Titolo

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domanda di risarcimento ominicomprensiva

Immobili, Condominio e Locazioni

Mediatore immobiliare: le parti possono derogare alla disciplina legale attribuendo il diritto alla provvigione al momento della sottoscrizione del contratto definitivo (Cass. 2359/24)

Le parti possono sottoporre il diritto alla provvigione ad una determinata condizione, ma la clausola che deroga alla disciplina legale deve essere redatta in modo impeccabile per non lasciare spazio a dubbi interpretativi

Le parti possono sottoporre il diritto alla provvigione ad una condizione, come nel caso in cui al preliminare di vendita concluso con l’intervento del mediatore sia apposta una condizione sospensiva (la Cass. n. 17919/2023 individua un’ipotesi di condizione opponibile al mediatore nel contratto preliminare condizionato alla circostanza che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per poter pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito). Inoltre,  sebbene l’affare deve ritenersi concluso quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si sia validamente costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del contratto, e quindi anche un contratto preliminare di compravendita, tuttavia è ben possibile che le parti deroghino alla disciplina legale attribuendo il diritto alla provvigione al momento della sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita (Cass. n. 9676/1997).

Tuttavia, la clausola che deroga alla disciplina legale è bene che venga predisposta il modo tale da non prestare il fianco a dubbi interpretativi come accaduto nel caso di specie.

Questa la clausola incriminata: “Il sottoscritto dichiara di riconoscere ed accettare quale mediazione della A.A. la provvigione pattuita + IVA che si impegna a versare alla data prevista per la firma del contratto definitivo di compravendita”.

Secondo il  giudice di secondo grado (che aveva totalmente riformato la sentenza del Tribunale che aveva accolto la domanda del mediatore) l’esigibilità della provvigione non era legata ad un termine certo, quanto piuttosto alla condizione della stipula del contratto definitivo. Il mancato verificarsi di tale condizione, circostanza certa in quanto non contestata alla luce della sentenza del Tribunale di Civitavecchia n. 280 del 2016, passata in giudicato, che aveva dichiarato risolto il preliminare, determinava il venir meno del diritto alla provvigione.

Nel mentre, secondo gli Ermellini…

è pur vero che anche in tale atto risulta sovrascritta con la dizione “definitivo” l’originaria scritta a stampa che faceva richiamo al preliminare, ma proprio la presenza del termine data, che secondo la stessa ricostruzione del giudice di appello sarebbe stata invece risolutiva per la tesi della semplice previsione di un termine di adempimento, impone di dover pervenire alla conclusione, in questo caso supportata dal tenore letterale delle espressioni utilizzate nonché dal comportamento complessivo delle parti, che la comune intenzione fosse non già quella di condizionare il diritto del mediatore alla conclusione del definitivo, ma semplicemente di differire il solo adempimento a tale evento.

LA SENTENZA

Cassazione civile, Sez. II, Sentenza del 24/01/2024, n. 2359

(Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente, Dott. CRISCUOLO Mauro – Relatore)

(omissis)

Svolgimento del processo

1. Con atto di citazione notificato nel 2008 B.B. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 6747/2008 emesso in data 30 aprile 2008, con il quale il Tribunale di Roma gli intimava il pagamento in favore della A.A. della somma complessiva di Euro 142.000,00 ed accessori, a titolo di provvigione per l’attività di mediazione prestata in ordine alla compravendita di immobili siti in F., via d. S. n.115/119, deducendo che la proposta di acquisto e l’impegno alla corresponsione della provvigione non erano stati da lui sottoscritti, a differenza del preliminare; aggiungeva che il diritto del mediatore alla provvigione era inesistente o nullo, per non essere stati rispettati gli obblighi di indipendenza e di imparzialità, nonché quelli di informazione e di diligenza, per avere preso parte alla volontà di occultare all’acquirente i vizi dell’immobile. L’opponente aggiungeva che il mediatore non aveva provato di essere iscritto all’albo professionale obbligatorio per legge, per cui insisteva sull’inesistenza del diritto a percepire la provvigione. Nella resistenza della A.A., il Tribunale di Roma, con sentenza n.5426 del 2014, rigettava l’opposizione e per l’effetto confermava il decreto ingiuntivo, con condanna del B.B. alle spese di giudizio.

