Le più rilevanti sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione
Contenuto del danno non patrimoniale
Poiché il danno biologico ha natura non patrimoniale e il danno non patrimoniale ha natura unitaria, è corretto l’operato del giudice di merito che liquidi il risarcimento del danno biologico in una somma omnicomprensiva, posto che le varie voci di danno non patrimoniali elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza (danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione eccetera) non costituiscono pregiudizi autonomamente risarcibili.
Corte di Cassazione,sezione III civile, 16 maggio 2013 n. 11950
Liquidazione del danno non patrimoniale e Tabelle del Tribunale di Milano
Le tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all’integrità psicofisica del tribunale di Milano costituiscono valido e necessario criterio di riferimento ai fini della valutazione equitativa ex articolo 1226 del Cc., laddove la fattispecie concreta non presenti circostanze che richiedano la relativa variazione in aumento o in diminuzione, per le lesioni di lieve entità conseguenti alla circolazione. I relativi parametri sono conseguentemente da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella, di inferiore ammontare, cui sia diversamente pervenuto, incongrua essendo la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata a una liquidazione che avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui si perviene mediante l’adozione dei parametri esibiti dalle dette tabelle di Milano.
Corte di Cassazione,sezione III civile, 30 giugno 2011 n. 14402
Poiché l’equità va intesa anche come parità di trattamento, la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell’integrità psico-fisica presuppone l’adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi che, in difetto di previsioni normative (come l’articolo 139 del Codice delle assicurazioni private – D. Lgs. 7 settembre 2005 n. 209 – per le lesioni di lieve entità conseguenti alla sola circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), vanno elaborati in quelli tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano, da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto. I criteri di liquidazione del danno biologico previsti dall’articolo 139 del Cda, per il caso di danni derivanti da sinistri stradali, costituiscono oggetto di una previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica nel caso di danni non derivanti da sinistri stradali.
Corte di Cassazione,sezione III civile,7 giugno 2011 n. 12408
Azione diretta e articolo 1917 del c.c.
In tema di assicurazione per la responsabilità civile, in forza del secondo comma dell’articolo 1917 del c.c.- che prevede la facoltà dell’assicuratore, previa comunicazione all’assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l’indennità dovuta e l’obbligo del medesimo assicuratore di provvedere al pagamento diretto se l’assicurato lo richiede – non vengono a mutare i soggetti del rapporto assicurativo, che restano sempre e soltanto l’assicuratore e l’assicurato, giacché l’anzidetta facoltà dell’assicuratore si concreta in una possibilità di scelta in ordine a una modalità di adempimento della sua obbligazione, che permane soltanto verso l’assicurato. Ne consegue che, in capo al danneggiato, non sorge alcun diritto nei confronti dell’assicuratore e, dunque, non sussiste la possibilità di agire direttamente nei suoi confronti (rigetta, Corte di Appello di Milano 1° aprile 2006).
Corte di Cassazione, sezione III civile, 5 dicembre 2011 n. 26019
Litisconsorzio necessario del responsabile del danno
In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica, nel giudizio promosso dal danneggiato contro l’assicuratore con azione diretta, ai sensi dell’articolo 18 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 (applicabile ratione temporis), deve essere chiamato in causa come litisconsorte necessario – a norma dell’articolo 23 della stessa legge n. 990 – il responsabile del danno, che va individuato nel proprietario del veicolo assicurato indicato come responsabile del fatto (cassa con rinvio, Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Portici, 18 luglio 2005).
Corte di Cassazione, sezione III civile, 14 dicembre 2010 n. 25238
Presupposti per liquidare il danno patrimoniale da lucro cessante
Il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante non può farsi discendere in modo automatico dall’accertamento dell’invalidità permanente, poiché esso sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica. A tal fine, il danneggiato è tenuto a dimostrare, anche tramite presunzioni, di svolgere un’attività produttiva di reddito e non aver mantenuto, dopo l’infortunio, una capacità generica di attendere altri lavori confacenti alle sue attitudini personali.
