Titolo

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La mediazione familiare

Diritto di Famiglia

Matrimonio brevissimo e senza costante convivenza: non spetta l’assegno di mantenimento (Cass. 21955/24)

Se manca una effettiva comunione di vita non sorge il diritto all’assegno per mancanza di un prerequisito fattuale, essenza stessa del matrimonio

IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE

In materia di divorzio, il diritto all’assegno divorzile in funzione assistenziale richiede la sussistenza di una comunione di vita effettiva tra i coniugi. La breve durata del matrimonio e la mancanza di coabitazione e di una convivenza costante possono escludere tale diritto.

IL PASSO SALIENTE DELL’ORDINANZA

[…] Al riguardo, la Corte d’Appello ha rilevato la breve durata del matrimonio, “peraltro neanche caratterizzato dalla costante convivenza”, avendo la moglie mantenuto una propria abitazione, nella quale aveva continuato a vivere. Il che – secondo la stessa Corte d’Appello – “non può avere consentito l’effettiva realizzazione di una comunione di vita tra i coniugi”, che costituisce, secondo quanto previsto dall’art. 1 L. 898/1970, l’essenza stessa del matrimonio. E tuttavia, la Corte territoriale ha – nondimeno -riconosciuto l’assegno divorzile alla moglie. Orbene, questa Corte ha, da tempo, affermato che, in tema di divorzio, la durata del matrimonio influisce sulla determinazione della misura dell’assegno previsto dall’art. 5 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (come successivamente hanno affermato le S.U. nel 2018) ma non anche – salvo nei casi eccezionali in cui non si sia realizzata alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi – sul riconoscimento dell’assegno divorzile (Cass. n. 6164/2015; Cass. n. 7295/2013; Cass. n. 8233/2000). Più di recente – in relazione ad un matrimonio durato sette anni – si è affermato che, attesa la breve durata del matrimonio, “mancava il prerequisito fattuale” per il riconoscimento dell’assegno in questione (Cass. n. 28481/2022).[…]

L’ORDINANZA

Cassazione civile, Sez. I, Ordinanza del 05/08/2024, n. 21955

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente

Dott. MELONI Marina – Consigliere

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere – Rel.

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso principale e sul ricorso incidentale iscritto al n. 14314/2023 R.G. proposti da:

A.A., avvocato, elettivamente domiciliato in PERUGIA VIA FONTI COPERTE 38, presso il proprio studio, rappresentato e difeso da se medesimo unitamente all’avvocato AMBROGI CARLO, come da procura speciale in atti.

-ricorrente principale e controricorrente al ricorso incidentale-

contro

B.B., elettivamente domiciliata in PERUGIA VIA BONTEMPI 44, presso lo studio dell’avvocato URBANI RITA (Omissis) che la rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.

-controricorrente e ricorrente incidentale-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n. 712/2022 depositata il 22/12/2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal Consigliere LAURA TRICOMI.

Svolgimento del processo

1.- Il Tribunale di Perugia, nel giudizio divorzile tra B.B. e A.A. – che erano rimasti uniti in matrimonio dal 15 maggio 2004 al 17 gennaio 2005 e poi, dopo una richiesta di separazione avanzata dalla moglie, dal 4 dicembre 2007, quando era intervenuta la riconciliazione, al 15 giugno 2009, anno in cui era stato introdotto un altro giudizio di separazione, senza la nascita di prole -riconobbe alla B.B. il diritto all’assegno divorzile in funzione assistenziale, nella misura di Euro 450,00 al mese a far data dalla pubblicazione della sentenza, pur dando atto in motivazione che la patologia di cui soffriva non era invalidante, né ostativa alla prestazione di un’attività lavorativa.

La Corte di appello di Perugia, decidendo sull’appello principale svolto dalla B.B. e sull’appello incidentale del A.A., con sentenza pubblicata il 22 dicembre 2022, ha accolto parzialmente il secondo, riducendo l’assegno divorzile per ragioni assistenziali ad Euro 350,00= al mese, con effetto dalla data della pubblicazione della sentenza appellata, come già disposto dal Tribunale, oltre ISTAT.