Avverso tale sentenza proponeva appello il B.B., e la Corte di Appello di Roma, nella resistenza della A.A., con la sentenza n. 354 del 18 gennaio 2019 accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, revocava il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma n. 6743/08 con condanna dell’appellata alla refusione delle spese del doppio grado di giudizio.

Il giudice di secondo grado a sostegno della sua decisione, dopo aver accertato la regolare iscrizione all’albo della società appellata, rilevava come l’esigibilità della provvigione non era legata ad un termine certo, quanto piuttosto alla condizione della stipula del contratto definitivo. Il mancato verificarsi di tale condizione, circostanza certa in quanto non contestata alla luce della sentenza del Tribunale di Civitavecchia n. 280 del 2016, passata in giudicato, che aveva dichiarato risolto il preliminare, determinava il venir meno del diritto alla provvigione. Emergeva, inoltre, che nell’atto di impegno sottoscritto da C.C. su modulo predisposto dalla A.A. IMMOBILIARE, la corresponsione della provvigione era legata alla stipula del rogito notarile, il che denotava che le parti volevano consapevolmente derogare alla disciplina di cui all’art. 1755 c.c., secondo cui il diritto alla provvigione nasce con la conclusione dell’affare che coincide con la stipula del preliminare. Le parti avevano subordinato, quindi, il pagamento della provvigione, alla stipula del contratto definitivo. Il mancato verificarsi di questa condizione, non riconducibile alla volontà o a condotta imputabile al soggetto obbligato, era pacificamente riconducibile a plurimi inadempimenti della parte promittente alienante, verso la quale la A.A. Srl non aveva inteso agire per il pagamento della medesima provvigione.

2. Per la cassazione della sentenza d’appello la A.A. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, cui resisteva con controricorso il B.B., proponendo a sua volta un motivo di ricorso incidentale condizionato.

3. Con ordinanza interlocutoria n. 23577 del 2 agosto 2023, la Corte ravvisava l’opportunità che la controversia fosse rimessa alla pubblica udienza.

4. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.

5. Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1399 e 1362 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per erronea applicazione dei criteri ermeneutici contrattuali, in quanto la Corte territoriale avrebbe interpretato l’atto ratificato, intervenuto tra la A.A. Srl e il B.B., alla luce del contenuto dell’atto (il contratto preliminare, sottoscritto solo dall’opponente) con il quale è intervenuta la ratifica dell’operato del padre C.C., senza considerare che si tratta di atto intervenuto tra soggetti diversi. Inoltre, gli atti posti in essere da una sola delle parti non possono assumere rilievo decisivo ai fini della corretta interpretazione della volontà comune dei contraenti, omettendo di considerare che si tratta di un atto intervenuto inter alios.

Essendo pertanto intervenuta nelle more la ratifica degli atti posti in essere dal padre da parte di B.B., il quale aveva sottoscritto il contratto preliminare in luogo del padre, non poteva la Corte ritenere che siffatta accettazione aveva determinato la produzione di determinati effetti e al contempo anche una modificazione.

Con il secondo motivo la ricorrente si duole della violazione e della falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1364 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., in quanto, contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello, dalla lettura della clausola 4) di cui alla proposta del 20/04/07 sottoscritta da C.C., e presente nel fascicolo del monitorio prodotto da parte di A.A. Srl, si evince che il compenso è stato pattuito per la data prevista per la firma del contratto definitivo, e non in conseguenza della stipula del rogito notarile. L’impegno alla provvigione è dunque completo di tutti gli elementi e non può essere interpretato in base ad atti il cui contenuto non è conoscibile dal mediatore, sia perché successivi, sia perché intervenuti inter alios.

