di Avv. Manuela Zanussi (Fonte: CNFNEWS.IT)
L’art. 10 D. Lgs. 28/2010, sia nella stesura originaria che in quella novellata dalla Riforma Cartabia, impone il dovere di riservatezza, specificando il principio della riservatezza esterna nella procedura di mediazione (oltre che quella interna, che grava sui soggetti che prendono parte alla procedura durante la stessa secondo il dettato dell’art. 9).
L’obbligo di riservatezza esterna è l’obbligo di segretezza che permane e si proietta anche dopo la conclusione del procedimento ed anche -e in particolare- in sede giudiziale.
Secondo l’art. 10:
“Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni.
Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio”.
Gli ambiti soggettivo e oggettivo della riservatezza esterna sono i medesimi rispetto alla riservatezza interna, cioè la segretezza si estende a tutti coloro che in qualche modo hanno a che fare con la procedura stessa e copre le “dichiarazioni rese e le informazioni acquisite” nel corso del procedimento.
Ci si chiede però spesso da legali delle parti quale sia l’esatto confine tra ciò che risulta coperto da riservatezza e il divieto di producibilità dei documenti e di deducibilità delle circostanze emerse nel corso del procedimento di mediazione nel successivo giudizio.
Preliminarmente va sgombrato il campo dal dubbio, del tutto infondato, per cui i documenti costituenti la domanda di mediazione e l’adesione alla stessa siano producibili in giudizio; essi sono certamente producibili in causa ed anzi vi è obbligo di farlo al fine di poter verificare il rispetto del principio di simmetria della domanda di mediazione rispetto alla causa petendi e al petitum del giudizio, e quindi se la condizione di procedibilità sia stata rispettata con riferimento a quanto dedotto rispettivamente in mediazione e in giudizio.
Parimenti producibili senza alcuna remora sono i verbali di mediazione e specificamente il primo e quello conclusivo (che solitamente riassume tutto lo svolgersi della procedura con i vari incontri, le presenze delle parti e le tempistiche della stessa).
Vale la pena di ricordare come, allo scopo, appaia particolarmente utile, anche sotto il profilo della segretezza, la prassi ormai consolidata tra i mediatori di redigere verbali snelli e lapidari nei loro contenuti, privi di questioni di merito e unicamente riproducenti questioni procedimentali e “di fatto”.
Sul punto anche la giurisprudenza è intervenuta, rilevando che:
«… il principio relativo alla riservatezza delle dichiarazioni delle parti deve essere riferito al solo contenuto sostanziale dell’incontro di mediazione, vale a dire il merito della lite. Ogni qualvolta, invece, tali dichiarazioni, quand’anche trasposte al di fuori del procedimento di mediazione, riguardano circostanze che attengono alle modalità della partecipazione delle parti alla mediazione e allo svolgimento (in senso procedimentale) della stessa, va predicata la assoluta liceità della verbalizzazione e dell’utilizzo da parte di chicchessia.
Ed invero, in tale ambito una compiuta verbalizzazione è necessaria al fine di consentire al giudice la conoscenza del contenuto della condotta delle parti nello specifico contesto di cui trattasi; conoscenza indispensabile in relazione alle previsioni del D. Lgs. n. 28/2010 relative alla procedibilità delle domande ed all’art. 8 co. 4 bis dello stesso decreto, nonché, in via generale, dell’art. 96 III° c.p.c.». (Tribunale di Roma – Dott. Massimo Moriconi 25.1.2016).
A conferma di quanto appena rilevato, anche la giurisprudenza appoggia il principio di c.d. “minima verbalizzazione” in mediazione; peraltro, va dato atto che una parte di essa pretende dal mediatore una verbalizzazione più integrale circa la volontà delle parti e le condotte tenute durante gli incontri, sia al fine di desumere argomenti di prova ai fini della sentenza, sia ai fini della decisione sulle spese ex artt. 92 e 96 cpc.
Rispetto alle richieste che provengono dalla magistratura in alcune ordinanze di delega, è tuttavia prassi diffusa negli Organismi di Mediazione garantire massimamente la riservatezza alle parti, limitando le verbalizzazioni al minimo contenuto procedimentale possibile.
Dubbi sulla verbalizzazione o meno si erano posti ad esempio per circostanze quali chi fosse la parte accettante o meno la proposta del mediatore, le ragioni circa l’adesione o meno alla proposta del mediatore, le motivazioni della condotta della parte e le proposte conciliative di parte.