La Corte di merito ha ritenuto che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento dell’assegno in funzione prettamente compensativa e perequativa: ha osservato che era mancata l’instaurazione di una comunione di vita effettiva tra i coniugi, in conseguenza della scarsissima durata del matrimonio, e che il matrimonio aveva avuto breve durata e non era stato caratterizzato dalla costante convivenza (visto che la ex moglie aveva mantenuto una propria abitazione), che ciò lasciava agevolmente intuire che la moglie non poteva avere contribuito in alcun modo alla creazione del patrimonio comune (infatti inesistente) e soprattutto alla formazione del patrimonio personale del marito, che era il frutto in parte dell’eredita dei genitori (al momento del matrimonio il marito era già nudo proprietario della casa in Perugia, via Quieta, seppure gravata dall’usufrutto della madre) e in parte di decenni di attività professionale di avvocato, che non risultava favorita e supportata in alcun modo dalla vicinanza materiale e morale della coniuge.

Di contro, ha confermato l’assegno in funzione assistenziale, sia pure nella minor somma di Euro 350,00=, valutando la condizione di salute della ex moglie, documentata mediante certificazione medica dalla quale risultava che la B.B. era affetta da sclerosi multipla nella forma relapsing remitting, caratterizzata dall’alternanza di episodi acuti in cui si manifestano le recidive e periodi di rimessioni in cui non vi sono sintomi, che veniva curata con somministrazione di interferone con cadenza trisettimanale che induceva effetti collaterali, quali la faticabilità, primo sintomo della malattia, e la sindrome d’ansia reattiva, accentuate da condizioni stressanti legate a problematiche famigliari con conseguente compromissione della qualità della vita.

Ha osservato che non emergeva una totale inidoneità lavorativa della ex moglie, che il titolo di studio (laurea in lingue) e l’esperienza professionale deponevano per discrete capacita reddituali, anche se non risultava che la B.B. avesse assunto concrete iniziative per procurarsi un lavoro, all’indomani della separazione e/o per conseguire prestazioni assistenziali sostitutive da parte di enti pubblici, e non. Ha, tuttavia, concluso, attesa la rilevante disparita economica, che l’assegno non poteva essere eliminato, ma ridotto in considerazione della parziale diminuzione della capacità lavorativa della ex moglie, in ragione quantomeno delle periodiche recidive della patologia e degli effetti che produceva.

Il A.A. ha proposto ricorso per cassazione con sei mezzi, illustrati con memoria. La B.B. ha replicato con controricorso e ricorso incidentale con tre mezzi, seguiti da memoria. Il A.A., a sua volta, ha replicato al ricorso incidentale con controricorso.

È stata disposta la trattazione camerale.

Motivi della decisione

2.- Ricorso principale.

2.1.- Il ricorso principale è articolato nei seguenti mezzi:

I) violazione o falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, L. 898/1970 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in quanto il Collegio ha riconosciuto al coniuge richiedente il diritto a percepire l’assegno di divorzio in funzione assistenziale, senza tenere conto, tra i criteri equiordinati attributivi del diritto, che tra i coniugi non vi era mai stata alcuna coabitazione e comunione di vita materiale e spirituale durante il brevissimo periodo di matrimonio, che l’ex moglie non si era attivata per ricercare un lavoro e rendersi autonoma nonostante la giovane età, la capacità lavorativa, il titolo di studi, l’esperienza lavorativa pregressa sino al deposito della domanda di separazione e, infine, che la malattia dedotta in giudizio non aveva reso la richiedente incapace di lavorare;

II) violazione o falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, L. 898/1970 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in quanto il Collegio ha riconosciuto al coniuge richiedente il diritto a percepire l’assegno di divorzio in funzione assistenziale, senza tenere conto, tra i criteri equiordinati attributivi del diritto, che tra i coniugi non vi era mai stata alcuna coabitazione e comunione di vita materiale e spirituale durante il brevissimo periodo di matrimonio e che nessun contributo personale ed economico era stato fornito dalla moglie alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio del marito o di quello comune;

III) violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in quanto il Collegio ha riconosciuto al coniuge richiedente il diritto a percepire l’assegno di divorzio in funzione assistenziale, malgrado l’ex moglie non avesse fornito la prova dell’impossibilita di lavorare a causa della malattia, né la prova di essersi attivata per ricercare un lavoro e rendersi autonoma nonostante la giovane età, la capacità lavorativa, il titolo di studi, l’esperienza lavorativa pregressa;

IV) omesso esame circa dei fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. in quanto il Collegio ha riconosciuto alla richiedente il diritto alla percezione dell’assegno di divorzio in chiave assistenziale, omettendo di valutare il fatto che tra gli ex coniugi non vi era mai stata effettiva coabitazione e comunione di vita durante il brevissimo periodo di matrimonio e il fatto che l’ex moglie avesse cessato di svolgere qualsiasi attività lavorativa prima del deposito della domanda di separazione e, infine, il fatto che la malattia dedotta in giudizio non l’avesse resa incapace di lavorare;