Con il terzo motivo la ricorrente evidenzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1755 e 1757 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte territoriale travisato il senso della nozione di affare rilevante ai fini del riconoscimento della provvigione, ritenendo che le parti abbiano inteso derogare alla norma relativa al momento del perfezionativo del diritto alla provvigione, quando la pattuizione non sposta tale momento ma si limita solo a stabilire da quale momento dovrà essere pagata, individuando inoltre esattamente la data in cui si prevede tale effetto (31 dicembre 2007, indicata per iscritto quale data del rogito).

Inoltre, il giudice di secondo grado, qualifica il negozio come condizionato, per giungere alla conclusione che, a seguito della risoluzione del preliminare di compravendita, non si è verificata la condizione prevista ed il compenso non è pertanto dovuto. Tale ricostruzione appare erronea e illegittima poiché la clausola sottoscritta tra promittente acquirente e mediatore non costituisce alcuna deroga agli artt. 1755 e 1757 c.c., di conseguenza il diritto alla provvigione in capo alla società attrice sussiste nonostante al preliminare non faccia seguito la stipula del contratto definitivo.

Con il quarto motivo la ricorrente deduce l’omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, motivazione apparente e sua totale illogicità, in quanto, la motivazione adoperata dal Giudice di secondo grado presenta una vera e propria carenza sul piano logico-motivazionale ed è frutto di una ricostruzione errata del fatto, frutto di un “abbaglio” nella lettura degli atti di causa, oggetto di contrasto tra le parti, in quanto il Giudice medesimo ha sovrapposto una propria scienza privata ad un dato testuale chiaro ed inequivocabile, rendendo una motivazione che se fosse stata percepita dal giudice come è scritto in realtà, la decisione sarebbe stata differente.

Con il quinto motivo la ricorrente richiede alla Suprema Corte una valutazione di merito ex art. 384, secondo comma, c.p.c. in quanto sussistono tutte le condizioni richieste dalla norma affinché si possa pronunciare direttamente sul merito e rigettare direttamente l’opposizione al decreto ingiuntivo, liquidando in favore della ricorrente le spese delle tre fasi. 2. Ragioni di economia processuale impongono la preventiva decisione del secondo e del terzo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione.

Con gli stessi si contesta per vari profili la conclusione cui è pervenuta la Corte d’Appello che, dissentendo dal Tribunale, ha ritenuto che le parti, e precisamente la società di intermediazione ed il promissario acquirente (o meglio colui la cui attività è stata poi ratificata dal promissario acquirente con la conclusione del preliminare), avessero in realtà sottoposto a condizione il diritto al pagamento della provvigione, prescindendo quindi dalla stipula del preliminare, e concludendo per la necessità di concludere il definitivo affinché sorgesse il diritto del mediatore alla provvigione.

La giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente affermato che nel contratto di mediazione il diritto alla provvigione di cui all’art. 1755 c.c. sorge nel momento in cui può ritenersi intervenuta la conclusione di un affare, ossia quando fra le parti messe in contatto dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna ad agire per l’esecuzione (o risoluzione) del contratto stesso; ne consegue che la provvigione spetta al mediatore anche quando questi sia intervenuto per consentire la stipula tra le parti di un contratto preliminare di vendita (Cass. n. 20132/2022; Cass. n. 22273/2010).

Non ignora altresì la Corte che ben possono le parti sottoporre il diritto alla provvigione ad una condizione, come nel caso in cui al preliminare di vendita concluso con l’intervento del mediatore sia apposta una condizione sospensiva, che si atteggia sul piano processuale alla stregua di un’eccezione in senso lato, con la conseguenza che essa non è soggetta alle preclusioni processuali (Cass. n. 24838/2022, nonché da ultimo Cass. n. 17919/2023, che individua un’ipotesi di condizione opponibile al mediatore nel contratto preliminare condizionato alla circostanza che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per poter pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito). Inoltre, già in passato questa Corte ha riferito, con affermazione che appare maggiormente attinente alla vicenda in esame, che, sebbene l’affare deve ritenersi concluso quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si sia validamente costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del contratto, e quindi anche un contratto preliminare di compravendita, tuttavia è ben possibile che le parti deroghino alla disciplina legale attribuendo il diritto alla provvigione al momento della sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita (Cass. n. 9676/1997).