Anche la recente pronuncia del Tribunale di Milano, sentenza n. 6826 del 22.08.2023, Est. Dott.ssa Gentile, (V. postea) riporta alcune interessanti precisazioni sulla riservatezza a conferma dell’orientamento sopra dedotto, addirittura spingendosi alla segnalazione disciplinare dell’avvocato:
“l’attrice negli atti ha anche dichiarato di riferire le difese asseritamente avanzate dal convenuto durante il procedimento di mediazione obbligatorio preventivo, con patente violazione dell’ art. 10 d.lgs 28.03.2010 n. 28, a tacere del profilo di possibile illecito disciplinare a carico del Difensore attoreo XXXX, per violazione dell’art. 13 Codice deontologico forense, onde il Giudice è tenuto a trasmettere copia della presente sentenza e degli atti al competente Consiglio di disciplina presso il locale COA per il più di eventuale competenza. […] Letto l’art. 96 uc cpc, condanna XXXX a pagare a favore di XXXX equitativamente determinata per abuso del processo […]; dispone la trasmissione della presente sentenza e degli atti attorei (atto di citazione, le tre memorie attoree depositate ex art. 183 co. 6 cpc e la comparsa conclusionale) al Consiglio di Disciplina presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati per quanto di eventuale competenza in relazione alla possibile violazione dell’art. 13 Codice deontologico forense da parte dell’avv. XXX, nella parte in cui ha riferito quanto asseritamente dichiarato dalla controparte durante il pertinente preventivo procedimento di mediazione obbligatoria.” (Fonte: CNFNEWS.IT)
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LA SENTENZA
Tribunale di Milano, sentenza del 22.08.2023 n. 6826
– Est. Gentile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione Quarta Civile
Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona della dott. ssa Ilaria GENTILE, ha pronunciato aisensi dell’ art. 281quinquies co. 1 cpc nella formulazione vigente alla data di introduzione della causa, la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado, iscritta al n. 3034/2020 R.G. il 23.01.2020, promossa da:
A.X; -Attrice
contro: A.XX -Convenuto-
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TERMINE per il deposito della memoria conclusionale di replica: 11.04.2023.
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OGGETTO: azione di accertamento qualità di erede, di rendiconto ex art. 723 cc relativa a compendion comune ereditario e condanna.
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CONCLUSIONI per l’ Attrice: “Come disposto dall’ Ill. mo Giudice, si precisano le proprie conclusioni, come di seguito riportate
NEL MERITO: verificata la veridicità sostanziale e di diritto dei fatti quali in atto di citazione esposti, condannare il convenuto B.XXXXXX A.XXXX L.XXXX a corrispondere all’ altra erede, la qui attrice B.XXXXX I.XXXX, sua cugina appunto, in virtù del riconoscimento della quota a lei spettante della successione mortis causa dei fratelli B.XXXXXX D.XXX, deceduto in data 15.03.2010 e B.XXXXXX S.XXXXX M.XXX, deceduta il 5.06.2017, rispettivamente padre del qui convenuto e madre dell’ attrice, la quota corrispondente al 50% del ricavato della vendita dell’ immobile sito in via XXXXXX XXXX 7, a Milano, di proprietà della nonna degli stessi signora A.XX V.XXX, deceduta nel 2.XX, nonché al risarcimento di tutti i danni materiali, esistenziali, biologici e morali patìti da B.XXXXX che vengono qui quantificati in 10.000, 00, oltre interessi legali dalla richiesta al saldo effettivo; IN VIA ISTRUTTORIA: ammettersi prova per interpello e testi, anche su prova contraria, sulle circostanze di cui in narrativa ai punti da 1 ) a Il) in atto di citazione indicati,
preceduti dalla locuzione “vero che”, con riserva, ex art.183, co. 6 c.p.c., di riformulare i capitoli di prova relativi e di ulteriormente dedurre, produrre, eccepire e concludere, nonché l’ interrogatorio formale del qui convenuto. Si indicano a testi i signori: 1 ) F.XXX, residente a Milano in via XXXXXXXXXXXXXXX 3.; 2) arch. C.XXXXXX A.XXXX, viale E.XXXX C.XXXXX 9, Milano. Con condanna inoltre della parte convenuta alla refusione di spese, dirittied onorari tutti del presente procedimento”
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Conclusioni per il Convenuto: “Voglia l’ Ill. mo Tribunale adito, contrariis rejectis, così giudicare NEL MERITO: rigettare le domande tutte di parte attrice, in quanto totalmente infondate in fatto ed in diritto, mandando assolto il convenuto da ogni e qualsiasi avversa pretesa. Condannare l’ attrice all’ integrale rifusione delle spese e compensi professionali del presente procedimento, di sentenza e successive occorrende, oltre rimborso spese forfettario al 15% nonché IVA e CPA, come per legge, nonché al risarcimento dei danni per manifesta lite ex art. 96, I e 3 comma c.p.c.”
