Tribunale di Parma, sentenza del 16-03-2016
Avvocato – Responsabilità civile – Errori ed omissioni – Ignoranza di istituti giuridici fondamentali – Responsabilità per colpa lieve – Sussiste
IL CASO
Un avvocato formulava una richiesta risarcitoria per una somma inferiore a quella effettivamente spettante al proprio Cliente. A seguito della stessa interveniva un accordo transattivo in forza del quale veniva corrisposta al Cliente la minore somma onnicomprensiva di Euro 38.500,00 (nei termini quindi della richiesta risarcitoria avanzata dal legale di fiducia) in luogo dei 252.725,00 Euro che questi avrebbe potuto ottenere se la richiesta risarcitoria fosse stata correttamente impostata e quantificata. Il professionista sarà condannato dal Tribunale parmense a versare al proprio ex cliente oltre 200.00,00 Euro.
IL PRINCIPIO ENUNCIATO DAL TRIBUNALE
In applicazione del parametro della diligenza professionale, sussiste la responsabilità dell’avvocato che, nell’adempiere all’obbligazione, abbia omesso di prospettare al cliente tutte le questioni di diritto e di fatto atte ad impedire l’utile esperimento dell’azione, rinvenendo fondamento detta responsabilità anche nella colpa lieve, qualora la mancata prospettazione di tali questioni sia stata frutto dell’ignoranza di istituti giuridici elementari e fondamentali, ovvero di incuria ed imperizia insuscettibili di giustificazione.
LA SENTENZA
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Si assume dall’attore C.F. la responsabilità professionale del convenuto avvocato G.N. per avere lo stesso errato nella formulazione della richiesta risarcitoria avanzata per conto del suo assistito al P.C.. In particolare secondo l’attore “dalla lettera inviata (al P.C.) dall’Avv. N. in data 5.4.2006, con la quale veniva richiesto il ristoro dei danni sofferti dal C. in conseguenza del negligente comportamento del P.C., si rileva come il conteggio delle spettanze del C. sia stato formulato in maniera errata in quanto 1) il portatore di assegno di invalidità non è ammesso alla pensione di anzianità di servizio …ma può effettuare unicamente la trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia la quale può essere erogata ai sensi del D.Lgs. n. 503 del 1992 al compimento del 65esimo anno di età anagrafica, 2) i ratei pensionistici non potevano essere richiesti a partire dall’ 1.7.2004 bensì dal primo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro (1.1.2005); 3) la mancata percezione della retribuzione doveva essere richiesta al lordo in quanto sarebbe stato onere dello stesso C. versare i propri contributi previdenziali ad INPS; 4) la data di decorrenza della pensione che avrebbe dovuto percepire (il C.) non era l’1.1.2007 bensì il 22.1.2012”. Il N. ha quindi avanzato al P.C. una richiesta risarcitoria, fondata su presupposti di diritto errati, per una somma inferiore a quella a lui effettivamente spettante. A seguito della stessa è intervenuto quindi un accordo transattivo fra lo stesso C. ed il P.C. in forza del quale è stata corrisposta al C. la somma onnicomprensiva di Euro 38500,00 nei termini quindi della richiesta risarcitoria avanzata dal legale di fiducia nella citata missiva 5.4.2006. Ciò ha determinato un danno per il C. considerato che lo stesso, a seguito del negligente comportamento del P. al quale, come detto, si era rivolto per la sua pratica pensionistica, aveva in realtà diritto al risarcimento del danno per il periodo di tempo dall’1.1.2005 al 27.1.2012 ovvero a far tempo dalla data del giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro (il Castaldi si è dimesso il 22.12.2004 con effetto dall’1.1.2005) fino al compimento del 65 anno di età (pensione di vecchiaia), per un importo da quantificare nella somma di Euro 252.725,00 laddove invece l’avvocato N. aveva limitato la richiesta risarcitoria al solo periodo di due anni (anziché 7) dall’1.1.2005 all’1.1.2007 per un danno complessivo pari ad 37905,32 ovvero Euro 41928,48 (ottenendo poi, come detto, in via transattiva la somma complessiva di Euro 38.500,00).
