c.4 c.c.), ed in caso di forti disparità di reddito tra i due genitori i figli hanno pieno diritto di continuare a godere di un tenore di vita proporzionato a quello del genitore più abbiente.
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Scarica in PDF la SENTENZA integrale ➡ Tribunale di Matera – sentenza 7 marzo 2018