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Procedura Civile Responsabilità civile

Obbligazioni contratte per conto di una associazione non riconosciuta e responsabilità ex art. 38 c.c. (Cass. 10490/24)

La responsabilità di cui all’art. 38, comma 2, c.c. presuppone sempre un’attività negoziale posta in essere da colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta

IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE

La responsabilità di cui all’art. 38, comma 2, c.c. presuppone sempre un’attività negoziale posta in essere da colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta creando rapporti obbligatori fra questa ed i terzi, con la conseguenza che detta responsabilità non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, bensì all’attività negoziale effettivamente svolta per conto di essa. Grava, pertanto, su colui che invochi in giudizio tale responsabilità l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha confermatato la sentenza impugnata che ha ravvisato detta responsabilità nella sottoscrizione dei contratti bancari in nome e per conto dell’associazione, nei limiti delle obbligazioni assunte).

Per un approfondimento vedi: “Obbligazioni contratte per conto di una associazione non riconosciuta” (di Dario Covucci, Altalex)

L’ORDINANZA

Cassazione civile, Sez. I, Ordinanza del 18/04/2024, n. 10490

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente

Dott. MELONI Marina – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere-Rel.

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2537/2023 R.G. proposto da:

A.A., domiciliato ex lege in Roma, P.zza Cavour, presso la cancelleria civile della corte di Cassazione. Rappresentato e difeso dall’avvocato Olivieri Giancarlo (omissis)

– ricorrente –

contro

Banca del Piceno Soc. Coop r.l., elettivamente domiciliata in Porto San Giorgio Via Fratelli Rosselli 37, presso lo studio dell’avvocato Vecchiola Federico (omissis) che la rappresenta e difende,

– controricorrente –

avverso Sentenza di Corte d’Appello Ancona n. 770/2022 depositata il 14/06/2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2024 dal Consigliere Giulia Iofrida.

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 770/2022, pubblicata il 14/6/2022, la Corte di appello di Ancona confermava la sentenza n. 663/2018 del Tribunale di Fermo che aveva respinto l’opposizione di A.A. avverso il decreto ingiuntivo con il quale si era intimato all’associazione sportiva dilettantistica Wild Sun Beach Volley Club e al A.A., in qualità di presidente della predetta associazione, di pagare alla Banca di credito Cooperativo Picena Soc. Coop. Euro 13.158,44 a titolo di saldo passivo del conto corrente acceso dalla prima presso l’istituto bancario e confluito nella posizione “sofferenza”.

La Corte territoriale riteneva che il Tribunale avesse ben accertato la responsabilità solidale di A.A., in quanto l’aveva ricondotta non alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione bensì all’attività negoziale svolta in nome e nell’interesse dell’associazione con la sottoscrizione del contratto di c/c n. (omissis) (poi rinumerato al n. omissis) e del contratto di c/c per anticipo di fatture n. (omissis).

Inoltre, la Corte d’appello affermava che era rimasto indimostrato l’assunto secondo cui l’attività gestoria era riferibile a diverso soggetto (B.B.) e che l’obbligazione dell’associato, che ha agito in nome per e per conto dell’associazione non riconosciuta, a norma dell’art. 38 c.c., è assimilabile a quella del fideiussore e, come tale, è assoggettata al termine di decadenza semestrale previsto dall’art 1957 c.c., con conseguente infondatezza dell’eccezione di decadenza del creditore, in quanto il saldo negativo di un conto corrente bancario, sebbene articolato in una pluralità di atti esecutivi, è un contratto unitario, la cui scadenza va individuata chiusura del rapporto e nella dichiarazione di risoluzione dei rapporti per inadempimento avvenuta, nella specie, con lettera Bcc Picena del 29/7/14, cosicché il terme semestrale non era spirato quando la banca aveva agito in sede monitoria.

Avverso tale sentenza, A.A. propone ricorso per cassazione, notificato il 14/1/2023, affidandosi a tre motivi, nei confronti della Banca del Piceno Credito cooperativo – Società Cooperativa (che resiste con controricorso).

Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione degli articoli 38 c.c. e 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c. nella parte in cui la Corte d’appello ha affermato la responsabilità personale e solidale del presidente dell’associazione sulla base della sua sola sottoscrizione, in qualità di legale rappresentante della società, dei contratti bancari, senza considerare che tali contratti rappresentavano esclusivamente la volontà dell’ente da lui rappresentato e che egli non aveva prestato quell’attività negoziale richiesta dall’articolo 38 c.c. per il suo coinvolgimento personale (occorrendo un “quid pluris” rispetto alla semplice sottoscrizione de contratto a seguito di approvazione dell’operazione bancaria ad opera del consiglio direttivo) e, inoltre, per aver violato l’articolo 2697 c.c., per il quale l’onere della prova all’ingerenza gestionale necessaria integrare responsabilità personale grava su chi la invoca; b) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione al art 360, comma 1, n.3, c.p.c., per non aver la Corte d’appello considerato che il fatto relativo alla mancata ingerenza del A.A., presidente della associazione, in quanto il rapporto negoziale (e la stipula dei contratti bancari) era stato intrattenuto esclusivamente dal B.B., già presidente della stessa associazione, come dedotto e allegato dal legale rappresentante, non era stato specificamente contestato dalla Banca; c) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1957 c.c. e 1183 c.c. in relazione al art 360, comma 1, n.3, c.p.c., nella parte in cui la Corte d’appello afferma che la scadenza dell’obbligazione va riferita alla data della comunicazione formale di recesso dal rapporto bancario per inadempimento anziché al momento in cui già verificatosi l’inadempimento del debitore principale (dal 31/12/2009) la Banca avrebbe potuto e dovuto azionare il suo credito , tenendo conto della durata del rapporto a tempo indeterminato.

2. La prima censura è infondata.

L’art.38 c.c. prevede che i terzi, per le obbligazioni assunte dai rappresentanti dell’associazione non riconosciuta, possano fare valere i loro diritti, oltre che sul fondo comune, anche nei confronti di coloro che hanno “agito in nome e per conto dell’associazione”. Questa Corte (Cass. 4084/1978) ha chiarito che “La responsabilità di colui che abbia agito in nome e per conto di un’associazione non riconosciuta, di cui all’art 38 cod civ, presuppone nell’agente la veste di rappresentante, ma non è connessa giuridicamente a siffatta qualifica, venendo solamente in rilievo l’attività spiegata in concreto dai singoli agenti, investiti dei relativi poteri, e nei limiti delle obbligazioni da essi assunte in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta: ove tali poteri manchino, la responsabilità di chi abbia agito in nome e per conto di un’associazione non riconosciuta può derivare eventualmente da altro titolo, ma non già dal predetto art 38 cod civ”.

La responsabilità personale dei soggetti, che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, nell’esigenza di tutela dei terzi che, nell’instaurazione del rapporto negoziale, abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio dei detti soggetti, integra “una obbligazione, avente natura solidale, “inquadrabile tra le garanzie “ex lege” assimilabile alla fideiussione, con conseguente applicazione dei principi contenuti negli artt. 1944 e 1957 cod. civ.” (Cass. 13946/1991; Cass. 11759/2002; Cass. 29/33/2011; Cass . 12508/2015).

La responsabilità sorge per il solo fatto di avere agito in nome dell’associazione e di avere rivestito un ruolo attivo nella instaurazione e gestione del rapporto obbligatorio e potrà rispondere quindi anche l’associato che difetti del potere di rappresentanza (Cass. 3384/1962: “La responsabilita personale, di cui all’art 38 cod civ, non è a carico di tutti coloro che, essendo a capo dell’ente, hanno comunque approvato l’operazione e concorso a darvi esecuzione, pur senza aver partecipato alla stipulazione del negozio, ma soltanto a carico delle persone che siano entrate in relazione giuridica con il terzo dichiarando la volontà dell’ente, qualunque carica esse ricoprano e siano anche semplici associati”; Cass. 4710/1981; Cass. 6350/2000: “Delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi da un associato di un’associazione non riconosciuta il quale, ancorché sfornito dei relativi poteri rappresentativi, abbia agito in nome dell’associazione, rispondono sia il fondo comune dell’associazione sia, personalmente e solidalmente, le singole persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, secondo quanto stabilito dall’art. 38 cod. civ.. Infatti, in mancanza di ogni forma di pubblicità sui poteri di rappresentanza secondo l’ordinamento interno delle associazioni non riconosciute, per i terzi, ai quali sia obiettivamente impossibile verificare i poteri rappresentativi della controparte, non può che operare il principio dell’apparenza, in base al quale il convincimento, non derivante da errore colpevole, di trovarsi in presenza di persona legittimata ad impegnare l’associazione è sufficiente alla valida stipulazione del contratto e al sorgere delle conseguenti obbligazioni sia per il terzo stipulante sia per l’associazione non riconosciuta. Ciò non esclude, peraltro, che il suddetto difetto di poteri rappresentativi comporti, sul piano dei rapporti interni, una responsabilità dell’associato medesimo nei confronti degli altri associati e dell’associazione”; Cass. 16344/2008: “In tema di associazioni non riconosciute, la responsabilità dell’ente sussiste, ai sensi dell’art. 38, primo comma, cod. civ., per le obbligazioni ed i rapporti assunti dai soggetti che ne sono rappresentanti di diritto ed anche di fatto e che, spendendo la ragione sociale, determinano con i loro atti ed in concreto l’oggetto sociale, a prescindere dalle possibili indicazioni formali; ne consegue che tale regola, di carattere generale, si applica anche ai debiti tributari”, conf. Cass. 16221/2018).

