Titolo

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Scontro tra veicoli

Procedura Civile

Principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c.: opera non solo per il convenuto ma anche per l’attore (Cass. n. 8647/16)

IL PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO DALLA CORTE

Il principio di non contestazione opera, indifferentemente, nei confronti del convenuto, come dell’attore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito, preso atto che – in un giudizio risarcitorio da sinistro stradale – il mancato uso del casco protettivo da parte del danneggiato era stato eccepito da parte convenuta sin dalle sue prime difese, ha ritenuto accertata la circostanza, in difetto di contestazione).

Si è infatti affermato che “ogni volta che sia posto a carico di una delle parti (attore o convenuto) un onere di allegazione (e prova), l’altra patte ha l’onere di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile, dovendo, in mancanza, ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la controparte del relativo onere probatorio”(Cass. n. 1540/2007).

Infatti, come il convenuto, oltre a non ridursi all’uso di clausole di mero stile, non può semplicemente limitarsi a non condividere l’altrui ricostruzione dei fatti, (cfr. Cass. civ., sez. lav., n. 8933) ma deve altresì offrire la sua versione, analoga considerazione vale per l’attore con riferimento ai fatti impeditivi, modificativi ed estintivi allegati dal convenuto, tanto più che l’art. 115 c.p.c. si riferisce genericamente alla “parte”.

Di conseguenza, il giudice del merito, nel caso di specie, avendo verificato che l’omesso uso del casco protettivo da parte del danneggiato era stato eccepito sin dalle prime difese dai convenuti e che tale circostanza – decisiva ai fini della pronuncia sul risarcimento del danno – non era stata contestata dal danneggiato medesimo, correttamente ha ritenuto accertata la circostanza.

LA SENTENZA

Cassazione civile, Sez. III, Sentenza del 03/05/2016, n. 8647

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24573/2013 proposto da:

B.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO SINOPOLI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARLO BINELLI, MATTEO BINELLI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VESPASIANO 17-A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE INGANNO’, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

ALLIANZ SPA, in persona del procuratore Dr. C.A.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

A.M., BA.BA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 191/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 07/02/2013, R.G.N. 157/11;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato STELVIO DEL FRATE per delega;

udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto.

Svolgimento del processo

1. Nel 2005, B.P., in qualità di cessionario del credito costituito dal diritto al risarcimento dei danni patiti dal figlio B.A.R., convenne in giudizio Ba.

B., la Lloyd Adriatico S.p.a., nonchè A.M. e la Compagnia Axa Assicurazioni S.p.a., per ottenere il risarcimento dei danni per le gravi lesioni subite dal figlio in occasione di un incidente stradale in cui era stato coinvolto, mentre veniva trasportato su un ciclomotore condotto dalla proprietaria Ba. assicurato con Lloyd Adriatico, il quale si era scontrato con l’automobile di proprietà del signor A. (assicurata con Axa Assicurazioni), condotta dallo stesso.

Si costituirono in giudizio il signor A. e le compagnie assicuratrici, chiedendo il rigetto delle domande attoree. La signora Ba. rimase contumace.

Il Tribunale di Mantova, con la sentenza non definitiva n. 1270/2010, dichiarò che il sinistro era stato cagionato dalla concorrente condotta colposa di A.M., Ba.Ba. e B.A. (per non aver indossato il casco), in misura pari, quanto ai primi due, complessivamente al 70% e, con riguardo al B., al 30%.

2. La decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 191/2013 del 7 febbraio 2013, la quale ha dichiarato che il sinistro è stato cagionato dalla concorrente condotta colposa dei soli A.M. e Ba.Ba.

e che la condotta colposa di B.A. ha concorso nella misura del 30% unicamente alla causazione del danno conseguente alle lesioni al capo.

3. Avverso tale decisione, B.P. propone ricorso in Cassazione sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.

3.1 Resistono con controricorso Allianz S.p.a. (già Lloyd Adriatico S.p.a.) illustrato da memoria e Axa Assicurazioni S.p.a.

Il signor A.M. e la signora Ba.Ba. non hanno svolto difese.

Motivi della decisione

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “violazione degli arti. 115, 167 e 183 c.p.c. e art. 2697 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

Sostiene il ricorrente che il giudice del merito avrebbe erroneamente ritenuto che fosse provata la circostanza che il B. non avesse indossato il casco protettivo, non avendo il danneggiato contestato il fatto.

Invece, l’art. 167 c.p.c., sul quale fa leva la tesi elaborata dalle Sezioni Unite del 2002 che esclude dal novero dei fatti che devono essere oggetto di prova quelli che non vengono contestati, riguarderebbe il solo convenuto in quanto onera quest’ultimo, e non l’attore, a prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda. Nè, all’epoca in cui si svolse il processo, sarebbe esistita alcuna altra disposizione che imponesse un onere analogo a carico dell’attore.