Poste tali premesse, si rileva che nella fattispecie la Corte d’Appello ha valorizzato, in chiave interpretativa, il tenore del modulo sottoscritto da C.C., falsus procurator del controricorrente, su modello predisposto dalla ricorrente, nel quale l’impegno al pagamento della provvigione era testualmente legato “alla stipula del rogito notarile” (e non già alla data prevista per la stipula, come ritenuto dal giudice di primo grado).

I giudici di appello hanno, quindi, reputato che la sovrascrittura della originaria dilazione (alla stipula del preliminare) fosse univoco elemento letterale per ricavare la specifica volontà delle parti di condizionare il diritto al pagamento della provvigione alla circostanza che fosse intervenuta la stipula del definitivo, che perciò fungeva da evento condizionante e non già da mero termine di pagamento di un diritto di credito già sorto per effetto dell’accettazione della proposta da parte del B.B. Trattasi di conclusione dalla quale però si deve dissentire. In diSparte l’impossibilità di annettere efficacia rafforzativa delle conclusioni raggiunte sulla base dell’interpretazione del detto modulo al contenuto del preliminare, in quanto trattasi di atto che vede come parte il solo promissario acquirente (o meglio il dominus, in ratifica dell’operato del padre), senza anche la partecipazione del mediatore, così che non potrebbe la manifestazione di volontà successivamente esternata da una sola delle parti incidere sul contenuto di accordi intervenuti con un’altra parte rimasta estranea alla successiva attività contrattuale, colgono nel segno le critiche mosse dalla ricorrente sul piano della violazione delle regole di ermeneutica contrattuale. In primo luogo, la sentenza impugnata fa leva per legittimare la propria soluzione sul fatto che il modulo contenente l’impegno al pagamento della provvigione faccia riferimento solo alla stipula e non anche alla data della stipula, ritenendo che solo in questa seconda ipotesi effettivamente la conclusione del definitivo potrebbe fungere da termine di adempimento e non da condizione.

Tuttavia, trattasi di conclusione che non può reputarsi univocamente ed inconfutabilmente imposta dal senso letterale delle parole utilizzate, ben potendo anche il solo richiamo all’evento della stipula sottendere che lo stesso non funga da condizione ma che si tratti solo dell’individuazione del giorno in cui sarebbe divenuto esigibile il diritto alla provvigione, che, secondo quanto sopra evidenziato, viene generalmente ricondotto alla conclusione del preliminare.

Al fine di derogare alla generale regola ricavata dall’applicazione dell’art. 1755 c.c., che ricollega alla conclusione del preliminare la nozione di affare rilevante ex art. 1755 c.c., ai fini dell’insorgenza del diritto alla provvigione, la deroga alla disciplina legale avrebbe dovuto essere connotata dall’utilizzo di espressioni di maggiore significatività, non potendo la sola omissione del termine “data”, deporre in maniera certa per la volontà di condizionare ad un evento ulteriore il diritto del mediatore (cfr. altresì Cass. n. 21575/2017, che sottolinea come nell’esegesi dell’accordo con il mediatore debba farsi riferimento anche ai principi di buona fede e correttezza).

Ma ancor più rilevante si presenta agli occhi della Corte la circostanza che, coevamente alla redazione del modulo contenente l’impegno di C.C. al pagamento della provvigione, sul quale si sofferma l’attenzione del giudice di appello, era stata anche sottoscritta, sempre dal B.B. nonché dall’agenzia immobiliare, la proposta di acquisto che relativamente al compenso per la mediazione così recita: “Il sottoscritto dichiara di riconoscere ed accettare quale mediazione della A.A. la provvigione pattuita + IVA che si impegna a versare alla data prevista per la firma del contratto definitivo di compravendita” (così pag. 10 del ricorso).