FATTO E DIRITTO
1. Allegazioni delle parti e trattazione del processo
B.XXXXX ha evocato in giudizio con atto di citazione notificato il 15.01.2020 B.XXXXXX, svolgendo le domande riprodotte nelle conclusioni che precedono, con l’ esclusione dell’ inciso “di proprietà della nonna degli stessi signora A.XX V.XXX, deceduta nel 2.XX”, deducendo:
– B.XXXXX è figlia ed erede di S.XXXXX M.XXX B.XXXXXX, morta a Milano il 5.06.2017 e quest’ ultima era figlia di A.XX V.XXX, deceduta a Milano il 9.02.2009 e madre di S.XXXXX M.XXX e di D.XXXXXXXXXXXX, deceduto a Milano il 15.03.2010, padre dell’ odierno Convenuto;
– V.XXX ha sempre lavorato e percepiva uno stipendio di Lire 1.500.000 mensili e , dopo avere vissuto in affitto, ad un certo punto ha deciso di acquistare un appartamento sito a Milano, in via XXXXXX XXXX 7, di 90 mq, in virtù del fatto che percepiva un reddito di 2.000, 00 mensili per la propria pensione più la pensione di reversibilità del marito;
– la stessa non ha mai fatto testamento onde alla sua morte l’ appartamento e la giacenza sul conto corrente, pari a 90.000, 00 sono caduti in successione ai figli S.XXXXX M.XXX e D.XXX; quest’ ultimo si è impossessato del denaro e dell’ appartamento, senza opposizione della sorella S.XXXXX, donna mite; – dopo la morte della madre, l’ Attrice ha iniziato a chiedere conto al convenuto;
– non è vero quanto affermato dall’ avversario in mediazione e cioè che l’ appartamento è stato acquistato dal padre Dario con soldi propri per aiutare la madre che aveva subito uno sfratto;
– l’Attrice durante la mediazione ha appreso che l’ immobile è stato venduto; – D.XXX non lavorava e apparteneva a un gruppo anarchico; – A.XX V.XXX ha acquistato con propri denari l’ immobile di via XXXX 7. B.XXXXXX si è tempestivamente costituito in giudizio il 1A.04.2020, rassegnando le conclusioni sopra riportate e deducendo: – si contesta la ricostruzione avversaria dei fatti; l’ immobile di via XXXXXX XXXX 7 a Milano è stato acquistato dal padre del convenuto, D.XX con rogito del 16.06.1995 e alla morte di D.XXX è caduto in successione a favore dell’ unico figlio e odierno convenuto, come da dichiarazione di successione;
– l’ Attrice nulla ha provato di quanto ha dichiarato; non è vero che A.XX V.XXX possedeva 90.000, 00 sul suo conto corrente e non è vero che è stata proprietaria dell’ appartamento di via XXXXXX XXXX né che lo ha acquistato con denari suoi, come del resto emerge dalla circostanza che la madre dell’ Attrice e sorella di D.XXXXXXXXXXXX mai ha rivendicato la proprietà dell’ immobile;
– D.XXX ha acquistato l’ immobile al duplice scopo di dare un alloggio alla mamma, che era stata sfrattata, e come investimento in favore del suo unico figlio;
– si denuncia la grave violazione deontologica di rivelare frasi in tesi ascoltate durante la mediazione ma in realtà mai proferite; del pari, si denuncia l’ uso di frasi (di cui si chiede la cancellazione ex art. 89 cpc) scorrette e lesive dell’ onore di D.XXXXXXXXXXXX, oltre tutto deceduto e non più in grado di difendersi;
– le prove per testi articolate dirette a provare la proprietà di un immobile sono inammissibili ai sensi del combinato disposto degli artt. 1350, 2721 e ss e 2725 cc, evidenziandosi che nell’ atto di acquisto, avente la forma di scrittura privata autenticata, è contenuta la quietanza del pagamento dell’ intero prezzo da parte dell’ acquirente D.XXXXXXXXXXXX; – in aggiunta, il teste indicato, F.XXXXXXX G.XXXXX B.XXXXX, quale coniuge di S.XXXXX B.XXXXXX, è chiamato all’ eredità e quindi incapace a testimoniare;
– la domanda risarcitoria è del tutto priva di qualsiasi allegazione specifica e dunque radicalmente infondata; – si chiede la condanna dell’ Attrice al pagamento della somma ex art. 96 co. 1 e 3 cpc per lite temeraria e abuso del processo. Il Giudice, alla prima udienza di comparizione, tenuta l’ 11.11.2020, ha rinviato all’ udienza del 3.02.2021 per tentativo di conciliazione, espletato con esito negativo e quindi ha assegnato alle parti i richiesti termini istruttori, dalle stesse fruiti.