Corte di Cassazione, sezione III civile, 27 aprile 2010 n. 10074
Interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 149 del Cda
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 149 del Dlgs. 7 settembre 2005 n. 209, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, 76 e 111 della Costituzione. Invero, l’azione diretta contro l’assicuratore del danneggiato non rappresenta una diminuzione di tutela, ma un ulteriore rimedio a disposizione del danneggiato, dal momento che il Codice delle assicurazioni si è limitato a rafforzare la posizione dell’assicurato rimasto danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli la possibilità di far valere i suoi diritti secondo i principi della responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso. Non è, dunque, riscontrabile un vizio nel procedimento di formazione legislativa, in quanto il sistema di liquidazione del danno, creato nell’esercizio della delega, è misurabile nei termini del riassetto normativo delegato, volto ad assicurare un rafforzamento della protezione dei consumatori e dei contraenti deboli attraverso il riconoscimento di un ulteriore modalità di tutela. L’aver ammesso, accanto all’azione diretta introdotta e dalla norma censurata, la persistenza della tradizionale azione di responsabilità civile toglie, altresì, fondamento, alle ulteriori censure di ordine sostanziale mosse dal rimettente, sotto i profili della lesione del diritto di azione e dei principi del giusto processo, nonché della disparità di trattamento riguardo ad altre categorie di danneggiati.
Corte Costituzionale 19 giugno 2009 n. 180
Responsabilità concorrente in caso di scontro tra veicoli
In tema di circolazione stradale, la presunzione di cui al secondo comma dell’art. 2054 del Cc – che trova applicazione anche nel caso in cui vengano a collisione un’autovettura e una bicicletta, in quanto nella categoria dei veicoli sono ricompresi, anche per il nuovo codice della strada, gli stessi velocipedi – ha carattere sussidiario e opera solo quando non sia possibile in concreto accertare le cause e il grado delle colpe incidenti nella produzione dell’evento dannoso (cassa con rinvio, Corte di Appello di Palermo 5 giugno 2004).
Corte di Cassazione, sezione III civile, 5 maggio 2009 n. 10304
Prescrizione del diritto al risarcimento del danno da Rc auto
In tema di prescrizione del danno in materia di incidenti stradali, nel caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela, l’eventuale, più lunga prescrizione prevista per il reato, si applica anche all’azione di risarcimento. Ciò a condizione che il giudice civile accerti , incidenter tantum, e con gli strumenti probatori e i criteri propri per il procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto – reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi e oggettivi.
Corte di Cassazione, Sezioni unite civili, 18 novembre 2008 n. 27337
Danno non patrimoniale: contenuti e limiti
Secondo le Sezioni unite della Cassazione: “il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c., identificandosi con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, costituisce categoria unitaria non suscettiva di suddivisione in sottocategorie. Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno esistenziale), risponde a esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno”.
In particolare: “Definitivamente accantonata la figura del cosiddetto danno morale soggettivo, la sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di durata, integra pregiudizio non patrimoniale. Deve tuttavia trattarsi di sofferenza soggettiva in sé considerata, non come componente di più complesso pregiudizio non patrimoniale. Ricorre il primo caso ove sia allegato il turbamento dell’animo, il dolore intimo sofferti, ad esempio dalla persona diffamata o lesa nella identità personale, senza lamentare degenerazioni patologiche della sofferenza. Ove siano dedotte siffatte conseguenze, si rientra nell’area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente. Determina quindi duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei suindicati termini inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo. Esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note Tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza”.
Aggiunge inoltre la Suprema Corte che: “Possono costituire solo “voci” del danno biologico nel suo aspetto dinamico, nel quale, per consolidata opinione, è ormai assorbito il c.d. danno alla vita di relazione, i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell’integrità psicofisica, sicché darebbe luogo a duplicazione la loro distinta riparazione. Certamente incluso nel danno biologico, se derivante da lesione dell’integrità psicofisica, è il pregiudizio da perdita o compromissione della sessualità, del quale non può, a pena di incorrere in duplicazione risarcitoria, darsi separato indennizzo. Ed egualmente si avrebbe duplicazione nel caso in cui il pregiudizio consistente nell’alterazione fisica di tipo estetico fosse liquidato separatamente e non come “voce” del danno biologico, che il c.d. danno estetico pacificamente incorpora”.