Poiché la responsabilità presuppone un’attività negoziale concretamente esercitata per conto dell’associazione e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi, chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (Cass. 5089/1998; Cass. 8919/2004; Cass. 718/2006; Cass. 18188/2014; Cass. 8752/2017; Cass. 14465/2000).

La responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto di un’associazione non riconosciuta (collegata non alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, ma all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa, concretantesi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi) non è riferibile, neppure in parte, ad un’obbligazione propria dell’associato, ma ha carattere accessorio rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione stessa, di talché detta obbligazione (di natura solidale) è legittimamente inquadrabile fra quelle di garanzia “ex lege”, assimilabili alla fideiussione.

Ne consegue che tale responsabilità grava esclusivamente sui soggetti che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, attesa l’esigenza di tutela dei terzi che, nell’instaurazione del rapporto negoziale, abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio dei detti soggetti, non potendo il semplice avvicendamento nelle cariche sociali del sodalizio comportare alcun fenomeno di successione nel debito in capo al soggetto subentrante, con esclusione di quello (attualmente sostituito) che aveva in origine contratto l’obbligazione (Cass. 455/2005; nell’affermare il principio di diritto che precedere, e nello specificare, ancora, che, per l’effetto, il presidente di un sodalizio non riconosciuto è passivamente legittimato all’azione del creditore anche dopo la cessazione della carica con riguardo alle obbligazioni risalenti al periodo in cui egli aveva esercitato le funzioni di presidente, questa Corte. ha così cassato la sentenza della Corte di merito che aveva invece ritenuto, con riferimento ad un contratto di locazione sottoscritto, “illo tempore”, dall’allora presidente di un’associazione non riconosciuta in nome e per conto di quest’ultima, che tutte le relative obbligazioni, ivi inclusa quella della riconsegna alla scadenza – nonchè quella risarcitoria riconnessa all’eventuale ritardo nella consegna – non gravassero su quest’ultimo, bensì sull’attuale legale rappresentante dell’ente).

La sottoscrizione dei contratti bancari in rappresentanza dell’ente integra, pertanto, l’attività negoziale concretamente svolta, in nome e per conto dell’associazione, richiesta dalla norma, e comporta la responsabilità personale e solidale di cui all’art.38 c.c. di colui che ha agito, nei limiti delle obbligazioni assunte in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta.

Nella specie, il ricorrente ha sottoscritto contratti di conto corrente in nome e per conto dell’associazione.

3. La seconda censura è inammissibile.

Invero la Corte d’appello ha ritenuto, anzitutto, dimostrata (dalla Banca che ha sempre dedotto a personale responsabilità del A.A., sin dalla fase monitoria) la ingerenza del A.A. nella stipula dei contratti bancari, per effetto della sottoscrizione in nome e per conto dell’associazione sportiva presso Filiale della BCC Picena, sufficiente ai fini della sua accessoria responsabilità personale ex art.38 c.c., e comunque non dimostrata la circostanza che il A.A. non si occupasse della gestione della società, demandata al B.B..

Il ricorrente afferma che tale seconda circostanza non era stata mai contestata dalla Banca (il che, peraltro, viene recisamente smentito dalla controricorrente), tanto da doversi ritenere pacifica. Ma, a fronte della prima statuizione, l’asserzione circa la qualità del B.B. risultava del tutto ininfluente.

Inoltre, le obbligazioni contratte in nome e per conto dell’associazione sopravvivono in capo a chi le ha assunte a prescindere dal mantenimento della carica sociale, rispondendo all’esigenza di tutela dei terzi (Cass. 455/2005).

In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U., 30/09/2020, n. 20867; Cass., 23/10/2018, n. 2676; Cass., 28/02/2018, n. 4699).

Nella specie il motivo è meritale, ed esula dall’ambito di applicazione della norma, come sopra definito.

4. Il terzo motivo è infondato.

Il dies a quo del termine semestrale di decadenza della fideiussione, ex art.1957 c.c. (disposizione applicabile a coloro che hanno agito in nome dell’associazione, essendo l’obbligazione, avente natura solidale, inquadrabile tra le garanzie “ex lege” assimilabile alla fideiussione, Cass. 29733/2011, Cass. 12508/2015), è quello della scadenza dell’obbligazione principale che nella specie è coinciso con la lettera della banca di risoluzione dei rapporti (e di revoca dell’affidamento) in data 29/7/2014.

Inoperatività del conto non equivale a scadenza dell’obbligazione principale.

Non vi è dubbio che la scadenza del debito della associazione debitrice principale, ai sensi dell’art. 1957 c.c. – applicabile alle associazioni – si sia avuta con la costituzione in mora del 29 luglio 2014, cui ha fatto seguito il decreto ingiuntivo del 2014.

5. Per quanto sopra esposto va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 30 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2024.

 

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