Di seguito, sentite le parti all’ udienza del 14.07.2021, con ordinanza riservata dell’ 11.01.2022, il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, ha rinviato per la precisazione delle conclusioni all’ udienza del 19.01.2023. A tale udienza, questo Giudice, dal 1A.12.2022 subentrato nel ruolo delprecedente, sulle conclusioni sopra rassegnate ha assegnato alle parti i richiesti doppi termini massimi di cui all’ art. 190 cpc, spirati il 20.03.2023 ed il martedì 11.04.2023 rispettivamente (in quanto lunedì 10.04.2023 è stato un giorno festivo ) , fruiti dalle due parti, trattenendo all’ esito la causa in decisioneex art. 281quinquies co.1 cpc e quindi a far data dal 12.04.2023.
2. Thema decidendum
B.XXXXX ha evocato in giudizio B.XXXXXX svolgendo contro lo stesso le seguenti domande: 1. domande di accertamento, nella specie diretta a dichiarare la propria qualità di erede della madre S.XXXXX B.XXXXXX, nonché la qualità in capo a S.XXXXX B.XXXXXX di erede della madre di A.XX V.XXX e la circostanza che nel compendio relitto da A.XX V.XXX la proprietà di un appartamento sito a Milano, via XXXXXX XXXX 7, onde S.XXXXX B.XXXXXX ha ereditato unitamente al fratello D.XXX la quota di metà cadauno, poi caduta in successione a favore dell’ attrice come pure la quota di D.XXX è caduta in successione a favore del Convenuto, figlio di D.XXX; 2) domanda di rendiconto del prezzo ricavato dalla vendita della proprietà di detto appartamento con condanna a pagare all’ Attrice il 50% del prezzo ricavato da della vendita; 3 ) domanda diretta a condannare A.XXXX B.XXXXXX a pagare a favore dell’ Attrice la somma di 10.000, 00 per risarcimento del danno non patrimoniale. B.XXXXXX ha resistito, chiedendo la reiezione delle domande attoree, deducendo che l’ appartamento non è mai stato di A.XX V.XXX, in quanto acquistato dal proprio padre nel 1995 onde la quota della metà del diritto di proprietà non è mai caduta in successione a favore di S.XXXXX B.XXXXXX e poi dell’ Attrice onde nulla è dovuto. B.XXXXX nella memoria ex art. 183 co. 6 n.XX cpc non ha contestato specificamente che l’appartamento sia stato acquistato nel 1995 da D.XXXXXXXXXXXX ma ha allegato che la provvista monetaria per pagare il prezzo era stata fornita a D.XXXXXXXXXXXX da A.XX V.XXX. B.XXXXX non ha tuttavia formulato domande dirette ad accertare che vi sia stata interposizione reale o fittizia di D.XXXXXXXXXXXX al posto di A.XX V.XXX nell’ acquisto dell’ appartamento, né ha impugnato altrimenti l’ asserita donazione indiretta in tesi avvenuta nel lontano 1995.