Dopo che le sentenze n. 8827 e 8828/03 hanno fissato il principio, condiviso da queste Sezioni unite, secondo cui, in virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 del Cc, unica norma disciplinante il risarcimento del danno non patrimoniale, la tutela risarcitoria di questo danno è data, oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di lesione di specifici diritti inviolabili della persona e cioè in presenza di una ingiustizia costituzionalmente qualificata, di danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere.
Corte di Cassazione, Sezioni unite civili, 11 novembre 2008 n. 26972 (in senso conforme, Corte di Cassazione, Sezioni unite civili, 11 novembre 2008 n. 26973, n. 26974 e n. 26975)
Riconoscimento del danno patrimoniale da invalidità temporanea
Il risarcimento del danno patrimoniale per invalidità temporanea non è dovuto se la lesione conseguente all’evento dannoso non ha prodotto una contrazione del reddito del danneggiato la quale deve essere da quest’ultimo adeguatamente provata (rigetta, Corte di appello di Milano, 29 luglio 2003)
Corte di Cassazione, sezione III civile, 10 luglio 2008 n. 18866
Interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 141 del C.d.A.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 141, 143, 144, 148, 149, 150 del D. Lgs. 7 settembre 2005 n. 209 (Codice delle assicurazioni private), in quanto tali norme, lette congiuntamente agli articoli 1917, 2043 e 2054 del Cc, non precludono la possibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme impugnate, nel senso cioè che esse si limitino a rafforzare la posizione del trasportato, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso.
Corte Costituzionale 13 giugno 2008 n. 205.
Danno patrimoniale da lucro cessante in ipotesi di cosiddette micropermanenti
In caso di postumi permanenti di modesta entità (cosiddetta “micropermanente”) un danno da lucro cessante conseguente alla riduzione della capacità lavorativa è configurabile soltanto se sussistono elementi per ritenere che, a causa dei postumi, il danneggiato effettivamente ricaverà minori guadagni dal proprio lavoro, essendo ogni ulteriore o diverso pregiudizio risarcibile a titoloni danno non patrimoniale.
Corte di Cassazione, sezione III civile, 18 settembre 2007 n. 19357
Azione diretta e azione ordinaria
In tema di responsabilità civile derivante da circolazione stradale, il danneggiato ben può esercitare l’azione ex articolo 2054 del Cc nei confronti del solo responsabile e soltanto in un secondo tempo agire in via diretta contro l’assicuratore in quanto la legge non prevede alcuna preclusione all’azione diretta nel caso sia preventivamente agito contro il responsabile, né sarebbe logico sostenere che l’azione ex articolo 2054 del Cc comporti una sorta di implicita rinuncia a valersi dell’azione diretta stessa.
Corte di Cassazione, sezione III civile, 28 maggio 2007 n. 12376
Valore probatorio della CAI
Nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel giudizio sin dall’inizio, assume la veste di litisconsorte necessario, poiché la controversia deve svolgersi in maniera unitaria tra i tre soggetti del rapporto processuale (danneggiato, assicuratore e responsabile del danno) e coinvolge inscindibilmente sia il rapporto di danno, originato dal fatto illecito dell’assicurato, sia il rapporto assicurativo, con la derivante necessità che il giudizio deve concludersi con una decisione uniforme per tutti i soggetti che vi partecipano. Pertanto, avuto riguardo alle dichiarazioni confessorie rese dal responsabile del danno, deve escludersi che, nel giudizio instaurato ai sensi dell’articolo 18 della legge 990/1969, sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto l’azione diretta che nell’ipotesi in cui sia stata avanzata anche la domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno, si possa pervenire a indifferenziato giudizio di responsabilità in base alle suddette dichiarazioni, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e danneggiato e assicuratore dall’altro. Conseguentemente, va ritenuto che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto Cid), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e – come detto – litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confidente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’articolo 2733, terzo comma, del Cc, secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario,la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorzi è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice (rigetta, Tribunale di Sassari 15 dicembre 1999).
Corte di Cassazione, Sezioni unite civili 5 maggio 2006 n. 10311