Rileva il giudicante, con carattere assorbente su ogni ulteriore questione dedotta e trattata, che deve ritenersi provata la responsabilità nel caso del P.C. considerato che al C.- essendo invalido solo al 60% (e non invece all’80% come prescritto dalla legge) (la circostanza deve ritenersi acquisita sulla base della documentazione in atti Commissione di Prima Istanza Ausl Parma in data 15.2.1989 considerato che le contrarie deduzioni svolte sul punto dalla resistente sono risultate prive di riscontro probatorio) – è stata negata dall’INPS la pensione di anzianità e riconosciuta la sola pensione di vecchiaia al compimento del 65 anno di età. Per cui quando si è dimesso dal lavoro il 22.12.2004, appunto a seguito delle A.D. P.C., secondo cui avrebbe potuto godere dal successivo 1.1.2005 della pensione di anzianità lo stesso si è trovato, senza retribuzione (per essersi appunto dimesso) e senza pensione (appunto non riconosciuta dall’INPS per difetto dei requisiti di legge) e ha continuato a godere solo dell’assegno di invalidità per essere invalido al 60%; che la successiva transazione intervenuta con la Compagnia di A.D.P.C. (per effetto della quale è stata riconosciuta al C., come detto, la somma di Euro 38500,00) è conseguente alla richiesta risarcitoria avanza per conto dello stesso dall’avvocato N. con la missiva in data 5.4.2006 e sostanzialmente aderente alla richiesta risarcitoria avanzata, ma frutto di un evidente errore del professionista nei termini evidenziati negli scritti difensivi di parte attrice (da ritenersi qui integralmente riportati) considerato che in effetti il danno sofferto dal C. per l’errore del P.C. e che quindi l’avvocato N. avrebbe potuto e dovuto richiedere nella citata missiva è quello rappresentato dalla mancata percezione della retribuzione (scatti ed altre voci spettanti) per il periodo dall’1.1.2005 ( cioè dal momento delle dimissioni dal lavoro) al 27.12.2012 quando il C. ha compiuto i sessantacinque anni e maturato quindi il diritto alla pensione laddove invece come detto la richiesta è stata fatta dal legale per soli due anni (1.1.2005-1.1.2007) e quindi per una somma di molto inferiore; che sulla base della corretta richiesta il contenuto della transazione sarebbe stato naturalmente diverso e ben più vantaggioso per il C. non potendosi non considerare che la transazione intervenuta ha riguardato sostanzialmente l’intera somma richiesta e che ai fini transattivi il C. avrebbe potuto comunque far valere la possibilità di agire in giudizio, nei confronti del P.C. per ottenere il ristoro di quanto dovutogli attesa la certa responsabilità del patronato stesso.
Deve quindi affermarsi la responsabilità del convenuto nei termini dedotti significandosi che secondo l’orientamento giurisprudenziale della S.C. (cfr Cass 2002/16023) “Di regola, le obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale costituiscono obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, non per conseguirlo. Tuttavia, avuto riguardo all’attività professionale dell’avvocato, nel caso in cui questi accetti l’incarico di svolgere un’attività stragiudiziale consistente nella formulazione di un parere in ordine all’utile esperibilità di un’azione giudiziale, la prestazione oggetto del contratto non costituisce un’obbligazione di mezzi, in quanto egli si obbliga ad offrire tutti gli elementi di valutazione necessari ed i suggerimenti opportuni allo scopo di permettere al cliente di adottare una consapevole decisione, a seguito di un ponderato apprezzamento dei rischi e dei vantaggi insiti nella proposizione dell’azione. Pertanto, in applicazione del parametro della diligenza professionale (art. 1176, secondo comma, cod. civ.), sussiste la responsabilità dell’avvocato che, nell’adempiere siffatta obbligazione, abbia omesso di prospettare al cliente tutte le questioni di diritto e di fatto atte ad impedire l’utile esperimento dell’azione, rinvenendo fondamento detta responsabilità anche nella colpa lieve, qualora la mancata prospettazione di tali questioni sia stata frutto dell’ignoranza di istituti giuridici elementari e fondamentali, ovvero di incuria ed imperizia insuscettibili di giustificazione (…):laddove nel caso di specie si trattava semplicemente di individuare la data futura in cui il C. avrebbe maturato il diritto alla pensione di vecchiaia e di conseguenza quantificare il relativo dannò secondo criteri previsti dalla legge, con conseguente condanna dello stesso al risarcimento del danno sofferto dall’attore in conseguenza del comportamento del professionista, rappresentato nel caso dalla mancata percezione delle retribuzioni (comprensive del trattamento di fine rapporto e degli elementi variabili) per il periodo dall’1.1.2005 (quando si dimesso dal lavoro ) al 27.1.2012 quando avendo compiuto i 65 anni di età ha maturato il diritto alla pensione di vecchiaia (il professionista, come detto, ha erroneamente indicato come data di pensionamento l’1.1.2007 e di conseguenza ha richiesto le retribuzioni non percepite dal cliente per soli due anni) quantificato, secondo le risultanze peritali, nella complessiva somma di Euro 235.106,59 (al lordo delle ritenute di legge) comprensiva anche di quella (Euro 14486,81) che al C. sarebbe spettata per il periodo dal 28 gennaio 2012 al 30 giugno 2012 data di effettivo pensionamento considerata la “finestra” pensionistica avuto riguardo al CCNL Alimentari Industria, da cui deve essere naturalmente detratta quella di Euro 38500,00 già corrisposta all’attore per effetto della intervenuta transazione.
Il convenuto deve quindi essere condannato al pagamento in favore dell’attore per i titoli dedotti della somma di Euro 196606,59 oltre interessi dalla domanda al soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Vanno definitivamente poste a carico del convenuto le spese delle espletate ctu come già liquidate in corso di causa nonché quelle del consulenze tecniche di parte attrice per come documentate in giudizio.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, contrariis reiectis,
dichiara tenuto e per l’effetto condanna il convenuto al pagamento in favore dell’attore, per i titoli dedotti, della somma di Euro 196.606,50 oltre interessi dalla domanda al soddisfo nonché alla rifusione delle spese del giudizio che liquida nella complessiva somma di Euro 13400,00 oltre rimborso forfettario 15%, cassa e Iva come per legge;
pone definitivamente a carico del convenuto le spese delle espletate ctu come già liquidate in corso di causa nonché quelle delle ctp di parte attrice per come documentate in atti.
Così deciso in Parma, il 3 marzo 2016.
Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2016