3. Emergenze probatorie e diritto
In fatto, il Tribunale osserva che l’ Attrice ha dimesso: il certificato di residenza del convenuto, da cui risulta che D.XXXXXXXXXXXX è nato a Milano il 25.01.1991 e è residente in Milano, piazzale del G.XXXXX Provvisorio 1 (doc. 1 fasc. Att.); il verbale dell’ incontro di mediazione tra le odierne parti del 13.05.2019, da cui risulta che all’ incontro hanno partecipato per l’ attrice l’ odierno difensore e per il Convenuto la parte personalmente e il suo Difensore e che l’ incontro ha avuto esito negativo (doc. 2 fasc. Att.). Altresì l’ Attrice ha chiesto ammettersi prova per testi, interrogatorio formale e ordine di esibizione sul mezzo di pagamento del prezzo di acquisto -nel 1995- dell’ appartamento di via XXXXXX XXXX 7, istanze rigettate in fase istruttoria e riproposte all’ udienza di precisazione delle conclusioni e nelle comparse conclusive. Il Convenuto ha dimesso: la scrittura privata con firme autenticate da notaio il 16.06.1995 da cui risulta che D.XX ha acquistato da terzi la piena proprietà dell’ immobile sito in Milano, via XXXXXX XXXX 7, dietro il pagamento del prezzo di lire 90.000.000= (doc. 1 fasc. Conv.) e dichiarazione di successione del Convenuto al padre D.XX in data 29.10.2010 (doc. 2 fasc. Conv.). In diritto, l’art. 723 cc disciplina l’ azione di rendiconto svolta in causa, stabilendo che dopo la vendita di beni mobili o immobili caduti in comunione, i condividenti devono procedere alla determinazione delle porzioni ereditarie con relativi conguagli e rimborsi. In fattispecie consimile al complesso di domande di accertamento, rendiconto e condanna svolte in questa causa, la Corte di legittimità ha sancito: “La petizione di eredità e l’azione di accertamento della qualità di erede differiscono tra loro in quanto, pur condividendo l’ accertamento della qualità ereditaria, la Prima è azione necessariamente recuperatoria, volta ad ottenere la restituzione dei beni ereditari da chi li possegga a titolo di erede o senza titolo, mentre l’ altra è azione essenzialmente dichiarativa, eventualmente corredata da domanda accessoria di condanna non attinente alla restituzione dei beni ereditari. Pertanto, l’ azione di accertamento della qualità di coerede, proposta nei confronti di chi possegga i beni ereditari a titolo di erede, corredata dalla domanda di rendiconto della gestione e corresponsione dei relativi frutti, non integra petitio hereditatis, ma costituisce azione di accertamento con domanda accessoria di condanna .” (Cass. civ. sez. 2 n. 2148 del 31.01.2014). Quanto al criterio di riparto dell’ onere di allegazione e prova delle domande tutte come svolte dall’ Attrice, lo stesso è disciplinato dalla regola generale di cui all’ art. 2697 cc, spettando all’ Attrice fornire prova di tutto quanto sostenuto. In aggiunta, si rileva che -ai sensi dell’ art. 1350 cc- i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata a pena di nullità, e di conseguenza a mente degli artt. 2725 co. 2 e 2729 co. 2 cc la prova per testi e per presunzioni è inammissibile. Ancora, in ipotesi di simulazione soggettiva relativa riguardante compravendita immobiliare, ovvero la species facti descritta dall’ Attrice (secondo cui il bene immobile di via XX7, ancorchè acquistato formalmente da D.XXXXXXXXXXXX sarebbe stato in realtà acquistato da A.XX V.XXX con denari della stessa ), la Corte di legittimità ha sancito che è inammissibile la prova a mezzo di interrogatorio formale: ” in tema di prova della simulazione di una compravendita immobiliare, contratto che esige la forma scritta ad substantiam, la mancanza della controdichiarazione osta all’ ammissibilità dell’ interrogatorio formale, ove rivolto a dimostrare la simulazione soggettiva relativa, giacché la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, non può supplire al difetto dell’ atto scritto, necessario per il contratto diverso da quello apparentemente voluto; viceversa, ove sia diretto a dimostrare la simulazione assoluta del contratto, l’ interrogatorio formale è ammissibile, anche tra i contraenti, perché, in tal caso, oggetto del mezzo di prova è l’
inesistenza della compravendita'” (Cass. civ. sez. 2 del 16.03.2017 n. 6262).Quanto al mezzo di prova consistente in ordine di esibizione, la Corte di legittimità ha sancito: “L’ ordine di esibizione, subordinato alle molteplici condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 118, 119 c.p.c. e 94 disp. att. c.p.c., costituisce uno strumento istruttorio residuale, che può essere utilizzato soltanto in caso di impossibilità di acquisire la prova dei fatti con altri mezzi e non per supplire al mancato assolvimento dell’ onere probatorio a carico dell’ istante e che è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del Giudice di merito, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione, per violazione di norma di diritto'” (Cass. civ. sez. 3 del 3.11.2021 n. 31251) e ” in tema di poteri istruttori del Giudice, l’ emanazione di ordine di esibizione è discrezionale e la valutazione di indispensabilità non deve essere neppure esplicitata; ne consegue che il relativo esercizio è svincolato da ogni onere di motivazione e il provvedimento di rigetto dell’ istanza non è sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’ iniziativa della parte istante non abbia finalità esplorativa . “” (Cass. civ. sez. 3 dell’ 8.10.2020 n. 18152; conf.: Cass. civ. sez. L ord. n. 9020 del 1a.04.2019; Cass. civ. sez. 1 ord. n. 4504 del 21.02.2017).