La Corte, quindi, avrebbe dovuto applicare l’art. 2697 c.c., comma 2, che impone a colui che eccepisca l’efficacia ovvero la modificazione o l’estinzione del diritto di dar prova dei fatti su cui l’eccezione si fonda.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia la “illegittimità per violazione dell’art. 1227 e 2056 c.c. e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

La Corte di Appello avrebbe illegittimamente onerato il danneggiato dell’obbligo di fornire la dimostrazione dell’assenza di proprie condotte colpose idonee ad aggravare le conseguenze dell’evento lesivo.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, il principio di contestazione tempestiva (con il relativo corollario della non necessità di prova riguardo ai fatti non tempestivamente contestati, e, a fortiori, non contestati tout court, e dovere, per il giudice, di ritenere non necessaria la prova per ciò che non è espressamente contestato), è applicabile sia nei confronti dell’attore che del convenuto.

Si è infatti affermato che “ogni volta che sia posto a carico di una delle parti (attore o convenuto) un onere di allegazione (e prova), l’altra patte ha l’onere di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile, dovendo, in mancanza, ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la controparte del relativo onere probatorio”(Cass. n. 1540/2007).

In tema di prova civile, una circostanza dedotta da una parte può ritenersi pacifica – in difetto di una norma o di un principio che vincoli alla contestazione specifica – se essa sia esplicitamente ammessa dalla controparte o se questa, pur non contestandola in modo specifico, abbia improntato la difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili col suo disconoscimento. Quando, invece, la mancata espressa contestazione della circostanza si fonda sull’assunto della non pertinenza del fatto dedotto al giudizio in corso, l’attore non è esonerato dall’onere di provare il fatto stesso e, in mancanza di tale prova, il ricorso alle presunzioni è rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivato (Cass. n. 23816/2010).

Di conseguenza, il giudice del merito, avendo verificato che l’omesso uso del casco protettivo da parte del danneggiato era stato eccepito sin dalle prime difese dai convenuti e che tale circostanza – decisiva ai fini della pronuncia sul risarcimento del danno – non era stata contestata dal danneggiato medesimo, correttamente ha ritenuto accertata la circostanza.

4.3. Con il terzo motivo, denuncia la “illegittimità per violazione degli artt. 1223, 1227, 2043, 2054 e 2056 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

La Corte Territoriale avrebbe valutato l’esistenza del nesso eziologico tra il mancato utilizzo del casco e le lesioni al capo riportate dal B. non in concreto, come richiesto dalla giurisprudenza, ma alla stregua di considerazioni generiche ed astratte.

Il terzo motivo di ricorso è infondato.

La Corte Territoriale, infatti ha accertato in fatto, che il mancato uso del casco protettivo aveva concretamente influito sulla eziologia del danno, facendo riferimento alle risultanze della CTU medica, nella quale si chiarisce che “anche in relazione alle specifiche lesioni subite dal ragazzo, l’uso del casco avrebbe certamente ridotto il danno cerebrale, pur essendo impossibile valutare di quanto”.

Di conseguenza, la conclusione a cui è pervenuta la Corte, la quale ha ritenuto che andasse attribuita al danneggiato una responsabilità concorrente per le lesioni al capo subite, appare corretta.

4.4. Con il quarto motivo, denuncia la “illegittimità per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

La Corte Territoriale avrebbe attribuito alla Ba.

conducente del veicolo su cui veniva trasportato il B., una percentuale di responsabilità troppo bassa se paragonata a quella attribuita al B. stesso (35% contro 30%), in quanto la stessa, oltre ad avere la responsabilità paritaria per la causazione del sinistro, aveva anche un’ulteriore specifica responsabilità per non aver imposto al trasportato l’utilizzo del casco.

Anche il quarto motivo è infondato.

La determinazione percentuale dell’incidenza causale di un fatto al verificarsi di un altro non consiste che nella necessaria, inevitabilmente approssimativa, espressione aritmetica di un’opinione, insuscettibile di esplicazione analitica in termini (quelli appunto aritmetici) diversi da quelli sulla base dei quali si forma (quelli logici) (Cass. n. 6752/2011).

Nel caso di specie, la Corte, ha valutato, in via equitativa, che la percentuale di responsabilità del B. nella causazione delle lesioni al capo per l’omesso uso del casco fosse pari al 30%, mentre quella attribuibile per le stesse lesioni, in solido, ai convenuti responsabili dell’incidente e alle loro compagnie assicurative, tenuto conto di tutte le condotte colpose poste in essere, fosse pari al 70%.

Sono queste due percentuali a dover essere confrontate, in quanto al danneggiato è indifferente la ripartizione interna della responsabilità tra i corresponsabili solidali (nel caso, paritaria).

E la proporzione tra tali percentuali appare in linea con quanto affermato in relazione all’apporto causale colposo del danneggiato nella motivazione, ove si dice che l’uso del casco avrebbe potuto certamente ridurre anche se non eliminare del tutto le lesioni al capo verificatesi.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti che liquida per Allianz in complessivi Euro 4.200,00 e a favore di Axa in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2016

 

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