È pur vero che anche in tale atto risulta sovrascritta con la dizione “definitivo” l’originaria scritta a stampa che faceva richiamo al preliminare, ma proprio la presenza del termine data, che secondo la stessa ricostruzione del giudice di appello sarebbe stata invece risolutiva per la tesi della semplice previsione di un termine di adempimento, impone di dover pervenire alla conclusione, in questo caso supportata dal tenore letterale delle espressioni utilizzate nonché dal comportamento complessivo delle parti, che la comune intenzione fosse non già quella di condizionare il diritto del mediatore alla conclusione del definitivo, ma semplicemente di differire il solo adempimento a tale evento (per il quale era anche prevista la data del 31 dicembre 2007). In accoglimento, quindi, del secondo e del terzo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

3. Per effetto dell’accoglimento dei motivi di cui al punto che precede restano assorbiti il primo ed il quarto motivo di ricorso, ritenendosi tuttavia, in relazione a quello che viene indicato come quinto motivo, che non ricorrono le condizioni per la decisione nel merito.

4. L’accoglimento del ricorso principale impone la disamina del motivo di ricorso incidentale condizionato che deduce, quanto al rigetto dell’eccezione di difetto di iscrizione del mediatore al relativo registro, la violazione delle norme di cui all’art. 6 della legge n. 39/19879 ed in particolare dell’art. 2 della stessa legge, per non essere stata dimostrata l’iscrizione della società all’albo dei mediatori; inoltre si deduce la violazione degli artt. 112, 183 e 345 c.p.c., stante la tardività della produzione della documentazione attestante l’iscrizione solo in data successiva al maturare delle preclusioni istruttorie in primo grado, con la conseguente inammissibilità anche in appello. Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha rigettato l’analogo motivo di appello del B.B. osservando che la prova dell’iscrizione della società all’albo fosse evincibile dalla documentazione già versata in atti ed in particolare anche dal modulo della proposta di acquisto, che recava il numero di iscrizione della società al detto albo. Osserva il Collegio che, sebbene si riveli erronea l’affermazione secondo cui l’eccezione di carenza dei presupposti per l’insorgenza del diritto alla provvigione per difetto di iscrizione all’albo sia un’eccezione in senso stretto (cfr. Cass. n. 4019/2023, secondo cui il requisito relativo all’obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio è sottratto al principio di non contestazione, in quanto discendente da norma imperativa e al divieto di “ius novorum” in appello, essendo il contratto che ne sia sprovvisto affetto da nullità rilevabile d’ufficio; conf. Cass. n. 29506/2023), tuttavia la sentenza impugnata ha ritenuto che fosse stata offerta la prova dell’iscrizione sulla scorta della proposta di acquisto (documento ritualmente versato in atti) che recava il numero di iscrizione.

La soluzione risulta peraltro conforme alla giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che, in tema di mediazione, ai fini del riconoscimento del diritto al compenso per l’attività prestata, l’onere della prova dell’iscrizione nell’albo dei mediatori, così come previsto nella legge 3 febbraio 1989, n. 39, può essere assolto mediante la prova per testimoni o anche per presunzioni; a tal fine, può valere il modulo di proposta di acquisto predisposto dal mediatore, dal quale risulti la suddetta iscrizione (Cass. n. 11539/2013; Cass. n. 20556/2021; Cass. n. 29506/2023). Ne deriva che la prova la contestazione circa l’assenza di prova dell’iscrizione investe un apprezzamento delle prove rimesso in maniera non sindacabile al giudice di merito, mentre non ricorre la dedotta violazione delle norme di rito, avendo la sentenza impugnata ritenuto che la certificazione prodotta in appello avesse solo valore confermativo di una circostanza (l’effettiva iscrizione), che però già si desumeva dai documenti prodotti in primo grado nel rispetto delle preclusioni istruttorie.

5. Il giudice di rinvio, come sopra designato, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

6. Poiché il ricorso incidentale è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la sua impugnazione.

P.Q.M.

Accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale condizionato, e cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio;

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Conclusione

Così deciso nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2024.

 

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