4. Decisione
Il Tribunale osserva che alla luce dei principi di diritto da applicare alla decisione e delle emergenze fattuali di causa, le domande attoree di accertamento e di condanna sono tutte infondate e debbono essere rigettate, per le seguenti ragioni. L’ Attrice non ha provato alcunché di quanto ha allegato, né il proprio stato di figlia e unica erede di S.XXXXX B.XXXXXX, né che quest’ ultima sia morta e fosse figlia e erede di A.XX , né che A.XX V.XXX sia deceduta, né che S.XXXXX e D.XXXXXXXXXXXX siano stati figli e unici eredi di A.XX V.XXX; ancora, l’ Attrice non solo non ha provato che nel compendio ereditario relitto da A.XX V.XXX fosse presente l’ immobile sito in Milano, via XXXXXX XXXX 7 ma, addirittura, il Convenuto ha fornito evidenza scritta contraria, atteso che A.XXXX B.XXXXXX ha allegato e provato: 1 ) che suo padre D.X ha acquistato la piena proprietà di tale immobile nel lontano mese di giugno 1995 (doc. 1 fasc. Conv.); 2) di avere acquistato tale diritto di proprietà per successione dal padre nel 2010 (doc. 2 fasc. Conv.). XX conseguenza, le domande di accertamento della qualità di erede di S.XXXXX B.XXXXXX e della qualità di erede di A.XX V.XXX in capo a S.XXXXX B.XXXXXX, come pure la domanda di accertamento che nel compendio relitto da A.XX V.XXX fosse presente la proprietà dell’ appartamento di Milano, via XXXXXX XXXX 7, sono tutte infondate e di conseguenza, le domande di rendiconto del prezzo di vendita di tale appartamento e di condanna sono totalmente infondate. Il Giudice altresì evidenzia che la circostanza -allegata dall’ Attrice nella memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 cpc- secondo cui la provvista per l’ acquisto nel 1995 di tale unità immobiliare sarebbe stata fornita a D.XXXXXXXXXXXX da A.XX V.XXX, non solo non è stata provata dall’ Attrice ma soprattutto non è stata integrata con idonee allegazioni circa l’ asserito patto intercorso nel 1995 tra V.XXX e B.XXXXXX né è stata posta a a fondamento di conseguenti domande di accertamento. In altre parole, l’ Attrice ha sì allegato che V.XXX ha fornito la provvista a B.XXXXX per acquistare l’ immobile di via XXXX 7 ma non ha allegato perché e che tipo di accordo vi fosse: interposizione reale con patto fiduciario tra V.XXX e B.XXXXXX, oppure interposizione fittizia (ovvero simulazione soggettiva relativa) tra V.XXX, B.XXXXXX e i venditori, ovvero anche patto di donazione indiretta. Ora, alla luce di tanto, le domande attoree di accertamento complessivamente svolte sono comunque infondate anche per insuperabili carenze assertive prima ancora che probatorie, con conseguenze infondatezza della domanda di rendiconto e di condanna e di risarcimento mentre la circostanza (allegata e non provata) che la provvista per il prezzo sia stata fornita da V.XXX a B.XXXXXX è irrilevante, in quanto non è diretta a sostenere alcuna specifica domanda volta a contrastare le emergenze dell’ atto di compravendita del 1995. Solo per completezza, considerato che l’ Attrice ha riproposto le istanze di prova costituenda già disattese in fase istruttoria, si evidenzia altresì che la prova per testi articolata dall’ attrice sui capitoli da 1 a 14 è inammissibile, in quanto i capitoli sono prima di tutto irrilevanti ai fini del decidere e comunque inammissibili ex artt. 2725 e 2729 cc, in quanto diretti a fondare pagamenti/trasferimenti di diritti reali immobiliari/presunzioni (ad es. sul reddito della de cuius A.XX V.XXX) inammissibili al fine della prova del trasferimento del diritto di proprietà su immobili. Del pari, per le stesse ragioni, l’interrogatorio formale dedotto è da disattendersi anche nella fase decisoria, in quanto relativo a capitoli irrilevanti ai fini del decidere, tenuto conto delle domande concretamente svolte, come già scritto dal Giudice durante la fase istruttoria. Infine, l’ istanza di ordine di esibizione è del tutto irrilevante ai fini del decidere, in relazione alle domande concretamente formulate, a tacere della residualità di tale mezzo di prova, che non può essere adoperato per superare le lacune probatorie della parte istante.