V) violazione o falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, L. 898/1970 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in quanto il Collegio ha riconosciuto al coniuge richiedente il diritto a percepire l’assegno di divorzio in funzione assistenziale senza prendere in considerazione che l’ordinamento giuridico prevede degli strumenti di assistenza in favore delle persone con problematiche di salute tali da ridurre la capacità lavorativa, oltre al reddito di cittadinanza/reddito di inclusione;

VI) violazione o falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, L. 898/1970 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in quanto il Collegio ha riconosciuto al coniuge richiedente il diritto a percepire l’assegno di divorzio in chiave assistenziale nella misura di Euro 350,00 al mese, prendendo come criterio di quantificazione dell’assegno il 10% del reddito netto mensile dell’ex marito e non la durata del matrimonio, la valutazione della capacità lavorativa della richiedente e l’inesistente apporto fornito dalla moglie per la sviluppo della carriera e del patrimonio del marito.

2.2.- I primi due motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono fondati e vanno accolti con riferimento e limitatamente alla deduzione della non spettanza dell’assegno divorzile per la mancata instaurazione di una comunione di vita effettiva tra i coniugi, in conseguenza della scarsissima durata del matrimonio, e dell’assenza di una convivenza effettiva.

Al riguardo, la Corte d’Appello ha rilevato la breve durata del matrimonio, “peraltro neanche caratterizzato dalla costante convivenza”, avendo la moglie mantenuto una propria abitazione, nella quale aveva continuato a vivere. Il che – secondo la stessa Corte d’Appello – “non può avere consentito l’effettiva realizzazione di una comunione di vita tra i coniugi”, che costituisce, secondo quanto previsto dall’art. 1 L. 898/1970, l’essenza stessa del matrimonio. E tuttavia, la Corte territoriale ha – nondimeno -riconosciuto l’assegno divorzile alla moglie. Orbene, questa Corte ha, da tempo, affermato che, in tema di divorzio, la durata del matrimonio influisce sulla determinazione della misura dell’assegno previsto dall’art. 5 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (come successivamente hanno affermato le S.U. nel 2018) ma non anche – salvo nei casi eccezionali in cui non si sia realizzata alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi – sul riconoscimento dell’assegno divorzile (Cass. n. 6164/2015; Cass. n. 7295/2013; Cass. n. 8233/2000). Più di recente – in relazione ad un matrimonio durato sette anni – si è affermato che, attesa la breve durata del matrimonio, “mancava il prerequisito fattuale” per il riconoscimento dell’assegno in questione (Cass. n. 28481/2022).

2.3.- I restanti motivi del ricorso principale restano assorbiti, in ragione dell’esistenza di un rapporto di interdipendenza rispetto ai motivi accolti.

3.- Ricorso incidentale

3.1.- Il ricorso incidentale propone i seguenti tre motivi:

I) violazione e/o errata interpretazione e/o applicazione del comma 6, art. 5 della L. n. 898 del 1970 in relazione all’art 360, comma 1, n. 3 c.p.c. con riferimento al parametro legale dell’autosufficienza economica come definito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n.18278/18, oltre che per omessa valutazione delle ragioni della decisione in un’ottica perequativa-compensativa dell’assegno di divorzio e per aver omesso l’esame e l’accertamento della condizione economico patrimoniale dell’ex marito, ovvero l’esistenza e l’entità dello squilibrio economico tra gli ex coniugi.

II) nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. per mancata ammissione della ctu medico/legale e delle altre prove testimoniali richieste dalla ex moglie nella fase di merito in violazione degli artt. 2697 c.c. e 115116 c.p.c.

III) nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. per omessa pronuncia sul quinto motivo di appello con il quale si deduceva la ricorrenza di un giudicato formatosi con la sentenza di separazione in merito al valore dell’eredità paterna ricevuta dall’ex marito nel 2013, nonché’ in ordine alla valutazione della durata del matrimonio.

3.2.- Anche i motivi del ricorso incidentale restano assorbiti, in ragione dell’esistenza di un rapporto di interdipendenza rispetto all’accoglimento dei due motivi del ricorso principale.

4.- In conclusione, i primi due motivi del ricorso principale vanno accolti, assorbiti gli altri motivi del ricorso principale ed assorbito il ricorso incidentale; la decisione impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione per il riesame alla luce dei principi esposti e per la statuizione sulle spese di giudizio anche del presente grado.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

P.Q.M.

– Accoglie i primi due motivi del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi del ricorso principale ed assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione Civile, il giorno 24 aprile 2024.

Depositata in Cancelleria il 5 agosto 2024.

 

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