5. Spese di lite
Le spese sono regolate a mente degli artt. 91 e ss cpc, nella formulazione attualmente vigente: in forza di tali disposizioni, il soccombente deve rifondere le spese della parte vittoriosa, salva solo la soccombenza reciproca, la novità della questione trattata, il revirement della giurisprudenza su questioni decisive, ovvero, ex C. Cost. n. 77/2018, altre gravi ed eccezionali ragioni da esplicitarsi in motivazione. La ratio di tali disposizioni è che chi ha promosso un processo perso, o ha costretto altri a promuovere un processo per affermare il suo buon diritto, ne deve sopportare le conseguenze economiche, a prescindere dall’ elemento soggettivo della colpa del soccombente o da pagina profili sanzionatori, rispondendo tali disposizioni al principio di causalità ad una funzione indennitaria o ripristinatoria, nel senso che la parte vittoriosa deve essere tenuta indenne delle spese sostenute per l’accertamento del suo buon diritto (per l’ accertamento dell’ inesistenza del diritto altrui ) , pena la vanificazione del diritto di azione e di difesa in giudizio, di cui all’ art. 24 Cost. (Cass. civ. sez. 3 del 15.07.2008 n. 19456; conf: Cass. civ. sez. 3 del 20.02.2014 n. 4074). Nel caso di specie, la causa si è conclusa con la soccombenza integrale dell’ attrice, che deve pertanto essere condannata a rifondere integralmente le spese di lite del Convenuto. Quanto alla liquidazione delle dette spese, applicati i parametri previsti dal d.m. n. 55/2014, come aggiornati dal d.m. n. 147/2022 per lo scaglione di valore indeterminabile (minimo ) , tenuto conto del tenore delle memorie e dell’ impegno difensivo, si reputano congrui i parametri medi per le fasi introduttiva, di studio e decisionale e metà per la fase istruttoria (in quanto non è stata svolta attività di istruzione orale ), per complessivi 6.713,00, oltre 15% per rimborso forfetario spese generali, oltre IVA e CPA.
6. Domanda di condanna per abuso del processo
Il Convenuto in corso di causa ha chiesto la cancellazione di frasi sconvenienti e offensive contenute negli atti dell’ Attrice, istanza implicitamente disattesa in corso di causa dal precedente Giudice e non più coltivata nella fase decisoria, onde può reputarsi abbandonata. Il Convenuto ha proposto sin dalla comparsa di costituzione e ribadito in tutti i successivi atti, la domanda diretta alla condanna dell’ attrice al pagamento di Somma ex art. 91 co. 1 e 3 cpc. Il Tribunale osserva che la sollecitazione ex art. 96 co. 3 cpc è ammissibile e fondata. In particolare, è ammissibile, in quanto l’ Attrice è risultata integralmente soccombente su tutte le domande svolte. La domanda alla condanna ex art. 96 co. 3 cpc è anche fondata, in quanto dall’ istruttoria svolta è emerso che B.XXXXX ha abusato del suo diritto di azione in giudizio, promuovendo una azione di rendiconto e condanna relativamente a un immobile mai caduto in successione ereditaria della de cuius A.XX V.XXX. Non solo, B.XXXXX ha anche perseverato nel coltivare siffatta causa, anche dopo che il Convenuto ha versato in giudizio l’ atto di acquisto del giugno 1995, che dimostrava inconfutabilmente che l’ immobile non era di proprietà della de cuius A.XX V.XXX, con ciò dimostrando la macroscopica infondatezza delle domande attoree. Per di più, l’ Attrice ha allegando circostanze offensive dell’ onore di persona deceduta (D.XXX) non solo senza dimostrare alcunchè di tali circostanze offensive (rimaste quindi allo stadio di mero pettegolezzo) ma senza neanche formulare una domanda idonea a contrastare l’ atto di acquisto dell’ immobile da parte di D.XX, di talchè tali circostanze offensive sono risultate del tutto superflue e inconferenti ai fini del decidere, oltre che apodittiche.
Come se non bastasse, l’ Attrice negli atti ha anche dichiarato di riferire le difese asseritamente avanzate dal Convenuto durante il procedimento di mediazione obbligatorio preventivo, con patente violazione dell’ art. 10 d. lgs 28.03.2010 n. 28, a tacere del profilo di possibile illecito disciplinare a carico del Difensore attoreo, avv. G.XXXXXXX S.XXXXX, per violazione dell’ art. 13 Codice deontologico forense, onde il Giudice è tenuto a trasmettere copia della presente sentenza e degli atti al competente Consiglio di disciplina presso il locale C.X per il più di eventuale competenza.
Conclusivamente, il comportamento processuale di B.XXXXX è stato dunque notevolmente lesivo di plurime regole processuali, sia nella fase di proposizione della domanda, sia nella fase della prosecuzione del processo, denotando una condotta speculativa e finanche emulativa, posto che l’Attrice ha agito per domande che non poteva non sapere essere infondate, costringendo la controparte a costituirsi per difendersi. Tale complessiva condotta dimostra, pertanto, ampiamente la responsabilità aggravata di B.XXXXX ex art. 96 cpc e l’ abuso del processo e del diritto di cui all’ art. 24 Cost, sia dal punto di vista dell’ esistenza di un abuso oggettivo, sia dal punto di vista dell’ esistenza dell’ elemento soggettivo del dolo o quanto meno della colpa grave in
capo a B.XXXXX, il tutto a detrimento del Convenuto e , peggio ancora, ad intralcio della Giustizia e del diritto di tutti gli altri utenti del sistema giudiziario alla ragionevole durata del processo (C. Cost. 23.06.2016 n. 152). La condotta abusiva del processo di B.XXXXX deve pertanto essere punita e fonda la condanna della stessa al pagamento in favore del Convenuto della somma di cui all’ art. 96 co. 3 cpc (ex multis: Cass. civ. SS.UU. del 16.09.2021 n. 25041; Cass. civ. sez. L del 25.02.2021 n. 3830).
Detta somma deve essere liquidata in via equitativa: nella specie, si evidenzia che il parametro liquidatorio più frequentemente adoperato dalla giurisprudenza di merito, e reputato corretto dalla Corte di Legittimità, con il limite della ragionevolezza, ai fini della liquidazione ex art. 96 cpc è quello rappresentato dal compenso di cui alle tariffe normative (Cass. civ. sez. 2 del 30.11.2012 n. 21570 ) , come anche indicato nei criteri orientativi delle Tabelle Milanesi ed. 2021 dell’ XXXXXXXXXXXX sulla giustizia civile di Milano (pubblicate sul sito del Tribunale di Milano e. del locale foro). A. luce di tale parametro, che si reputa di adottare, il Giudice reputa equo e congruo determinare la somma ex art. 96 cpc in misura pari al compenso e , quindi, in 6.713, 00, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto (grado della colpa dell’ abusante, qualità delle parti, natura e durata della controversia).
P. Q. M.
il Giudice, definitivamente pronunciando per quanto di ragione, ogni diversa domanda, istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta ovvero assorbita, così decide: rigetta le domande attoree, in quanto infondate; letti gli artt. 91 e ss cpc, condanna A.XXXXXXXX I.XXXX B.XXXXX a pagare a favore di A.XXXX L.XXXX B.XXXXXX, a titolo di refusione integrale delle spese di lite, la somma di 6.713, 00 per compenso, oltre 15% per rimborso forfetario spese generali, oltre IVA e CPA, se e come dovute in ragione del regime fiscale del Convenuto; letto l’ art. 96 uc cpc, condanna A.XXXXXXXX I.XXXX B.XXXXX a pagare a favore di A.XXXX L.XXXX B.XXXXXX, a titolo d.XXXXXX equitativamente determinata per abuso del processo, l’ importo di 6.713, 00;
dispone la trasmissione della presente sentenza e degli atti attorei (atto di citazione, notificato il 15.01.2020, le tre memorie attoree depositate ex art. 183 co. 6 cpc e la comparsa conclusionale depositata il 20.03.2023) al Consiglio di Disciplina presso il Consiglio dell’ Ordine degli Avvocati di Milano per quanto di eventuale competenza in relazione alla possibile violazione dell’ art. 13 Codice deontologico forense da parte dell’ avv. G.XXXXXXX S.XXXXX, nella parte in cui ha riferito quanto asseritamente dichiarato dalla controparte durante il pertinente preventivo procedimento di mediazione obbligatoria. Sentenza provvisoriamente esecutiva quanto alle statuizioni di condanna.
Milano, 7 agosto 2023
il Giudice dott. ssa Ilaria GENTILE